Il discorso del Presidente
Buongiorno a tutti e grazie, grazie davvero per essere così numerosi qui a Sondrio, in rappresentanza di tutto il mondo della scuola. Saluto il ministro Giannini, che ringrazio anche per il ricordo del Presidente Ciampi.
Abbiamo differito questo incontro di qualche giorno per poter dare, il 19 scorso, l'ultimo saluto a quel grande Presidente della Repubblica che è sempre stato molto attento al mondo della scuola.
Saluto molto cordialmente tutte le autorità presenti.
Rivolgo un ringraziamento davvero sentito a chi ha collaborato per l'organizzazione di questo grande incontro, che vuol essere un momento, allo stesso tempo, di riflessione e di festa. Desidero fare i complimenti alle tante ragazze e ai tanti ragazzi che ci hanno manifestato su questo palco la loro capacità artistica e coloro che ci hanno presentato dei loro lavori. So bene che dietro ogni esibizione, anche di pochi minuti, vi sono ore e ore di impegno, di lavoro faticoso.
Un saluto particolare al mondo scolastico di Sondrio, una realtà che è insieme di frontiera e di avanguardia. E che contiene punte di vera eccellenza.
L'anno scorso abbiamo celebrato l'inizio dell'anno scolastico a Pon-ticelli, un quartiere significativo di Napoli. Si tratta di scuole di due zone diverse, con condizioni e potenzialità specifiche. Costituiscono entrambe parte integrante della scuola italiana. Questa staffetta ideale tra il Meridione e il Nord del nostro Paese manifesta, ancora una volta, il profilo della questione scolastica come grande questione nazionale.
Un pensiero, davvero speciale, agli studenti dei Comuni colpiti dal terremoto dello scorso agosto. A quelli che sono qui, con noi, a Sondrio. E a quelli che ci seguono in tv dalle classi nei locali provvisori o ospitati in altri edifici. Tornare a scuola, pur tra tante difficoltà e disagi, è un segno concreto di speranza e di rinascita. Posso dirvi, con certezza, che tutti gli italiani sono con voi, senza distinzioni. Guardano a voi, alle vostre fami-glie, al dolore che vi ha colpito con partecipazione, con affetto e con solidarietà. Buon anno scolastico, particolarmente a voi. Siete l'avanguardia della ricostruzione dei vostri paesi.
Risulta particolarmente grave, intollerabile - e da perseguire con la più grande severità - la sottrazione di computer in una scuola di un paese delle Marche colpito dal terremoto: costituisce un tentativo odioso di rubare il futuro ai ragazzi di quel Comune. E' un'offesa a quell'ampio moto di solidarietà che si è sviluppato in tutta Italia.
Per fortuna il nostro Paese, nei momenti cruciali, è capace di grande e concreta solidarietà. Lo abbiamo visto, nelle ore immediatamente suc-cessive al sisma, nell'impegno dei soccorritori, nella risposta dei volontari, nella generosità delle donazioni. L'Italia si è manifestata unita, ha ritrovato le ragioni della responsabilità comune, ha fatto sistema. E', questo, motivo di orgoglio.
Si deve sperare che questo spirito di unità nazionale, che si manifesta, comprensibilmente, con maggiore evidenza nei momenti di grande difficoltà, possa divenire un carattere permanente della nostra vita nazionale.
Una considerazione per alcuni versi simile si può proporre per il mondo della scuola. A ogni inaugurazione di anno scolastico si registrano polemiche sulle inefficienze del sistema, sull'inadeguatezza degli edifici, sulle difficoltà, nelle emergenze, di assegnare le cattedre, e così via.
L'educazione è un fattore centrale e decisivo nello sviluppo di un Paese, è la radice del futuro nazionale ed è inevitabile e, insieme, oppor-tuno che la scuola sia al centro di un dibattito vivace e intenso. E' giusto, anzi è doveroso, denunciare carenze, limiti, problemi, che riguardano così da vicino la condizione e il futuro dei nostri ragazzi. E' necessario sollecitare attenzione, rivendicare diritti, chiedere sicurezza e speranza.
Dobbiamo auspicare, naturalmente, che l'analisi realistica e, se occorre, persino cruda delle difficoltà che incontra il sistema scolastico non si trasformi né in rassegnazione né in pregiudiziale pessimismo.
È una buona notizia che ieri, a inizio anno scolastico, siano stati assegnati alle scuole i fondi per il loro funzionamento e che il loro ammontare sia complessivamente raddoppiato.
Come ogni altro settore chiave di una nazione, la scuola ha bisogno di leggi, di riforme e di risorse, di amministrazione attenta ed efficiente, occorre che ogni sforzo messo in campo venga sorretto e accompagnato dai comportamenti concretamente messi in atto da tutti i suoi protagonisti. Tenendo conto che, specialmente nel mondo della scuola, sono decisivi l'impegno e la dedizione delle persone la qualità dei rapporti umani che si instaurano.
