DOCUMENTO DELL’ASSEMBLEA FEDERBIM A CORTINA IL 22 SETTEMBRE
Di seguito il documento politico approvato dall'Assemblea della Federbim riunitasi, lo scorso 22 Settembre a Cortina d'Ampezzo, nel quale sono raccolti alcune considerazioni politiche riguardo l'annosa “questione montagna” che troppo spesso, questo governo, ha, affrettatamente derubricato su testi normativi riguardanti i “costi della politica” anziché affrontare, in maniera seria, i diversi problemi di “governance” dei territori montani stessi e della valorizzazione delle loro risorse endogene. Il tutto sottolineando, ancora una volta, il valore e l’importanza dei Consorzi BIM quali enti deputati alla valorizzazione e al progresso sociale ed economico delle popolazioni di montagna e che vivono di risorse proprie, non derivanti da altro ente statale, regionale o provinciale.
Gianni Farina
Il documento
I Consorzi fra Comuni di Bacino Imbrifero Montano (BIM) sono nati nel 1953 dalla Legge n° 959, e la loro finalità è subito stata quella di amministrare i sovracanoni che le società idroelettriche sono tenute a versare per lo sviluppo economico e sociale delle popolazioni di Montagna, dopo che queste si sono viste sottrarre dai propri fiumi ingenti quantità d’acqua, con gravi danni ambientali che tuttora persistono.
I Consorzi BIM da sempre agiscono assieme ai Comuni d’ambito, allo scopo di creare occasioni di sviluppo per la Gente di Montagna, migliorarne la qualità di vita e contribuire alla salvaguardia ed al ripristino delle condizioni ambientali.
Vale anche la pena di soffermarsi su come, mentre di questi tempi si parla spesso dei costi della politica, il costo medio degli Organi Amministrativi dei BIM gravi sui loro Bilanci per meno dell 1%, che la media dei costi relativi alla gestione delle strutture per personale e spese di gestione pesi meno del 10% e che le risorse rivolte agli interventi assorbano il rimanente nell’incredibile misura dell’ 89%.
I proventi destinati ai Consorzi BIM non provengono dalla Finanza Pubblica, Statale Regionale o Provinciale che sia, bensì da finanza propria dei grandi concessionari di derivazioni idroelettriche, cui il pagamento del sovracanone compete in via esclusiva.
Le fondamenta moderne di tale principio risalgono già alla legislazione del 1933 (T.U. n° 1775 art. 52) in cui si contemplava il diritto delle Comunità Locali all’utilizzo delle risorse naturali presenti sul loro territorio e si stabiliva che tali risorse, quando deprivate in tutto o in parte per effetto delle derivazioni idroelettriche, dovessero venire restituite alla comunità attraverso la riserva da parte del concessionario di una parte del guadagno, nonché eventualmente attraverso il pagamento di un canone aggiuntivo.
La Legge 959/1953 ha ulteriormente consolidato tale principio, concludendo che le collettività territoriali vantano diritti propri in ordine alle risorse idriche espresse dal loro territorio e che hanno titolo per essere compensate a fronte del dirottamento di tali risorse verso scopi diversi da quelli strettamente connessi alle esigenze delle popolazioni del territorio montano.
E’ palese e riconosciuto che lo Stato, le Regioni e le Province di Trento e Bolzano siano i gestori della risorsa idrica e che competa loro il diritto a rilasciare le concessioni, ma il diritto alla risorsa appartiene loro solo in parte poiché tale diritto appartiene primariamente alla Collettività ed alle Popolazioni Locali per le quali rappresenta una vera espressione dei loro diritti sul territorio, come una sorta di uso civico.
Allo Stato, Ente Concedente, spetta dunque il canone di concessione quale corrispettivo della concessione stessa mentre alle Popolazioni del bacino imbrifero spetta invece il sovracanone, quale ristoro dell’esistenza della concessione e del potenziale uso al fine idroelettrico delle acque su cui le Popolazioni Locali hanno un originario diritto di godimento.
La Corte Costituzionale con sentenza n° 533/2002 1985 stabilisce che il sovracanone non ha carattere indennitario bensì correlato all’esistenza della concessione, che non dipende dall’uso effettivo e che costituisce il presupposto materiale di un’imposizione finalizzata ad integrare le risorse degli Enti Territoriali interessati dalla concessione di derivazione idroelettrica.
Il sovracanone è pertanto oggetto di un diritto soggettivo di credito in capo alla Popolazione Locale e per essa in capo al Comune o al Consorzio BIM nei confronti del Concessionario tenuto alla contribuzione contro il quale, in caso di inadempimento, l’Ente titolare del diritto è legittimato ad agire per realizzare la sua pretesa a contenuto patrimoniale come per un diritto soggettivo ( cfr. Trib.Sup. Acque Pubbliche, n. 44/85, cit.)
