. COL CARBONE I CONTI DELL’ITALIA SU KYOTO NON TORNANO

Le emissioni di gas a effetto serra sono fuori controllo

Nel pubblicare questo rapporto di Greenpeace – le schede relative alle centrali verranno pubblicate sul prossimo numero – continuiamo a chiedere come si risolve il problema energetico dell’Italia, tenuto conto inoltre che i costi delle materie prime sono destinate a salire e che eolico e simili più di tanto non possono certo dare… (ndr)

Le emissioni di gas a effetto serra continuano ad aumentare in assenza di una seria politica per rientrare negli obiettivi di Kyoto. Nel 2003 le emissioni hanno superato i 577 milioni di tonnellate di CO2 (MtCO2) e nel 2004 si sono attestate

attorno ai 583 MtCO2 (fonte APAT). Nel 1990, anno di riferimento per il Protocollo di Kyoto, le emissioni erano pari

a circa 520 MtCO2. Si è dunque registrato un incremento dell’11,1% nel 2003 e del 12,2% nel 2004. L’obiettivo di Kyoto è quello di tagliare del 6,5% le emissioni registrate nel 1990 e dunque di ridurre le emissioni totali di gas a effetto serra a circa 486 MtCO2. Il taglio delle emissioni richiesto era al 2004 di circa

97 MtCO2. Il gap da colmare entro il 2012 è dunque dell’ordine delle 100 MtCO2. L’Italia è inadempiente rispetto agli impegni di riduzione delle emissioni di gas serra e le azioni in corso sono totalmente insufficienti a rispettare l’impegno assunto. Ciò è tanto più grave se si pensa che l’Unione Europea ha ribadito più volte di sostenere l’apertura di una seconda fase del Protocollo di Kyoto – confermata a Nairobi dai Paesi firmatari – con impegni di riduzione per l’UE compresi tra il 15 e il 30% rispetto al 1990. Ciò significa che, dopo il 2012, gli obiettivi di riduzione dovranno necessariamente aumentare e in modo significativo. Lo stato di applicazione della Direttiva EU-ETS inaccettabile L’unico strumento comunitario e l’unico strumento regolatorio funzionante in Italia per intervenire sulle emissioni dei grandi impianti industriali, la Direttiva sull’Emission Trading (2003/87/CE), avrebbe richiesto, secondo le linee guida della Commissione Europea, un tetto alle emissioni di circa 186 MtCO2, come previsto all’interno della prima bozza del Piano Nazionale di Assegnazione per il periodo 2008-2012, diffusa dal Ministero dell’Ambiente nel luglio scorso. Il recente accordo tra Ministero dello Sviluppo Economico e Ministero dell’Ambiente ha portato questo tetto a 209 MtCO2, 23 in più rispetto al limite

fissato dalle linee guida della Commissione Europea (“Orientamenti complementari sui Piani nazionali di assegnazione per il periodo di scambio 2008-2012 nell’ambito del sistema di scambio delle quote di emissione della UE”,

COM(2005)703 final). In questo modo i settori regolati dalla normativa EU-ETS, che contribuiscono per circa il 40% delle emissioni di gas serra, sono impegnati a contribuire solo per il 14% agli obiettivi di riduzione. Il Piano Nazionale di ssegnazione dei permessi di emissione così concepito serve esclusivamente a consentire all’ENEL di completare la conversione a carbone

dell’impianto di Civitavecchia (1980 MW), che emetterà circa 10-11 MtCO2 all’anno. Un altro impianto della stessa potenza è in corso di autorizzazione a Porto Tolle all’interno del Parco del Delta del Po, sito patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO nonché zona umida di importanza internazionale. L’Italia, nonostante sia totalmente fuori linea rispetto agli impegni di riduzione delle emissioni, sta forzando l’applicazione della Direttiva per far spazio al carbone, la fonte più sporca e con le maggiori emissioni specifiche di gas a effetto serra. Costi scaricati sui cittadini per favorire il carbone Non è tutto. La nuova ipotesi di allocazione dei permessi di emissione riduce le quote distribuite agli impianti CIP6 che, per la normativa in atto (titolo II punto

7 del CIP 6/92), consente di scaricare direttamente sulla bolletta i maggiori oneri derivanti dall’acquisto dei permessi di emissione. Ricevendo meno quote gratuitamente dallo Stato, gli impianti CIP6 dovranno comprare le quote sul mercato e potranno scaricare i costi direttamente in bolletta. A pagare saranno dunque i cittadini vanificando il senso di uno strumento di regolazione del mercato pensato per favorire l’innovazione tecnologica e le fonti più pulite, come il gas e le rinnovabili.

