09 09 20 Sondrio, 18.9: "ENERGIA: LE LEZIONI DI IERI, I PROBLEMI DI OGGI, LE SFIDE DI DOMANI". QUESTO IL TEMA SVOLTO STASERA ALLA BANCA POPOLARE DI SONDRIO DALL'ING. GIULIANO ZUCCOLI, PRESIDENTE DI A2A

La conferenza 'ha fatto centro', proprio alla scadenza delle concessioni idroelettriche. Il dibattito

Riportiamo ancora la recensione della conferenza dell'ing. Zuccoli, valtellinese, manager di altissimo profilo, Premio Lions d'Oro, già pubblicata, come aggiornamento del n. 25, appena conclusa la conferenza.

Aggiungiamo che pensiero diffuso al termini, fra i tanti che si sono soffermati a lungo in Piazza Garibaldi, era che si è trattato di un momento molto importante per i Valtellinesi, alla vigilia della scadenza delle prime concessioni idroelettriche.

Zuccoli ha scosso le coscienze, potremmo dire, di fatto invitando ad usare le grandi risorse intellettuali di cui la Valtellina fortunatamente dispone per dare un futuro migliore ai nostri figli. Completiamo dicendo che nel dibattito sono intervenuti, tutti e tre in modo molto pertinente, il dr. Montrone, il dr. Cerracchio, il prof. Mola. Peccato che il microfono non fosse disponibile nella sala sottostante perché c'erano alcuni personaggi che avrebbero potuto portare un contributo importante (noi pure avevamo un tema di grande interesse; non parliamo però per noi in quanto ne abbiamo parlato direttamente con Giuliano Zuccoli al termine. Sarebbe stato però probabilmente utile all'uditorio conoscere un progetto con grandi numeri che comunque ci riguarda, anche se forse non andrà in porto.

La sintesi

Sondrio, 18 Settembre 2009. Si è tenuta oggi alle ore 18,30, presso la sede della Banca Popolare di Sondrio, la conferenza pubblica del Presidente del Consiglio di Gestione di A2A Giuliano Zuccoli sul tema "Energia: le lezioni di ieri, i problemi di oggi, le sfide di domani".

Vari i temi analizzati da Zuccoli che, dopo aver ricordato le vittime italiane dell'attentato in Afghanistan, ha esordito riprendendo le parole del Presidente degli Stati Uniti Barack Obama: "Oggi i problemi fondamentali dell'Occidente sono: il terrorismo, l'incremento demografico e le fonti energetiche. Ma, mentre il terrorismo e il boom demografico hanno cause e motivazioni differenti, il problema delle fonti energetiche li ricomprende entrambi. Da un lato infatti, la spinta demografica fa aumentare in modo esponenziale il fabbisogno e i consumi energetici. Dall'altro proprio questo rende le fonti energetiche, come il gas o il petrolio, una risorsa strategica." Risorsa strategia vuol dire sia per la sicurezza dei popoli e delle nazioni, ma anche per lo sviluppo economico della nostra civiltà industriale. Liberarsi dalla dipendenza dal Petrolio è quindi per l'Europa e l'Occidente la vera sfida di domani.

Dopo questa introduzione l'ing. Zuccoli ha iniziato un vasto affresco storico dello sviluppo dell'industria elettrica in Italia a partire dall'energia idroelettrica.