Pur non trattandosi di un vero e proprio diritto al risarcimento, ne possiede peraltro molti dei connotati. La giurisprudenza ha più volte sottolineato che il diritto al sovracanone da parte delle Popolazioni Locali non è correlato al danno prodotto, cosa che ne avrebbe reso necessaria la dimostrazione, ma nasce dalla concessione stessa a prescindere dall’utilizzo concreto delle acque da parte del Concessionario (Trib.Sup.AA.PP., 10.7.1985, n. 44; 14.10.1993, n. 97). Nel concetto espresso di questo diritto vi è pertanto il principio di ristorare le Popolazioni Locali dei danni che esse, almeno astrattamente, abbiano subito.
Il diritto delle Popolazioni diventa il diritto dei Comuni, ed attraverso i Comuni, diviene diritto dei loro Consorzi dato che le popolazioni sono rappresentate dai loro Enti esponenziali.
Ancora, secondo la Corte Costituzionale, il sovracanone, costituisce elemento della finanza comunale e, la relativa disciplina legislativa, attiene alla materia della finanza locale, producendo ovvie conseguenze in ordine all’assetto del riparto legislativo fra Stato e regioni.
A questo riguardo, al fine di una maggiore chiarezza, si può affermare che, anche alla luce del nuovo assetto costituzionale definito dalla l. cost. n. 3 del 2001 (con la quale è stato riscritto il Titolo V della Carta costituzionale), la disciplina del sovracanone non rientra nella materia della utilizzazione delle acque che è di potestà legislativa regionale e per certi aspetti di podestà legislativa concorrente (art. 117, Cost.), bensì nella materia della finanza locale i cui principi, com’è noto, sono stabiliti in maniera inderogabile dalla legislazione dello Stato, ai sensi dell’art. 117, 2° co., lett. e); 3° co.; art. 119, 2° co.
Ne deriva che il diritto delle Popolazioni Locali ad una parte delle risorse generate dal proprio territorio, e segnatamente della “risorsa acqua” in quanto produttrice di energia, è da ritenere assolutamente non disponibile da parte del legislatore regionale, il quale non può stabilire che i proventi del sovracanone vengano dirottati verso un Ente diverso e non direttamente rappresentativo delle Comunità Locali quale ad esempio la Regione stessa o altro Ente regionale.
A tal proposito si confronti la Corte Costituzionale (cit. n. 533/02) a proposito della Legge della Provincia Autonoma di Bolzano che stabilisce il versamento alla Provincia dei sovracanoni dovuti dai concessionari.
Può ritenersi, invero, che neppure lo Stato con propria Legge potrebbe disporre di questo diritto delle Popolazioni, che s’è detto rappresentare una sorta di diritto civico e che appartiene alle Popolazioni nell’ambito della loro inerenza al territorio: un diritto soggettivo, fondato su una legislazione ormai consolidata nell’interpretazione giurisprudenziale e, da ultimo, nella giurisprudenza della Corte Costituzionale.
Trattandosi di un diritto soggettivo a carattere patrimoniale, come sembra pacifico in giurisprudenza, esso può solamente essere espropriato ai sensi dell’art. 42 della Costituzione. E solo quando venga ammessa l’espropriabilità, poiché se risultasse diritto di natura civica notoriamente non lo sarebbe. Non potrà certo venire soppresso senza corrispettivo.
Tutto ciò premesso
Considerato che il Governo ha dimostrato in questi mesi scarsa considerazione per la “questione montagna” derubricandola su testi normativi che riguardano i “costi della politica”, anziché affrontare in maniera seria i problemi di “governance” dei territori montani e la valorizzazione delle loro risorse endogene, l’Assemblea della Federbim, si rivolge ai Deputati e ai Senatori tutti affinchè vogliano condividere con Noi il valore e l’importanza dei Consorzi BIM che sono stati e sono tuttora Enti deputati alla valorizzazione e al progresso sociale ed economico delle Popolazioni di montagna, e che le loro risorse sono proprie e non derivate da altro Ente statale, regionale o provinciale.
Chiede pertanto che gli stessi s’impegnino affinché, in Sede Legislativa, venga salvaguardata l’esistenza dei Consorzi BIM medesimi, così come definiti dalla Legge 27 dicembre 1953, n. 959, all’interno di un disegno organico così come potrebbe essere la Legge di riforma della Legge 97/94 sulla montagna.
E che altresì non venga meno il loro impegno a sostenere le attività e gli interventi di tali Consorzi BIM affinché si possa conservare invariato il loro ruolo e la loro efficacia d’azione: questo, fermo restando l’impegno della Federbim a mettersi a completa disposizione per ragionare su di una eventuale nuova rivisitazione di funzioni e competenze riconducibili ai BIM evitando sovrapposizioni con i ruoli di altri Enti.
Infine
Rivolge all’UNCEM una pressante richiesta affinché, nello spirito del positivo intervento del Suo Presidente Enrico Borghi al Convegno della nostra Federazione di Cortina d’Ampezzo del 21 settembre 2007, venga realizzato quanto prima un tavolo confederato di lavoro tra tutti i soggetti portatori di interessi delle montagne italiane, al fine di costituire un coordinamento permanente capace di formulare proposte e progetti condivisi ed attorno ai quali chiedere e verificare l’impegno del Parlamento e del Governo.
In questo senso l’Assemblea di Federbim aderisce alla manifestazione della Montagna Italiana prevista per il prossimo 24 ottobre a Roma.