Commissariare il Parco dello Stelvio? Si, ma non per i mondiali bensì… E anche la Provincia?

di Alberto Frizziero

L'IPOTESI
DEL COMMISSARIO


Commissariare il Parco dello Stelvio? Giusto, ma non per la
vicenda-mondiali bensì per una ragione più pregnante.

Prima sulla stampa, e dopo al termine dell’incontro-flop di
Milano anche da parte di rappresentanti delle Istituzioni è
stata infatti ventilata l’ipotesi di un commissariamento
visto che il Presidente del Parco, Osio, ha “bocciato” il
“Progetto Mondiali” per Santa Caterina Valfurva.

Da un lato questa bocciatura è stata considerata un fulmine
a ciel sereno considerato che lo stesso Presidente aveva
dato parere positivo al taglio delle piante e allo studio
Irealp – studio, che poi doveva essere tradotto in progetto
che è un’altra cosa rispetto ad uno studio! - , con qualche
polemica per la decisione da parte di ambientalisti.

Dall’altro si replica che il progetto presentato non
corrisponde a quello che aveva avuto il primo OK per via di
modifiche presentate.

Inoltre posizione durissima da parte ambientalista sulla
Valle dell’Alpe che, si sostiene, non deve essere toccata.

Fumata nera dunque in Regione dove l’incontro con il
Presidente Osio non ha portato a nessun passo avanti.


Mondiali in
Valfurva appesi a un lumicino?


Morale: si parla già di Mondiali in Valfurva appesi a un
lumicino e unicamente legati alla speranza che arrivi in
fretta il commissario e questi in fretta decida, mentre a
Bormio si sta procedendo a quanto necessario con la consueta
efficienza formina.

Facile immaginare lo stato d’animo dei furvaschi che temono
di perdere un appuntamento così importante, e addirittura
temono per la situazione impiantistica visto che se si
dovesse andare avanti così a Santa Caterina si potrà fare
solo lo sci di fondo per la semplice ragione che tale
specialità non richiede impianti di risalita.

Una situazione profondamente negativa. Se la Valfurva
perderà i Mondiali ci sarà e resterà un solco profondissimo
con il Parco.

Va bene infatti la tutela degli esseri viventi a quattro
zampe, di quelli con le ali, delle specie vegetali, della
morfologia del territorio.

Va bene tutto questo, anche per la felicità da week-end di
quelle persone che vivono in zone dove il territorio è stato
totalmente compromesso, e magari dove, come a Milano, fino a
poche settimane fa non un litro di reflui urbani e chimici
veniva depurato e in questi anni, anzi decenni, con la
critica ambientalista lontanissima dai toni e dalle
posizioni che la caratterizzano quando è in gioco qualcosa
dell’Alta Valtellina…
Non guasta, e non è demagogico, ricordare che nel Parco
ci sono oltre gli esseri viventi di cui sopra anche quelli a
due gambe che devono avere occasione in loco di procurarsi
pane e companatico senza essere costretti a prendere la
valigia per la Svizzera o altri lidi lontani.
Esseri
viventi a due gambe, eredi di quelli che per secoli hanno
mantenuto il territorio in modo tale da poter essere un bel
giorno classificato a parco, tagliando piante, raccogliendo
erbe officinali, andando a caccia, organizzandosi il loro
allevamento, costruendosi le baite. Senza vincoli o divieti
ma con illuminato autogoverno.

Da qui l’idea di un commissariamento del Parco onde
consentire all’ipotetico commissario di dare in zona
Cesarini quell’OK che forse, ma non è ancora detto, potrebbe
salvare la parte furvasca dei Mondiali dando un’opportunità
di sviluppo alla popolazione locale.


Non ci pare
l’idea migliore


Non ci pare l’idea migliore.

Si rischia di riprodurre la situazione dei Mondiali del 1985
quando il presunto “taglio di 4000 piante” divenne un caso
nazionale con la polemica a livelli tali che il Presidente
della Repubblica Pertini, che si era dichiarato disponibile
ad intervenire all’inaugurazione, fu costretto a rinunciare.
E seguirono questa via anche il Presidente del Consiglio
Craxi e vari Ministri. Se all’inaugurazione ci fu un
rappresentante del Governo a colmare quello che sarebbe
stato un buco clamoroso ci pensò il Ministro Forte che da
valtellinese privilegiò la sua terra tenendo la prolusione
inaugurale.

