LA SITUAZIONE DELLE ACQUE ILLUSTRATA DALL’UNIONE PESCA SPORTIVA DELLA PROVINCIA DI SONDRIO ALLA COMMISSIONE AMBIENTE DEL SENATO IN OCCASIONE DELLA SUA VISITA IN PROVINCIA
Spett.le Commissione Ambiente Senato della Repubblica
1. Considerazioni introduttive
L’odierna visita della Commissione Ambiente del Senato è considerata da questa Unione Pesca un primo e importante riconoscimento degli sforzi sinora profusi dalle forze vive della nostra Provincia per una generale salvaguardia dei corsi d’acqua.
In proposito è doveroso, anzitutto, il nostro ringraziamento per l’opportunità di essere parte attiva in questo incontro e percorso analitico-valutativo avente come scopo quello di delineare un quadro corretto sull’emergenza idrica nella provincia di Sondrio, con particolare riferimento allo stato e agli effetti dello sfruttamento delle acque in Valtellina per uso idroelettrico.
Ci presentiamo.
La nostra Associazione - Unione Pesca Sportiva della Provincia di Sondrio (per brevità anche solo UPS) - è un’associazione riconosciuta con decreto della Regione Lombardia, che rappresenta oltre 5.000 pescatori, di cui circa il 55 % residenti in provincia di Sondrio e il resto proveniente in gran parte dalle altre province lombarde, oltre che da altre località italiane e dall’estero.
Essa, dal 1973 ad oggi , ha gestito a seguito di concessioni a’ fini di piscicoltura rilasciate dalla Amministrazione Provinciale di Sondrio, la quasi totalità delle acque provinciali.
L’UPS è dunque portatrice di un interesse qualificato e legittimo alla tutela del patrimonio idro-ittico che forma oggetto della propria concessione; aggiungasi che il suo Statuto prevede come obiettivi prioritari quelli di :
- tutelare la quantità e qualità delle acque, oltre che l’integrità degli ambienti di pesca, adottando ogni iniziativa atta a prevenire , eliminare o ridurre il degrado delle acque;
- promuovere e diffondere anzitutto tra i pescatori, con adeguate iniziative, la coscienza ecologica in relazione alla tutela della fauna ittica e dell’integrità dell’ambiente naturale.
Pertanto, fin dalla data della sua costituzione, essa ha portato avanti una continua battaglia di denuncia a tutti i livelli - politico, amministrativo e all’opinione pubblica - dei gravi effetti sugli ecosistemi acquatici e sul territorio derivati dallo sfruttamento idroelettrico intensivo che è stato sin qui attuato.
A più riprese, attraverso le puntuali opposizioni presentate in ogni occasione agli organi competenti a seguito delle centinaia di domande di nuove concessioni presentate in questi anni, attraverso poi la pubblicazione di innumerevoli articoli sulla propria rivista e sui giornali locali, UPS ha denunciato alle Autorità il rischio di effetti devastanti per il nostro territorio e per gli ecosistemi dei nostri torrenti, che un’applicazione indiscriminata delle leggi n.308/82 e successivamente n.9 e 10/91 hanno determinato.
Aggiungasi, inoltre, che l’Unione Pesca con il proprio personale (composto da 12 dipendenti, in prevalenza Agenti di Vigilanza e con una risorsa qualificata che segue esclusivamente le problematiche legate alle acque) , in virtù di una convenzione intervenuta nel 2005 con la Provincia, ha effettuato un puntuale controllo sugli impianti idroelettrici realizzati sul territorio provinciale con potenza prodotta inferiore a 3 mw, controllo poi continuato di iniziativa anche nel corrente anno.
Il quadro di questa attività di controllo è significativo per le problematiche emerse e per le criticità riscontrate riguardo alle modifiche irreversibili causate agli ecosistemi acquatici, alle modifiche sostanziali delle componenti morfologiche, idrologiche, paesaggistiche, urbanistiche e geologiche dei bacini sottesi dalle derivazioni realizzate, oltre che per gli inadempimenti e le irregolarità riscontrate nella gestione delle concessioni.
La nostra Associazione assicura per questo la massima disponibilità a collaborare con codesta Commissione, mettendo in particolare a disposizione le proprie risorse, tutta l’esperienza maturata sul territorio e la documentazione della attività svolte a favore della tutela delle acque nella nostra Provincia
2. Il documento dello IAPS
La nostra Associazione condivide pienamente i contenuti (dati forniti, analisi e valutazioni espresse e richieste formulate ) del documento settembre 2006, intitolato “Richiesta per una moratoria nel rilascio di nuovo concessioni idroelettriche”, che è stato elaborato e presentato dall’Intergruppo Acque Provincia di Sondrio.
