Capitolo secondo: "IL CONCORSO PER IL CENTRO DI SONDRIO - PIAZZE GARIBALDI E CAMPELLO"

Tre elementi-base – Pensando all’illuminazione …l’illuminazione – Il dibattito. Chi lascia la via vecchia per la nuova… - Un Concorso di idee – La Giuria – 22 progetti – Il lavoro della Giuria – Le scelte – Gruppo Crotti vincitore:

Un vero centro che la città di Sondrio non ha. Questo il presupposto di partenza, non velleitario ma meditato e culturalmente approfondito durante il non breve iter del piano attuativo del centro Storico.

TRE ELEMENTI BASE

Tre elementi di contesto da considerare, due di carattere strategico e uno di carattere operativo:

1) La politica urbanistica

2) Il ruolo di Sondrio

3) Post-tangenziale

1) La politica urbanistica

Nel decennio 1975/1985 perno della politica urbanistica è stata la conservazione del baricentro. Non, ovviamente, di quello geometrico inevitabilmente in spostamento verso sud in quanto l’espansione della città non poteva che volgersi in questa direzione per vincoli fisici. Il riferimento è al baricentro delle funzioni e quindi dei flussi. L’equilibrato sviluppo della città richiedeva che i nuovi volumi, i nuovi edifici, i nuovi insediamenti a valle della “cinta daziaria” costituita dalla ferrovia, avessero un contrappeso nella parte più a settentrione ed in particolare nel centro storico. Solo così la risultante dei vettori rappresentativi di funzioni e flussi, preesistenti e indotti dal nuovo, poteva mantenersi solidamente immutata. Diversamente senza interventi la capacità di attrazione del nuovo avrebbe avuto – come rischia di avere oggi – un effetto polarizzante a scapito del centro storico. A fronte pertanto di un significativo sviluppo della parte della città a sud si erano contestualmente posti, affrontandoli, i problemi del riassetto, zona centrale, e del recupero, centro storico (questi temi vengono sviluppati in dettaglio nel capitolo specifico). Ve ne sono testimonianze concrete per quello che si è potuto realizzare. E’ rimasta traccia comunque di quanto invece è rimasto, come si suol dire, al palo.

2) Il ruolo di Sondrio

Sondrio è il capoluogo amministrativo non già di una provincia – questo è il dato formale – bensì di una vera e propria Regione Alpina come ebbe a definirla il prof. Alberto Quadrio Curzio. Si stende su un arco alpino di circa 200 km. Metà del suo territorio è compreso fra i 2000 metri e i 4050 del Bernina. Ha 1533 km di corsi d’acqua, fra cui il quarto fiume italiano, l’Adda, che scorre per oltre 100 km in Valtellina ricevendo 105 affluenti, 45 retici e 65 orobici. I laghi artificiali possono accumulare tanta acqua quanto serve ad alimentare tutti gli usi della città di Milano per almeno un quinquennio. Sono 78 i Comuni per una popolazione pari a quella di un quartiere di Milano con gli abitanti distribuiti su 183 centri e 344 nuclei. In economia, oltre alla produzione di energia quasi tutta pregiata in quanto da impianti ad accumulo, grande rilievo ha il turismo ma Valtellina vuol dire tanto altro, Le due banche, ad esempio, con vastissima base cooperativa, sono entrate nel Gotha del Paese. L’industria vede la tradizione agroalimentare affiancata da produzioni moderne come persino barche e motori nautici mentre il diffusissimo artigianato ha come requisito fondamentale la qualità.

“Sondrio è il capoluogo amministrativo ma è il capoluogo reale? E soprattutto ha le caratteristiche e i requisiti per esserlo? E per esserglielo riconosciuto?”. Questa è la domanda che gli amministratori si posero e posero a tutta la popolazione attiva, attraverso le sue rappresentanze, in un riuscito convegno cui è dedicato un apposito capitolo.

3) Post-tangenziale

La città era gravata da una servitù di passaggio impressionante. La Statale 38 dello Stelvio la attraversava praticamente in centro e con la Statale l’attraversava un fiume di veicoli. Due terzi del traffico in entrata e in uscita dal Comune erano di passaggio e solo un terzo gravitava su Sondrio.

La Comunità Montana di Valtellina, allora unica e la più grande in Italia (65 Comuni, oltre 150.000 abitanti, oltre 2600 kmq di territorio) aveva, in solidale intesa con il Comune, fatto predisporre il progetto della tangenziale al prof. Darios, che aveva già l’incarico della riqualificazione della SS 38 da Piantedo, inizio della Valtellina, sino a Bormio. La tangenziale iniziava poco prima della stazione di Castione e si riaccordava all’esistente Statale a Montagna, poco dopo il torrente Davaglione. Il costo di allora: 18 miliardi. Unico caso italiano in pochi mesi non solo erano pronti i progetti, e quelli esecutivi per le tratte prioritarie, ma c’erano anche una quarantina do delibere dei Consigli Comunali che recepivano nei loro strumenti urbanistici il tracciato. Inaudito! Tanto inaudito che l’ANAS destinò tutte le risorse che aveva per la SS 38. Innanzitutto per il Tartano, problema secolare. Poi la Sernio-Mazzo. Quindi toccava alla tangenziale di Sondrio. C’erano solo 13 miliardi per cui si ridusse il progetto da Castione alla Sassella. Tutto a posto? No. La Valchiavenna si fece avanti e riuscì a scavalcare il capoluogo. Ci fu l’impegno per l’anno successivo ma, come si vedrà nel capitolo specifico, gran parte della classe dirigente provinciale optò, clamorosamente sbagliando, sulla Mazzo-Grosio.

