«Oui, oui, oui au mariage homme-femme!».SI, SI, SI AL MATRIMONIO UOMO-DONNA

(non un articolo ma un saggio di Maria de falco Marotta (ndr)

Non vedevo da molto tempo tanta gente, allegra, solidale, armoniosa in uno dei luoghi più belli della Francia : Champ de Mars, , la Torre Eiffel e tutti i famosi viali annessi, per protestare contro il progetto di legge voluto da Hollande, cioè il «matrimonio per tutti», anche per coppie dello stesso sesso. Il progetto di legge richiesto dal governo di François Hollande approda il 29 all'Assemblée nationale (leggeremo come finirà). Ma la Francia non ci sta, quella per cui il matrimonio è soltanto quello che si contrae fra un uomo e una donna. E questa Francia si fa vedere in grande stile. Non ci sono stati cartelloni contrari alle unioni gay, né particolari manifestazioni di antipatia verso coloro che si vogliono bene pur essendo dello stesso sesso, però tutti chiedono al governo che il "matrimonio sia sancito tra "homme-femme" e non in altri modi. Sinceramente, sono rimasta stupita da una così massiccia manifestazione popolare in favore del matrimonio classico (uomo-donna) e proprio dai francesi mi aspettavo risultati diversi. Si vede che le "radici" della famiglia sono essenzialmente l'uomo e la donna, sebbene non si escludano altre reazioni sentimentali molto tollerate nei Paesi occidentali (Cfr. i quotidiani del 13 gennaio 2013). Inoltre, occorre ricordare che domenica 20 gennaio 2013, è stata celebrata, in pompa magna e con grandi riti religiosi, la Festa della Famiglia nelle chiese cattoliche italiane cui sono stati dedicati richiami evangelici e parole ardenti dei vescovi e di BenedettoXVI sul matrimonio tra uomo e donna , lontano dal concetto di genter (uomo- uomo; donna-donna). Il guaio è che con tanti disastri politici del nostro Paese che sta curando le beghe e le acredini tra i vari partiti, la famiglia è "passata" (non salita) all'ultimo posto. Figuriamoci!

La domanda principale che oggi assilla la società( parliamo dell'occidente) è:

OGGI, QUALE FAMIGLIA vogliamo, ci aspettiamo desideriamo per i nostri figli, nipoti e…?

Oggi tra figli e genitori c'è mancanza di dialogo, a causa anche della presenza invadente dei mass media, e soprattutto, della televisione. Ma il problema grave è che i giovani cercando in modo ossessivo la libertà, si allontanano dalla famiglia, si avviano su strade "oscure".

Non tutto è così oscuro: in molte famiglie sono presenti dei valori e dei principi morali, esiste ancora fortunatamente l'armonia fra i coniugi, e un rapporto di amicizia tra figli e genitori e un sentimento di solidarietà fra tutti i componenti del nucleo familiare.

In genere, oggi, il mondo giovanile rifiuta la famiglia. Ne respinge i principi educativi, gli amori oppressivi, i ricatti emotivi. E' un fatto che la pedagogia conosce e che non appartiene solo ai nostri giorni. La Chiesa (si intende i cristiani, in genere) anzi, che sapeva benissimo queste cose, ha elaborato una serie di istituzioni che cercavano di colmare nel giovane il desiderio di una socialità "altra" rispetto a quella familiare, offrendogli la parrocchia, la sede dell'Azione Cattolica, i giovani esploratori, ecc. come occasioni per rifarsi un altro tipo di famiglia, sia pure sotto la guida di altre autorità adulte, ma tali che, non identificandosi col padre naturale, potessero di questo assumere le funzioni senza dover essere odiati dai figli. L'educazione cattolica, mentre da un lato ha insistito ed insiste sul valore della famiglia e insegna ai giovani ad ubbidire ai loro genitori, dall'altro li avverte continuamente che i genitori potrebbero insegnare loro cose sbagliate. Dal canto proprio le organizzazioni politiche hanno offerto al mondo giovanile altri sostituti per la famiglia : la cellula,la sede del partito. luoghi di educazione permanente, come la scuola, a differenza della scuola essi erano oggetto di libera scelta, e quindi l'educazione che vi veniva impartita non era sentita come autoritaria.

La TV

Finalmente l'ultimo colpo mortale alla famiglia tradizionale è stato arrecato dalla televisione. E' verissimo che la televisione, nuovo focolare domestico, potenzialmente tiene unita tutta la famiglia in casa davanti al video. Ma immobilizzando ciascuno nella propria contemplazione , di fatto ribadisce la realtà che nella famiglia nessuno ha più niente da dirsi. Invece tutte le cose che una volta la famiglia spiegava al giovane, ora le spiega la televisione, dalle prime fiabe, a come nascono i bambini, sino alla storia, alla geografia, a come ci si comporta a tavola , tutto quello che la famiglia poteva spiegargli, ora il giovane lo sa già, e più di suo padre, che ha meno tempo per guardare la televisione, leggere, riunirsi al circolo o al partito.

Cibo e denaro

La famiglia serve ora solo a dare cibo e denaro. Ovvio che non appena si profila la possibilità di avere cibo e denaro altrove, il giovane non abbia più alcuna necessità di rimanere in famiglia. Gli rimane al massimo , come unico legame, un odio profondo, e un desiderio di vendetta per ciò che la famiglia non gli ha dato ed altri gli hanno rivelato. Diventando barbone, hippie, rivoluzionario, andando in galera per avere gettato bombe molotov, rifiutandosi di laurearsi egli si vendicherà così della famiglia, che lo voleva buono, ubbidiente, ben vestito e pettinato, avviato verso una buona posizione sociale, ligio alle leggi, consolazione dei suoi genitori e bastone della loro vecchiaia.

'altra' famiglia

Trovata la loro libertà, i giovani non hanno affatto liquidato la famiglia. Sia a livello delle comunità hippies e vaganti sia a livello dei gruppi politicizzati, i giovani hanno un senso assai realistico e fervido della necessità del nucleo familiare. Essi non mettono affatto in dubbio l'idea che l'uomo debba riunirsi in famiglie, produrre figli ed educarli. Anzi, si sposano prestissimo,subito ... Se per tenere, nutrire, educare, sorvegliare i figli, è necessario aggregarsi in gruppi di più famiglie, lo fanno e non è necessario che nascano le caratteristiche "comuni" organizzate. Basta mettersi d'accordo con gli amici. Che poi queste famiglie possano anche farsi e disfarsi con una certa frequenza, ciò non costituisce problema...Che poi in queste famiglie passino, si fermino, entrino ed escano altri membri, amici che capitano lì a dormire, compagni senza tetto che occorre ospitare, con una brandina da sistemare in corridoio e un materasso in bagno,questo ai giovani pare talmente normale che non capiscono neppure perché per gli adulti questo sia inconcepibile (Cfr. Ciò che i figli non dicono, Milano, ed. Bompiani).

