DISSESTO IDROGEOLOGICO: 1) CLINI: AL CIPE UN PIANO E LIBERARE RISORSE DAI VINCOLI UE 2) OGNI ANNO 1,4 MLD PER LE EMERGENZE DEL TERRITORIO
1) CLINI
"Presenterò al Cipe il piano contro i cambiamenti climatici e il dissesto idrogeologico e spero che se ne parli nella prossima riunione del Comitato". Così il ministro dell'Ambiente Corrado Clini, di fronte all'ennesima manifestazione di fragilità del nostro territorio, con gli allagamenti ed esondazioni in particolare Toscana. Il Ministro ha ribadito che "il presidente Monti ha chiesto alla Commissione Europea di liberare le risorse". Per Clini "dobbiamo avere dalla Commissione Europea una risposta per le risorse pubbliche per attuare programmi di prevenzione" e liberare le "risorse bloccate dal Patto di Stabilità: è assurdo tenere bloccate queste risorse per ridurre il debito, il rischio è che il debito aumenti per correre dietro ai danni" perché i "costi delle riparazioni sono più alti di quelli della prevenzione".
In Parlamento, è in corso l'approvazione della legge di stabilità; al voto, anche l'emendamento che prevede l'inserimento di una dotazione per il Fondo nazionale per la messa in sicurezza del territorio. Per il Ministro Clini - che plaude all'iniziativa - si tratta di "una misura infrastrutturale per la crescita e non un intervento tampone. Non voglio fare concorrenza ad altri ma c'é un fondo per gli esodati ed un fondo nazionale è già previsto per la messa in sicurezza del territorio che duri 15 anni. L'importante é che sia stabile. Se riusciamo ad avere 1-1,5 miliardi ogni anno per 15 anni sarebbe un grande risultato. Le risorse vanno spese sulla base di criteri obiettivi, ci deve essere un campo di applicazione per evitare che, come in passato, siano dati tre miliardi a dei comuni ufficialmente per affrontare i problemi del dissesto e poi siano serviti per altro. Sono operazioni che non si possono più fare".
Nel piano che il ministro presenterà al Cipe nei prossimi giorni, sono previste misure per "adeguare le infrastrutture per la gestione delle acque", ovvero fognature e sistemi di raccolta. Così Clini in u'intervista al quotidiano romano Il Messaggero. "Il piano contempla la revisione degli usi del territorio" e questo significa che "a fronte di una situazione climatica modificata dobbiamo prevedere che non vengano più autorizzati insediamenti abitativi o produttivi in zone vulnerabili". Tuttavia, precisa, ove questi siano già presenti, si dovranno approntare "misure per la loro protezione o per la loro delocalizzazione" oppure si dovranno adeguare le infrastrutture per la gestione delle acque. Dunque si dovranno ampliare le fogne "o creare dei sistemi di laminazione della piena" per ridurre l'impatto delle grandi piogge. "Poi bisognerà fare canali scolmatori più ampi e creare invasi", "non necessariamente più dighe. Si può trattare di creare dei bacini o di allargare bacini già esistenti".
Sui vincoli europei, Clini osserva che Italia e Francia hanno sollevato la possibilità di operare a prescindere dal vincolo del patto di stabilità "per alcune tipologie di interventi" come quelli finalizzati alla crescita economica e per il nostro Paese "la manutenzione e la gestione del territorio che sono pezzi importanti della strategia per la crescita".
2) 1,4 MILIARDI
Ogni anno il nostro Paese spende 1,4 miliardi di euro per le emergenze connesse al territorio. Senza contare il costo in vite umane. "Dobbiamo scegliere se continuare a partecipare a commemorazioni per eventi connessi a frane o alluvioni oppure investire in prevenzione idrogeologica, alzando anche la capacità di gestione. Alluvioni e siccità si alternano senza soluzione di continuità". Quasi una previsione, le parole con le quali il 5 novembre scorso, in un convegno a Firenze, il direttore generale di Federutility, Adolfo Spaziani, aveva illustrato il "Rapporto generale sulle acque: obiettivo 2020".
Nel rapporto, presentato in occasione dell'anniversario dell'alluvione che colpì il capoluogo toscano nel 1966, Federutility ha illustrato le priorità del dissesto idrogeologico: combattere la mancanza cronica di dati, la difficoltà nel realizzare investimenti e risolvere un'articolazione di competenze istituzionali troppo complessa.
Lo studio, disponibile on line sul sito , ha riunito e analizzato le ricerche che negli ultimi anni sono state realizzate da Istat, Protezione Civile, Ispra, Cresme e altri soggetti pubblici e privati. Ne è emerso un quadro inquietante, secondo il quale dei circa 30mila chilometri quadrati di aree "ad alta criticità idrogeologica" - ossia soggette ad alluvioni, frane e valanghe - il 7,5% sono in territori montuosi e collinari e il 19% si trovano su aree pianeggianti. Sono quelle stesse aree che in cinquant'anni, dal 1961 al 2011, hanno prodotto 4.082 morti, 83 dispersi, 2.851 feriti e 437.390 sfollati e senza tetto, con un costo economico per strutture e infrastrutture dissestate di 62,4 miliardi.
Per il sottosegretario del ministero dell'Ambiente, Tullio Fanelli, "il settore dell'acqua è dato per scontato. Con gli attuali cambiamenti normativi siamo invece di fronte a un momento storico per uno sviluppo della governance e per una ricerca dell'efficienza. Si deve puntare alle smart grid (adesso ci si mettono, dopo quelli della finanza e dell'economia, anche quelli del territorio a usare incomprensibili - per i più - locuzioni inglesi. Ma non sapere esprimervi in italino? - ndr)dell'acqua, valorizzando gli aspetti positivi. L'eliminazione del rischio idrogeologico, per esempio, significa aumento del valore del terreno, di un immobile, di un'area a uso agricolo. E il taglio positivo potrebbe aiutare nella ricerca di finanziamenti".
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