SONDRIO: A PROPOSITO DEL DOCUMENTO DI 'SCOPING' (e per caso c'é qualcuno così ignorante da non sapere cosa é questo 'scoping'? E non solo quello!)
La democrazia parte dal linguaggio. Se democrazia è governo di popolo occorre che la comunicazione viaggi in modo tale da essere percepita da tutti. Più questa si fa complessa, più il linguaggio si fa difficile e meno soggetti possono partecipare. Nasce la casta che ha presenze e ramificazioni diffusissime, come si vedrà nella seconda parte, estesa per supportare la prima..
Qualcosa non quadra quando si legge nel titolo di un malloppo di 270 pagine, cui vanno aggiunte quelle degli allegati (3+2+28+102) per un totale di 405, "Documento di "scoping" ex Dgr. 27 dicembre 2007, n. 8/6420". Si tratta del primo mattone di quello che sarà il futuro Piano di Governo del Territorio, in sostituzione dello strumento che si chiamava, e così entrato nell'uso comune della gente comune, Piano Regolatore (anche Generale, termine però non entrato nell'uso comune).
Uno dei cinque soggetti cui tale documento è rivolto è "il pubblico". Al punto 3.1 vengono indicati infatti i soggetti: proponente, autorità procedente, autorità competente per la VAS, soggetti competenti in materia ambientale e enti territorialmente interessati e infine il pubblico per il quale al punto 3.4 vengono date indicazioni, in particolare chi e come. Al punto 4.1 si legge poi che "consultazione, comunicazione ed informazione sono elementi imprescindibili della valutazione ambientale". Citiamo inoltre, senza dettagliare, l'intero punto 6, salvo ricordare che il punto 6.4 dice come deve essere il linguaggio "il più possibile non tecnico e divulgativo". Vale per la sintesi ma se il processo deve essere di democrazia reale e non di quella formale, vale per tutto.
Se democrazia è governo di popolo occorre che la comunicazione viaggi in modo tale da essere percepita da tutti. Più questa si fa complessa, più il linguaggio si fa difficile e meno soggetti possono partecipare. Specie poi se il peso cartaceo dei documenti - o quello in kb dei files (traduciamo: la grandezza del documento memorizzato sul computer) - cresce a dismisura.
Nel nostro caso si parte nella copertina con lo "scoping". Che roba è? Che vuol dire?
Pare che neanche consiglieri comunali ai quali qualche giorno fa è stato presentato il malloppo lo sapessero. Figurarsi poi la gente comune.
Si comincia bene. Primo quesito: al posto di questo termine - insieme a questo termine - inglese non si potevano usare le due parole italiane che chiariscono in modo esemplare il concetto e quindi indicano, da buon titolo, cosa si troverà in quella enormità di pagine che seguono?
A scanso di equivoci e onde evitare risolini e aria di sufficienza sappiamo bene che non lo hanno inventato, questo termine, gli estensori del malloppo, che c'è nella Dgr. (A proposito: forse è bene spiegare al 'pubblico', in genere sprovvisto di laurea in acronimia - e dagli con i paroloni1 'Acronimo' è ad esempio IVA, cioè quello che sta per 'Imposta sul Valore Aggiunto' . Il documento è ricco di 'acronimi', arabo per quel pubblico che dovrebbe partecipare… - che Dgr vuol dire delibera della Giunta Regionale.
Questo 'scoping', che ha provocato in qualche consigliere qualche commento ridanciano, è infatti entrato nell'uso della casta degli addetti ai lavori quando si occupano, parlandone e scrivendone, di valutazione ambientale strategica., acronimo VAS.
Questione, appunto, di casta.
Osserviamo che si usa un linguaggio da addetti ai lavori nonostante che uno dei cinque soggetti destinatari sia 'il pubblico' che per capire ha bisogno che si parli come si mangia.
Gli estensori vivono tutti i giorni questi problemi dialogando fra loro in gergo, architetti in particolare. Possono anche non comprendere le difficoltà di chi al gergo non è abituato. La casta vola alto, ben al di sopra dell'ignoranza diffusa fra noi . Pazienza.
