SINGOLARE MOSTRA A TIRANO? NO. BEN QUATTRO LE SINGOLARITA'

Avevamo scritto nell'annuncio che l'Autunno Tiranese avrebbe presentato sabato e domenica 18 e 19 ottobre una "singolare" mostra. Stimolati dalla curiosità siamo scesi in quel di Tirano sabato, tornandoci poi domenica con amici perché la "singolarità" aveva fatto centro. Uno della Compagnia se ne è uscito addirittura con una significativa espressione: "iniziativa da Unesco". E di Unesco avevano parlato in diversi all'apertura della Rassegna sabato alle 18, con il Sindaco Del Simone e con l'assessore alla Cultura Ciapponi Landi. E poi non una ma quattro singolarità riunite insieme. Tre: la pietra, il titanio, il ricamo. La quarta: l'ambiente, Palazzo Mazza di Via Ligari, attiguo al Palazzo Lazzaroni, a due passi dal sontuoso Palazzo Sertoli Salis. Siamo in contrada Capo di Terra. Con gli splendidi contenuti uno splendido contenente.

Gli attuali proprietari, Simona e Dino Mazza, preferiscono non usare il nome "Palazzo" ma, come da targa sulla parete esterna, "Casa Mazza". Palazzo o Casa è comunque architettura, e arredi, di sangue blu. Viene da lontano, dal Cinquecento, artifex Gian Antonio Venosta. Un signor piano nobile con una signora "stua" nella quale ovviamente non manca la consueta "pigna", ossia la stufa che i famigli alimentavano non dall'esterno come in molti casi ma qui direttamente da un grande camino nella stanza attigua. Interessanti, in particolare, le 14 cariatidi come pure una serie di altri particolari compreso quelli frutto di recenti interventi strutturali delicati e quasi trasparenti. Le storie dicono che in queste stanze passò nel tempo l'aristocrazia valtellinese, Lazzaroni, Lambertenghi, Merizzi, Quadrio, Negri, Piazzi. E poi i Mazza (primo a insediarsi Bernardino, classe1804, con la consorte Maria Francesca dell'illustre Casato bormino dei De Simoni. Entrando si respira cultura. Il richiamo all'Unesco non è fuori luogo, non è presuntuoso.

Floriana Palmieri, "L'anima della pietra"

Han chiamato così l'opera complessiva di Floriana Palmieri anche se esposta non c'era solo pietra. C'erano anche un mosaico, disegni e persino, pezzo unico, una grande tovaglia dipinta con scene di caccia. Il clou la pietra ollare, in alcuni casi sposata con le titaniocromie di Pedeferri. La Palmieri vive e lavora a Sondrio. Scolpisce la pietra ollare, sola o combinata con vetro, titanio, argento. Blocchi di pietra diventano vasi-scultura, basi per lampade, complementi d'arredo ma anche vere e proprie sculture anche di dimensioni rilevanti. Da sempre impegnata nella ricerca ha anche coinvolto il designer Edoardo Dal Seno di cui ha presentato alcuni pezzi (pietra ollare e legno).

È stata chiamata a far parte di Artigianarte Lombardia (22 maestri di eccellenza). Hanno potuto apprezzare i suoi lavori in particolare a Buenos Aires, a New York, a Kyoto a Berlino, a San Pietroburgo, Bucarest, Tokyo, Toronto, Lubjana, Città del Messico, ma, a sorpresa nel 1988 ha scoperto che sue opere erano state selezionate e presentate all' Esposizione Universale di Brisbane 1988. Presente anche nell'ultima - 2005 Aichi in Giappone, 22 milioni di visitatori -. Più volte, e per molti minuti, in trasmissioni TV, dirette sia RAI (Uno mattina, Geo&Geo ) che Mediaset. Abbastanza costante l'interesse di testate nazionali. Arte nel sangue, di una famiglia di cui fa parte Gaspare Spontini, uno dei sette illustri compositori effigiati sulla facciata dell'Opera di Parigi (e lei presiede da anni il Circolo Musicale di Sondrio ora alla 48a Stagione Concertistica). Ambasciatrice dell'artigianato valtellinese. Ben ambientate le sue opere a casa Mazza.

Pietro Pedeferri, "Titaniocromie"