Credo, dunque, sia giusto chiedere - anche se so che è superfluo - a ogni componente del sistema scolastico di compiere il proprio dovere sino in fondo.
I docenti a mantenere entusiasmo e il senso della loro alta missione, come stanno facendo in questi giorni, contribuendo a garantire l'avvio dell'anno scolastico. Il loro compito comporta molti sacrifici con un trat-tamento talvolta inadeguato ma è affascinante e di straordinaria importanza: non vi è scuola, di oggi o del futuro, che possa fare a meno della libertà e dell'apporto originale degli insegnanti.
Al personale non docente va chiesto di sentirsi parte essenziale di un progetto educativo ambizioso e fondamentale per la vita della società, pur nelle condizioni talvolta difficili per i limiti delle dotazioni organiche.
So che talvolta, per chi opera nella scuola, in presenza di difficoltà particolari, lavorare con coscienza e impegno rappresenta quasi un atto di eroismo quotidiano. Le istituzioni devono esser loro sempre più vicine.
A voi studenti vorrei dire: la scuola di oggi disegna, costruisce il vostro domani. Non soltanto sul terreno delle conoscenze e delle competenze, fondamentali per trovare lavoro, ma anche su quello della crescita personale, civile e democratica. Mettete a frutto questa occasione, usate al meglio il tempo che vi si offre. Siate attivi, partecipativi, propositivi. Se qualcosa non funziona, cercate di colmare le carenze con il vostro entusiasmo e la vostra iniziativa: questo vi conferirà maggior titolo per indicare le carenze e chiedere gli interventi necessari.
I genitori, che sono parte integrante, a pieno titolo, del sistema educativo, non possono né delegare totalmente alla scuola l'educazione dei propri figli, rinunciando a un proprio e specifico dovere e neppure consi-derare la scuola, i presidi, i docenti come un mondo quasi in contrapposizione o addirittura ostile al proprio figlio. L'eccessivo rigore non fa bene alla crescita dei ragazzi, ma il permissivismo indifferente, che giustifica ogni comportamento, produce frutti negativi. E' necessaria molta collaborazione tra genitori e docenti.
Nei mesi scorsi ho avuto la possibilità di visitare un campo profughi ai confini dell'Etiopia e sono rimasto molto colpito, tra i tanti aspetti, da una circostanza. Le centinaia di bambini e di ragazzi, vittime di guerre o di persecuzioni, spesso privati in modo violento dei loro genitori in modo violento, non chiedevano soldi o cibo, ma piuttosto penne, quaderni, libri, strumenti didattici. Nel loro atteggiamento si poteva leggere la consapevolezza che da quel drammatico stato di miseria e di emarginazione si può uscire soltanto grazie all'apprendimento, all'istruzione, alla scuola. E' una lezione che vale per ogni tempo e per ogni latitudine.
Per quanto ci riguarda dobbiamo costantemente tendere al meglio senza accontentarci di quel che abbiamo. La scuola italiana ha alcune carenze e problemi da superare.
Tra questi quello della sicurezza e della adeguata qualità degli edifici e delle aule. E' certamente apprezzabile la decisione del governo di stanziare ulteriori e importanti cifre per la messa a norma degli edifici scolastici. L'auspicio condiviso è che il piano proceda con la massima celerità e la massima efficacia possibile.
Vi è un abbandono scolastico in diminuzione, ma sempre oltre la media europea. Vi sono differenze di qualità dell'insegnamento superiore tra zone diverse del Paese.
Suonano come un campanello d'allarme le recenti cifre sul crescente abbandono universitario, che fa sì che il nostro numero dei laureati resti al di sotto di quello degli altri Paesi dell'Unione Europea.
Sembra quasi, alle volte, che l'università non si collochi più come il naturale proseguimento dell'esperienza delle scuole superiori: e che sia divenuto difficile il raccordo tra gli strumenti appresi a scuola e l'insegnamento universitario. Credo che sia giusto sollecitare, da una par-te e dall'altra, una maggiore e più diretta collaborazione, facendosi carico, insieme, di questo problema.
Va tenuto presente il confronto con i sistemi degli altri Paesi europei e del passaggio, non sempre agevole, tra il mondo della formazione e quello del lavoro.
L'alternanza scuola-lavoro è un'innovazione che può aiutare i giovani a entrare più consapevolmente nel mercato del lavoro scoprendo sul campo le proprie attitudini.
Si tratta di un'innovazione che ci avvicina all'Europa. I dati ci dicono che in Italia soltanto il 4% dei giovani tra i 15 e i 29 anni ha fatto un'esperienza di alternanza tra studio e lavoro. Negli altri grandi Paesi dell'Unione si supera il 20%.