In Comune però ci si preparava al dopo-tangenziale, al dopo.liberazione dalla servitù di passaggio, anche sotto il profilo della necessità di creare le condizioni perché il turista evitasse la tangenziale e scegliesse di visitare la città e magari di fermarvisi.

PENSANDO ALL’ILLUMINAZIONE… L’ILLUMINAZIONE

Se questo era il contesto cui corrispondeva un quadro di iniziative e di realizzazioni c’era però sul tavolo anche la serie di problemi posti, e non tutti superati per via di condizionamenti e legislativi e gestionali (uffici del Pirellone), nel corso della pianificazione urbanistica di dettaglio del centro storico. C’era però anche attenzione alla qualità degli interventi funzionali che si andavano facendo o progettando. Fra questi la pubblica illuminazione, sempre di qualità, per Piazza Garibaldi, ingresso ovest (Viale dello Stadio e Viale Milano) e centro storico, oltre a quelli già realizzati, pur d’altro tipo, per Castello Masegra, S. Bartolomeo, Santuario della Sassella. Per il centro storico, come pure per il Lungo Mallero, le cose andarono, ironia delle parole, per il lungo a causa delle inizialmente non condivise indicazioni della Sovrintendenza. Al progettista per Viale dello Stadio e Viale Milano, arch. Gentili, fu chiesto di uscire dal convenzionale. Ne venne una soluzione, appunto, di qualità con i globi, altri centrali e più bassi laterali, translucidi e illuminazione interna azzurrina. C’erano solo a Parigi, Torino e Sondrio, con un costo competitivo. Moltissimi Comuni, venuti a Sondrio per vederli, cercarono di farli senza successo perché l’ENEL non ne volle sapere (A Sondrio, come a Torino, la distribuzione non era e non è dell’ENEL ma dell’ASM).

Per Piazza Garibaldi si voleva qualcosa di speciale. Fu incaricato della progettazione l’arch. Galimberti, certo esperto ma anche, per così dire, “estroso”. Lo confermò la proposta presentata che, per citare un solo particolare, prevedeva una serie di lampioni che tracciavano un prolungamento curvilineo di Via Caimi al centro della piazza in direzione di Corso Italia. La proposta non fu realizzata ma ebbe un ruolo più importante in quanto aprì un dibattito sulla Piazza, sulle Piazze, sul centro, su questo capoluogo di una regione alpina di alta valenza turistica che un vero centro non aveva. E non ha tuttora. In definitiva pensando all’illuminazione (della piazza) venne l’illuminazione (non sulla via di Damasco ma a Palazzo Pretorio): un Concorso.

IL DIBATTITO. CHI LASCIA LA VIA VECCHIA PER LA NUOVA…

Il dibattito fu di elevato spessore. C’erano, come logico, i fedelissimi del famoso detto “Chi lascia la via vecchia per la nuova sa quel che lascia e non sa quel che trova”. In qualsiasi vicenda se si unissero in partito avrebbero esiti plebiscitari. Chi si inoltra per vie nuove sa che molte possono anche essere vicoli ciechi e che altre possono dispiegare la loro validità, talora la loro grande validità, solo in tempi medio-lunghi. Sa anche che quando le cose vanno bene spuntano come funghi i padri dell’iniziativa. Padri putativi s’intende ma che cercano di accreditarsi come padri a prova di DNA. A conforto di chi, con impegno razionale che presuppone gli approfondimenti propedeutici del caso, si avventura su nuovi percorsi, a qualsiasi livello, sta la semplice constatazione che se i nostri progenitori avessero seguito il proverbio citato l’umanità sarebbe ancora dentro qualche grotta vestito le pelli e a nutrirsi di carne cruda. D’altronde se il podestà Gunnella avesse seguito il proverbio quello splendore che è Palazzo Muzio non ci sarebbe. E non ci sarebbero tante altre cose, né a Sondrio né in provincia.

UN CONCORSO DI IDEE

Era da tempo che a Palazzo Pretorio era stato estromessa la fedeltà alla via vecchia, pur senza ovviamente disconoscere tradizione e bontà di scelte alle spalle. Esaminando, dissertando, discutendo, valutando ma anche verificando fu individuata una soluzione metodologica: un Concorso di idee in ambito almeno regionale. Non fu semplice impostare il bando, da sottoporre poi ad altri soggetti quali ad esempio gli ordini professionali, locali e regionali, ed anzi richiese dei tempi supplementari, con un ritardo che pregiudicò l’avvio della fase operativa a concorso espletato. Va ricordato che come convenuto nel dibattito seguito alla presentazione e all’approvazione del Piano per il Centro Storico l’Amministrazione si era orientata per un utilizzo sotterraneo di Piazza Garibaldi, in parte per box al servizio del Centro Storico e in parte per parcheggio pubblico. Lo studio dell’ing. Flaminio Benetti dimostrò la fattibilità sotto ogni profilo non solo dei due piani ipotizzati ma di tre, rendendo così più agevole economicamente la realizzazione.