La famiglia oggi e le sue crisi

Dalla famiglia patriarcale, in cui nella stessa casa vivevano insieme più generazioni ( nonni, figli, nipoti, nuore, ecc…) si è passati a quella nucleare, in cui ci sono solo i genitori ed i figli.Ma anche monoparentale( solo madre e figli; solo padre e figli).

In ogni caso, le trasformazioni non sono avvenute solo a livello dei diversi modi di aggregarsi, bensì anche a livello interno. Ad essere cambiati sono, soprattutto, i rapporti reciproci fra i vari membri ed il modo di "stare insieme".

Quella che una volta veniva considerata come la "famiglia legale", cioè quella regolarmente costituitasi almeno con un atto civile, non si presenta più come un modello a livello sociale. Infatti abbiamo coppie non sposate, che vivono sotto lo stesso tetto, anche con figli; coppie che si sono separate e poi risposate e quindi hanno costituito un nuovo nucleo familiare del quale, spesso, fanno parte anche i figli del precedente matrimonio, ecc…

La famiglia sta attraversando un periodo in cui si intrecciano crisi e speranze.

Una crisi possiamo riscontrarla nell'amore, che non viene più vissuto come un sentimento nel quale c'è il dono ed il rispetto reciproco ma, spesso, come qualcosa di materiale: come una semplice ricerca di piacere personale ed egoistico. Ciò genera una profonda incrinatura nel rapporto di coppia, perché viene meno quel fattore unitivo e oblativo che invece è fondamentale per l'unione della coppia stessa. Senza avere un momento di preghiera in famiglia; senza mai rivolgersi a Dio , i figli crescono estranei ad ogni richiamo spirituale. Bisogna constatare che oggi la religione e la fede non hanno proprio alcun posto nella vita familiare.

Ma, la famiglia, comunque, riveste un'importanza fondamentale per il costituirsi della società. Senza di essa, non può esserci neppure la società stessa, sicché non bisogna trascurare, che per formare una famiglia c'è bisogno di maturità e di consapevolezza di ciò che si costituisce. Il matrimonio non deve essere una scelta qualsiasi, fatta per comodità o perché così fanno tanti. Il matrimonio è una vocazione e, solo se vissuto come tale, dà luogo ad una famiglia che è più solida e cosciente del ruolo che occupa e del compito enorme che ha da svolgere. Tanto ,per dire, conosco coppie di coniugi che stanno insieme, con tutte le brighe rognose che esistono da sempre per tutti, da tantissimi anni. Non si sono stancati, hanno allevato figli che li hanno resi nonni e- forse- bisnonni- ma sono lì a testimoniare- con la loro devozione reciproca- che il matrimonio tra uomo- donna regge ancora e a richiamare le stupefacenti manifestazioni parigine, dove i giovani erano in maggioranza, bisogna sperare che qualcosa di vero c'è e che si protrarrà in futuro.

Più volte, in articoli degli anni passati, ho richiamato il concetto di famiglia come è sentito e vissuto nelle altre culture, in questo servizio mi limito a riprenderla- visto che la cultura occidentale utilizza moltissimo la Bibbia- solamente in Essa. Ricordo solamente che la Bibbia, così come l'abbiamo noi oggi, è stata scritta in un arco di tempo che va, su per giù, dall'880 a.C. al 100 d.C. e i libri messi per primi che parlano delle origini del mondo e dell'uomo, della schiavitù in Egitto etc. (Genesi, Esodo e altri), probabilmente sono stati redatti nel VI secolo a.C. durante l'esilio babilonese, usando una tradizione orale e scritta di gran lunga precedente.. Teniamo presente che che la Bibbia è scritta con una varietà di stili che è raro trovare in altre composizioni: dal mito all'epopea, dagli annali storici alla poesia erotica, dai proverbi alla poesia dei Salmi e all'invettiva

profetica, dalla raccolta di lettere al genere apocalittico. Una ricchezza che richiede una capacità di

interpretazione attenta. Quindi, non aspettiamoci di trovare un trattato edificante sulla famiglia: nella Bibbia si racconta la storia di un popolo e si rielaborano, secondo l'orizzonte spirituale di

quel popolo, miti delle civiltà vicine come quella egiziana, babilonese, persiana, greca etc.

La Bibbia è davvero un grande codice di interpretazione della vita: all'inizio l'innocenza e la

caduta con Adamo e Eva, il fratricidio di Caino, la violenza di Lamech, poi la famiglia patriarcale con Abramo, Isacco e Giacobbe (Genesi); la schiavitù e …

E' un racconto poetico che cerca di rispondere agli interrogativi fondamentali dell'uomo: da dove viene la vita, dove va, il senso della morte, il perché del male etc. Ma è anche un insieme di racconti, che possono avere una base storica, che hanno come oggetto le imprese eroiche di un popolo, il cammino drammatico verso la libertà (Esodo e Deuteronomio); l'esperienza ambigua del potere (i libri dei Re); l'esperienza dell'amicizia (David e Gionata); quella dell'amore e del vile tradimento (David e Betsabea); la ricerca della saggezza (i libri Sapienziali), della preghiera (i Salmi); la dura condanna del popolo, ma anche, sempre, la riapertura della speranza (i

Profeti); il male, la malattia, il non senso, la morte (Giobbe e Qoèlet) e poi il perdono e l'amore che si dona senza calcoli (Gesù); poi la fine di tutto o meglio "il

Fine", lo scopo di tutto, quindi un vero inizio (Apocalisse). In questa storia l'uomo di fede ci legge

l'agire intricato di Dio.(tuttora la Bibbia è il libro più letto e pubblicato nel mondo: è sempre il Number One!).

Allora cominciamo?