Occorrerà valutare con occhio serenamente attento l'efficacia di questa sperimentazione appena avviata e che ci auguriamo tutti che porti i frutti sperati, con una effettiva attuazione. Anche le formule migliori, per aver successo, hanno bisogno di una concreta attuazione adeguata.
Il recentissimo rapporto dell'Ocse sulla scuola ha messo in evidenza che un'istruzione di elevata qualità ha bisogno di consistenti sostegni finanziari.
La scuola italiana deve mantenere la sua fondamentale funzione di garantire a tutti pari condizioni di partenza. Non devono essere il benessere familiare o l'elevato grado di istruzione dei genitori i fattori più importanti per assicurare ai giovani conoscenza e cultura.
Il nostro sistema scolastico resta comunque, grazie particolarmente all'impegno e alla dedizione dei suoi docenti, un organismo solido, che svolge un'azione lodevole, spesso davvero efficace, di educazione e di istruzione. Affrontando, al contempo, problemi impegnativi quali quelli dell'integrazione di ragazzi stranieri e della specifica attenzione ai porta-tori di disabilità.
Alle forze politiche che quotidianamente si fronteggiano, in Parlamento o nella società, sulle tante e delicate questioni per la vita del nostro Paese, vorrei chiedere non certo di rinunciare alle proprie idee, né ai propri punti di vista sulla scuola, ma di impegnare positivamente l'attenzione più alta ai suoi problemi e alla sua specificità.
Non avremo forte crescita dell'occupazione senza un sistema formativo sempre più efficiente.
Non avremo una società migliore senza una scuola che migliori costantemente.
Gli anni della scuola si intrecciano inevitabilmente con le problema-tiche specifiche dei ragazzi.
Non posso, in questa sede, parlarne diffusamente. Vorrei però porre l'accento su un fenomeno inquietante: il bullismo, in generale e nella sua versione più moderna e micidiale, quella del cyber-bullismo.
E' un problema sociale e culturale di vaste proporzioni, la cui risoluzione non può essere posta esclusivamente sulle spalle della scuola, anche se la scuola è, talvolta, luogo privilegiato di questi veri e propri atteggiamenti di prepotenza e di violenza, psicologica e fisica.
Per combattere alla radice questo odioso fenomeno di accanimento contro chi non si omologa, o semplicemente viene visto e perseguitato come debole o come "diverso", è necessario un grande patto tra scuola, famiglia, forze dell'ordine, magistratura, mondo dei media e dello spettacolo. Un'azione congiunta, capace non soltanto di reprimere ma, soprat-tutto, di prevenire, con una vera e propria campagna educativa che arrivi al cuore e alla mente dei giovani.
Va aggiunto che sui ragazzi influiscono anche, in grande misura, gli esempi degli adulti. Un linguaggio offensivo e violento degli adulti in televisione o sui social media e in qualunque altra sede, si traduce subito, nell'universo adolescenziale, in una spinta emulativa, in un sostanziale via libera.
La lotta contro il bullismo diventa davvero efficace quando i testimonial di essa siete voi stessi, cari ragazzi. Essere prepotenti con i più deboli non è sintomo di forza, ma di viltà. E' segno di incapacità di misurarsi con chi è forte. Confidare nell'essere più numerosi per accanirsi contro uno solo è segno di estrema debolezza. E' sintomo, in realtà, di paura. Non fatevi trascinare, ma resistete e reagite all'arroganza. I bulli sono una piccola minoranza. Sono ragazzi infelici e pieni di problemi. Fate valere con loro la vostra forza tranquilla: quella della solidarietà e dell'amicizia. Vincerete voi questa sfida.
Vi è un altro fronte che si presenta alla scuola.
Il web, la rete, i social sono un grande spazio di libertà e di comunicazione per i giovani, una grande opportunità. La scuola dovrà essere, sempre di più, capace di dialogare, di entrare nei nuovi spazi e usare i nuovi linguaggi. Se si crea una frattura, diventa più difficile comunicare valori e aiutare i giovani ad essere più liberi, e meno dipendenti, nell'uso dei nuovi strumenti. Non possiamo lasciarli soli nell'ingresso in quel mondo, farli catturare dall'iperconnessione e dalla massificazione che questa, alle volte, potrebbe produrre. La scuola deve saper portare la propria etica civile nella realtà della comunicazione immediata e globale, quella nella quale vivono i suoi studenti.
Portare cultura e valori nel web e nei social: questo è un orizzonte a cui la scuola deve saper guardare.
Auguro a tutti coloro che fanno parte del sistema scolastico di vivere questo anno con intensità, passione e soddisfazione. L'intensità di chi si sente parte di una vera comunità educante, con ruoli distinti ma con una comune responsabilità. La passione di lavorare con i giovani e per i giovani, offrendo loro il percorso per la realizzazione culturale, professionale e umana. La soddisfazione di chi sa di compiere il proprio dovere quotidiano, in una funzione delicata e decisiva.
Buon anno scolastico, bentornati a scuola!