LA GIURIA

La Giuria che risultò così composta:

Sindaco Frizziero (Presidente), avv. Venosta e prof. Foianini (per Consiglio Comunale), arch. Tirinzoni e ing. Vitali (per Ordini Professionali), prof. Fassin (Presidente Commissione Centro Storico), ing. Zecca (Presidente Comitato di Quartiere Centro), G. Balgera (per Unione Commercio e Turismo), arch. Leoni (Ufficio Tecnico Comune di Sondrio). Si aggiunse, per designazione dell’Ordine Regionale degli Architetti, l’allora Preside della Facoltà di Architettura di Venezia prof. Giuseppe Gambirasio.

VENTIDUE PROGETTI

Al bando risposero 69 professionisti, associati in 22 gruppi di progettazione, in parte locali in parte di fuori provincia.

I partecipanti e l’Ordine professionale di appartenenza:

1) Guido e Laura Boldrati di Varese

2) Fulvio Valsecchi di Bergamo

3) Alberto Amadori di Como

4) Giulio Crespi, Gilberto Oneto, Emanuele Bortolotti, Maria Giulia Da Sacco di Varese

5) Francesco Corna di Bergamo

6) Daniele Ligari di Sondrio

7) Sandro Crotti, Alessandro Finozzi, Enrica Invernizzi, Renata Bosco, Fabrizio Zani, Graziano Patergnani, Caterina Zognin di Milano

8) Valter Cornara, Gianni Rainers, Gianpaolo Bellora di Como

9) Enrico De Munari, Adelaide Donati, Carla Federspiel di Milano

10) Franca e Fulvio Fojanini di Milano

11) Roberto Romegialli di Sondrio

12) Giuseppe Galimberti, Marco Simonetti di Sondrio

13) Raimondo Campanili, Riccardo Pezzola di Milano

14) Piercarlo Stefanelli, Ettore Ferrari, Mirella Rossi, Elio Pelizzatti di Sondrio

15) Corrado Merizzi, Carluccio Maspes di Sondrio

16) Aurelio e Dario Benetti, Pierre Daskas di Sondrio

17) Matteo Invernizzi, Elisabetta Baggiani, Guya Bertelli, Viviana Maggiolini, Silvia Milesi, Celeste Dell’Anna di Bergamo

18) Franco Nogheredo, Corrado Gavinelli,. Paolo Crippa, Laura Gavazzi, Chiara Sammicheli di Milano

19) Flavio De Simoni, Attilio Balitro, Icaro Bangio, Giorgio Cartoni, Stefano Leali, Roberto Paruscio di Sondrio

20) Ferdinando Grattirola, Pietro Balera, Gino Patriarca, Virginio Scalco, Mauro De Giovanni, Alberto Garsi di Sondrio (e Mantova)

21) Francesco Gilardi, Eugenio Bonomo, Giorgio Della Chiesa di Bergamo

22) Romeo Pollini, Anna Cabrini, Daniela Basilico, Marco Zenesini di Sondrio

IL LAVORO DELLA GIURIA

Se complessa e non breve era stata la predisposizione del bando e la definizione del Concorso sollecito fu invece il lavoro della Giuria, iniziato a metà gennaio e concluso, dopo una serie di riunioni, sabato 16 febbraio 1985. Due giorni dopo, lunedì 18, la Giunta prendeva atto della graduatoria. Già l’indomani, martedì 19, toccava alla Commissione consiliare competente e giovedì 21 la parte formale era conclusa con la deliberazione d’incarico, da parte della Giunta, per l’allestimento della Mostra degli elaborati, così come previsto dal bando. Una Mostra che attirò nell’edificio già sede dell’Istituto Besta e ora della Provincia un elevato numero di cittadini con ampi consensi al di là delle eventuali propensioni soggettive per questo o quel progetto. Inoltre un notevole contributo venne dai giornali locali che dedicarono molto spazio: una serie di amplissime analisi del prof. Carlo Mola su “Centro Valle”, scritti vari su “Il Lavoratore Valtellinese”, su “Il Corriere della Valtellina” e sui quotidiani “L’Ordine” e “Il Giorno”. E poi interviste dell’arch. Mirella Rossi e dell’arch. Silvia palmieri, notizie e commenti di lettori. Questo risalto dato al Concorso e alla Mostra contribuì ad una presa di coscienza del problema anche oltre i confini del capoluogo che, in fin dei conti, era ed è il riferimento delle genti insediate tra lo Stelvio e le Lepontine.