In particolare, essa condivide la valutazione che lo sfruttamento idroelettrico nella nostra Provincia, per le dimensioni numeriche e quantitative raggiunte, per le poco eque e talora anche di dubbia legittimità modalità di attuazione e le gravi difficoltà del controllo relativo alle singole concessioni e al complesso delle stesse, abbia oramai da tempo superato la soglia di criticità che lo rende non più compatibile con il territorio, lo sviluppo socio – economico della nostra Provincia e i rischi insiti in detta situazione.
In particolare, si rileva che l’assorbenza di questo utilizzo è tale da fa venir meno le caratteristiche proprie delle acque quale bene pubblico, l’essere cioè le stesse destinate ad una serie di usi di pubblico e generale interesse, anzitutto a favore delle comunità locali; è dunque in buona parte venuto meno il principio dell’uso plurimo delle acque, il tutto aggravato da una situazione di acque che sono tendenzialmente sempre più scarse, anche in relazione alle mutazioni climatiche e al progressivo e sempre più accentuato scioglimento dei ghiacciai.
Per quanto poi concerne le centinaia di domande per lo sfruttamento dei c.d. piccoli salti, oggetto di richieste di natura meramente speculativa, sembra prevalere oramai un concetto di mercificazione dell’acqua anziché di risorsa da valorizzare.
Per quanto invece concerne le concessioni già in essere e in particolare le grandi concessioni, i rapporti con le comunità locali e il territorio dovranno ispirarsi a maggiore equità e a una più attenta salvaguardia dei valori ambientali.
Aggiungasi poi che, a differenza di altre province - che presentano caratteristiche idro- morfologiche simili alle nostre - la situazione della provincia di Sondrio appare del tutto iniqua e sbilanciata, sia per la quantità dello sfruttamento, sia per l’esiguità dei vantaggi che derivano all’economia provinciale da questo sfruttamento.
Da ciò deriva, dunque, che ogni nuova richiesta di concessione ad uso idroelettrico, alla luce di quanto sopra rappresentato, va a nostro avviso contrastata con ogni legittimo mezzo, in quanto porta ad un ulteriore degrado dell’ambiente in cui si inserisce e a ad un ulteriore impoverimento per le comunità che vivono nel territorio interessato dal prelievo e quindi anche per la collettività provinciale.
Quanto alla richiesta di moratoria per un periodo di tre anni si ritiene dunque che essa rappresenti l’unica strada legittimamente percorribile per interrompere una situazione che rischia di portare la nostra Provincia ad una situazione di gravissimo rischio ambientale e di influire sempre più negativamente sullo sviluppo socio-economico provinciale.
L’accoglimento della proposta potrà consentire di:
- impostare una attività progettuale diretta ad acquisire seri e corretti dati idrometrici sulla reale portata dei corpi idrici, alla stesura del Catasto delle acque e del “piano acque sulle risorse disponibili” in conformità con il Piano di coordinamento territoriale provinciale (PTCP) e la valutazione ambientale strategica (VAS);
rivedere l’attuale impianto legislativo - eccessivamente sbilanciato a favore di uno sfruttamento senza limiti della risorsa acqua a fini idroelettrici - , in favore di una più corretta politica di tutela delle risorse naturali, oltre che rivedere i contenuti e i controlli sul rispetto dei disciplinari e delle prescrizioni di legge in ordine a tutte le concessioni già rilasciate.
3. Ulteriori considerazioni più analitiche su aspetti di particolare rilevanza inerenti lo sfruttamento idroelettrico e le criticità connesse
3.1 Considerazioni generali
Il rapporto tra la captazione delle acque per la produzione di energia elettrica e il nostro territorio è sempre stato conflittuale e difficile; i pescatori, certamente i più assidui utenti delle rive di fiumi e laghi, ne sono i migliori testimoni. E’ naturale che essi avvertano e denuncino con particolare sensibilità il problema del degrado, purtroppo continuo, delle acque e dei territori da esse attraversati.
In ambito provinciale, si ritiene che le problematiche legate alla gestione delle acque siano state affrontate, sino ad oggi, in modo complessivamente poco soddisfacente. Il territorio provinciale è infatti già ampiamente interessato da grandi impianti idroelettrici e l’intenzione di ulteriori sfruttamenti dei torrenti della Valtellina e della Valchiavenna appare un vero e proprio assalto ai corsi d’acqua, motivato da esclusivi interessi di tipo privatistico e di natura meramente speculativa..