Inoltre, i permessi agli impianti termoelettrici verranno dati sulla base di valori di benchmark (di riferimento) suddivisi per fonte energetica, in modo da non penalizzare troppo il carbone. Infatti il kWh prodotto dagli impianti di ultima generazione a gas naturale non supera i 360-370 gCO2, mentre per quelli a carbone il valore è più che doppio (750-770 gCO2) se si tratta di impianti di ultima generazione, o quasi triplo per alcuni impianti esistenti (925-1050 gCO2). Con il meccanismo scelto, la “riserva” dei permessi di emissione accantonata per gli impianti “nuovi entranti” è pari a 12 MtCO2 (compresi nel totale di 209).

Tali quote sembrano riservate al carbone a un prezzo al momento non noto. Paradossalmente con tale schema, discutibile in quanto le aste per i permessi dovranno essere gestite su base europea, se un impianto a gas dovesse acquistare permessi perché ha prodotto di più (inquinando però la metà rispetto al carbone) lo farebbe a prezzi di mercato, mentre la riserva sembra sia stata accantonata per il carbone dell’ENEL. L’applicazione della Direttiva in Italia tende dunque a salvaguardare il carbone – la fonte più sporca - vanificando il senso della norma: introdurre un meccanismo di mercato per premiare le soluzioni più pulite ed efficienti.

Il ritardo sulle fonti rinnovabili

All’interno di questo quadro desolante di applicazione delle politiche ambientali in Italia, emerge un ulteriore dato macroscopico: il forte ritardo accumulato nel raggiungimento degli obiettivi di sviluppo per le fonti rinnovabili, definiti dalla

Direttiva europea 2001/77/CE. Ad oggi la differenza da colmare per raggiungere tali obiettivi – il 25% di energia elettrica da rinnovabili al 2010 – è pari a circa 30 TWh (miliardi di kWh).

Una quantità di energia maggiore perfino di quanto potranno produrre le due centrali ENEL di Civitavecchia e Porto Tolle, impianti che dopo la conversione a carbone avranno un costo ambientale di circa 20-22 MtCO2. A questo ritardo su obiettivi noti già dal 2001 si aggiunge l’assenza di un quadro certo di misure e politiche di intervento. Il governo precedente attribuiva

oltre metà delle misure ai cosiddetti “meccanismi flessibili” (interventi in Paesi terzi) di cui al momento si sa poco o nulla. Si tratta dunque di interventi presenti solo sulla carta.

Gli obiettivi di efficienza energetica

Se l’introduzione dei cosiddetti “certificati bianchi” per promuovere la diffusione delle tecnologie più efficienti negli usi elettrici e del gas è stata una innovazione positiva del Decreto Bersani del 1999 – entrata purtroppo in vigore con 3 anni di ritardo grazie al precedente governo – la nuova Direttiva sull’efficienza sugli usi finali di energia (2006/32/CE) ha avuto il merito di porre un obiettivo non vincolante del 9% a partire dal 1° gennaio 2008. Applicando la Direttiva dovremmo raggiungere almeno il 5% di efficienza negli usi finali (il 2% è già previsto dal sistema dei “certificati bianchi” al 2009) al 2012 che per il settore elettrico corrisponde a circa 17-18 TWh. Ma di questo

obiettivo al momento non c’è traccia. Eppure il Programma dell’Unione (vedi appendice) parla di un obiettivo del

20% (da raggiungere entro il 2020), ricollegandosi al Piano d’Azione europea sull’efficienza energetica. In questo caso, solo per il settore elettrico, si tratterebbe di tagliare una quota di energia dell’ordine dei 90-100 TWh.