LE SCELTE

Come da bando la Giuria stilò la graduatoria. Primo, secondo e terzo premio in somme di denaro. Poi a tre Gruppi il “rimborso spese. Infine segnalazioni per altri tre progetti. Il dettaglio:

PREMIATI

1) Sandro Crotti, Alessandro Finozzi, Enrica Invernizzi, Renata Bosco, Fabrizio Zani, Graziano Patergnani, Caterina Zognin di Milano

2) Piercarlo Stefanelli, Ettore Ferrari, Mirella Rossi, Elio Pelizzatti di Sondrio

3) Ferdinando Grattirola, Pietro Balgera, Gino Patriarca, Virginio Scalco, Mauro De Giovanni, Alberto Garsi di Sondrio (e Mantova)

RIMBORSO-SPESE

- Enrico De Munari, Adelaide Donati, Carla Federspiel di Milano

- Raimondo Campanini, Riccardo Pezzola di Milano

- Matteo Invernizzi, Elisabetta Baggiani, Guya Bertelli, Viviana Maggiolini, Silvia Milesi, Celeste Dell’Anna di Bergamo

SEGNALATI

- Roberto Romegialli di Sondrio

- Francesco Corna di Bergamo

- Giulio Crespi, Gilberto Oneto, Emanuele Bortolotti, Maria Giulia Da Sacco di Varese


GRUPPO CROTTI, VINCITORE: PROGETTO SENZA ALTERAZIONI RILEVANTI

(Sandro Crotti, Alessandro Finozzi, Enrica Invernizzi, Renata Bosco, Fabrizio Zani, Graziano Patergnani, Caterina Zognin di Milano)

Per il prof. Crotti, capogruppo, il suo progetto “cerca di interpretare il quadro urbano di Sondrio senza portare alterazioni rilevanti alla struttura ma, anzi, cercando di comprendere e imparare quella lezione che Sondrio, come ogni città, porta in sé”..

PIAZZA GARIBALDI

In Piazza Garibaldi “si coglie immediatamente il senso dello spazio disegnato: la geometria della piazza rivela la sua origine civile, legata ad un ruolo rappresentativo, sia di una dimensione diversa che veniva attribuita alla città nell’800 che di una sua raggiunta maturità dal punto di vista della città-capitale di un intorno relativamente esteso.”. Citato il rapporto con il Mallero “la piazza appare indeterminata proprio in corrispondenza della grande civiltà del torrente”.

I DUE NUOVI EDIFICI. Di qui sullo spigolo della piazza verso il ponte “un sistema di due edifici, la Porta Garibaldi, secondo punto obbligato rispetto a quella che introduce a Piazza Campello fra la mole del campanile e il Palazzo della Carialo”. Due edifici, entrambi scostati per ripetere il motivo costante della piazza: la nuova “Torre Civica”, con grande lucernario che dà su tre livelli interni a fianco di Palazzo Lambertenghi e il padiglione espositivo – quello che si è chiamato subito da tutti “il cilindro di cristallo”. Previsto anche “un ponte metallico rotante intorno all’asse orizzontale” per collegare i due edifici citati.

ILTERZO VOLUME. Il terzo elemento è rappresentato dal sopralzo dello zoccolo dell’INA “che completi, assieme agli altri due edifici, e determini in una continuità di elementi ritmici”. In altri termini, diciamo noi, ai tre volumi a sud (Teatro, Banca d’Italia, Hotel Posta) far corrispondere tre volumi anche a nord e non due con un’appendice posticcia.

GLI ALTRI ELEMENTI. C’era poi il rilevato della Piazza “per sottolineare il ruolo di che questa piazza ha sempre voluto assumere” con zone funzionali pertinenti agli edifici ove possano ampliarsi le attività esistenti, commerciali e di servizio. L’opinione prevalente era comunque quella che, nel caso di realizzazione, per la sistemazione della superficie della piazza so dovesse procedere con altro Concorso di idee, seppur ovviamente più limitato. I progettisti inserivano nella piazza “un’altra presenza importante del quadro urbano di Sondrio: l’acqua”. Ecco quindi una fontana “in cui il velo d’acqua scorre sulla scanalatura di una lama verticale per poi scendere in una vasca”. A completamento parapetti decorati, aiuole alberate, antenne verticali e per la pubblica illuminazione e come camini di aerazione del sottostante parcheggio pubblico. C’è anche un grande portale che si apre su Palazzo Lambertenghi per dare su un giardino all’italiana di collegamento con il Mallero. Infine il monumento a Garibaldi.

SI SPOSTA GARIBALDI. Si sposta, seppur non di molto, per essere in una posizione da essere visto contestualmente da Piazza Campello e dal Ponte Matteotti. In questo modo “può essere considerato un elemento di rotazione del sistema delle due piazze, e non semplicemente un’immagine simmetrica e celebrativa”.

PIAZZA CAMPELLO

Per quanto riguarda la Piazza Campello la novità: “due elementi, tra loro complementari e integrati: il portico dei pellegrini o nartece, con due gradinate professionali, addossato al fianco della Chiesa, e l’altro, sul lato opposto della piazza verso l’edificio della Banca Piccolo Credito individuato in una .