La Legge 308 del 1982, successivamente il varo delle Leggi 9/10 del 1991 e il decreto Bersani del 1979 hanno contribuito alla proliferazione in modo indiscriminato di domande per lo sfruttamento ai fini idroelettrici dei corsi d’acqua ricadenti sul territorio provinciale con potenza inferiore a 3 MW.:è il c.d. sfruttamento idroelettrico dei “piccoli salti”. La costruzione di detti impianti è finanziariamente appetibile per produzione di energia pulita, “rinnovabile” e relativo ottenimento dei cosiddetti “certificati verdi”.
La nuova politica energetica nazionale, indirizzata ad ulteriormente incrementare lo sfruttamento della risorsa idrica per la produzione di energia elettrica, se non cambia seriamente indirizzo, contribuirà a penalizzare ulteriormente il territorio valtellinese con altri impianti che sottenderanno i pochi corsi d’acqua rimasti intatti.
La frammentazione e l’evoluzione delle nuove competenze tra diversi Enti pubblici in materia di acque e territorio, non ha certo favorito corretti approcci o proposto soluzioni concrete dei diversi problemi che di seguito si elencheranno. Il complesso apparato normativo, complicato anche da fonti di diritto primarie e secondarie, lascia spazio ad enormi contraddizioni e buchi legislativi.
Oggi più che mai, la quasi totalità degli Enti e delle comunità locali ritengono necessaria una sollecita azione riequilibratrice che sappia contenere l’eccessivo prelievo di acque dai torrenti per usi idro-elettrici a fronte di insufficienti e talora inesistenti deflussi di acqua negli alvei sottesi dalle derivazioni.
A più riprese, attraverso le motivazioni di carattere generale e specifico contenute nelle puntuali opposizioni presentate (si unisce in allegato esempio di atto di opposizione) in ogni occasione agli organi competenti a seguito, come si è precedentemente detto, delle centinaia di domande di nuove concessioni presentate in questi anni, attraverso poi la pubblicazione di innumerevoli articoli sulla nostra rivista e sui giornali locali, l’UPS ha denunciato alle Autorità e all’opinione pubblica il rischio di effetti devastanti per il nostro territorio e per gli ecosistemi dei nostri torrenti, che un’applicazione indiscriminata delle citate leggi determinerebbe.
I fiumi Adda e Mera attraversano da Nord verso Sud rispettivamente la Valtellina e la Valchiavenna per una lunghezza complessiva di circa 130 km.
A questi corsi d’acqua principali sono afferenti circa 240 torrenti, che costituiscono il reticolo idrografico minore; l’85 % circa dei relativi bacini ha una superficie inferiore a 75 Kmq.
Il reticolo idrico provinciale è ormai al collasso, l’85% delle acque, pari a circa 1.144 chilometri, è sottratto dai corsi naturali e solo dopo aver attraversato: 202 manufatti di presa, chilometri di gallerie, 59 condotte forzate, 59 centrali idroelettriche, 56 dighe, invasi, traverse e vasche di accumulo, esse vengono restituite. I bacini idrografici sono profondamente alterati con gravi rischi connessi al pericolo di frane e smottamenti in conseguenza della sottrazione forzata dell’acqua ad una montagna già di per sé ad elevato rischio idrogeologico. Le calamità naturali del 1987, 1990 e 1992 hanno drammaticamente evidenziato la complessità dei cicli naturali!
Non si ripetono i dati numerici già forniti dall’Intergruppo Acque della Provincia di Sondrio – IAPS - che, relativamente alle piccole derivazioni, corrispondono a quanto rilevato da personale di vigilanza di questa Unione. I dati forniti devono essere riferiti ad una Provincia che dal turismo trae maggiore fonte di reddito in misura del 49% del complessivo prodotto interno lordo.
Tutte le svariate componenti ambientali, principale motivo di attrazione dei flussi turistici, contribuiscono ad un globale arricchimento delle realtà locali; l’insufficiente rilascio del cd. “deflusso minimo vitale . DMV” nei corsi d’acqua si aggrava nei periodi di siccità e presenta dei picchi materialmente rappresentati dalla difficoltà di approvvigionamento d’acqua potabile in alcuni comuni.
La popolazione valtellinese sino all’inizio degli anni 80 ha per lo più accettato tale situazione, anche in considerazione dei ritorni occupazionali che si sono avuti a partire dalla realizzazione dei primi grossi impianti idroelettrici e che i principali gestori degli impianti idroelettrici avevano assicurato.
La drastica riduzione di occupati nel settore (all’inizio degli anni 90 gli occupati nel settore erano 1500, mentre ora sono circa 800), oltre che l’aumentata sensibilità per gli aspetti ambientali, hanno sicuramente contribuito a modificare questo atteggiamento. anche tenuto conto poi che qui (il che è sicuro motivo di analisi), a differenza di quanto già accade nelle vicine Province di Trento e Bolzano, non si sono avute forme di riduzione dei costi dell’elettricità nei territori ove insistono importanti captazioni di acqua.
