Ore 24.00 del 24, ore 0,01 del 25 dicembre. E' Natale

con i nostri auguri

PENSIERI SPARSI  DI  NONNO ...

Sono nonno ed ho quindi una certa età. Quando arriva il Natale, inevitabilmente, si finisce con parlare di doni e ai nipotini faccio , ricordando di quando il piccolo ero io, la rituale domanda : "Cosa ti porta  quest'anno Gesù Bambino ?"
Vedo occhi incuriositi, perplessi, pensosi. Riformulo la domanda :" Cosa ti porta quest'anno Babbo Natale?"
I visi si illuminano: ecco apparire   strane richieste :  smartphone,  tablet,  videogiochi, droni, chitarre elettriche,  fotocamere, se va  bene un kindle ( almeno  questo legge, penso,  io che ho regalato a tutti  i nipoti una copia del " Pinocchio" !).
Mi sono ricordato di un piccolo testo scritto nel dicembre 1978 e sono andato a rileggerlo per curiosità. Tanto tempo è  passato  ( festeggiare il Natale cristianamente non dava, allora,  fastidio a qualcuno...), molte cose sono cambiate, altre meno.
Le SS  36 e 38, per esempio, sono sempre un problema; cartoline e biglietti non se ne scrivono più,vuoi perché non più di moda uccise da mail e SMS, vuoi per i costi  proibitivi delle affrancature, vuoi per le consegne  delle poste (ricordo che  nel periodo natalizio, eseguivano  quotidianamente più uscite); il Babbo Natale non è più, purtroppo, un sostituto "turistico" del Bambinello, ...
L'articolo  era intitolato : "Natale in Valtellina.Cosa è rimasto delle antiche tradizioni ?"e venne pubblicato su un settimanale locale.

"E' Natale, Natale in Valtellina. Una vecchia filastrocca natalizia valtellinese  dice :" L'è 'l Bambin che porta i belee, l'è la mama che spend i danee" . In poche parole ecco spiegato il fascino misterioso del Natale, la grande  festa che vede grandi e piccini, credenti e non credenti, per  un giorno almeno  più disposti del solito ad essere " buoni". La filastrocca ci aiuta ad illustrare questa festa; da un lato c'è il Bambinello che immaginiamo sempre come ci viene presentato da un'iconografia che siamo abituati ad amare da quando eravamo piccoli, e dall'altro ci sono i  doni, i famosi magici doni che Egli dispensa a piene mani nella notte più bella dell'anno; aspetto sacro a fianco dell'aspetto profano del Natale. In particolare quella mamma che spende soldi illustra molto bene quel consumismo che oggi ha purtroppo completamente snaturato la sacralità della massima festa dei cristiani così che il Natale vuol dire tredicesime bruciate per spese superflue, regali fatti e ricevuti, scambio di auguri ( con le famose cartoline che arriveranno forse l'anno prossimo), tavole imbandite per pantagruelici banchetti che finiscono poi con sbadigli e malesseri vari...tutto all'insegna dello spendere per godere di un benessere passeggero che nulla ha a che vedere con la  nascita di Gesù.La civiltà dei consumi ci ha portato a questo;certo la Valtellina riesce ancora a salvarsi forse perché Dio e gli uomini hanno voluto fino ad oggi mantenere le nostre valli isolate dal resto del mondo (leggi SS 36 e 38), lontana anche se geograficamente vicina alla grande metropoli. Sta di fatto che il consumismo più osceno non ci ha ancora contaminati del tutto anche se, pensiamo, sarà ancora  per poco. Certo si vede chiaramente fin d'ora che le già poche tradizioni  natalizie presenti in Valtellina sono scomparse o quasi. L'unica che è rimasta viva ovunque è quella  del presepio che continua con una fedeltà rispettosa tramandata di padre in figlio da generazioni. " Ogni casa ha il suo, deve avere il suo", dice Lina Rini Lombardini , nel suo bel libro sulla Valtellina " Colori  di leggende e tradizioni", anche se composto solo del gruppo sacro e di un unico lume, tremolante simbolo della nostra umana inquietudine che poi trova sempre la sua tregua in Dio. A fianco del presepio o, qualche volta, al suo posto,  c'è l'albero; ma non   lo  sentiamo genuinamente "nostro"come non lo è il babbo Natale dei turisti al posto del Bambinello. In attesa  della Messa di mezzanotte un tempo  c'era la veglia che consisteva nel ritrovarsi nell'intimità della famiglia intorno  al grande camino della cucina o magari nella stalla. Dopo aver mangiato frugalmente, lì  - sono sempre parole della Rini Lombardini - "... il più vecchio narrava le antiche profezie a giovani e bambini immobili ad ascoltare le eterne verità ", si recitava il rosario  e si cantavano le litanie. Altrove minor devozione e più allegria: i giovani si trovavano a  far festa e ballare in attesa della mezzanotte ( a Grosio ) oppure in giro per le contrade cantando inni sacri ( a Tirano ).Parliamo al passato perché con tutta la buona volontà, non ci riesce facile pensare ad una veglia che non sia davanti al televisore che trasmette programmi di varietà fino alla fatidica ora. Magari, questo sì, mentre le donne di casa lavorano a preparare il gran pranzo dell'indomani. Puntuali a mezzanotte si va a  Messa; la notte di Natale ci va anche  chi diserta con facilità la Messa domenicale; tutti in chiesa vestiti con gli abiti della festa, magari nei costumi variopinti come le donne di Grosio e di Sondalo, la famiglia al completo con il padre in testa. E dopo la cerimonia il ritorno a casa, magari sotto la neve, e i piccoli subito a nanna perché domani, anzi tra poco, durante la notte, ci saranno doni per tutti. Sarà poi dalla sera di S.Stefano e fino a tutta  l'Epifania che nel bormiese, in particolare a Premadio, gruppi di giovani, simboleggiando la marcia di avvicinamento dei Re Magi a Betlemme, alzando una  grande " stela" di carta colorata, vanno di casa in casa cantando nenie natalizie, a  raccogliere denaro e doni casalinghi ( dolci, pane e vino ) " per il Bambin Gesù", in un'allegra festa della gioventù che resiste ancora oggi."
 

Antonio Del Felice
Speciali