Il progetto in definitiva, per quanto riguarda i flussi, mediava tra l’esigenza di riappropriazione da parte dei cittadini di spazi vitali (pedonalizzazione) e quella e di utilizzo e di accesso motorizzato, indispensabili per mantenere la vitalità del centro storico. Perno dunque sul sistema delle due piazze, quella di origine medievale, “fulcro di un dedali di strade medievali che serpeggiano tra le cortine edilizie, ancora abbastanza ben conservate, salvo qualche intervento fuori scala” e quella “post-illuministica, segno dell’intervento austriaco”.

RECENSIONI

Recensioni del progetto vincitore sono apparse su “Casabella” n.514 del Giugno, 1985, “Abacus” n.1 del Dicembre 1985, “Urbanistica” n. 82 del febbraio 1986; “AU” n. 19 del luglio-settembre 1986 e n. 21 del gennaio aprile 1987 oltre che sulla stampa, locale e non, d’informazione.


GRUPPO STEFANELLI, SECONDO CLASSIFICATO

(arch. Piercarlo Stefanelli, arch. Ettore Ferrari, arch. Mirella Rossi, pittore Elio Pelizzatti)

La sintesi del capogruppo arch. Piercarlo Stefanelli:

“RUOLO FUTURO DI SONDRIO

Sondrio deve essere "città". Deve espletare la funzione di fulcro, di centro di gravitazione, di "nuovo porto in terra", cerniera fra città e territorio. Una oculata gerarchia di luoghi dovrebbe collegare il centro storico ai sub-centri attrezzati ed agli spazi di valore storico, artistico, ambientale.

CHIAVE DI LETTURA DEL PROGETTO

La complessità degli obiettivi progettuali, il radicale intervento innovativo e rivitalizzante, che va ad improntare il "centro urbano", ridefinendone l'identità di "circuito pedonale", ben al di là di un settoriale discorso di arredo estetico-architettonico, si presta ad una chiave di lettura interpretativa per successive fasi progettuali.

PUNTI PROGETTUALI

Il progetto si snoda in un continuum spaziale "interno-esterno", un itinerario che da Piazza Campello, ridisegnata, con un "sagrato" che slancia la Collegiata ligariana e con la creazione di una specie di Küerc a funzione polivalente: broletto per le funzioni civiche del Comune, nartece-ciborio per le funzioni religiose, spazio espositivo per mostre d'arte, gazebo per concerti e attività teatrali, mercato coperto, passa attraverso il "salotto" di Corso Italia, coperto da una struttura in cristallo, sfocia nella Piazza Garibaldi. Quest'ultima diventa una "camera urbana" chiusa e conclusa con la creazione di una cortina a fondale scenico, determinata dall'ampliamento di Palazzo Lambertenghi e dal recupero volumetrico nella parte soprastante dell ' "ex INA".

Il traforo delle due porte "Folla" e "Cantone" permette l'affaccio sulla "piazza verde", nuovo belvedere del Mallero e lo sbocco visivo sui monumenti a Garibaldi e ai partigiani, (recuperato da Piazza Campello) collocati nel verde del giardino "Catasto".

VIABILITÀ NEL CENTRO

Si é cercato di risolvere l'annoso problema della viabilità pensando a percorsi viabilistici alternativi, come il nuovo attraversamento del Mallero, affiancato in obliquo al nuovo "ponte verde", per permettere la continuità dell'asse di traffico di Lungo Mallero Cadorna, Via De Simoni. Si è pensato, inoltre, ad un sottopasso viabilistico di collegamento tra il ponte di Piazza Vecchia verso il Ponte Eiffel.

VERDE- ARREDO URBANO - OPERE D'ARTE

Il machillage di decoro urbano comprende "4 spazi a verde": l' ampliamento del giardino del Catasto, il recupero del Giardino Martinengo e del Giardino di Palazzo Sertoli, la creazione del Giardino terrazzato dell'intervento ACLI sul lungo Mallero Diaz -Via De Simoni; interventi di tipo artistico: moderne sculture, mosaici, un nuovo disegno della pavimentazione studiato nei particolari cromatici e dei materiali, "lampioni-scultura" dimensionati a varia scala. Il tutto ricucito in un preciso "Piano del colore"

SCENOGRAFIA DI PROGETTO

Una moderna scultura "luminosa" funge da vertice del "cono ottico", che da Piazza Campello permeando Corso Italia e Piazza Garibaldi, trafora palazzo Lambertenghi, passando attraverso le Nuove porte, abbraccia in un complessivo colpo d'occhio scenografico il nuovo arredo della "Piazza Verde" sul Mallero.

IL MALLERO

GLI SPAZI. Recupero storico del Mallero come elemento caratterizzante della scena urbana

Dal “ponte” come manufatto fatto per “transitare” a piedi ad una piazza “verde” per “stare” (assieme).

Argine come percorso soleggiato pedonalizzato (la tradizione del Lungo Mallero) oltre che opera di difesa.