Pertanto, il bilancio costi – benefici anche di eventuali nuovi sfruttamenti, dal punto di vista economico, per la nostra provincia è del tutto negativo.
La ricerca di necessari fattori correttivi che, pur salvaguardando la necessità di produzione energia elettrica, consentano di riequilibrare la situazione generale, dovrebbe maggiormente considerare esigenze e necessità delle popolazioni locali ed una maggiore tutela dei valori ambientali ed ecologici in genere.
Il percorso legislativo dovrà interessare anche una revisione dei quantitativi d’acqua rilasciati a valle delle opere di presa (DMV) con l’applicazione di formule o fattori correttivi più idonei alle esigenze di salvaguardia ambientale. In tal senso, come già previsto da più fonti di diritto, è necessario sollecitare la collocazione di idonee strumentazioni che consentano il controllo in tempo reale delle portate derivate e rilasciate ed il rispetto degli obblighi previsti dai disciplinari di concessione.
Non per ultimo, ci si auspica una rivisitazione della L. 102/1990 (legge Valtellina) che vieta l’apertura di cave in alveo e rende difficoltoso il rispetto degli indirizzi e della normativa vigente in materia di rilasci dei materiali sedimentati nei bacini idroelettrici.
3.2 Considerazioni sul minimo deflusso vitale
L’attuale politica sulla difesa del suolo e sul governo idraulico dei fiumi, fondata su incuria, abbandono e sfruttamento per scopi industriali, ispirata e sostenuta da un “ambientalismo” strumentale, sta oscurando e sfasciando il territorio della provincia di Sondrio. I corsi d’acqua sono così diventati una “ Caporetto” per coloro che credevano e credono di poter coniugare economia, benessere e ambiente.
Delle diverse problematiche che riguardano le acque sicuramente quella dei DMV è al primo posto in termini di difficoltà di risoluzione. Questo perché la richiesta di lasciare acqua al fiume si scontra con gli usi in atto, in particolare nel periodo estivo, quando la risorsa disponibile è minima e le richieste raggiungono il massimo livello. Si tratta nella maggior parte dei casi di usi “storici”, cioè con derivazioni e rete distributiva già presenti nei secoli scorsi per finalità irrigue e molitorie, a cui si sono aggiunte nella prima metà del ventesimo secolo una serie di utenze idroelettriche e più di recente un significativo numero di prelievi ad uso potabile o di subalveo per utenze industriali.
L’esigenza di disporre di una metodologia condivisa con le Autorità di Bacino per la determinazione dei DMV deriva dal fatto che nel Piano di Tutela delle Acque di cui all’Art. 44 del D. Lgs. 152/99 si richiede, per il miglioramento delle condizioni qualitative dei corpi idrici, una “analisi integrata dei diversi fattori che concorrono a determinare la stato di qualità ambientale dei corpi idrici, ……… in particolare vanno presi in considerazione quelli riguardanti la situazione quantitativa del corpo idrico in relazione alle concessioni in atto ………”, vi deve cioè essere una azione non solo connessa alla riduzione dei carichi inquinanti sversati, ma anche una azione integrata di controllo quantitativo, al fine della diluizione dei carichi e di una migliore ricarica delle falde.
Nel territorio individuato dalla legge 102/1990 (Legge Valtellina), utilizzando le informazioni delle stazioni pluviometriche ubicate sul territorio provinciale e i pochi dati idrologici disponibili, l’Autorità di Bacino del Po, con delibera n. 6 del Comitato Istituzionale del 06.08.1992, ha adottato una legge generale che definisce il DMV in termini di contributo per unità di superficie imbrifera (ls – 1 Km – 2).
Dmin= k – P - A – Q - N
…. dove i coefficienti adimensionali indicati dalle lettere maiuscole consentono di modulare il valore base di 1,6 l.s. – 1 Kmq. in relazione alle condizioni locali del bacino:
P – fattore di precipitazione
A – fattore di altitudine e del tratto di alveo
Q – fattore di qualità ambientale
N – fattore naturalistico
Viene inoltre proposta una tempistica graduale relativa all’applicazione dei diversi criteri, che arriva fino al 2014-2016, anche in relazione agli obiettivi qualitativi sulle acque richiesti dal vecchio D. Lgs. 152/99 poi successivamente abrogato e sostituito dal nuovo D.Lgs.152/06 per tale orizzonte.