La famiglia ebraica

La religione ebraica dà alla famiglia una grande importanza. All'interno di un gruppo, privo per molti secoli di uno Stato centrale, la famiglia è stata il luogo principale di trasmissione di valori e di identità.La famiglia ebraica è patriarcale, parte di un clan più ampio legato da vincoli di parentela, basata sull'autorità paterna, ma dove anche la madre ha un ruolo importante. C'era la poligamia anche se limitatamente, e il marito poteva avere delle schiave come concubine, a volte anche su richiesta della moglie quando era sterile; comunque avere un harem numeroso per l'uomo era segno di ricchezza e di potenza, quindi pochi se lo potevano permettere: nelle famiglie comuni in genere c'erano soltanto una o due donne. Era previsto il divorzio, ma solo l'uomo poteva ripudiare la moglie, alla donna non era permesso. L'adulterio era punito con la morte per la donna sposata, ma per l'uomo, celibe o sposato che fosse, era punito con la morte solo se ledeva il diritto altrui andando con una donna sposata. Insomma al centro c'erano sempre i diritti del marito: egli era il 'padrone' della moglie e i figli erano sua proprietà. Avere molti figli era segno di benedizione, tanto

che la donna sterile era considerata punita da Dio; era in vigore la cosiddetta 'legge del levirato' in forza della quale il parente più vicino di una donna rimasta vedova, era tenuto a sposarla e a darle dei figli, il primo dei quali era considerato figlio del marito defunto. Le norme che regolano la famiglia ebraica si trovano più che altro nei Libri Esodo, Levitico e Deuteronomio, ma ci sono altre testimonianze importanti che ci fanno capire come all'interno di questa impostazione, la coscienza degli Ebrei si è mossa e ha continuato ad interrogarsi. Noi dobbiamo cogliere, nello scorrere degli anni, le intuizioni profonde che hanno fondato, ispirato e modificato il loro modo di costruire la famiglia; questo è avvenuto sotto l'influsso di altre culture con cui via via il popolo ebraico è venuto in contatto.

Il rapporto di coppia nella testimonianza del Profeta Osea

I testi più antichi che parlano del rapporto di coppia

e della famiglia sembrano essere quelli dei profeti vissuti prima dell'esilio babilonese, cioè dall'VIII

secolo in poi.

Il Profeta Osea (740 a.C.) ha una vita familiare tormentata. E' innamorato profondamente di sua

moglie, ma lei lo abbandona per darsi alla prostituzione sacra. Osea la conquista di nuovo e tornano a vivere insieme. Ebbene la propria vita familiare diventa per il Profeta e il suo popolo, la strada per conoscere il Signore: Egli è lo Sposo sempre fedele, mentre Israele è la sposa infedele. Dice il Signore: "Il vostro amore non dura perché è come una nube del mattino, come la rugiada che all'alba svanisce……io voglio l'amore e non il sacrificio, la conoscenza di Dio più degli olocausti……Perciò vi attirerò a me, vi condurrò nel deserto e parlerò al vostro cuore."

L'amore non dura senza conoscenza e senza un ascolto attento dell'altro, che sia il Signore o il tuo compagno. Allora, nella civiltà cananea, come anche in altri popoli vicini, era in uso la cosiddetta 'prostituzione sacra' o 'culto delle alture'. Al Tempio era annessa una casa dove si praticava un tipo di prostituzione rituale, con donne e uomini consacrati alla dea della fertilità.

La Bibbia ci dice che la categoria che descrive l'amore tra l'uomo e la donna non è 'sessuale' ma 'nuziale', cioè suppone i tempi lunghi di una storia in cui possono essere registrate infedeltà, rotture, distanze, ma in cui permane la volontà della ripresa, in cui il 'perdono' è una componente neliminabile; è una vicenda e non solo un incontro.

Osea, con la sua storia, ci mette di fronte al problema complesso della 'fedeltà'. Di solito per fedeltà nella coppia si intende 'non andare' con un'altra persona; è certamente importante, ma è riduttivo, la

fedeltà è molto più larga! Vuol dire seguire l'altro con attenzione, stimolarlo alla creatività, rispettare i suoi ritmi, essere complici della sua crescita e della sua realizzazione.

Da Osea in poi, con Isaia, Geremia, Ezechiele e poi col II e col III Isaia, l'amore fra due sposi viene

preso sempre come immagine del rapporto di Dio col popolo d'Israele, per giungere poi a capire che è l'amore di Dio ad essere sorgente e modello dell'amore nuziale.

Nel Libro che, nella Bibbia, va sotto il nome di un unico autore, Isaia, in realtà è di tre autori diversi che per convenzione vengono chiamati I, II e III Isaia. Questo Libro copre un arco storico che va dal 730 a.C. circa, a dopo il 538 a.C.

Il periodo dell'esilio babilonese

Nel VI secolo a. C. l'esercito di Nabucodonosor assedia Gerusalemme, distrugge il tempio e gli Ebrei vengono deportati a Babilonia. E' un periodo difficilissimo per loro, un periodo in cui la fede in Dio è messa a dura prova. In questi anni di esilio, gli Ebrei deportati rileggono la loro storia passata a partire dall'esodo dall'Egitto, dalla fuga dalla schiavitù avvenuta secoli prima; questo resta l'evento che fonda la loro fede nel Signore: è in quell'occasione che Dio si è manifestato come 'liberatore'.

In Babilonia gli Ebrei vengono a contatto con la cultura locale, con i suoi miti sulla creazione, sul diluvio etc. (Enuma elish5, Gilgamesh6) Modellando su questi racconti le loro tradizioni precedenti, orali e forse anche scritte, usando quelle immagini e adattandole alla loro visione di fede, gli Autori della Bibbia compongono i primi 11 capitoli del Libro della Genesi. Questi capitoli ci raccontano da dove viene l'uomo, dove va, il perché del male, della sofferenza e della morte e, quello che a noi interessa in questo momento, il senso della differenza dei sessi e della coppia; tutto questo non

con un linguaggio scientifico, non con l'intenzione di raccontarci dei fatti di cronaca, ma con lo scopo di gettare una luce sui misteri della vita. Il Poema babilonese, forse del XIII secolo a.C., così chiamato dalle parole con cui inizia che significano, 'Quando il cielo sopra'. Parla del mito della

creazione. Personaggio di una leggenda babilonese del VII secolo circa, dove si racconta il diluvio universale e si parla della ricerca dell'immortalità.