L’acqua, elemento più vicino, non segregata dal contesto attraverso la realizzazione di un balcone più vicino all’acqua.

Sulla piazza verde: massi erosi (le sculture del Mallero).

LE FUNZIONI. Recupero della tradizione di svago del Lungo Mallero e luoghi sul torrente: Fraccaiolo, Gombaro (posti anch’essi suscettibili di recupero, elementi di un “continuum” città -torrente).

D’estate si privilegerà la piazza verde: brezza, vegetazione ecc.; nelle altre stagioni il percorso soleggiato sull’argine.

Accessibilità temporanee sul greto del torrente: pesca, esplorazione, gioco.

PIAZZA GARIBALDI

GLI SPAZI. Introduzione nella piazza-camera urbana della dialettica del “dentro” e del “fuori”.

La porta è simbolo di città, che si recinge.

Le porte proteggono le identità e nel contempo le uniscono tra loro (porta Folla, Porta Cantone; ruolo di identificazione).

Nelle piazze di Sondrio troppi edifici sono "chiusi" (le finestre di sera senza luce senza vita).

Casa Lambertenghi, allora, è pensato come edificio "aperto". Casa della comunicazione. Casa che definisce lo spazio senza sbarrarlo.

LE FUNZIONI. Polifunzionalità dello spazio, soprattutto in relazione alle potenzialità di vitalizzazione legate alle nuove funzioni di Palazzo Lambertenghi e Palazzo Martinengo.

Possibilità "aperte" di attrezzare di volta in volta, con duttilità, la grande superficie, in particolare per iniziative capaci di "abituare" i Sondriesi a vivere lo spazio urbano.

GLI SPAZI. Valorizzazione del suo carattere di "vuoto" urbano progettato. Completamento della sua recinzione (come processo cosciente che l'ha prodotta).

Evidenziazione del carattere metafisico tramite i quattro lampioni alti. Lieve spostamento del monumento per far posto alla centralità dello spazio da vivere. Pavimentazione con disegno che simbolicamente cuce la piazza alla città.

Accentuazione del suo significato di luogo che discende da un "disegno" in antitesi con l'espansione casuale.

LE FUNZIONI. Ruolo importante anche quello dell’ex Tribunale su Corso Italia.

La principale innovazione funzionale - da cui dipende anche il nuovo ruolo "salottiero" può provenire da una ristrutturazione dell'ex - Tribunale capace di rendere meno "congelato" quel fronte del "corso". La destinazione ad uffici comunali deve privilegiare l'incentivazione del rapporto Amministrazione-Cittadini, una situazione da "vetrina del Comune", un invito - anche architettonico - verso i cittadini ad entrare (esposizioni, aree informative, incentivi alla partecipazione, Sala Consigliare il più “aperta” possibile, percorsi di comunicazione e fruizione con il cortile comunale interno, di valorizzazione di pre-esistenze, come le salette affrescate, ecc.).

CORSO ITALIA

GLI SPAZI. I programmi di pedonalizzazione del centro possono riscattare Corso Italia dalla sua funzione esasperata di canalizzatore di traffico. La sua promozione da "corridoio" a "soggiorno". Questo "interno di città" esige un arredamento appropriato, che con una collocazione assiale longitudinale sottolinea sul piano formale la cintura delle due piazze.

LE FUNZIONI. La proposta è per uno spazio coperto e molto permeabile, con una pianta centrale atta a focalizzare il ruolo di un punto d'incontro, dove è anche possibile tenere un piccolo mercato, mostre, o incontri civici propri di un “küerc” come di sagrati, porticati, broletti.

Al carattere “rappresentativo" e “disegnato” di Piazza Garibaldi è proprio del “Campello” fare un contrappunto narrativo (a cui è congrua la stratificazione architettonica) in sintonia con il rapporto Medioevo-Post-illuminismo.


GRUPPO GRATTIROLA, TERZO CLASSIFICATO

(Ferdinando Grattirola, Pietro Balgera, Gino Patriarca, Virginio Scalco, Mauro De Giovanni, Alberto Garsi di Sondrio (e Mantova)

Dall’analisi del prof. Mola: “Progetto buono, valido per una segnalazione e una premiazione.La caratteristica del progetto sta nel rispetto tra trasformazione e conservazione in una capacità che cerca anche di rischiare ma non di perdersi in eccessivi squilibri e rottura di unità”. In effetti chi sarebbe stato per la conservazione tout-court dell’impianto urbanistico-architettonico esistente, dovendo imboccare la via del rinnovamento avrebbe scelto questo progetto. Innovatore sì ma con solo alcuni elementi di novità assoluta a fianco di un ridisegno colto ma leggero dei vari spazi xentrali.


DAL DIRE AL FARE… MA LE CONDIZIONI C’ERANO TUTTE

Dal dire al fare, si sa, c’è di mezzo il mare. Anche in mezzo alle Alpi, a Sondrio. Lo aveva del resto previsto il 17 marzo in un suo articolo su un giornale locale Costante Bertelli, d’accordissimo con l’iniziativa (“Sondrio centro di una dimensione nuova” e poi “Io faccio una proposta. Realizziamo il progetto Stefanelli. Ma al più presto possibile”), ma timoroso che non se ne facesse nulla (“Pericolo: l’affossamento”). Succede spesso quando si imboccano vie nuove. Comunque le condizioni per superare quel mare in realtà c’erano tutte.