L'ENERGIA IDROELETTRICA BASE DELLO SVILUPPO ECONOMICO ITALIANO

ALL'INIZIO DEL NOVECENTO

Per noi Italiani occorre, anche in questo campo, imparare le lezioni che ci vengono dal passato, evitando di ripetere alcuni errori che hanno talora penalizzato la nostra industria idroelettrica e di cui anche l'Aem e la Valtellina, così strettamente legate nella storia energetica della nostra regione, hanno pagato il prezzo. E fra le lezioni di ieri, una soprattutto va ricordata. L'Italia, povera di carbone, più di ogni altro paese europeo ha fondato il suo sviluppo economico-industriale del Novecento sull'energia idroelettrica. In Italia è nata nel 1898 la prima centrale idroelettrica d'Europa, la centrale Edison di Paderno d'Adda e, come tutti gli storici dell'economia hanno messo in rilievo, senza l'apporto energetico dell'industria idroelettrica sarebbe inimmaginabile il decollo dell'Italia industriale in età giolittiana fra il 1906 al 1914 quando prendono avvio i primi impianti dell'Aem in Valtellina che, insieme a quelli della Edison e della Falck, diventano il motore energetico dell'economia lombarda. Basti pensare che ancora nel 1895 la potenza installata dell'industria elettrica era di appena 86 MW, per metà di

origine termica e per metà di origine idrica. Bene, nel 1912, cioè in meno di trent'anni questa potenza installata raggiunge in Italia 1.000MW, quasi interamente dovuti all'energia idroelettrica. Diventiamo così il 4° Paese produttore di energia elettrica in Europa, il 6° nel mondo. I comuni illuminati con l'illuminazione elettrica passano in meno di vent'anni da 410 a 4.600, i capitali investiti da 31 milioni a 551 milioni, le obbligazioni emesse dalle industrie elettriche da zero a 140 milioni.

IL RUOLO DEL POLITECNICO E DELLA CULTURA TECNICO SCIENTIFICA

Quello che genera in Italia l'industria idroelettrica già alle sue origini è, insomma, un moto economico imponente

che ha il suo epicentro a Milano, non solo perché è la capitale economica e finanziaria d'Italia, ma perché a Milano c'è il Politecnico, il maggiore istituto italiano di cultura tecnico-scientifica del tempo. Sono gli scienziati e i professori del Politecnico di Milano che mettono a punto la tecnologia del trasporto a distanza dell'energia, che ridà un nuovo significato e un nuovo contenuto economico al rapporto tra sistema alpino ed economia di pianura. Ed è questa convergenza tra capacità impenditorial-finanziaria e cultura tecnico-scientifica universitaria ciò che ha reso immediatamente forte l'industria idroelettrica italiana in area lombarda- piemontese e ha consentito all'industria italiana di superare senza grossi danni la grave penuria di carbone che si genera negli anni della prima guerra mondiale e di rispondere senza problemi al grande incremento dei consumi elettrici del dopoguerra quando nell'arco di soli sei anni la capacità degli impianti idroelettrici quadruplica addirittura in Italia.

Se noi, ad esempio, diamo uno sguardo all'industria prebellica italiana, noi vediamo che i settori di punta sono la metallurgia, la siderurgia, la chimica, ecc. Ma nel 1925 i settori di punta sono l'elettrometallurgia, l'elettromeccanica, l'elettrochimica, che sono tutti settori fortemente energivori e che senza l'industria idroelettrica in Italia in quegli anni non sarebbero nati. Ciò fa in modo che l'Italia, mentre nel 1914 importava quasi tutti i suoi macchinari elettrici dalla Germania, dopo la guerra diventa invece esportatrice in tutta Europa di generatori, trasformatori, fili e cavi elettrici, elettrodi, lampade a incandescenza, ecc.

A questa vera e propria rivoluzione tecnologica un apporto fondamentale lo dà non solo l'imprenditoria privata, ma anche quella pubblica grazie al movimento delle municipalizzate, di cui l'Aem nel 1910 è il capofila in Italia coi suoi impianti in Alta Valtellina, che consentono, accanto alla modernizzazione industriale, una pari modernizzazione delle infrastrutture civili (illuminazione pubblica, trasporti, ecc.) che rendono Milano e la Lombardia all'avanguardia

in Europa.

EFFETTI IMMEDIATI E DI LUNGO PERIODO DEGLI IMPIANTI AEM IN VALTELLINA

Attraverso l'Aem, cioè, la Valtellina nei primi decenni del Novecento diventa parte integrante di questo straordinario momento dell'industria e della società italiana e lombarda.