Le sue opere le ha chiamate così lui, scienziato di fama internazionale, cattedra al Politecnico di Milano di cui è stato per 10 anni consigliere di amministrazione, per sei direttore di Dipartimento e per quattro membro del Senato Accademico. Si è occupato dei malanni di tante cose fra cui le piattaforme petrolifere negli oceani, i malconci viadotti dell'Autosole e la vecchiaia del cemento armato visto che è emersa molto più precoce di quel che si credeva. 400 lavori a stampa tra cui 25 libri, il premio "Science pour l'Art" consegnatogli dal Ministro della Cultura a Parigi e, in casa, Lions d'Oro. E, a latere, questa invenzione lavorando sul titanio, molto diffuso sul pianeta. Metallo scoperto nel 1791, ha 22 protoni, due più del calcio, quattro meno del ferro e 56 meno del platino con cui gareggia quanto a resistenza alla corrosione. È resistente come l'acciaio ma il 45% più leggero, pesa il 60% in più dell'alluminio ma con una resistenza doppia. Non era facile lavorarlo. Oggi lo si sa fare e il suo uso, un tempo militare o per lo spazio, si è diffuso in mille settori. E non poteva mancare, - la fantasia specie quella italica non ha limiti, l'utilizzo artistico -. Ci ha, appunto, pensato lui, cominciando 41 anni fa. Gli è venuta qualche idea, prova e riprova, e poi, poco a poco, l'arcano si spiega, si sviluppa, sempre affinando sulla lamina di titanio quello strato di ossido così spesso da misurarsi in milionesimi di millimetro, e variando la corrente elettrica, anche a costo di non proprio piacevoli scosse. Allora al Politecnico non capivano, ma oggi nell'entrata principale e in molti Istituti ci sono le sue opere… Come descriverle? Non si può, bisogna vederle. E magari sentire la spiegazione come a Tirano, lui indisponibile, dal fratello, pure ingegnere chimico e collaboratore, "da elettricista del titanio" dice, di Pietro, lo scienziato-artista. Ci soccorre Maria Corti che così scriveva su Repubblica:"Pedeferri affianca il discorso tecnologico su come nascono i colori sulla lastra di titanio a quello scientifico riguardante l'incantevole gioco di interferenze tra raggi luminosi ritratti e riflessi attraverso l'esiguo spessore della ossidazione.". Ed ancora: "Pedeferri insiste sull'elettrochimica ad uso delle arti e sullo studio di quelle che Nobili chiamò "apparenze elettro-chimiche". E lui: "Mentre 30 anni fa il titanio ci portava sulla Luna, oggi ci sta spingendo nel mondo dei film sottili e quindi dei nanomateriali. La disponibilità di questo materiale straordinario, che permette di ottenere colori preziosi e forme non imitate ma fatte produrre dalla natura st essa in tutta la loro perentoria eleganza, non può che tradursi in una sfida al suo uso artistico". Singolare questa presenza, ma perfettamente a suo agio nel contesto, nell'altra singolarità.

Barbara Trestini Trimarchi

E subito le signore, e signorine naturalmente, quasi avventarsi sulle opere che per qualcuno dovrebbero essere d'altri tempi mentre, altra singolarità, visitando questa mostra si scopre essere perfettamente attuali. Anzi, per alcuni versi frutto di innovazione. Vedere ad esempio uno "svuotatasche" tutto arabescato, in polvere di marmo, forse sinterizzata, forse amalgamata porta a chiedere cosa ci faccia insieme a pizzi, ricami e quant'altro. E in realtà quell'arabesco è il ricamo - chissà se possiamo chiamarlo così - che lei, Barbara, ha realizzato passandolo poi al Maestro artigiano che con un suo procedimento esclusivo riproduce il pizzo mantenendo il suo rilievo.

Dal suo curriculum: "Il ricamo figurato è dominare il disegno, l'arte del ricamo è perseveranza nell'esecuzione. Stoffa e filo seguono il loro codice. Ciò che importa nel quadro ricamato non è il ricamo in sé ma il lavoro intellettuale che ci sta dietro"; in queste parole di Else Ruckli Stocklin si riflette il cammino sul quale la Trimarchi si è avviata quindici anni fa, quando è tornata al suo primo amore. Infatti aveva cominciato a seguire corsi di ricamo fin da bambina, salvo poi dirottare sul lavoro a maglia, del quale era in seguito diventata insegnante.

Vive a Tirano con la sua famiglia e dice di essere maestra di ricamo ma in realtà è una vera artista perché stoffa, ago e fili colorati nelle sue mani diventano la carta, il pennello e i colori del pittore.

Più d'uno, soprattutto gli uomini ma non solo loro, scopre un mondo nuovo fatto di ricamo d'Assia, sfilato siciliano, hardanger, bandiera, aemilia ars, reticello, causino, tombolo, ricamo in oro, jacobean, ricamo su tulle, punto umbro, bizantino, punto antico toscano, punto pittura, macramé… Narra dei corsi universitari a Casalguidi, dei - diciamo noi - pellegrinaggi del ricamo. Non paga se ne è andata recentemente a Burano per, come dicono là, rendersi direttamente conto del "punto in aria", risalente al 1500, piuttosto che del "punto a rosette" o del "punto controtagliato", proprio perché, in ogni campo, historia magistra vitae. Per innovare bisogna partire, in ogni campo, dal passato.

Pietro Pedeferri Premi insigni, a Floriana Palmieri la nomina ufficiale di "senatore dell'artigianato", a Barbara Trestini Trimarchi la nomina a Giaveno (TO), nel maggio scorso da parte della rivista "Ricamo italiano", a "Maestra di ricamo".

Tutto bene

Ci fosse stato, come qualche volta capita, un album per le firma dei visitatori uno solo non sarebbe bastato.

Possono esserne ben lieti oltre che l'Autunno Tiranese e la Pro Loco i padroni di casa, che hanno offerto una squisita ospitalità, sia lui, ing. Dino, già deputato e Vicesindaco di Sondrio, che lei Simona, già docente ed anche Sindaco di Tresivio.

Per il Sindaco Del Simone e collaboratori l'invito a continuare così, "modello Unesco".

l.a.

l.a.
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