Nel Libro della Genesi ci sono due racconti della creazione del mondo, degli animali, dell'uomo e della donna: uno nel I Capitolo quello più recente; l'altro nel II Capitolo, quello che viene da una tradizione più antica. Nel I Capitolo, alla fine della creazione del mondo e degli animali, si dice: "Dio creò l'uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò".

L'immagine di Dio sulla terra quindi non è il maschio, ma 'l'uomo e la donna' in quanto entrano in relazione fra di loro.

Nel II Capitolo c'è l'altro racconto della creazione, quello che si rifà ad una tradizione più antica, dove si parla della coppia in modo più dettagliato, anche se con uno stile diverso. Dio, da adamàh (il suolo, la polvere), crea Adam (che non è il maschio, ma l'essere umano ancora sessualmente indifferenziato) e soffia su di lui il suo respiro vitale; quindi c'è un rapporto stretto, profondo fra la prima creatura e la terra).

Dio pone Adam in mezzo alla natura e agli animali, signore del creato, ma Adam non trova nessuno capace di 'stare davanti a lui'; è signore di tutto, ma è triste e solo. Soltanto quando Dio trae la donna dal suo corpo assopito, Adam diventato Adamo, esplode in quel grido, rimasto famoso, ma purtroppo in seguito dimenticato: "Questa volta essa è carne dalla mia carne e osso dalle

mie ossa. La si chiamerà 'ishà' perché da 'ish' è stata

tolta". E aggiunge il racconto: "Per questo l'uomo Per intendersi, chiamiamo Adam l'uomo prima della creazione della coppia e Adamo il compagno di Eva.

Il testo ebraico gioca sulla somiglianza che c'è fra le parole 'uomo e donna'. Per riprodurre in italiano lo stesso effetto bisognerebbe dire 'uomo-uoma'. Egli abbandonerà suo padre e sua madre, si unirà a sua moglie e i due saranno una sola carne".

A parte il prezzo che il racconto paga al maschilismo dell'epoca facendo derivare la donna

dall'uomo, ci sono delle intuizioni di grande significato anche per gli uomini e le donne di oggi.

Quali sono i segnali che escono da questo racconto? Accenno a quelli che mi sembrano più importanti.

- La vita dell'uomo è essenzialmente 'relazione' e questo suo bisogno non può essere soddisfatto

pienamente né con le cose né con gli animali che pure Dio ha creato perché gli siano compagni, ma l'uomo ha bisogno di un alleato capace di 'stargli di fronte' e anche di 'resistergli'. Solo entrando in relazione possiamo giungere a sapere chi siamo.

- Il racconto di Dio che trae la donna dalla costola dell'uomo non è la creazione della donna, ma la

creazione della 'coppia', perché anche Adam, diventato Adamo, è nuovo, ricreato da Dio insieme alla donna. Mentre Dio crea la donna Adam dorme, è inattivo, quindi sopra la donna non c'è l'uomo ma Dio, e ambedue sono allo stesso livello di dignità. "…l'uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie…"

Stupisce che in un testo così antico ci sia già chiara la percezione che l'esperienza del rapporto di coppia si fonda su questi due movimenti: lasciare il padre e la madre - diventare una sola carne. E non sono due movimenti uno dopo l'altro, ma uno condizione dell'altro. Perché nasca qualcosa di nuovo, bisogna che qualcosa muoia. I figli hanno da fare un esodo, un'uscita; bisogna venir via da qualcosa per andare verso il nuovo. Un esodo non certo dall'amore per i genitori, ma da quel tipo di affetto e di rapporto.

Il rapporto di fusione è finito per sempre: dal taglio del cordone ombelicale, al divezzamento, al bimbo che comincia a camminare da solo, alla crisi di crescita dell'adolescenza, all'autonomia completa. E' vero che ogni persona deve raggiungere questa autonomia, ma l'inizio del rapporto di coppia lo esige.

Il testo della Genesi sottolinea che alla nascita di un rapporto di coppia ci vuole uno strappo che è

certamente doloroso, ma è questo il codice genetico della vita a cui anche il Vangelo più volte si riferisce: "Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane

solo; se invece muore produce molto frutto". (Giovanni 12,24). L'uomo e la donna dovranno 'abbandonare' il padre e la madre per formare una coppia. Io credo che questo sia un problema di grande attualità specialmente da quando, per i giovani, si è spostata in avanti l'età del matrimonio che ritarda sicuramente una loro piena maturità. Nessuno mette in dubbio l'enorme difficoltà che c'è oggi ad avere un lavoro e pagarsi una casa, che è fra i motivi di questo ritardo; ma i genitori come possono non solo 'lasciar andare' i figli, ma favorirne il distacco?

- "…e i due saranno una sola carne."

Nel rapporto di coppia però l'uomo e la donna non sono chiamati a 'fondersi' come talvolta si dice, ma ad 'incontrarsi' e l'incontro avviene solo fra diversi. La fusione è un ideale regressivo, è la condizione del feto nel seno della madre. Certo, nella coppia ci saranno momenti di intimità profonda; la fusione come temporanea estasi o perdita di identità potrà avvenire in momenti particolari, come per esempio nella esperienza sessuale e potranno essere momenti bellissimi, ma non è la condizione abituale di un rapporto.

Immediatamente dopo queste pagine, il Libro della Genesi riporta un racconto che spiega perché invece l'umanità, da sempre, sperimenta una vita infelice, lacerata dall'odio e dalla violenza.

Dice l'autore del racconto che fra il Creatore e la sua Creatura c'è stata una frattura, il cosiddetto

peccato di Adamo ed Eva. Nel mondo ora c'è un ordine infranto, un progetto continuamente minacciato; ogni creatura umana è una creatura ferita, portata a non riconoscersi 'creatura in mano al suo Creatore', a non accettare i propri limiti, a instaurare relazioni violente con gli altri. Così anche nel rapporto di coppia la sessualità, da luogo di accoglienza e di amore, può diventare spazio di violenza e di asservimento e la donna, da 'compagna all'altezza dell'uomo', può diventare 'dominata' da lui.

Nella storia successiva di Israele, queste narrazioni sull'origine dell'umanità restano sullo sfondo, come un ideale mai raggiunto o forse irraggiungibile, ma a cui Dio chiama continuamente l'uomo.