Diverso è però il caso degli amministratori.
Tocca a Sindaco e all'assessore alla partita chiedere che nei documenti ci si esprima in maniera da essere capiti. Vale per lo "scoping" ma anche per lo "screening", per "target", per "overlay", per "sprawl", per "shape", per "Good & Bad " (la tabella?), per gli "steps", per "input" e "output" eccetera eccetera, termini disseminati nel testo. E' il caso dunque di richiamate l'attenzione degli estensori sul fatto che siamo in Valtellina e non a Londra e neppure alla Facoltà di Architettura del Politecnico. La gente comune usa ancora l'italiano, quello integrale e normale.
- I professionisti hanno un incarico tecnico (ma il malloppo non è solo 'tecnico' come invece lo ha sorprendentemente definito l'assessore alla partita, speriamo per un lapsus… Basta vedere la parte seconda, da pagina 21 in poi).
- Gli amministratori hanno un ruolo politico. In questo ci sta la partecipazione del quinto soggetto, 'il pubblico', noi. La difficoltà di linguaggio rende problematica la partecipazione reale, facilita la resa di fronte a malloppi in parte incomprensibili per i più se la lettura non viene aiutata e incentivata, cominciando appunto dalla semplificazione del linguaggio.
Appare interessante al riguardo riportare anche le considerazioni svolte da un addetto ai lavori (l'arch. Arch. Carlo Luigi Gerosa ) incaricato da un Comune lombardo di dimensione demografica circa quella di Morbegno in sede di Conferenza di Valutazione e in tema di partecipazione integrata.
"E' una fase estremamente delicata del processo. Ma una buona strategia comunicativa/partecipativa permette fra l'altro
•di vincere la diffidenza dei diversi attori del processo
•di operare in un quadro certo con precisi momenti e scadenze
•una più larga condivisione delle scelte".
Osservazioni, come si vede, che si adattano al nostro caso. Sarebbe precipuo interesse dell'Amministrazione farne tesoro e provvedere conseguentemente. Come?
Agli amministratori il dovere di favorire la partecipazione, ma non solo quella prevista dalla legge, se almeno si ritiene che il PGT debba risultare frutto di un processo democratico e non di un combinato disposto fra tecnocrazia e burocrazia..
- Altro è infatti se si considera il malloppo come documento tecnico, e quindi roba da 'tecnici', l'iter quello formale, le linee guida dell'Amministrazione quelle indicate (tema da riprendere perché dovrebbe esserci, riteniamo, un respiro da capoluogo e di proiezione nel futuro, ben diverso - sia consentita la battuta - rispetto al 'Pedibus'…).
- Altro è invece se ci si sforza di individuare lo scenario oltre il decennio, realisticamente affrontando il tema delle due grandissime prospettive che il capoluogo ha davanti a sé e recependo quell'elevatissimo apporto, concreto, della cultura che ha recentemente suggerito e suggerisce una metodologia d'avanguardia, sempre che se ne colga il senso ed il grande valore intrinseco.
Torniamo al linguaggio e alla sua stretta connessione con la democrazia reale. Per non fare un'esercitazione teorica che smentisca di fatto il tema proposto serve ricorrere ad una vicenda reale, documentata e dimostrabile.
Quando chi scrive si trovò a fare il Sindaco - incarico non certo cercato - tenne per sé la responsabilità globale in fatto di Territorio. Non era ancora passato un mese dall'insediamento che tenevo la prima riunione operativa con i tecnici incaricati dei Piani attuativi, tutti da fare. C'erano solo alcuni appunti e alcune tavole a matita. Detti la priorità al centro Storico.
Sconcerto in Giunta e dubbi a livello politico quando annunciai la mia decisione di portare l'argomento in pubblico (cinque anni prima la giusta e coraggiosa decisione del Sindaco Venosta di portare all'adozione il Piano regolatore costò alla DC tre consiglieri comunali, da 20 a 17. C'era il timore, ricordando il precedente, di reazioni della gente anche perché le scelte erano rigorose, da vero e proprio centro storico). Spiegai e convinsi i collaboratori.