La formula adottata non dà importanza al significato e valenza, a livello ambientale e naturalistico, del concetto di deflusso minimo vitale che di seguito si riporta:
Ø Il concetto di “deflusso minimo vitale” è stato introdotto per la prima volta nella legislazione italiana con la legge 183/1989 “Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo” che recita all’articolo 3 come le attività di pianificazione, di programmazione e di attuazione devono riguardare anche: “i) la razionale utilizzazione delle risorse idriche superficiali e profonde, con una efficiente rete idraulica, irrigua ed idrica, garantendo, comunque, che l’insieme delle derivazioni non pregiudichi il minimo deflusso costante vitale negli alvei sottesi nonché la pulizia delle acque”.
Ø Il concetto di flusso costante implica una portata fissa che si deve assicurare nel corso d’acqua. L’intenzione della norma è quella di porre un primo indirizzo di fronte ad una situazione dove spesso i corsi d’acqua rimangono a secco per un periodo di tempo molto lungo a causa di un eccessivo prelievo. Questa prima indicazione normativa è stata colta nelle normative successive. E’ stata eliminata la parola “costante” in quanto fuorviante. Il deflusso minimo vitale in un’ottica annuale deve poter tenere conto infatti delle naturali variazioni di portata che avvengono in un corso d’acqua.
Ø Vi sono definizioni che meritano di essere citate in questo rapporto e che aggiungono ulteriori elementi alla comprensione del significato di “deflusso minino vitale” come quella riportata in uno studio per il Ministero dei Lavori Pubblici dice (Vismara et al. 1999): costituisce la minima quantità d’acqua che deve essere presente in un fiume, per garantire la sopravvivenza e la conservazione dell’ecosistema fluviale, assicurando le condizioni necessarie per un normale svolgimento dei processi biologici vitali degli organismi acquatici. Il DMV è quindi una portata che varia in funzione delle caratteristiche fisiche del corso d’acqua (forma dell’alveo, larghezza, pendenza, ecc.) e delle caratteristiche biologiche dell’ecosistema interessato. Sansoni (1999) parla di “deflusso minimo vitale” inteso come portata in grado di consentire non solo la vita biologica dei corsi d’acqua ma anche la pluralità degli habitat e la funzione a lungo termine degli interi sistemi fluviali.
Ø In base all’analisi delle definizioni riportate sopra si può evidenziare che gli elementi che devono essere tenuti in considerazione per una corretta definizione del “deflusso minivo vitale” dovrebbero essere:
- mantenimento delle biocenosi tipiche locali
- qualità delle acque
- dinamiche morfologiche
- aspetto paesaggistico
- funzione ricreativa e sportiva
- usi potabili, agricoli, industriali.
Ø La definizione di “deflusso minimo vitale” raccoglie quindi vari aspetti e non solo quelli “vitali” legati alle biocenosi acquatiche. Questo farebbe supporre che l’aggettivo vitale non comprenda tutti gli aspetti citati sopra. Si è quindi previsto il Deflusso Minimale Funzionale cioè quello in grado di consentire una funzionalità minima del corso d’acqua. Visto comunque che ormai il DMV è radicato dal punto di vista legislativo e scientifico si preferisce mantenere tale nomenclatura.
Ø I metodi utilizzati per determinare il “deflusso minimo vitale” che qui non si elencano nel dettaglio, esistono e sono i più disparati. Nella letteratura e nelle normative nazionali e di altri paesi vi sono numerosi esempi di calcolo della portata. Bisogna dire che la panoramica è molto ampia. Data la varietà di dimensioni e di tipologie fluviali, includendo corsi d’acqua stagionali, alpini, di pianura, mediterranei, glaciali, nivali o pluviali bisogna sottolineare che questi metodi sono stati concepiti anche per andare incontro ad esigenze specifiche e quindi non possono avere una validità generale. La tipologia di indagine richiesta per la definizione del DMV è di tipo teorico e di tipo sperimentale. Con la prima “si ricava la portata per via indiretta determinando alcuni parametri in qualche modo correlabili alla portata stessa. Questi parametri sono di varia natura, ad esempio parametri che descrivono le caratteristiche del bacino (dimensione ecc.) e dell’alveo (pendenza, ecc.); con la seconda “la priorità viene data ad obiettivi specifici quali ad esempio la protezione di una determinata specie ittica. Le portate sono ricavate dalla relazione tra una variabile idraulica o strutturale del corso d’acqua ed esigenze ecologiche di una specie vivente. Vengono pertanto raccolti in campo dati strutturali dell’alveo o caratteristiche chimiche e biologiche del corso d’acqua con riferimento ad un preciso obiettivo di tutela ambientale. Queste due tipologie di indagine hanno condotto a metodi che sono profondamente diversi e che è possibile distinguere in metodi teorici e sperimentali. Negli ultimi anni i metodi teorici hanno visto subito una modificazione alla loro impostazione introducendo alcune variabili correttive che fanno riferimento ad aspetti studiati in campo come la naturalità del corso d’acqua e la qualità delle acque. Si è passati in alcuni casi da un metodo totalmente teorico ad uno ibrido cioè con una combinazione di elementi teorici legati però alle caratteristiche del bacino.