Le famiglie al tempo dei Patriarchi: Abramo, Isacco e Giacobbe e poi quelle del periodo dei Giudici e della Monarchia non sono certo famiglie edificanti! Ma pur in quel tipo di struttura, ormai lontana dall'intuizione delle origini, ci sono, come forse in ogni altra civiltà, amori sinceri e appassionati, rapporti teneri, famiglie ammirabili.

L'amore della coppia e l'amore nella famiglia

Nell'Antico Testamento ci sono 3 poemetti su cui vale la pena soffermarsi: il Cantico dei Cantici, il Libro di Rut e il Libro di Tobia.

Il Cantico dei Cantici, in quanto celebrazione dell'amore fra un giovane e una ragazza con nessuna

allusione religiosa, in passato ha provocato alcune perplessità prima di essere accettato nel Canone cattolico della Bibbia, al punto che si diceva che doveva esser letto simbolicamente, come metafora dell'amore di Dio per Israele e di Gesù per la Chiesa. Ma senza negare la legittimità di interpretazioni più larghe, oggi tutti sono d'accordo nel dire che il Cantico è anzitutto un inno

all'amore umano. Già Rabbi Aqibah, nel II secolo d.C. diceva: "Tutto il mondo non vale quanto il giorno nel quale è stato dato il Cantico al popolo d'Israele".

Il Cantico dei Cantici, in ebraico, è un superlativo e vuol dire 'Cantico supremo'. Non sappiamo esattamente quando è stato scritto, probabilmente verso il V secolo a.C.

Il Cantico dei Cantici è poesia in libertà, non si può dire nemmeno che sia un racconto organico con un principio e una fine. Canta l'amore fra un giovane e una ragazza che si raggiungono e si perdono, si cercano e si trovano. E' quasi in continuità col grido di Adamo quando si trova davanti Eva, con in più una carica erotica appassionata. Poi nel Cantico il primato è della donna; è lei che di notte va per le strade per ritrovare le ragioni della speranza e dell'amore: ! è l'esaltazione della grande avventura dell'amore e del desiderio, dell'amplesso, ma racconta anche la 'notte' di un rapporto, la comunicazione interrotta, perciò parla anche alle coppie spezzate dal fallimento o dalla morte.

Inizia con un dialogo appassionato fra Lei e Lui: "Il mio amato è per me ed io per lui". "Come sei bella amica mia, come sei bella! I tuoi occhi sono colombe…Io vi scongiuro, figlie di Gerusalemme…non destate dal sonno l'amata, finché essa non lo voglia!"

Ben presto però l'amore è insidiato e Lui scompare.

Si ritrovano, ma ora è Lei che entra in crisi. Quando Lui la cerca e bussa alla sua porta, Lei è stanca e sfiduciata e non ha voglia di aprire, quando si decide ad aprire Lui non c'è più.

Si alternano stanchezza, solitudine e ricerca affannosa; si va dal rifiuto dell'amato, ai brividi

dell'attesa, alla paura della sua perdita che può diventare definitiva. Così Lei inizia una ricerca

appassionata, di notte vaga per le strade in cerca del suo amore e viene scambiata dalle sentinelle della città per una vagabonda e una prostituta, e la umiliano, la feriscono, la violentano. E' l'eterna umiliazione di tante persone non capite o fraintese nella ricerca di amore.

Ma quando l'amore conosce stanchezza non c'è che 'continuare a cercarsi', così il Libro termina con un dialogo di amore fra i due giovani ed è la ragazza a chiudere con una delle espressioni più belle e più famose della Bibbia: "Mettimi come sigillo sul tuo cuore,

come sigillo sul tuo braccio; perché forte come la morte

è l'amore, tenace come gli inferi è la passione: le sue

vampe sono vampe di fuoco, una fiamma del Signore! Le

grandi acque non possono spengere l'amore né i fiumi

travolgerlo. Se uno desse tutte le ricchezze della sua

casa in cambio dell'amore, non ne avrebbe che

dispregio".

Il Libro di Rut, ambientato verso il XII secolo a.C., periodo dei Giudici, ma probabilmente scritto molto dopo, è centrato sull'amore tenero di una giovane straniera, Rut, per la suocera ebrea Noemi e ci dà un esempio interessante di famiglia. Si racconta di una famiglia ebraica, composta dai genitori e da due figli maschi che, a causa di una carestia, abbandona Betlemme e va ad abitare nella campagna di Moab, fuori Israele. Qui i due figli si sposano con due ragazze moabite. Ma ben presto cominciano i lutti, prima muore il marito di Noemi, poi, dopo dieci anni, anche le due giovani rimangono vedove. Avendo saputo che la carestia era passata, Noemi decide allora di tornare a

Betlemme e invita le due nuore a restare nella loro terra e a rifarsi una vita. Una accetta, ma l'altra, Rut, è decisa a non abbandonare la suocera: "Dove andrai tu andrò anch'io, dove ti fermerai mi fermerò; il tuo popolo sarà il mio popolo e il tuo Dio sarà il mio Dio; dove morirai tu morirò anch'io e vi sarò sepolta".

Così le due donne cominciano una nuova vita a Betlemme. Rut viene accolta con amore da parenti e

vicini perché si era sparsa la voce della sua fedeltà alla suocera e, in forza della 'legge del levirato', un suo parente, Booz, la sposa e le dà un figlio. L'autore di questo libretto, con questa storia ripescata dal passato, intende presentare un esempio di famiglia fedele. Forse intende anche rispondere al fanatismo etnico -religioso del suo tempo: al ritorno dall'esilio di Babilonia (538 a.C.), probabile data di composizione di questo libretto, la Comunità ebraica si dette regole ferree per preservare la purezza della stirpe, al punto da imporre il ripudio della moglie non ebrea e dei figli avuti da lei. L'autore del Libro di Rut ricorda che anche il re David ha avuto sangue pagano nelle vene. Così la straniera Rut entra nel corteo degli antenati di Gesù perché è madre di Obed, nonno

di David.

E' vero che nella storia del popolo ebraico sono proibiti severamente i matrimoni con donne straniere, ma ci sono anche esempi, come questo di Rut, in cui si afferma che esistono valori più importanti della purezza della razza: la fede in Dio, l'amore, la lealtà, questi sono la forza del popolo e della famiglia, come la giovane vedova straniera ha dimostrato. Mi sembra che

questa storia sia di particolare attualità in questo nostro tempo di voglia di pulizie etniche.

