Rischio idrogeologico in Pianura Padana

Se potessi suonerei giorno e notte le campane a martello: il
rischio è reale ma viene per lo più ignorato o sottovalutato.

L’attuale politica nazionale sulla Difesa del suolo e sul
governo idraulico dei fiumi – politica fondata sull’incuria e
sull’abbandono, contraria ad ogni forma di regimazione e
manutenzione degli alvei; perseguita nell’ottica dell’emergenza
dal Partito degli Appalti; sostenuta da un ambientalismo
strumentale a secondi fini – sta oscurando l’Italia e ne sta
sfasciando il territorio. Le pianure fluviali sono ad alto
rischio idraulico: la Pianura Padana, più delle altre, è già
soggetta a ricorrenti disastri alluvionali.


L’Acqua disfa li monti e riempie le valli, e vorrebbe ridurre la
terra in perfetta sfericità, s’ella potesse… Così Leonardo da
Vinci descrive il processo d’erosione del suolo. Processo
naturale, tra quelli che incidono sull’evoluzione morfologica
della crosta terrestre. Ogni volta che piove, l’azione meccanica
dell’acqua asporta dai rilievi uno strato di terra, lo trascina
a valle, e quivi lo deposita laddove si quieta. L’acqua spiana
le montagne… forma le pianure… e riempie gli alvei fluviali; ed
è ciò che sta accadendo (anche) in Pianura Padana.


L’enorme accumulo di ghiaia e sabbia – formatosi in questi
ultimi trenta anni – ha trasformato i “lussureggianti” fiumi
padani in tante fiumare che spesso straripano: anche con modeste
portate idriche. Vi sono diffuse situazioni a rischio
esondazione, situazioni pregresse ed evidenti, che però vengono
ignorate e sottaciute. Ed ogni volta che ne deriva un disastro
alluvionale si sente dire che si tratta di “un evento
eccezionale e imprevedibile”.


In estate, invece, la portata di magra si sommerge nel materasso
alluvionale, da qui si disperde nella falda acquifera, …ed i
fiumi vanno in secca. Per contro, il livello di falda tende a
risalire, mandando in crisi costruzioni ed infrastrutture
interrate. Come ad esempio sta accadendo nell’Interland
milanese, dove i fiumi Adda, Seveso e Ticino vanno in secca, e
la falda acquifera s’innalza, creando grossi problemi alla
Metropolitana. Ed il fiume Po, da grande via d’acqua d’Europa,
si riduce in una misera pozzanghera. Tutto questo, ripeto, è la
conseguenza del progressivo innalzamento degli alvei, causato
dal trentennale accumularsi, al loro interno, del sedimento
alluvionale.


Oltretutto, gli inerti fluviali sono una grande risorsa
mineraria e potrebbero costituire una notevole Entrata erariale.
Ma, per una specie di follia pseudo-ambientalista, “non si
devono toccare”. A partire dagli anni settanta, abbiamo
assistito ad una vera guerra – contro l’escavazione in alveo –
fatta di proclami fasulli: amplificati dalla stampa e di grande
effetto sull’opinione pubblica. Ormai, la convinzione che il
disalveo danneggi l’ambiente è talmente diffusa che è difficile
persino parlarne.

Chi mette in discussione questa madornalità
rischia di passare per pazzo.


Il rischio, ripeto, è reale e altissimo, e si potrebbe eliminare
facilmente, ripristinando le sezioni idriche e liberando i fiumi
dai miliardi di mc. di materiale in eccesso. Ma si continua ad
ignorare sia il problema che la soluzione. E non solo. Sulla
spinta del fabbisogno di inerti, le Regioni stanno ampliando i
Piani Cave, prevedendo l’apertura di altre cave, in un
territorio già ridotto peggio di una gruviera. Siamo al colmo
dei colmi, al massimo della follia.


Per il bene del Paese, per la vita e l’economia di intere
popolazioni, bisogna fermare questa follia. Urge una svolta. Ma
è vano sperarla dagli “Organi competenti”, dove si è persa la
cultura del governo idraulico ed il concetto di manutenzione
preventiva. Si aspetta il disastro per intervenire: nell’ottica
della “somma urgenza” e dell’allegra gestione delle pubbliche
risorse. Si ignora del tutto l’erosione del suolo, la portata
solida delle piene, ed il suo accumularsi lungo gli alvei.


Assistiamo al moltiplicarsi di “pani e poltrone”, di assessorati
ed annesse sovrastrutture (adb, aato, arpa, aipo); al loro
vaniloquio, per convegni e seminari; a consulti infiniti intorno
al moribondo Po; al proliferare di nuovi Uffici (anzi Pianifici),
dove si pianifica e ripianifica, riciclando carta e contenuto:
per Piani d’emergenza che alla prima prova si rivelano
inutili; per assurdi PAI - Piani d’assetto idrogeologico, che
altro non sono che Piani d’evacuazione del territorio. Insomma,
tutti a pianificare, studiare, monitorare, per miliardi di euro,
ma nessuno che provveda alla riduzione del rischio, alla messa
in sicurezza del territorio. Neanche se attuabile a costo zero.


