Le interviste di Nello Colombo: "DAI COLLI EUGANEI ALLE ALPI", IL QUESTORE DI SONDRIO ROSSETTO SI RACCONTA 11 12 20 11
Appartiene a quelle figure rinascimentali dai nobili tratti, dall'eleganza sobria e disinvolta, lo sguardo penetrante e austero, incline però al sorriso, quella del "gentil signore" d'altri tempi, Vincenzo Rossetto, nuovo questore della provincia di Sondrio che si racconta con garbo a pochi mesi dal suo arrivo in città.
"Famiglia votata alla scuola la mia, condita da una severità improntata a principi rigorosi di papà Omero, direttore didattico - il nome la dice lunga come quello di zio Amleto - stemperata dalla pacata accondiscendenza di mamma Valentina, professoressa di Matematica. La mia avventura scolastica mi porta a precorrere i tempi. Alle Elementari brillavo soprattutto in aritmetica - buon sangue non mente - ma già evidenziavo la mia assoluta negazione per il disegno. Anche alle scuole medie prediligevo le materie scientifiche, mentre al Liceo Scientifico si verificò un'inversione di tendenza nelle mie preferenze disciplinari che si orientarono verso il Latino e l'Italiano. Ricordo con grande piacere quel periodo, non tanto per lo studio (il minimo indispensabile), ma per i rapporti di grande amicizia, cameratismo e complicità con i miei compagni di classe. Poi l'approdo a Giurisprudenza, dove finalmente compresi l'importanza dell'impegno nello studio ed ebbi il privilegio d'incontrare un luminare del Diritto privato: il professor Trabucchi. Con la laurea in tasca cercai di entrare immediatamente nel mondo del lavoro, animato principalmente dal desiderio di rendermi autonomo economicamente e, durante il servizio militare, che svolsi a Trento, mi preparai per un concorso alla Cassa di Risparmio di Rovigo. Lo vinsi e a 25 anni appena compiuti mi ritrovai impiegato di banca. Nel giro di qualche anno mi resi però conto, che quello non era il lavoro che faceva per me. Conobbi un funzionario della Questura di Padova e l'entusiasmo con cui parlava del suo lavoro mi convinse a tentare di intraprendere una nuova strada e partecipai dopo poco ad un pubblico concorso per funzionario di Pubblica Sicurezza. Papà, inaspettatamente mi favorì in questa scelta, ponendomi però l'imperativo categorico di non lasciare la banca prima di aver trovato un nuovo lavoro. Per mamma, invece, fu una vera tragedia, che scoppiò all'improvviso come un temporale. Erano gli anni bui del terrorismo e il cuore di mamma era in ambasce. Ma quel nuovo lavoro mi piaceva proprio e lo accettai con il più grande entusiasmo. Furono gli anni della "meglio gioventù" che mi condusse all'incontro galeotto con la mia futura moglie: Patrizia, ritrovata a Nogara nell'estate del 1983, dopo che non ci si vedeva dai tempi del liceo - io allora ero "fidanzatissimo", inoltre lei frequentava il classico ed io lo scientifico - ad assistere ad uno spettacolo del primo Benigni, tenero e diretto con il suo pubblico, che in seguito conobbi personalmente, allorché venne a Padova per una memorabile lezione nell'Aula Magna. Io allora ero il Dirigente della Digos e, poiché avevamo un servizio d'ordine predisposto per la circostanza, non persi l'occasione per raccontare al grande Roberto la storia di quella straordinaria coincidenza. Il matrimonio fu una scelta d'amore, consapevole e bello, nel momento in cui terminava il mio primo incarico a Forlì. A sposarci ci pensò Don Giovanni Viero, una vecchia conoscenza, direttore dell'oratorio che frequentavo da ragazzo. Lì avevo dato libero sfogo ai miei sport preferiti e alle prime recite. Io e Patrizia ci sposammo nella parrocchia di Lozzo Atestino e presto vennero Riccardo e Francesco. Devo riconoscere che da padre il mondo intero sembrò cambiare per me. Con i miei figli ho un rapporto di grande confidenza anche se improntato all'autorevolezza paterna. Caratteri diversi tra loro: uno intransigente, preciso, accorto; il secondo più tollerante, espansivo, allegro. E strade diverse per loro: Economia il primo, Fisica il secondo. Ho sempre insegnato loro ad andare d'accordo. Sempre. Da ragazzi nello stesso complessino c'era chi suonava e chi cantava. E che dire di Patrizia la fedele compagna della mia vita? Ho sposato una donna innamorata del suo lavoro, come lo sono io. Lei, studentessa modello con il suo bel 110 e lode, medico pediatra al servizio dei bambini, soprattutto di quegli adolescenti che vivono la loro anoressia come una dura fame d'amore. Certo la lontananza dalla famiglia non è sempre facile durante i miei spostamenti a Bologna, Belluno e ora a Sondrio. Qui in Valtellina mi trovo bene, tra gente amica, il luogo giusto prima di pensare ad un operoso riposo da dedicare alla mia famiglia e ai viaggi".
Il viaggio, come occasione di conoscenza per il Questore Rossetto che, volgendo la mente al passato, afferma con certezza assoluta che rifarebbe tutto allo stesso modo, senza alcun rimpianto per la sua prima occupazione in banca o per la sua rapida esperienza tra i banchi di scuola come docente di… Tedesco!
Per ora si gode a piene mani il suo prezioso lavoro e noi possiamo dormire sonni tranquilli, visto che a vigilare sulla nostra sicurezza ci pensa lui.
Nello Colombo