Inoltre è singolare il fatto che, protagoniste del racconto siano due donne: suocera e nuora che si amano con affetto tenero e rispettoso. Non penso che esperienze di questo genere siano proponibili tali e quali nel nostro contesto sociale, ma la complicità fra queste due donne rimaste sole, una ormai 'troppo vecchia per potersi risposare', come dice lei stessa, e l'altra giovane e bella, fa pensare ai rapporti fra anziani e giovani nelle famiglie della nostra società.

Ormai la famiglia, negli ultimi decenni, è così cambiata che non c'è più un'unica condizione di anziani. Ci sono quelli che abitano da soli perché in buona salute e autonomi economicamente; ci sono quelli che stanno in casa con i figli sposati svolgendo spesso, in questi due casi, un ruolo importante come nonni. C'è anche chi sta nei pensionati, perché con l'impostazione della vita di

oggi, talvolta ai figli è impossibile seguirli o abitare con loro.

Tuttavia nella società attuale l'anziano non ha più una funzione autorevole, non è più visto come colui nel quale si sedimenta la sapienza antica, utile per i giovani che stanno crescendo.

Nella Bibbia non vi sono esperienze di questo tipo. Gli anziani nel popolo ebraico sono importantissimi e rappresentano l'intero popolo sia nell'attività politica che religiosa.

C'è il comandamento, "Onora tuo padre e tua madre, perché si prolunghino i tuoi giorni nel paese che ti dà il Signore tuo Dio" (Esodo 20,12), e quello di Levitico 19,3 "Ciascuno tema il padre e la madre" che sembrano celebrare più l'autorità dei genitori nella pienezza del loro ruolo, che non invitare i figli alla tenerezza.

Ma in altri passi della Bibbia questo comandamento si allarga, raccomandando la cura dei genitori nel momento di massima debolezza della vita. Questo è un invito che va al di là dello spazio e del tempo, un invito che nella Bibbia si trova spesso: la cura dell'altro nel momento della sua fragilità.

"Figlio soccorri tuo padre nella vecchiaia, non

contristarlo durante la sua vita. Anche se perdesse il

senno, compatiscilo e non disprezzarlo, mentre tu sei

nel pieno vigore". (Siracide 3,12-13)

Su questo, credo, tutti dovremo interrogarci, perché non succeda, nei riguardi dei nostri anziani, una

sorta di 'eutanasia da abbandono' come alcuni l'hanno chiamata.

Il Libro di Tobia è stato scritto verso il III - II secolo a.C., ma racconta una storia ambientata nel 700 a.C. circa, cioè durante l'esilio degli Ebrei dopo la conquista della loro terra da parte degli Assiri. Il racconto è scritto con una grande libertà storica e geografica, quello che interessa all'autore è presentare un esempio di famiglia di fronte alle difficoltà della vita.

E' la storia di tre famiglie ebraiche che vivono in esilio: la famiglia di Tobi, che vive a Ninive in Assiria, con sua moglie e il figlio Tobia; la famiglia di Raguel, parente di Tobi, che vive a

Ecbatana in Media, con sua moglie e la figlia Sara; infine la nuova famiglia dei due giovani Tobia e

Sara.

Tobi è un uomo di fede e di preghiera, generoso e pronto ad aiutare gli altri, fino a correre il rischio di perdere la propria reputazione e di mettere in pericolo la propria vita. Oltre a dividere i beni con gli orfani, le vedove e in generale con i bisognosi, a quei tempi era considerato un grande atto di amore e di solidarietà seppellire i morti. Tobi lo fa più volte, contro la legge, per questo è costretto a scappare per evitare una condanna a morte. Proprio alla fine di una giornata in cui aveva osato seppellire un ebreo che era stato impiccato sulla pubblica piazza, ebbe un incidente e diventò cieco.

Per queste sue disgrazie viene deriso dai suoi vicini e anche da sua moglie: "Dov'è andato a finire tutto il bene che hai fatto? Guarda come ti sei ridotto!" Tobi è distrutto, ma si affida a Dio e non perde la speranza. Intanto a Ecbatana, a distanza di molti chilometri da Ninive, la famiglia di Raguel, parente di Tobi, vive una situazione di difficoltà, diversa ma altrettanto drammatica: Sara, l'unica figlia di Raguel, era stata sposata sette volte, ma i suoi mariti erano tutti morti, prima ancora di dormire con lei. Per questo motivo una sua serva la offende insinuando che la colpa di quelle

morti era sua. Sara non regge questa accusa, si dispera e pensa addirittura di uccidersi. Poi, pensando al dolore che avrebbe dato a suo padre, rientra in sé, si rivolge a Dio e gli chiede di ricordarsi di lei. Queste due storie si intrecciano e si incontrano nella sofferenza, illuminata dalla speranza, di Tobi e di Sara. Dio ascoltò la loro preghiera e mandò l'angelo Raffaele a casa di Tobi per accompagnare Tobia a Ecbatana, dalla famiglia di Raguel. Durante il viaggio succede un fatto di altissimo significato simbolico: mentre Tobia si lava in un fiume, un grosso pesce lo assale e tenta di divorargli un piede (quindi di impedirgli di continuare il viaggio). Su suggerimento di Raffaele, Tobia affronta il pesce, lo uccide, ne mangia un pezzo e mette da parte le interiora che poi serviranno a curare Sara e Tobi. La storia poi si snoda, pur con altri ostacoli, verso il

lieto fine del matrimonio fra Tobia e Sara e la guarigione dalla cecità del vecchio Tobi.

E' un racconto popolare semplice, che lancia segnali molto importanti anche per la nostra vita,

- anzitutto che si può restare 'fedeli' anche vivendo in un contesto pagano, derisi e perseguitati;

e l'episodio del pesce indica che le difficoltà che incontri, se affrontate con fiducia, hanno in sé preziosi elementi di salvezza e si possono rovesciare in un incremento di vita.

Poi ci indica due punti di forza fondamentali di queste famiglie: - una preghiera costante e fiduciosa, che apre la speranza anche quando sembra che tutto sia perduto; - un grande amore verso i poveri, una carità senza confini, fino al punto di mettere in gioco la propria vita.

La donna e la famiglia nella riflessione dei 'sapienti' d'Israele

Nei Libri sapienziali non c'è una trattazione completa dell'istituto familiare, però si scoprono

affermazioni che aiutano a capire meglio la famiglia ebraica con le sue dinamiche interne.