Abbiamo scritto “presunto taglio di 4000 piante” in quanto
in realtà, come documentammo in diverse sedi, RAI compresa,
c’erano solo 45 piante di diametro superiore ai 45 cm e la
maggior parte erano piantine di nessun pregio cresciute dopo
non molti anni prima le foto documentano come di piante non
ve ne fossero affatto.. Per inciso ricordiamo che nei
successivi Mondiali a Crans Montana, nelle ecologissima
Svizzera, di piante ne tagliarono 20.000. E ricordiamo pure
come, pochi mesi dopo, in pieno parco il Comune di Bormio,
secondo il regolare piano di assestamento e con tanto di
autorizzazione del Parco, di piante ne tagliò 10.000!

Non ci pare l’idea migliore, dicevamo.

Il commissariamento rischierebbe di scatenare una baraonda
di cui non abbiamo affatto bisogno.

Il commissariamento, intendiamo, motivato dai Mondiali.



Commissariamento giusto se...


C’è un’altra motivazione che lo renderebbe sacrosantamente
giusto.

Vediamo la situazione.

In alcuni interventi sembra proprio che la principale
ragione del dissenso venga dal timore degli ambientalisti
che si comprometta la Valle dell’Alpe.

Come mai? Nessuno si chiede la ragione e di chi è la
responsabilità?
La colpa è del Parco.
Se questa Valle dell’Alpe è così un tesoro da preservare
– non entriamo nel merito anche se qualche ragionamento ci
sarebbe pure da farlo – c’era un modo lineare e certo per la
sua tutela: il Piano del Parco. Una volta che in sede di
Piano fossero stati fissati, definitivamente, i paletti
ciascuno avrebbe saputo cosa si può fare e cosa non si può
fare. E questo non solo per la Valle dell’Alpe ma per
qualsiasi altro intervento per il quale oggi perdura
l’incertezza del diritto dato che autorizzazioni o
bocciature di qualsiasi intervento sono materia
discrezionale che verrebbe grandemente ridotta da un Piano.

Il Presidente Osio, come si è letto sulla stampa, ha
affermato che in assenza del Piano suo è il potere
discrezionale e quindi lo esercita. Ma non è lui a dover
mandare avanti questo Piano?

Non sembra che ci sia un impegno spasmodico nel portarlo
avanti sino all’approvazione. L’incarico tecnico è già stato
dato da qualche settimana – si fa per dire “qualche”, visto
che in realtà sono tantissime! – ma evidentemente è meglio
andare avanti così, con la discrezionalità, che affrontare
una volta per tutte i nodi, con tutti i soggetti interessati
con i quali van fatti i conti - e definire un ordinamento
certo del territorio.

Ecco allora cosa serve: un commissario che magari veda anche
questo problema legato ai Mondiali ma che soprattutto
conduca in porto il Piano del Parco.

Commissariamento dunque giusto
se così motivato.

Non mancherebbero le polemiche che però avrebbero il fiato
corto perché il Piano dovrebbe essere il primo obiettivo
proprio di chi vuole la tutela del territorio, e gli strali,
prima ancora che per ogni altra cosa, Mondiali compresi,
dovrebbero essere diretti proprio contro chi questo Piano
doveva fare e che finora non ha fatto. Non ci sono né
attenuanti né alibi.


Allora
commissariammo anche la Provincia?


Nei conversari da piazza abbiamo già sentito qualcuno dire
che allora si dovrebbe fare la stessa cosa con la Provincia,
responsabile di un ritardo cosmico nell’approntamento e
nella preparazione del Piano Territoriale Paesistico
provinciale.

Che la Provincia abbia dormito e dorma ancora è un fatto
innegabile.