3.3 Controlli e verifiche effettuati da UPS sugli impianti con potenza inferiore a 3 MW
Il controllo di numerosi impianti idroelettrici effettuato da personale di questa Unione Pesca nell’anno 2005, ha evidenziato le seguenti problematiche.
Ø Portata d’acqua rilasciata dalle opere di presa a titolo di DMV, generalmente non conforme al quantitativo stabilito dal disciplinare di concessione per occlusione dei sistemi di rilascio dell’acqua o difetti strutturali che gli stessi sistemi presentano ;
Ø Grave depauperamento degli alvei dei corsi d’acqua sottesi dalle opere di derivazione, anche in condizioni di regolare rilascio di DMV. In particolare, ed in alcuni casi, l’acqua rilasciata in alveo scompare immediatamente a valle delle opere di presa determinando la secca di lunghi tratti di alveo.
A valle delle opera di presa di tutti gli impianti realizzati dopo le richiamate leggi 308 del 1982 e successivamente con la L. 9/10 del 1991, i corsi d’acqua sono in completa asciutta con grave pregiudizio per la fauna ittica, nocumento per l’ambiente acquatico in generale e grave danno turistico-ambientale.
Nell’anno in corso è stata ripetuta la verifica di nr. 6 impianti idroelettrici, e quanto accertato poco si discosta dalle vecchie risultanze.
La verifica, si è materialmente così sviluppata:
a. esame dei disciplinari di concessione degli impianti idroelettrici;
b. accertamento tecnico in luogo
c. redazione di verbali di accertamenti urgenti;;
d. redazione di relativo fascicolo fotografico;
e. elaborazione dati in forma informatica;
f. analisi delle problematiche emerse;
g. accertamenti vari ed acquisizione delle visure camerali delle società;
h. analisi delle norme amministrative violate;
i. studi giuridici per eventuali comunicazioni all’Autorità Giudiziaria relative a reati di carattere penale accertati nel corso dei controlli.
I dati tecnici / costruttivi e funzionali alle opere di presa, già riassunti nelle schede elaborate nell’anno 2005, sono stati riverificati ed hanno trovato esatta corrispondenza.
Dopo un’attenta analisi dei disciplinari di concessione, il controllo è stato quindi finalizzato all’accertamento di irregolarità di carattere amministrativo e/o di rilevanza penale.
L’esito dell’indagine ha portato ai seguenti risultati:
a) Torrente Sasso Bisolo, in Comune di Madesimo (SO):
Ø Rilascio di 41,94 l/s di acqua a titolo di DMV anziché 114 come da atto concessorio con conseguente mancanza di adeguato tirante idrico a valle della derivazione;
b) Torrente Rabbiosa, in Comune di Campodolcino (SO);
Ø Rilascio di 12,05 l/s di acqua a titolo di DMV anziché 52,41 come da atto concessorio, per ostruzione della canaletta con 2 sassi. Fatto grave è che 50 metri sotto l’opera di presa il DMV va in subalveo ed il torrente resta completamente secco per circa 1400 metri;
c) Torrenti Giumello e Giumellino, in Comune di Chiesa Valmalenco (SO)
Ø Rilascio regolare del DMV;
d) Torrenti Forasco e Foraschetto, in Comune di Chiesa Valmalenco (SO)
Ø Sul torrente Forasco il concessionario non pone in essere azioni completamente valide per evitarne la derivazione a carattere stagionale;
e) Torrente Toate in Comune di Dazio-Civo (SO);
Ø Rilascio inesistente a valle di 2 opere di presa delle tre costituenti l’impianto. Il torrente riprende a vivere circa 100 metri sotto le derivazioni per acque risorgive da falda;
f) Torrente Maroggia, in Comune di Buglio in Monte (SO).
Ø Rilascio regolare del DMV.
In tutti i casi, è stato accertato che, ove il sistema di rilascio del DMV è a foro calibrato vi è un’alto rischio di intasamento da detriti, mentre, nelle opere di presa con cessione di acqua a valle con canalette calibrate, il posizionamento di un sasso consente di ridurre ad un quarto, rispetto a quanto previsto, la quantità d’acqua scaricata nell’alveo sotteso.