Tutta la gente della zona, dopo essere stata adeguatamente informata mediante un apposito giornale redatto per l'iccasione e distribuito capillarmente, fu invitata a quattro diverse riunioni con un approccio successivo, dalle finalità e dalla metodologia fino all'ultima seduta con l'esposizione di tutte le tavole di progetto e la classificazione dei singoli edifici. Tutti cioè dovevano essere messi sullo stesso piano e tutti lo furono. Andava evitato - motivai allora - il rischio che qualcuno venisse a sapere e ne approfittasse a danno di altri non informati.
- Primo concetto quindi la trasparenza.
- Secondo la partecipazione reale. Non la presentazione di cose fatte ma di una proposta, pur avanzata, tale però da recepire giuste istanze.
- Terzo: il linguaggio. Da licenza elementare. Tale cioè da essere comprensibile anche a chi aveva la licenza elementare, o magari anche la laurea ma in fatto di comprensione urbanistica alla pari di un terza elementare, la classe allora del primo esame.
Linee seguite poi per dieci anni, anche con le innovazioni che fecero dire in sede di replica finale al Presidente dell'INU Tutino, in un convegno di due giorni a Modena organizzato da INU e ANCI-Territorio di cui ero responsabile nazionale, che il PRG si era sì dimostrato strumento obsoleto ma non si vedeva all'orizzonte nulla con cui sostituirlo. L'unica positiva novità era il PIO (Piano di inquadramento operativo) di Sondrio, da collegarsi però secondo Tutino - osservazione condivisa - al PPA (qui faccio l'ermetico anch'io ma solo per ragioni di sintesi!)
Linguaggio elemento fondamentale. Non venga considerato riduttivo un giudizio basato sulla semantica, sulla scelta d'un certo tipo di linguaggio. Semmai si tratta di una osservazione preliminare. E' evidente che il punto di maggior rilievo è ben altro, è quello dello scenario, - il citato 'Pedibus', con altre indicazioni di marcia dell'Amministrazione va bene, anche nel suo contesto, per il quotidiano ma sicuramente non quando si deve affrontare il complesso di nodi strategici che poi non sono solo quelli ambientali, fermo comunque restando, per inciso, che non è l'uomo al servizio dell'ambiente ma l'ambiente al servizio dell'uomo.
Scenario: assoluta priorità
Dovrei usare il termine paradigmatico ma sarei in contraddizione con la mia critica al gergo. Dirò quindi più semplicemente che la questione del linguaggio è certo importante ma il come esso viene considerato implica un modo complessivo di porsi che va ben oltre. Siamo cioè al punto iniziale dove si trova un bivio.
Sondrio avrebbe assoluto bisogno che la scelta fosse quella di volare alto per riprendere il suo ruolo di capoluogo, di vero epicentro dinamico di una dinamica 'regione alpina'.
Le premesse non ci sono ancora ed è giusto pertanto che questa osservazione venga dal di fuori dell'ambito più strettamente politico nel quale le esigenze dialettiche rischiano di introdurre tensioni artificiali che non aiutano.
Le eccezioni sul linguaggio non vanno considerate in maniera restrittiva o come dato formale ma come elemento indicativo del più generale modo di porsi rispetto al problema di progettare lo sviluppo della città, e del suo contesto, negli anni a venire. Quanto segue nel documentare alcune anomalie nell'uso del linguaggio con le inevitabili conseguenze vuole essere elemento rafforzativo della posizione secondo la quale (dall'inizio) "Se democrazia è governo di popolo occorre che la comunicazione viaggi in modo tale da essere percepita da tutti. Più questa si fa complessa, più il linguaggio si fa difficile e meno soggetti possono partecipare."