La funzione primaria di un corso d’acqua è quella di drenare le
acque del proprio bacino, e ciò dipende dalla capacità di
deflusso (portata) del proprio alveo. La quale, a sua volta,
dipende dalla capienza e dalla pendenza dell’alveo stesso; -
risponde alla regola dell’Idraulica Q = A x V, dove (Q) è la
portata, (A) la superficie trasversale dell’alveo, (V) la
velocità (che è diretta conseguenza della pendenza); - e viene
espressa in mc/sec. Con il variare di uno o di entrambi i
fattori, varia ovviamente anche la portata.


In un corretto piano di prevenzione, andrebbe verificata la
capacità di deflusso dei corsi d’acqua, e confrontata con le
rispettive portate di massima piena, note statisticamente. E’
una verifica necessaria – da effettuarsi periodicamente, specie
dopo un evento di massima piena – che tra l’altro aiuterebbe a
capire se l’ultima esondazione è stata causata dalla
“eccezionale portata di piena”, o piuttosto da un accumulo
alluvionale, che, ostruendo la sezione dell’alveo, ne ha ridotto
il fattore “A”. Oppure dalla presenza di una briglia, che,
abbassando la pendenza, ne ha ridotto il fattore “V”. A tal
proposito, andrebbe effettuata una verifica sulla miriade di
briglie, sorte per derivazione d’acqua o altro, lungo i tronchi
fluviali di pianura. Laddove la pendenza è già minima,
l’aggiunta di una briglia provoca una riduzione della velocità,
e l’innalzamento del livello idrico, per un lungo tratto a
monte; ed è spesso concausa di esondazioni e disastri
alluvionali. Come ad esempio è accaduto a Casale Monferrato nel
2000, ed a Lodi nel 2002.


Di fronte al sopra descritto marasma istituzionale, ed
all’inerzia degli “Organi competenti” – peraltro inaffidabili e
inattendibili – l’’auspicata svolta può nascere solo dalla
mobilitazione organizzata dei cittadini. Urge pertanto una loro
presa di coscienza, e diretta conoscenza del problema; un ruolo
attivo e propositivo nella ricerca della soluzione. Urge una
decisa azione di protesta verso ritardi e inadempienze. Il
tutto, previa liberazione da pregiudizi, da feticismi e dalle
varie sudditanze ideologiche. Certo, serve pur sempre una svolta
Politica. Ma la si può sperare solo se il problema reale diventa
anche elettorale: una questione di voti. Da qui l’esigenza di
una “consistente” mobilitazione popolare.


I Comuni – magari stimolati e coadiuvati dai comitati cittadini
- potrebbero effettuare le suddette verifiche, e individuare le
situazioni a rischio. I Sindaci – cui compete comunque la
sicurezza dei cittadini – dovrebbero informare la gente e
coordinarne l’azione, affinché la protesta possa svolgersi in
termini civili e non violenti, e ne possano sortire effetti
benefici, immediati e… preventivi.


Nota bene: il presente Appello nasce dalla certezza del grave
rischio idraulico esistente in tutte le pianure fluviali.
Rischio che peraltro, ripeto, viene ignorato o sottovalutato. Ha
lo scopo di richiamare l’attenzione su questo problema, nella
speranza di stimolare il dibattito – nelle famiglie, nelle
scuole, tra i Giovani – sulle cause (non solo quelle di natura
idraulica o idrogeologica) e sui rimedi da adottare. Vuol essere
inoltre un solidale contributo, di conoscenza e informazione,
alle popolazioni di ex e potenziali Alluvionati d’Italia.

Spero che aiuti a capire, a correggere, a prevenire.
Nicola Bonelli


e-mail: nicolabonelli@libero.it;


Il testo integrale del presente appello – insieme a foto ed
altro – lo si trova sul sito: http://xoomer.virgilio.it/fontamara,
dove a breve si potrà consultare anche uno “strumento
ausiliario” di calcolo idraulico, utile per verificare la
capacità di deflusso degli alvei fluviali.

I temi trattati: - 1. Rischio idrogeologico in Pianura Padana; -
2. Esondazione fluviale: cause e rimedi; - 3. Il crollo di ponti
e difese spondali; - 4. - Fiumi in secca e falde acquifere; - 5.
Tra le probabili cause di “Firenze-66”; - 6. Il caso emblematico
di Lodi; - 7. La logica dell’emergenza; - 8. Le manfrine degli
Ambientalisti; - 9. La fantomatica “erosione della costa” - 10.
Gli Organi tecnici preposti; - 11. La responsabilità dei
Politici; - 12. La colpa del Palazzo di Giustizia; - 13. La
beffa della Protezione Civile; - 14. La “complicità della
stampa; - 15. Urge una svolta; - 16. Rassegna stampa: alluvioni,
detriti e tangenti.



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Nicola Bonelli
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