Tranne che per la derivazione sul torrente Sasso Bisolo, altri fattori comuni sono:
1. Inefficienza della scala di rimonta per la fauna ittica
2. Mancanza di apposito cartello con una sintesi delle indicazioni di cui all’art. 8, comma 1 del regolamento regionale n.2 del 24 marzo 2006, nonché del DMV;
3. Impossibilità di lettura dei misuratori di portata.
Si uniscono di seguito le riprese fotografiche (da noi non riportate ndr) che, oltre a dare visivamente la prova dei gravi danni arrecati agli ambienti acquatici, evidenziano le reali entità dei deflussi minimi vitali (sicuramente minimi, ma assolutamente non vitali) e sono da stimolo per una revisione generale delle norme di legge e della loro concreta applicazione.
Torrente Casenda –anno 2005 Torrente Giumellino –anno 2005 Torrente Sasso Bisolo –anno 2006 Torrente Vallecetta a valle dell’opera di presa –anno 2006 Torrente Ables – Rin de Miserin (parco nazionale dello Stelvio) –anno 2006 a valle delle opere di presa Torrente Rabbiosa – cento metri sotto l’opera di presa –anno 2006 Torrente Spoel a valle di più opere di presa–anno 2005 e 2006 Torrente Spoel –anno 2005 e 2006 Torrente Toate – Opera di presa di Dazio –anno 2006 Torrente Toate – A valle dell’opera di presa con acqua stagnante Torrente Toate – Opera di presa di Chempo –anno 2006 Torrente Toate – A valle dell’opera di presa di Chempo – Alveo in secca –anno 2006.
3.4 Sghiaiamenti, sfangamenti e svasi di bacini artificiali
Gli impianti idroelettrici finora realizzati sul territorio provinciale oltre che sottrarre in modo forzato l’acqua dai corpi idrici naturali, provocano alterazioni/perturbazioni idro-dinamiche alla vena fluida. Tale fenomeno è detto idro-peaking: le continue variazioni di livello dell’acqua all’interno degli alvei causano danni irreversibili alla fauna ittica ed invertebrata. La riproduzione delle specie ittiche è seriamente compromessa dalla variabilità dei tiranti idrici incostanti.
La discontinuità di una costante portata nei fiumi e torrenti valtellinesi è motivo per cui, periodicamente ed in periodi di consistenti precipitazioni atmosferiche, i principali gestori di prese o serbatoi - dighe – invasi – idroelettrici, sono costretti a rilasciare in alveo ed a valle dei predetti manufatti ingenti quantitativi di sedimenti costituiti da limi e fanghi che soffocano ogni forma di vita presente in alveo.
Una costante e adeguata portata d’acqua, oltrechè garantire in modo naturale un continuo e normale trasporto verso valle dei sedimenti senza picchi di concentrazione, permetterebbe, oltretutto, una innata capacità di autodepurazione dei corsi d’acqua relativamente alla pressione antropica derivante dai reflui urbani civili ed industriali.
La difficoltà di programmare la manutenzione dei corsi d’acqua si traduce nella reale impossibilità di contrastare gli effetti rovinosi degli ultimi eventi calamitosi, luttuosi che hanno interessato il nostro territorio. Per quale motivo, per arginare i sopra detti effetti ambientali distruttivi, non si dragano più torrenti e fiumi, come si è sempre fatto nel passato, sin dal tempo dei Medici e del Gran Ducato di Toscana? Atteso che i versanti friabili delle montagne di Valtellina scaricano continuamente inerti in alveo, il ripristino delle possibilità di dragaggio e la costruzione di cave in zone ove questo fenomeno è particolarmente evidenziato, sarebbero strumento per il mantenimento degli alvei dei fiumi a livello naturale, per scongiurare la tracimazione o esondazione delle acque in caso di alluvione e, non per ultimo, per evitare di dover investire denaro pubblico per la manutenzione degli alvei dei fiumi.
Recenti sperimentazioni tendenti a ricercare metodi di rilascio di materiale solido in forma eco-compatibile dai manufatti idroelettrici (opere di presa, traverse, dighe) e, ormai i consueti rilasci di ghiaia o fanghi dalle opere di presa dell’alta Valtellina e Val Chiavenna hanno determinato sui corsi d’acqua sottesi:
Ø la completa scomparsa della fauna ittica e della fauna invertebrata come rilevato in forma grave dopo lo spurgo dell’invaso di Villa di Chiavenna (SO) avvenuto nel 1998 che ha causato la completa devitalizzazione di circa 25 km. di fiume Mera;
Ø il ripascimento nei tratti di minore velocità dell’acqua di notevoli accumuli di limo e fanghi che producono danni irreversibili all’intero sistema eco-fluviale;
Ø i fenomeni suddetti si ripetono con cadenza periodica su periodi dilatati in quanto sulle aste dei due principali corsi d’acqua (Adda e Mera) sono state realizzate delle traverse idroelettriche ove vi sono consistenti periodici accumuli di limo e fanghi da svasare, determinati dal notevole trasporto solido derivato dagli scoscendimenti provenienti dalle zone sub-glaciali dell’alta valle, anche in relazione all’andamento climatico degli ultimi decenni;
Ø l’instabilità degli alvei anche dei corsi d’acqua del reticolo idrografico minore è causata da continue e reiterate operazioni di sghiaio e sfangamento delle innumerevoli opere di presa ivi ubicate;
Ø una ridotta capacità di autodepurazione dei corsi d’acqua per elevate sottrazioni di acqua dal punto quantitativo e per le elevate concentrazioni di sedimenti trasportati dal fluido.