La donna è sempre considerata, nel ruolo di figlia, sposa, madre, vedova o prostituta, cioè sempre in relazione ad un uomo, ed al suo possesso. Nel Libro dei Proverbi e anche altrove c'è la descrizione, della donna ideale: operosa, risparmiatrice, generosa con i poveri, previdente, educata, che parla

poco. (Proverbi 31,10-31) Ma in altri Libri sapienziali si fa l'elogio anche della fedeltà coniugale del marito, si dice che essere onesti conta più che avere dei figli. Nel Libro del Profeta Malachia poi, che è del VI secolo a.C., c'è scritto che il matrimonio ha fatto dei due un solo essere e quindi, "…nessuno tradisca la donna della sua giovinezza, perché io detesto il ripudio - dice il Signore Dio d'Israele -, custodite la vostra vita, non tradite!" 'Libri sapienziali' sono chiamati 5 Libri dell'Antico Testamento: Giobbe, Proverbi, Qoèlet (o Ecclesiaste), Siracide (o Ecclesiastico) e Sapienza; sono stati scritti dal VI al I secolo a.C. per noi cristiani si dovrà giungere a Gesù per ricollegarsi chiaramente al progetto originario raccontato nel Libro della Genesi.

La novità di Gesù di Nazareth

La novità di Gesù sul matrimonio e sulla famiglia, è in 'continuità e rottura' con la tradizione del suo popolo.

Oggi ci si perde a parlare della liceità dei contraccettivi per i malati di AIDS, senza ricordare quell'affermazione sconvolgente di Gesù: "Chiunque fa la volontà di Dio, questi è mio fratello, mia sorella e mia madre"; oppure di S. Paolo, "Grande è il mistero del riferimento a Cristo e alla Chiesa dell'amore nuziale".

Ecco, in sintesi- sebbene possano apparire di "parte", ma non lo sono affatto, le "novità" principali di Gesù che possono avere in relazione con il matrimonio.

- Nei Vangeli e poi in tutto il Nuovo Testamento, c'è una rivelazione su Dio veramente originale: si

afferma che Dio è unico, ma non solitario. Dio è 'comunione' di tre persone che allusivamente sono

chiamate Padre, Figlio e Spirito Santo. Uniti fino ad essere una cosa sola, ma anche irriducibilmente diversi.

Noi siamo fatti a sua immagine e somiglianza dice la Genesi, anzi più precisamente sono l'uomo e la donna ad essere immagine di Lui; perciò la vita trinitaria è il DNA di ogni relazione a partire da quella della coppia: uniti nel rispetto della distinzione e della diversità.

Se la relazione di amore fra due persone si pone in questo orizzonte trinitario, si aprono scenari

affascinanti. Allora la diversità dell'altro non va tollerata come un incidente di percorso, ma bisogna

giungere ad amarla e ad esserne custodi; non è un attentato all'unità, ma l'unico modo per realizzarla

davvero. Questa è la prospettiva neotestamentaria della 'relazione'.

- La donna è centrale nei Vangeli(già, ma la gerarchia cattolica quando se n'è accorta???). Forse questo è l'aspetto più innovatore nei riguardi del passato. Gesù non fa discorsi teorici sulla donna. Lui comunica 'raccontando' e 'comportandosi' in un certo modo; non parla dei diritti delle donne, ma le accoglie nel suo gruppo compiendo un gesto eversivo per la società del suo tempo.

Si comincia con l'annuncio ad una fanciulla, Maria di Nazareth, che diventerà madre del Messia restando vergine; la fanciulla accetta. In un momento decisivo come questo, l'uomo non è presente. (Luca 1,26-38). La donna, a quei tempi, non poteva seguire e ascoltare un Rabbi e Gesù, di fronte a Marta, difende sua sorella Maria di Betania che, invece di fare la donna di casa, sta a parlare con lui. (Luca 10,38-42). All'adultera che stava per esser lapidata, Gesù dice: "Io non ti condanno, torna a casa tua e d'ora in poi non peccare più". (Giovanni 8,1-11).

Poi la donna ripiegata su stessa che, guarita da Gesù, si raddrizza e può guardare il cielo. E'

un'immagine di grandissima potenza! (Luca 13,10-13). Ancora, la donna che soffriva di perdite di

sangue: lasciandosi toccare Gesù abbatte in una sola volta il tabù della femminilità e del sangue. (Matteo 9,20-22). La donna cananea da cui Gesù, il Maestro, si lascia contestare. (Matteo 15,21-28)

Forse il fatto più 'scandaloso' è il colloquio di Gesù con la Samaritana (Giovanni 4). Gesù confida il suo segreto di essere il Messia ad una ragazza incontrata accanto ad un pozzo. 'Meglio bruciare i rotoli con le parole della Legge, piuttosto che affidarli ad una donna!' si legge nel Talmud. E ora, ad affidarsi ad una donna tre volte emarginata: perché donna, perché samaritana e perché di facili costumi, è quell'uomo che incarna la 'Parola' di Dio.

Alla Maddalena Gesù affida il compito di testimoniare la resurrezione agli altri discepoli impauriti. E pensare che a quel tempo la testimonianza delle donne non era valida! E gli esempi potrebbero continuare: le donne che seguivano Gesù (Giovanna e Susanna insieme a Maria di Magdala); la prostituta in casa di Simone; le donne uniche testimoni della sua morte insieme a Giovanni, e

via di seguito.

E' evidente che questa considerazione di Gesù per la donna, in completa rottura col passato, getta una nuova luce anche sulla famiglia e sul rapporto di coppia. Secondo Gesù il matrimonio è una 'scelta' non un 'destino'. Mettere al mondo dei figli non è l'unico modo per esser 'fecondi', anzi alcuni, per amore del Regno, potranno scegliere di essere 'infecondi' per aprirsi ad una fecondità diversa.

Per quei tempi , è una grande apertura per la donna, ma forse di tutti i tempi, scoprire che, se non sei sposata o se non hai figli, non sei maledetta da Dio, ma chiamata a giocare la tua maternità in altre direzioni; e questo vale anche per l'uomo. (Matteo 19,12).

