L'ITALIA PERDE TERRENO. IL 10% DEL TERRITORIO È A RISCHIO IDROGEOLOGICO
La terra frana perché sono dimezzati gli agricoltori a prendersene cura nelle aree marginali. Negli ultimi trent'anni, tre milioni di ettari di terreno coltivato, pari alla superficie della Sicilia e della Val d'Aosta sommate, sono stati abbandonati in montagna e collina o cementificati in pianura. È quanto ha affermato il presidente della Coldiretti, Sergio Marini, in occasione della Conferenza nazionale sul rischio idrogeologico che si è svolta a Roma la scorsa settimana.
Secondo gli esperti, il 9,8% del territorio italiano è rischio idrogeologico. E un'attenta azione di prevenzione "non può che partire dalla difesa dei 12,8 milioni di ettari di terreno coltivato - ha detto Marini - dei quali ben i due terzi si trovano in collina e in montagna". Sono ben 6.633 i comuni italiani in pericolo, l'82% del totale. Una fragilità che risulta molto elevata in regioni come Calabria, Molise, Basilicata, Umbria, Valle d'Aosta e nella provincia di Trento, dove il 100% dei comuni è classificato a rischio, subito seguite da Marche e Liguria (col 99% dei comuni) e da Lazio e Toscana (col 98%).
In Italia, quindi, oltre 5 milioni di cittadini si trovano ogni giorno in zone esposte al pericolo di frane e alluvioni.
"L'investimento in prevenzione per la tutela del territorio va inquadrato nell'indispensabile revisione della spesa pubblica, perché abbiamo dimostrato che riparare i danni post emergenza costa cinque volte di più che prevenirli, senza contare il tributo in vite umane e le pesanti conseguenze sociali che frane e alluvioni comportano per le comunità", commenta Massimo Gargano, presidente dell'Anbi, l'Associazione nazionale bonifiche e irrigazioni. "La salvaguardia idrogeologica interessa sì la gestione dell'ambiente, ma è soprattutto una questione che condiziona l'economia del paese e la qualità della vita dei suoi abitanti", ha aggiunto.
Serve, insomma, un programma nazionale di difesa del suolo, per la manutenzione e la cura del territorio, "che progetti un'azione urgente, efficace e concreta per la mitigazione del rischio stabilendo strumenti e priorità d'intervento e risorse economiche adeguate per metterlo in campo, senza dimenticare una necessaria attività di informazione e formazione dei cittadini su questi temi. Un piano - ha concluso Marini - che superi i limiti di quelli precedentemente approvati".
Alla conferenza hanno preso parte Coldiretti, Legambiente, Anci, Consiglio nazionale dei geologi, Consiglio nazionale architetti, Consiglio nazionale dei dottori agronomi e forestali, Consiglio nazionale degli ingegneri, Inu, Ance, Anbi, Wwf, Touring club italiano, Slow Food Italia, Cirf, Aipin, Sigea, Aiab, Tavolo nazionale dei contratti di fiume Ag21 Italy, Federparchi, gruppo 183
Abbiamo riportato questa notizia perché di nostro interesse quantomeno come contesto generale. Quando si parla di prevenzione non tutti hanno presente la complessità del problema. La Valtellina é un significativo caso. Con la legge Valtellina sono stati finanziati ed eseguiti molteplici interventi, alcuni di sistemazione, molti altri proprio di prevenzione. Una serie di interventi, anche in forma massiccia, erano stati fatti a suo tempo dalla Sezione di Bonifica Montana presso il BIM. Tutto questo non elimina il rischio. Erano stati censiti circa 1300 dissesti in provincia. E' oltremodo evidente che non si può intervenire dappertutto. Ella gran parte dei casi bisogna lasciare che la natura faccia il suo corso ma contestualmente che l'uomo non ci metta del suo costruendo dove non va bene costruire, o costruendo male dove si può costruire ma in un quadro di compatibilità.
Non solo. Abbiamo l'esempio della frana di Spriana che come la sua cugina della Val Pola ha una evoluzione variabile. Come disse il 28 luglio 1987 il dr. Frigo, direttore del Parco dello Stelvio "poteva scendere 10.000 anni fa oppure fra 10.000 anni; ha scelto stamattina". E così la frana di Spriana, a nostro avviso per averla seguita molto da vicino, più sensibile alle onde sismiche che all'azione delle acque, ha richiesto un intervento molto, molto costoso in previsione di un evento che chissà quando potrà verificarsi. Eppure non si poteva non intervenire perché incombeva su Sondrio una Mannaia con la iniziale maiuscola per cui cautelativamente non si potev fare diversamente. Ci sono però altre situazioni a rischio e di elevato costo di possibili interventi, là almeno dove é possibile farli.
Semplice citazione di questi casi: il Torreggio a Torre S. Maria, il Curlo a Chiesa-Lanzada, il Ruinon a Valfurva, le sei situazioni classificabili come la Val Pola che però non destano preoccupazione oggi.
Perché cci si renda conto con chi abbiamo a che fare: un territorio abbastanza giovane, ad altimetria notevole, con versanti parecchio in piedi come abbiamo dimostrato su queste colonne (che non ci sono, ce n'é una sola) uno per uno citando i 105 affluenti dell'Adda molti dei quali non si accontentano di mandare giù l'acqua con pendenze notevoli ma hanno anche i versanti laterali belli in piedi.
I dati:
La pubblicazione tecnica "Frane in Lombardia" ci fornisce dati interessanti. Riportiamo quelli relativi alla provincia di Sondrio:
2682 frane puntuali
8934 frane profonde
17393 aree soggette a frana
104 (solo 47 il resto di Lombardia!) DGPV (deformazione gravitativa profonda di versante)
19.500 frane lineari
Totale 48.613
Area totale in frana 1924,38 kmq (Lombardia kmq 148.373, noi compresi). La superficie della provincia é di kmq 3211,9.
Ci si rende conto dell'entità del problema. Per quanto si dovesse fare ne resterebbe tantissimo, a parte poi il fatto che pensare di riuscire ad impedire i fenomeni di dissesto é cosa fuori di testa.
Cose da fare ce ne sono e di cose se ne devono fare ma con Juicio perché se si prende a riferimento una frana millenaria gli interventi che fossero da fare verrebbero a costare molto, molto di più.
E poi selettività. Giusto in area esondabile con ciclo non breve il vincolo di inedificabilità ma non assoluto. Esempio classico strutture al servizio dell'agricoltura o determinate strutture produttive a determinate condizioni e con misure cautelari idonee.
Riprenderemo l'argomento.
GdS