Di seguito vengono inserite alcune riprese fotografiche, che bene evidenziano i danni ambientali prodotti dalle operazioni in questione
Fiume Mera – Svaso della diga di Villa di Chiavenna - Anno 1998 Fiume Mera – Svaso della diga di Villa di Chiavenna - Effetti sulla fauna ittica - Anno 1998 - Piena sul fiume Adda – Anno 2004 Effetto delle piene con evidenti depositi di ghiaie in alveo – Anno 2004 Effetto delle piene con evidenti depositi di ghiaie in alveo – Anno 2004 Effetto delle piene con evidenti depositi di ghiaie in alveo – Anno 2004 Effetto di sghiaiamenti sul torrente Frodolfo – tratto cittadino – anno 2005 Effetto di sghiaiamenti sul torrente Frodolfo – anno 2004 Effetto di sghiaiamenti sul fiume Adda – confluenza con torrente Frodolfo – anno 2004 Svaso della diga di Fusino – anno 2006 Svaso della diga di Fusino – anno 2006 Svaso della diga di Fusino – anno 2006
3.5 Alcune proposte di interventi migliorativi
Di seguito vengono infine riportate alcune proposte di cui tener conto in sede di revisione della situazione esistente, per quanto concerne i minimi deflussi vitali e le operazioni di svaso dei bacini artificiali.
Deflusso minimo vitale
Le norme di pianificazione territoriale, non ultimo il PTUA, ridefiniscono il concetto di DMV per quanto attiene al calcolo di quanto deve essere rilasciato a valle delle opere di presa, nella misura del 10 % della portata media naturale del corso d’acqua interessato dalla captazione ad uso idroelettrico. In particolari zone viene definita la misura del 20%, per corpi idrici ricadenti in particolari zone (Parchi – ZPS –SIC).
La formula così definita e prevista ha una sicura valenza su grandi bacini idrografici sottesi dalle opere di presa, ma risulta inefficace ove tali bacini, come peraltro rilevato sulla totalità dei torrenti valtellinesi, abbiano una superficie inferiore ai 75 Km2. La situazione rappresentata va estesa a tutti i torrenti già oggetto di captazione o interessati da nuove domande in istruttoria.
Di fatto, quindi, il PTUA, non apporta sostanziali miglioramenti a quanto previsto dalla formula stabilita dalla Autorità di Bacino del Po sopra descritta.
In attesa di una rivisitazione delle norme di settore che disciplinano l’utilizzazione della risorsa acqua per fini idroelettrici, dovranno essere investite delle risorse per la determinazione delle reali portate dei corsi d’acqua della Provincia di Sondrio interessati da opere di derivazione e da nuovi progetti di sfruttamento. E ciò, al fine di acquisire un quadro complessivo sulla reale disponibilità idrica valtellinese.
Tale percorso dovrà essere necessariamente integrato da una puntuale modifica della quantità d’acqua da rilasciarsi a titolo di DMV a valle delle opere di presa in modo tale da garantire in ogni periodo dell’anno un costante tirante idraulico atto a mantenere e garantire i processi biologici naturali.
Sghiaiamenti e svasi di bacini artificiali
Le norme di tutela dei corsi d’acqua sopra indicate che disciplinano anche la gestione dei sedimenti accumulati nei bacini idroelettrici non escludono la possibilità di asportazione totale o parziale degli stessi in forma meccanica mediante dragaggio. Tuttora tale norma sembra dimenticata dai gestori degli impianti idroelettrici per chiare ragioni economiche.
Per evitare gli effetti rovinosi sulle biocenosi acquatiche, è dunque auspicabile maggiormente incoraggiare tale attività, con inserimento della stessa come condizione sinequa-non nei “progetti di gestione” degli invasi.
La riapertura di alcune cave in alveo finalizzata ad un progetto di gestione del fiume eco-compatibile consentirebbe poi una migliore gestione del trasporto solido in acqua.
Nel ringraziare per l’attenzione, si porgono distinti saluti.
Avv. Diego Muffatti (x)
(x) PRESIDENTE UNIONE PESCA SPORTIVA PROVINCIA DI SONDRIO