Il carbone per la produzione di elettricità: stato attuale

e prospettive

Emissioni da carbone: verso un raddoppio? Se tutti i progetti in corso e le ipotesi di espansione del carbone venissero realizzate

avremmo un aumento di oltre 40 MtCO2: un sostanziale raddoppio delle emissioni da carbone. Di quest’aumento potenziale l’80% circa sarebbe attribuibile a ENEL, a cui già oggi è imputabile il 70% delle emissioni relative a questa fonte per il settore termoelettrico. Il contributo del carbone copre attualmente circa il 17% della produzione elettrica nazionale. Se questa quota salirà, le emissioni di gas serra cresceranno

ulteriormente. Solo con i progetti di Civitavecchia e Porto Tolle il contributo del carbone salirà al 24% circa. La tabella seguente riporta le emissioni degli impianti che utilizzano in tutto o

in parte il carbone, e degli impianti su cui sussistono ipotesi di riconversione a carbone. Nel 2005 le emissioni di CO2 di tali impianti sono state poco meno di 50 milioni di tonnellate, di cui circa 41 MtCO2 da impianti che già utilizzano carbone.

EMISSIONI TOTALI DI CO2 NEL 2005

(Milioni di tonnellate di CO2)

Impianti che già utilizzano carbone

Brindisi Sud ENEL 15,3

Fusina ENEL 5,6

Fiumesanto ENDESA 4,1

Vado Ligure TIRRENO POWER 3,7

La Spezia ENEL 3,2

Monfalcone ENDESA 2,7

Genova ENEL 2,0

Sulcis ENEL 1,5

Marghera ENEL 1,0

Brindisi Nord EDIPOWER 1,0

Bastardo ENEL 0,9

TOTALE 41,0

Impianti con prospettive di conversione a carbone

Civitavecchia ENEL (in costruzione) 3,0

Porto Tolle ENEL (in corso di autorizzazione) 1,2

Rossano Calabro ENEL (progetto annunciato) 2,4

Piombino ENEL (progetto annunciato) 1,7

TOTALE 8,2

EMISSIONI TOTALI NEL 2005 49,2

Cosa ci si aspetta per il futuro? Nella tabella successiva si riportano, oltre alle emissioni degli impianti esistenti, anche quelli degli impianti in costruzione, in fase di approvazione o di progetto di cui si ha notizia. L’aumento potenziale delle emissioni che si avrebbe se tutti i progetti presentati o in discussione si realizzassero – pari a oltre 40 MtCO2 aggiuntive - rappresenta un sostanziale raddoppio delle emissioni, come si vede dalla tabella seguente.

EMISSIONI FUTURE DI CO2 DA CARBONE

(Milioni di tonnellate di CO2 – impianti funzionanti a pieno regime)

Impianti che già utizzano carbone

Brindisi Sud ENEL 15,9

Fusina ENEL 5,8

Sulcis ENEL 4,1

Vado Ligure TIRRENO POWER 4,0

Brindisi Nord EDIPOWER 3,8

Fiumesanto ENDESA 3,8

La Spezia ENEL 3,6

Monfalcone ENDESA 2,0

Genova ENEL 1,8

Marghera ENEL 0,9

Bastardo ENEL 0,9

TOTALE 46,6

Progetti di riconversione a carbone in corso

Civitavecchia ENEL (in costruzione) 10,3

Porto Tolle ENEL (in corso di autorizzazione) 10,3

TOTALE 20,6

Progetti di sviluppo/riconversione annunciati

Rossano Calabro ENEL 6,7

Piombino ENEL 6,7

Ferrania FERRANIA TECHNOLOGIES 3,1

Vado Ligure TIRRENO POWER 2,4

Fiumesanto ENDESA 1,7

Catania SEI 1,7

TOTALE 22,2

EMISSIONI POTENZIALI IN FUTURO 89,3

EMISSIONI TOTALI NEL 2005 49,2

AUMENTO POTENZIALE EMISSIONI CO2 40,1

I due principali progetti sono quelli di Torrevaldaliga Nord a Civitavecchia (in conversione) e Polesine Camerini (in fase di approvazione) a Porto Tolle. Si tratta della conversione di due vecchi impianti a olio combustibile in centrali a carbone “ultra-supercritici” per una potenza prevista di 1980 MW ciascuna che da soli faranno aumentare le emissioni di CO2 di oltre 20 milioni di tonnellate. Per conseguire il proprio obiettivo di Kyoto l’Italia è invece chiamata ad una riduzione di circa 100 MtCO2. Autorizzare la conversione a carbone degli impianti di Civitavecchia e Porto Tolle significa andare contro la logica del Protocollo di Kyoto e contro lo stesso Programma di Governo ; significa scaricare i costi della CO2 sugli italiani e, in definitiva, annullare gli effetti positive di moltissime altre iniziative e politiche messe in atto a livello locale e non per contrastare il riscaldamento globale: ad oggi la maggiore minaccia per l’Umanità.