Si era quasi a fine mandato. “Avessimo il tempo” – dicevano in Comune praticamente senza distinzioni politiche – “si tratterebbe di tradurre in concreto l’orientamento già acquisito. Non ci si é dilettati in una esercitazione intellettuale, ci si é mossi con i piedi per terra. Per fare non per sognare”. Vediamo come.

COME INTERVENIRE IN PIAZZA GARIBALDI

C’erano infatti già le condizioni per fare. Non solo per fare ma per fare in tempi brevi. Seguendo il progetto vincitore erano risolvibili i tre punti principali relativi a Piazza Garibaldi: Palazzo Lambertenghi, sovralzo edificio allora INA abbinato a cilindro di cristallo, park e box sotto Piazza Garibaldi.

- Il primo era un punto di interesse comunale legato all’utilizzo presumibilmente privato alla condizione di un piano terra non per uffici ma riservato ad attività di richiamo ben oltre gli orari di lavoro.

- Il secondo, vista un’analisi economico-finanziaria di massima, non avrebbe comportato oneri per il Comune l’ingente plus-valore fondiario legato al sopralzo risultando sufficiente per realizzare il cilindro di cristallo “nuova torre civica” che non era solo elemento architettonico con i suoi tre livelli interni. Questa struttura, con la sala comunale prevista nel Palazzo già sede del Tribunale in Corso Italia, poi trasformata in sportello del cittadino, con la sala Ligari della Provincia e con la Galleria del Credito Valtellinese avrebbe costituito un sistema significativo, da utilizzarsi non solo per le mostre d’arte.

- Il terzo, l’uso sotterraneo della Piazza. Un piano destinato a box da cedersi al costo ma da legarsi indissolubilmente alle unità immobiliari del Centro Storico onde favorire la permanenza dei residenti. Un piano di box a mercato libero, e gli interessati all’acquisto c’erano già. Un piano di parcheggio pubblico. A questo orientamento consolidato si era aggiunta l’ipotesi prospettata dal Sindaco di creare l’anello in sotterraneo con ingresso da Via Caimi e uscita in Via Alessi. Naturalmente gli orientamenti dovevano confrontarsi con gli aspetti tecnici e con quelli tecnico-economici per le verifiche di quanto comunque era già emerso in termini di reale fattibilità. Almeno un imprenditore aveva già dato la sua disponibilità a farsi carico dell’operazione. Se ce ne fossero stati altri ci sarebbe stata una gara con i criteri già positivamente sperimentati per la realizzazione della Piastra.

L’onere per il Comune era stimabile intorno al miliardo di lire, una cifra sostenibile se si pensa che nei tre anni precedenti l’avvio del Concorso, 1981/82/83 il Comune aveva fatto investimenti per 30 miliardi e 397 milioni, lire di quasi un quarto di secolo fa, in gran parte non a carico della cittadinanza.

COME INTERVENIRE IN PIAZZA CAMPELLO

La soluzione data dai vincitori per Piazza Campello non era acquisita per il previsto “Kuerc” nell’attuale giardino antistante l’edificio del Credito Valtellinese. Convinceva invece il nartece sulla parete, oggettivamente brutta e peggiorata dalla antica demolizione della Chiesa del Suffragio - Oratorio, della Chiesa Collegiata dei SS. Gervasio e Protasio con la trasformazione a giardino della parte combaciante con la parete di cui sopra. Anche questo intervento fattibile in quanto di costo non rilevante, con la sola necessità di definire gli aspetti formali con la Parrocchia.

COME INTERVENIRE IN CORSO ITALIA

Poteva essere, e potrebbe esserlo ancora adesso, la carta vincente per dare quel centro che Sondrio non ha. Il riferimento è alla copertura di Corso Italia con la creazione quindi di una vera e propria Galleria prevista dal progetto secondo classificato, quello del gruppo dell’arch. Stefanelli.

Certo, soluzione da approfondire e da concordare con i proprietari privati. L’incremento patrimoniale che si sarebbe determinato con un intervento di questo tipo avrebbe facilitato le intese. Per quanto riguarda l’investimento necessario, non rilevantissimo, avrebbe potuto avere una sua logica – questo era l’orientamento di allora – la proposta a Credito Valtellinese e Banca Popolare, affacciate sui due fronti, l’una su una piazza e l’altra sull’altra, di dedicare la Galleria ai primi Presidenti dei due Istituti di azionariato diffusissimo in città e provincia intervenendo per un quarto della spesa a testa. L’altra metà da dividersi tra Comune di Sondrio e Consorzio B.I.M. e non tanto per una questione di vil denaro quanto idealmente per la compartecipazione degli altri 77 Comuni della provincia riuniti appunto nel Consorzio B.I.M. alla realizzazione del centro del loro capoluogo.