Quanto segue lo si consideri pertanto come di una sorta di allegato esplicativo nei vari paragrafi: Linguaggio parlato, non quello della casta - Casta n. 1. I medici - Casta n. 2. I politici - Casta n. 3, ma particolare. Gli avvocati - Casta n. 4 ovvero dell'Economia - Inciso: Inevitabili le caste? No. La dimostrazione - E gli informatici allora? - Torniamo a noi, e al nostro emblematico "scoping"- Riflessioni d'architettura - Comunicatori
Linguaggio parlato, non quello della casta
Esperienza personale: avevo fatto leggere preliminarmente al Presidente dell'IACP Crottogini, allora mio primo collaboratore, un impegnativo articolo di fondo, costatomi parecchia fatica, che mi pareva del tutto speciale. Finito di leggere, alzati gli occhi dalla poltroncina in cui si trovava fu lapidario: "Cosa ne capisce di quello che hai scritto il caricatore d'alpe di Postalesio?". Rilessi. L'osservazione valeva per il caricatore d'alpe ma anche per un primario ospedaliero, una casalinga, un professore di scienze, l'artigiano e il commerciante. Quell'articolo era in effetti speciale, tanto e così speciale da essere pienamente comprensibile solo da un piccolo nucleo di persone. Da una casta.
Finì nel cestino e cominciarono quelli che argutamente Marchini definì "i gerundi selvaggi del Frizziero". Lo erano, sì, ma tali da facilitare la comprensione del lettore e quindi la leggibilità, non solo con la semplicità. Tecnicamente, l'uso di frasari che suscitavano le critiche di qualche intellettuale andavano però a segno dato che riflettevano il linguaggio parlato, quello che non richiede lauree o diplomi per essere inteso ed è alla portata della comprensione financo dell'analfabeta di ritorno.
Di caste allora ce n'erano tre.
Casta n. 1. I medici.
La prima indiscutibilmente quella dei medici anzitutto con il loro linguaggio ermetico e non solo nelle ricette. Al confronto l'aramaico è assai più comprensibile. Se a una ragazza il medico, dopo averla visitata, parla di cifosi, la madre traballa e, tremando, chiede lumi. La risposta, nel linguaggio della casta, arriva come una staffilata "è un paramorfismo". Svenimento immediato di fronte a questa catastrofica prospettiva della madre che non ne sa di "medichesse". Il medico la rianima e poi la visita non riuscendo a capire la ragione di questo mancamento, visto che in fin dei conti ha diagnosticato una cosa semplice. Una cosa ineliminabile solo nei vecchi ma correggibile nei giovani. "Un paramorfismo come la cifosi è reversibile,tramite un'adeguata ginnastica tendente a ristabilire un equilibrio muscolare turbato, che altera la normale forma dei distretti corporei". Ci voleva poco a spiegarlo in parole povere anziché nel gergo? Un po' come lo scoping, lo screening ecc. ecc.
Questione di linguaggi da casta.
Casta n. 2. I politici.
La seconda quella dei politici. Si era coniato il termine "politichese". Addirittura era in commercio un tubo con una serie di anelli circolari rotanti con scritte frasi e parole. Ruotando a caso i diversi anelli e leggendo frasi e parole corrispondenti sulla stessa linea venivano discorsi compiuti che sembravano veri, comunque molto simili a quelli di alcuni politici. Non di tutti. Non certo di Andreotti o Fanfani, di Berlinguer o Craxi, di La Malfa o Almirante, ma neanche in genere dei parlamentari e dei politici di Valtellina. Qui allora, come si era soliti dire, "parla come mangi", e si parlava come si mangiava. E anche il caricatore d'alpe o il primario ospedaliero, o la casalinga, o il professore di scienze, l'artigiano e il commerciante, non avevano difficoltà a seguire il colto e l'inclita. Ma in genere non era così, TV compresa.
Questione di linguaggi da casta.