Gli altri inquinanti

Le emissioni di CO2 non sono l’unico aspetto ambientale rilevante di una centrale a carbone, che emette grandi quantità di inquinanti i cui impatti si ripercuotono a livello locale. Nella tabella seguente, ad esempio, vengono riportate tutte le emissioni registrate nella centrale di Brindisi Sud nel 2004, confrontate con quelle che si avrebbero nel caso di una conversione a gas con un impianto di ultima generazione.

CENTRALE TERMOELETTRICA DI BRINDISI SUD - EMISSIONI 2004

INQUINANTE A CARBONE A GAS UNITÀ DI MISURA

CO2 15,8 6,1 milioni di tonnellate

Ossidi di azoto 9921 2850 tonnellate

Ossidi di zolfo 11373 190 tonnellate

Particolato 1013 100 tonnellate

COVNM 157 80 tonnellate

Protossido di azoto 225 270 tonnellate

Cloro 94,9 0 tonnellate

Arsenico 58,7 0 kg

Mercurio 42,3 0,02 kg

Piombo 323,8 0 kg

Nichel 714,2 0 kg

Cromo 771,4 0 kg

Fonte: EPER. Per il gas stime Greenpeace su base EMEP-CORINAIR

Le emissioni di inquinanti convenzionali di una nuova centrale a carbone sono certo inferiori a quelle di un impianto di vecchio tipo come quello di Brindisi. Ma per quanto riguarda le emissioni di CO2, un kWh a carbone da nuovo impianto emette il doppio di un impianto a gas naturale a ciclo combinato. Anche considerando le emissioni che si hanno in fase di precombustione (estrazione del combustibile, trasporto su lunga distanza, perdite e distribuzione all’impianto) il rapporto tra le due fonti non si altera, come dimostra un recente rapporto dell’APAT sul tema, contrariamente da quanto affermato da Assocarboni.

Le richieste di Greenpeace

Affinché la politica energetica italiana possa effettivamente andare incontro agli obiettivi di Kyoto, e in previsione di ulteriori obiettivi ben più impegnativi per il post Kyoto dopo il 2012, Greenpeace chiede:

- alla Commissione Europea:

di riportare il Piano di allocazione delle emissioni di gas serra per l’Italia a un tetto massimo di 186 MtCO2 per rendere questo strumento – al momento l’unico operativo in Italia per ridurre i gas serra – coerente con gli impegni vincolanti assunti con la ratifica del Protocollo di Kyoto;

- al Governo italiano:

di bloccare tutti i progetti di centrali a carbone – Civitavecchia e Porto Tolle in primis – e presentare un quadro coerente di politiche e misure sufficienti a riportare il Paese in linea con il Protocollo di Kyoto. In particolare è oggi necessario definire un piano straordinario per accelerare lo sviluppo delle nuove fonti rinnovabili con obiettivi vincolanti coerenti con la produzione di

almeno nuovi 30 TWh;

di impegnarsi a definire obiettivi vincolanti sia per la produzione di elettricità da fonte rinnovabile, che per gli usi termici. A livello europeo obiettivi raggiungibili sono il 35% di elettricità da fonte rinnovabile al 2020, e il 25% di energia da rinnovabile per gli usi termici al 2020;

di recepire e attuare il Piano d’Azione europeo con il 20% di efficienza negli usi finali entro il 2020, di cui metà da raggiungere entro il periodo previsto per il Protocollo di Kyoto (2012);

di sostenere in sede europea e internazionale l’impegno di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra a livello mondiale del 30% entro il 2020 e del 50% al 2050;

- all’ENEL:

di rinunciare ai progetti di riconversione a carbone di Civitavecchia e Porto Tolle e di intervenire invece sugli impianti esistenti a carbone per aumentarne l’efficienza e ridurne le emissioni di gas a effetto serra.

Nelle schede che pubblicheremo sul prossimo numero si riassumono tutti i dati e le informazioni relative agli impianti termoelettrici esistenti che già utilizzano carbone, agli impianti

che sono interessati da progetti di conversione a carbone in corso, e ai progetti di conversione, potenziamento o sviluppo ex-novo che sono attualmente solo in discussione.

Greenpeace

1 – Sul prossimo numero: 2 – Schede relative alle centrali a carbone, in progetto e ipotizzate

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