SI SCRIVEVA: IL CENTRO e UNA PRE-CRISI CHE E' STRUTTURALE

Dalla Gazzetta di Sondrio del 9 ottobre del 2001:

IL CENTRO.“Sondrio é forse l'unico capoluogo di provincia d'Italia a non avere un centro degno di tal nome, una lacuna pericolosa …

Senza un centro viene meno l'accoglienza che un epicentro di tal fatta dovrebbe essere in grado di offrire alla clientela turistica.

Senza un centro, con la sua capacità polarizzante, viene però anche progressivamente meno la vitalità.

Resta la "City", con le attività di prim'ordine sino alle 13 e dalle 14 alle 17 e la malinconica decadenza delle altre ore e dei giorni festivi e prefestivi.. In questo quadro ha il respiro corto la tradizionale asta commerciale del centro storico verso Piazza Vecchia e quel non molto che si trova fra una Banca e l'altra, fra un ufficio pubblico e l'altro, e magari anche a fianco di una chiesa che ha perso molto della sua frequentazione”.

PRE-CRISI. “Lo stato di pre-crisi delle attività commerciali centrali viene spiegato da taluni con la viabilità e l'assenza di parcheggi. Sono pochi coloro che si rendono conto che il problema va ben oltre, che non é affatto congiunturale legato a tali aspetti, bensì STRUTTURALE. C'entra l'evoluzione del commercio, l'influenza della grande distribuzione, ma anche e soprattutto la citata progressiva decadenza, una sorta di lenta asfissia. Se la ragione é strutturale le difficoltà vanno prese alle radici con una convergenza di impegni da parte di pubblico e privato. Un "centro" non diviene tale per illuministiche decisioni e realizzazioni della Pubblica Amministrazione, ancorché positive, ma queste debbono coniugarsi con un'assunzione di ruolo, e conseguenti iniziative operative, da parte del privato cui non é richiesto di fare beneficenza o mecenatismo bensì semplicemente di far coincidere interesse privato, e quindi potenzialità di profitto, con un interesse generale…”.

PROBLEMA STRUTTURALE. LO SI VEDE

Cinque anni fa si richiamava l’attenzione sulla debolezza strutturale. Quasi un quarto di secolo fa si era cercato di prevenire la decadenza, di esprimere innovazione, di valorizzare il capoluogo. Nel tempo è scemata anche la tensione in termini strategici, si è affievolito sino quasi a sparire del tutto l’alimento della cultura con il contributo del dibattito e le conquiste dell’approfondimento.

Oggi che il problema sia strutturale lo si vede per molti aspetti. Ne prendiamo uno a mò di cartina di tornasole: si guardi in giro quanti e quanti, anche in zone abbastanza centrali, i locali vuoti, i cartelli di Affittasi o Vendesi.

Riprendiamo da quell’ottobre 2001 un monito costantemente riproposto ogni volta che qualcuno cerca di andare avanti trovando chi nette i bastoni tra le ruote o chi frena o chi sceglie il proverbio e si rintana nella via vecchia.

SI PUO' LASCIARE TUTTO COM'E' MA LA SEQUOIA DOVREBBE FAR RIFLETTERE.

Riproponiamo la vicenda della sequoia.

“Si può anche lasciare tutto così com'é. Ricordiamo però la storia della sequoia e dell'eucalipto nano. Entrambi svettavano altissimi quando ancora sul pianeta l'uomo non aveva fatto la sua comparsa, poi hanno scelto due vie diverse. La sequoia ha scelto la via nuova, ha continuato a cambiare, adeguandosi alla mutata realtà circostante, tanto che oggi non ha quasi più nulla della sua lontanissima antenata. Cosa gli é rimasto di allora? Così facendo ha continuato a svettare altissima costituendo oggi una splendida attrattiva naturale. L'altra pianta è stata fedele alla via vecchia, non ha voluto cambiare difendendo strenuamente le sue caratteristiche originarie. Immutata nel tempo, o quasi. Le sue foglie sono quelle di allora, il tronco e i rami quelli di allora, la sua struttura é quella di allora, complessivamente dunque una sorta di perfetta fotocopia dell'antichissimo antenato. Ma non del tutto. Per questa difesa strenua dei suoi connotati originari che ha portato sino a noi ha pagato il suo prezzo. Non svetta più altissima. Per difendere la sua fisionomia si é racchiusa in se stessa. Generazione dopo generazione per questa sua difesa a oltranza sempre più piccola. Era altissima, alla pari della sequoia. Oggi la guarda dal basso e guarda dal basso pure noi..

Chi ha a cuore le sorti del centro storico di Sondrio non può non essere assalito da una grande malinconia pensando che questa può essere la sorte che lo attende se prevale la mentalità dell'eucalipto su quella della sequoia”.

Nulla da aggiungere.

L'allegato al capitolo secondo (Il verbale ufficiale del Concorso), vine pubblicato sul prossimo numero, il 4 del 10.2)

Alberto Frizziero

Alberto Frizziero
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