- "Un giorno si avvicinarono a Gesù alcuni farisei per metterlo alla prova e gli chiesero: - E' lecito ad un uomo ripudiare la propria moglie per qualsiasi motivo? -" Una scuola rabbinica rispondeva senz'altro di sì, un'altra invece restringeva le situazioni in cui il ripudio era lecito. Gesù non si inserisce in questa casistica e menziona l'intenzione originaria del Creatore, espressa nel Libro

della Genesi: "Non avete letto che il Creatore da principio li creò maschio e femmina e disse: per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una carne sola? Così che non sono più due ma una carne sola. Quello dunque che Dio ha congiunto, l'uomo non lo separi". All'obiezione dei farisei che però Mosè aveva permesso il ripudio della donna, Gesù risponde: "Per la durezza del vostro cuore Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre mogli, ma da principio non fu così".

L'eccezione della legge di Mosè era diventata tranquillamente la regola, anzi quello era percepito

come il vero significato del matrimonio, con tutta una serie di norme che lo regolavano.

Gesù rifiuta nettamente questa tradizione e si ricollega alla creazione della coppia raccontata in

Genesi. Quindi il ripudio della donna e il divorzio non si inseriscono assolutamente nella visione di Gesù sul matrimonio.

Marco e Luca riportano questa posizione assoluta di Gesù, senza alcuna eccezione, invece Matteo e poi anche Paolo, si pongono il problema dell'applicazione pratica di questo principio.

Matteo riporta la risposta di Gesù con queste parole: "Chiunque ripudia la propria moglie, se non in

caso di concubinato ('pornèia' nel testo greco) e ne sposa un'altra commette adulterio".

A parte che non sappiamo esattamente che cosa sia 'pornèia', potrebbe significare adulterio, relazione illegale o una qualsiasi trasgressione sessuale, sta di fatto che Matteo è testimone di una prassi della Chiesa primitiva che ammette la possibilità del divorzio almeno in un caso. Una prassi che si rende conto che il nuovo orizzonte riaperto da Gesù resta fermo, ma va calato nelle situazioni particolari che talvolta sono davvero difficili. E' vero che ciò che 'è impossibile agli uomini è

possibile a Dio', ma questo fa parte dell'avventura dell'amore e della fede, non del minimo della legge.

Gesù non riformula nuove regole ma, riportando il matrimonio alle origini, apre un orizzonte per orientare la relazione della coppia. Secondo me, la fedeltà è più un obiettivo da raggiungere che una legge da imporre. Il Vangelo ci racconta che, dove appare il peccato dell'uomo, la sua fragilità, non è più in vigore la legge, ma la misericordia. Di questa prassi ci danno testimonianza le prime

Comunità cristiane, secondo il racconto di Matteo, e oggi la Chiesa ortodossa che prevede il divorzio in alcuni casi particolari, ricollegandosi a quella tradizione; ed è una Chiesa 'sorella' non un'associazione religiosa. Per questo motivo oggi la Gerarchia cattolica deve confrontarsi con queste aperture dei primi cristiani, nei riguardi della fine di un rapporto di coppia.

- Della famiglia in sé Gesù non parla mai. C'è però una caratteristica della sua vita che attraversa tutti i Vangeli, dall'infanzia alla morte: per lui i rapporti di parentela non sono un assoluto. Con lui nasce una nuova relazione fra le persone che non annulla quella del sangue, ma la pone in una cornice più larga che tutto abbraccia e che lui chiama 'Regno di Dio'. Figlio tuo - si

evince dal Vangelo - non è solo il figlio che hai messo al mondo, ma ogni creatura che ti passa accanto e ha bisogno di te. ( la Parabola del Buon Samaritano, Luca 10,25-37).

Di fatto, Gesù l'ha vissuta questa esperienza, a 12 anni: "Perché mi cercavate? non

sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?" (Luca 2,49).

- Marco narra che appena Gesù uscì allo scoperto, entrò in conflitto con i farisei e gli erodiani,

allora "i parenti si mossero per andare a prenderlo perché dicevano che era diventato pazzo". (Marco 3,21).

- Un'altra volta la madre e i fratelli di Gesù erano andati a trovarlo, mentre era circondato da tanta

gente. Gli dissero: "Tua madre e i tuoi fratelli sono qui fuori e ti cercano". E Gesù: "Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?" Indicando la gente intorno a lui disse: "Ecco mia madre e i miei fratelli. Chiunque fa la volontà di Dio, questi è mio fratello, sorella e madre". (Marco 3,31-35)

- Ad una persona invitata da Gesù a seguirlo, che chiede di andare prima a seppellire suo padre, Gesù risponde: "Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu va' e annunzia il Regno di Dio". (Luca 9,59-60).

- Ad un altro che chiede di andare a salutare i suoi prima di seguirlo, Gesù dice: "Nessuno che ha messo mano all'aratro e poi si volge indietro, è adatto per il Regno di Dio". (Luca 9,61-62).

- E ancora: "Chi ama il padre o la madre più di me, non è degno di me; chi ama il figlio o la figlia più di me, non è degno di me" (Matteo 10,37).

Sono testi scandalosi e conturbanti, ma queste provocazioni vanno intese come un invito a superare i legami del sangue, in vista della costruzione di rapporti più larghi, dove si ritrovano, maturati e liberati, anche i rapporti di parentela.

In ogni caso, sono queste le due facce della famiglia che scopriamo nella Bibbia:

- da una parte genera e custodisce la vita; è il luogo delle prime esperienze di amore, della sicurezza e della stabilità;

- ma proprio per questo può diventare un nido vischioso, incatenante, castrante, ostacolo per il Regno di Dio e per lo sviluppo di una vita piena. Perciò la famiglia deve essere anche scuola di distacco, di separazione, di privazione, di superamento del particolare.

Il primo di questi due aspetti è sottolineato particolarmente nella Bibbia ebraica; il secondo nei Vangeli.

Non presento i passi di s. Paolo perché pur essendo in continuità con il Vangelo, "risentono" troppo della sua formazione rabbinica circa il matrimonio e- specie- per la posizione delle donne- potremmo affermare che è altamente misogino. Ma cosa volete, i nostri tempi sono così complessi che le sue parole possono solo suscitare in noi un certo malcontento per aver così malamente influenzato la gerarchia cattolica contro le donne.

Stia nel nostro cuore la parola di Dio creatore: l'uomo e la donna sono una cosa sola nel matrimonio.

Le altre relazioni, le lasciamo giudicare dalle leggi che si evolvono di continuo e noi- in fratellanza- le affidiamo a Lui e a Gesù.

Maria de falco Marotta

Maria de falco Marotta
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