Casta n. 3, ma particolare. Gli avvocati
Diverso il discorso degli avvocati ma, si sa, quello è un mondo a parte fatto di citazioni, di procedure, di cavilli, di mille altre diavolerie dialettiche, scritte e orali per cui mondo a sé. E che parte da lontano; vi ricordate il "Quo usque tandem abutere, Catilina, patientia nostra?" Per Platone e molti filosofi dei secoli successivi l'avvocato era un personaggio negativo perchè cercava la soddisfazione del cliente , non la ricerca della verità. E di qui anche le diffidenze, caso esemplare quello, ai tempi del dopoguerra, quando un contadino della Val Gerola si rivolse a un avvocato di Morbegno per una certa questione. Prima di decidere se far causa volle sapere le possibilità di successo. Esposti i fatti l'avvocato cercò di dissuaderlo a far causa perché gli appariva persa in partenza. Le insistenze di quello con le scarpe grosse per andare allo sbaraglio incuriosirono l'avvocato che chiese perché voleva buttar via dei soldi in un'impresa senza prospettive. La risposta di scarpe grosse, indicativa della fiducia per la categoria forense, fu illuminante: "ma io sono l'altro". Non fanno testo. Casta sì ma scontata. Fuori quota dunque e da citarsi per completezza.
Casta n. 4 ovvero dell'Economia
La palma spetta indubbiamente a chi si occupa di economia e finanza, giornalisti in primis. E, per la verità, non tanto non tanto agli economisti, quelli veri. Quando qualche anno fa venne al Lions a Sondrio il vicedirettore de "Il Sole 24 Ore" alla contestazione per l'eccessiva proliferazione di gergo tecnico sul giornale, una disseminazioni di vocaboli inglesi tale da complicare la comprensione alla maggior parte dei lettori che non hanno frequentato la Bocconi dette una sorprendente risposta. Si dichiarò perfettamente d'accordo precisando di avere richiamato diverse volte i collaboratori per una maggiore semplicità di linguaggio per andare incontro alla folta e articolata platea di lettori. Non gli diedero evidentemente dato retta come dimostrano quotidianamente la lettura di tale giornale ma anche quella delle rubriche economiche dei maggiori quotidiani. Un po' come lo scoping, lo screening ecc. ecc. Sempre questione di linguaggi da casta con una differenza però: significativo che si salvi la TV dove al primo accenno di gergo, effetto anche delle esigenze di audience, il conduttore richiama, giustamente, all'ordine o comunque fa tradurre il gergo e spiegare alla gente comune il senso del parolone di turno.
Inciso: Inevitabili le caste? No. La dimostrazione
Il 4 ottobre 1957, con il lancio dello Sputnik, nasce di fatto l'astronautica. Una materia che si presterebbe a surclassare tutte le altre caste ma non avviene nulla di tutto questo. Gli ingegneri per professione lavorano sul concreto, anche nei termini che devono essere essenziali e chiari. E così, per fare un solo esempio, persino quello che si chiamava booster è stato variamente tradotto ("razzo supplementare" o "razzo aggiuntivo" o "razzo di spinta" e simili), in modo cioè da rendere comprensibile l'argomento. Poteva essere la casta delle caste e non c'è stato nulla di tutto questo. Avrebbero avuto decine di termini da introdurre ne linguaggio corrente, i cugini dei vari scoping", "screening", "target", "overlay", "sprawl", "shape", "Good & Bad " "steps", ecc. propri degli estensori del documento al nostro esame oggi. Nel settore invece non ci isola fra addetti ai lavori, casta superiore, ma si parla come si mangia.
E gli informatici allora?
Fuori quota gli informatici ma perché c'è livello e livello. C'è chi usa il computer servendosi di Word ed Excel. Anche se tutto il resto è aramaico non interessa, è troppo specialistico e spesso introducibile in linguaggio corrente da gente comune. Non siamo però nella situazione delle altre caste dove il linguaggio criptico riguarda cose di ordinario e quotidiano generale interesse.
Torniamo a noi, e al nostro emblematico "scoping"
La sequenza di termini inglesi disseminati in un documento che deve andare ad una pluralità di soggetti, e non solo alla casta, è sintomatica anche se non esaurisce la fuga dalla realtà quotidiana della gente comune verso un empireo di iniziati, depositari della nuova sacralità delle scritture.
