In questo fine 2018 caratterizzato da un’elevata conflittualità politica fa piacere ricordare che quaranta anni fa il Parlamento Italiano all’unanimità dei partiti approvava due leggi che hanno fatto la storia per la tutela della salute dei cittadini.

(Gianfranco Cucchi) In questo fine 2018 caratterizzato da un’elevata conflittualità politica fa piacere ricordare che quaranta anni fa il Parlamento Italiano all’unanimità dei partiti approvava due leggi che hanno fatto la storia per la tutela della salute dei cittadini.Sotto la presidenza del Consiglio di Giulio Andreotti e la guida del Ministro della Sanita’ Tina Anselmi vennero promulgate due grandi riforme sociali. 
La prima è la legge 180 del 13 maggio che innovò l’assistenza psichiatrica con il superamento dei manicomi  e considerando la malattia mentale ed il disagio sociale in termini piu’ umanistici e  solidali
La seconda istituì il servizio sanitario nazionale (S.S.N.) con la legge 833 del 23 dicembre 1978 che pose fine al sistema delle mutue, fondando un sistema di tutela della salute universalistico. Un profondo cambiamento di prospettiva che mirava ad un modello di salute ispirato dai principi di solidarieta’ ed equità , finanziato dalla fiscalità generale  e che ha consentito di ottenere nel tempo eccellenti risultati .
Le forze politiche cercavano di dare pieno attuazione  all’art.32  della Costituzione Italiana che recita testualmente:” La Repubblica tutela la salute come fondamentale  diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce le cure gratuite agli indigenti. Nessuno puo’ essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non puo’ in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.”
Se si può affermare che la performance del S.S.N . fino ad alcuni anni fa sia stata buona  oggi si deve constatare che è in atto un’involuzione dettata da due ordini di problemi:
Il ridimensionamento del sistema per logiche economicistiche
Il cambiamento degli scenari sociali, demografici e del progresso scientifico.
Tra i primi limiti, tanto piu’ gravi quanto più lesivi dei principi alla base della riforma sanitaria sono:
a) Le disuguaglianze tra le varie aree geografiche-territoriali non solo tra Nord e Sud ma anche all’interno delle regioni fra le vare province specificatamente per le aree montane, con differenti livelli di qualita’, quantità e di costi pro-capite dei servizi erogati che configurano delle discriminazioni nel diritto alla salute  nei cittadini delle diverse aree dell’Italia;
b) I tickets che non rendono più  gratuite alcune prestazioni che dovrebbero essere garantite nei livelli essenziali di assistenza (L.E.A.)
c) La libera professione intramoenia quando diventa costrizione per ottenere un servizio più celermente e  può discriminare tra chi può e chi non può pagare .
Per affrontare  il secondo problema  è opportuno considerare questi aspetti:
d) un  modello insufficiente di assistenza alle patologie cronicità e alle fragilita’ con una maggiore integrazione socio-sanitaria più omogeneo e diffuso nel Paese
e) una carente  continuita’ assistenziale tra ospedale e territorio
f) l’insufficiente sostenibilità del sistema se non si potenziano gli interventi di prevenzione e non si considerano i determinati delle condizioni socio-economiche
g) la mancata valorizzazione delle risorse umane, delle professionalità con un incremento del burn-out e delle demotivazioni che portano gli operatori  a lasciare anticipatamente gli ospedali
h) il livello preoccupante di burocratizzazione, foriera di sprechi ed inefficienze,  che sottare risorse e tempo alla cura degli ammalati.
La valutazione periodica delle differenze degli indicatori di salute della popolazione nelle varie aree geografiche  quali  la speranza di vita alla nascita, la mortalità evitabile, le cause di morte,  la qualita’ di vita libera da malattia e disabilita’, ( siamo agli ultimi posti nelle persone sopra i 65 anni in Europa), dovrebbe costituire un’attivita’ istituzionale  dei gestori della sanità. Un monitoraggio  continuo che disegna la mappa della salute della popolazione italiana nelle varie province  che insieme ai risultati del programma nazionale esiti dell’Agenas,  che valuta le performance delle strutture ospedaliere, puo’ individuare le maggiori  criticita’ per mirare gli interventi.
Il Servizi Sanitario nazionale puo’ essere rilanciato invertendo la rotta mettendo al primo posto la salute dei cittadini in termini di politiche non solo sanitarie ma anche industriali, ambientali, sociali e fiscali, implementando i progressi scientifici osservando l’appropriatezza delle prestazioni ed il massimo ritorno delle risorse economiche investite evitando gli sprechi e l’inutilità.
Non per ultimo il rinnovamento del  nostro S.S.N. non può non passare per la valorizzazione delle uomini e donne che lavorano in questo settore con percorsi formativi uniformi all’Unione Europea.
 

Gianfranco Cucchi
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