In campagna elettorale il Presidente on. Tarabini aveva
accusato pesantemente il Presidente Dioli al riguardo. Siamo
quasi a fine mandato e si aspetta ancora il Piano che,
concepito come piano-processo e con adeguati input ai
progettisti da parte di amministratori consapevoli di cosa e
come debba essere questo “piano-processo”, avrebbe richiesto
per la prima fase sei mesi in tutto. Precisiamo che la prima
fase sarebbe sufficiente ai fini di ottenere la prescritta
approvazione del Consiglio Regionale, la fase successiva
avendo tempi, pur sempre contenuti, ma tali da approfondire
gli episodi territoriali più significativi.

Il cosmico ritardo è costato e costa parecchio a
valtellinesi e valchiavennaschi. Basti pensare che per
interventi oltre una certa quota, variabile da Comune a
Comune, la legislazione aveva previsto sino all'approvazione
del Piano una procedura complessa e costosa, che da
concludersi, magari per la sistemazione di una piccola
baita, persino con la pubblicazione oltre che sul B.U.R. (il
Bollettino Ufficiale della Regione) anche sulla Gazzetta
Ufficiale della Repubblica Italiana!


Una
questione complessa


Occuparsi a 360° e senza dilazioni di questo problema si
suppone che avrebbe fatto emergere una complessa questione
giuridica e culturale insieme relativa alla competenza dei
Piani, quello Territoriale provinciale e quello dei Parchi,
là dove l’ambito territoriale si sovrappone.

Al riguardo noi siamo dell’idea di una scala gerarchica che
vede al primo posto il Piano Territoriale provinciale che ha
carattere generale mentre quello del Parco ha finalità
specifica. Non fosse così saremmo all’assurdo che la
pianificazione provinciale non può coincidere con la
circoscrizione amministrativa, e all’assurdo che toccherebbe
al Piano del Parco occuparsi del reticolo di aspetti che
esulano dalle competenze, intese anche come conoscenze, sue
proprie. Ovviamente nella sovraordinazione gerarchica il
Piano Territoriale dovrebbe raggiungere le opportune intese
con il Parco, nell’ambito però delle sole competenze di
quest’ultimo.

Si fosse speso del tempo, e della materia grigia, su questo
tema, in Valfurva ci sarebbe qualche problema in meno. Al
limite con la proposta di una definizione legislativa
quantomeno regionale del rapporto tra le due pianificazioni.

Tutti avrebbero saputo, senza discrezionalità, che cosa si
poteva e che cosa non si poteva fare.

Niente commissario in Provincia

Torniamo al “commissariamento della Provincia”. Non avrebbe
né capo né coda perché le condizioni sono del tutto diverse
rispetto al Parco.

La Provincia, a differenza del Parco, è un Ente elettivo e
quindi, nello svolgimento della sua attività, o
nell’eventuale inazione, deve rendere conto all’elettorato
di quanto ha fatto, o non fatto.

Nello specifico poi se Presidente e Giunta portano
ovviamente la responsabilità principale dell’aver lasciato
passare il tempo senza prendere il toro per le corna in
maniera decisa – persino per dare l’incarico ai tecnici s’è
voluto un tempo biblico! – non è che siano soli. Non ci
risulta ad esempio che il Consiglio Provinciale abbia visto
sollecitazioni, approfondimenti quando magari da parte dei
consiglieri, sia di maggioranza che di minoranza, ci si
sarebbe attesi una sorta di pressing.

Ma anche fuori. Non ci risulta neppure che la Provincia
abbia avuto sollecitazioni esterne persino da chi ha un
interesse diretto (Associazioni di categoria e forze
sociali) oltre che da altri, quantomeno sotto il profilo
culturale o addirittura da parte del mondo politico
pressoché totalmente assente su questo tema, escluse solo
iniziative nuove in formazione che si sono proposte il
territorio come uno degli elementi-base della futura azione
politica.

Il tema verrà quindi fuori certamente nella prossima
campagna elettorale ma, a nostro avviso, in questo come
altri problemi – recentemente lo abbiamo scritto per il
problema rifiuti – meglio rispetto alle prevedibili
polemiche della prossima primavera sarebbero costruttive ed
esaustive discussioni, con azioni conseguenti, in
quest’autunno.

Alberto Frizziero


GdS 18 IX 03  www.gazzettadisondrio.it

Alberto Frizziero
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