Casta. Non solo definita da noi, gente comune fiori dell'Empireo, terra-terra.
Avvaliamoci di uno, avvertito del problema, di loro architetti, e di una sua affermazione: "una cultura che non comunica non è cultura". Avvaliamoci di un altro, pure avvertito del problema: "L'architettura è soprattutto pensiero". Sono due citazioni che reggono anche se isolate dal rispettivo contesto.
Ad esse facciamo seguire a questo punto due riflessioni, sempre provenienti da quel mondo, per concludere poi con alcune osservazioni emerse in un dibattito fra 'comunicatori'.
Riflessioni d'architettura.
E una. "L' architettura è intesa come serbatoio permanente delle metafore del linguaggio filosofico, ma anche intesa come pura relazione dell'uomo con il mondo che lo circonda (seconda pelle) con tutte le implicazioni che questo innesca. Allora è probabile che sia un problema di approfondimento concettuale, magari destrutturando o semplicemente, mettendo in discussione la realtà contemporanea (realtà architettonica).
Per cui mi sono chiesto, tentando di "vedere" nelle pieghe di questa realtà e dietro i grandi paroloni che stanno maliziosamente agevolando un paradosso percettivo innescato logicamente dalla facile quanto allucinante mediazione culturale che, secondo me, si sta trasformando in qualcosa di più preoccupante; nella pericolosissima mediazione percettiva… (http://www.antithesi.info/testi/categorie/testo_comm.asp?idtmsg=146 ) …"
E due.
"tutto il substrato teorico e critico che ritengo basilare per la comprensione dell'architettura dovrebbe essere il punto da cui partire e non quello in cui gli architetti, i più attenti, arrivano, solo dopo la laurea. Ricordo un dibattito tra due architetti di cui per correttezza non faccio i nomi, che dialogavano sul "linguaggio", uno di loro disse "sono di quella generazione di architetti 40enni che forse non hanno ancora capito cosa sia il linguaggio". Mi spaventò molto questa affermazione ma poi capii il senso di quella affermazione, in quanto l'architetto voleva dire che spesso ci si riempie la bocca con paroloni che in fondo non se ne sa il vero significato, chi è più attento a queste problematiche ne parla con un linguaggio criptico e da supercritico, ma in generale nessuno entra dentro alle cose…"
Comunicatori
Lasciamo il dibattito di cui sopra alla sua sede naturale, l'Empireo, e torniamo nella nostra sede naturale, quella appunto terra terra. Ci è capitato per le mani un interessante saggio da cui stralciamo - è possibile farlo senza distorsioni o travisamenti di pensiero - un significativo brano:
"se esiste un sapere segreto, deve esistere una casta sacerdotale che lo custodisce e questa setta deve utilizzare un linguaggio criptico, che non permetta al non iniziato (per esempio il cliente) di capire bene quello che sta succedendo, quali miracolose combinazioni stanno avvenendo nella testa dei creativi che stanno lavorando su un prodotto. Nasce così quell'orrida lingua che potremmo chiamare il "pubblicitese", zeppa di anglicismi, di tecnicismi e formule per le quali, spesso si suppone, il cliente deve per forza riconoscere una qualche forma di compenso".
Si tratta di un dibattito fra 'comunicatori', non più al piano di sopra, con riferimento specifico alla pubblicità. Non vi è chi non veda come queste osservazioni in realtà possano perfettamente valere anche per il nostro caso. Le assumiamo come nostre e poi giova fermarsi. Il concetto è stato chiarito.
Il Piano di Governo del Territorio di Sondrio, in questo momento particolare poi, è una cosa seria. L'auspicio è che possa nascere con quel respiro strategico - e con quel supporto culturale - che fu proprio del Piano Regolatore Generale adottato nel 39 anni fa, e magari anche con la fantasia innovativa che caratterizzò il decennio urbanistico 1975/1985.
La presente quale contributo preliminare. E se avessi disturbato chiedo scusa.
Alberto Frizziero
Sondrio marzo 2009