E questo ha immediatamente una ricaduta economica importante sul territorio provinciale: grazie ai lavori idroelettrici, decolla l'industria edilizia provinciale, che assorbe via via la manodopera in eccesso nell'agricoltura consentendo un'evoluzione non traumatica ma graduale dell'economia locale, si sviluppa l'indotto, aumentano le possibilità di occupazione in Valle, si forma, dopo la prime generazioni di operai, anche una nuova generazione di tecnici locali, si innesca, insomma, un generale processo di modernizzazione dell'economia provinciale.

L'OPPOSIZIONE VALTELLINESE ALLA CONCESSIONE DELLE PRIME DERIVAZIONI:

UN ERRORE STORICO FORTUNATAMENTE EVITATO

Allora, nel 1906, dopo che furono avanzate dal Comune di Milano le prime richieste di derivazione delle acque in Alta Valle, ci fu in provincia un forte movimento di opposizione contro quella che veniva definita una rapina delle risorse idriche della Valtellina. Era il momento in cui nascevano e si sviluppavano le prime società elettriche locali e si pensava che tutta l'energia idroelettrica dovesse rimanere in Valle per favorire lo sviluppo economico locale e l'arrivo di nuove imprese dalla pianura. Ma il potenziale energetico della Valle eccedeva di gran lunga qualsiasi più ottimistica ipotesi di un suo sviluppo industriale e se si fosse commesso allora l'errore di negare le concessioni agli operatori idroelettrici, quel potenziale

energetico sarebbe rimasto ancora per lungo tempo inutilizzato, la Valtellina si sarebbe tagliata fuori dallo sviluppo economico lombardo e, soprattutto, avrebbe perduto l'appuntamento storico con quella che si è rivelata, nel breve e nel lungo periodo, la maggiore chance di sviluppo economico locale. E questa è appunto, a mio avviso, una delle grandi lezioni di ieri che la Valtellina non dovrebbe dimenticare. Fortunatamente questa opposizione nel giro di qualche anno era rientrata e dopo l'avvio dei lavori per la centrale di Grosotto, nel 1910 il Comune di Milano dava vita all'Aem, l'Azienda elettrica municipale. D'altronde, se è vero che quell'opposizione alle prime centrali vide in prima fila i socialisti valtellinesi, non è meno

vero che l'Aem nasceva a Milano dalla cultura del socialismo riformista meneghino, alla guida dell'amministrazione comunale, per contrastare il monopolio elettrico della Edison, dare l'illuminazione pubblica e privata a basso costo ai milanesi e assicurare i servizi tramviari di trasporto urbano. Con l'Aem nasce insomma a Milano la cultura dei nuovi servizi pubblici municipali che contribuiranno a fare del capoluogo lombardo la vera capitale economica d'Italia e un modello esemplare di gestione amministrativa.

LA NAZIONALIZZAZIONE DELL'ENERGIA NEL 1962 E I SUOI ERRORI

Per l'economia italiana e per quella valtellinese, perciò, veramente l'energia idroelettrica è stata "il carbone bianco", come diceva la grande scritta che campeggiava sopra uno degli stand del padiglione italiano all'Expo di New York del 1936. E lo è stata, come abbiamo visto, sia per l'industria privata che per le municipalizzate, fino al 1962 quando tutta l'industria elettrica italiana viene nazionalizzata. Non voglio qui ripercorrere la grande discussione che allora si sviluppò sui pro e sui contro di questo atto del primo governo di centrosinistra. Dico solo che quella nazionalizzazione rappresentò un momento di svolta e di crisi per il comparto idroelettrico, non tanto a causa della nazionalizzazione in sé, che forse non era neppure sbagliata, ma per come è stata concretamente attuata. Con la nazionalizzazione dell'energia elettrica, infatti, il monopolio della produzione e della distribuzione passa all'Enel, che, a differenza delle imprese private, non nasce per fare utili, ma per erogare un servizio. Le perdite di bilancio vengono ogni anno ripianate dallo Stato che ne è il proprietario, mentre il Cip, il Comitato interministeriale prezzi, provvede, di tempo in tempo, ad adeguare le tariffe.

Quando nel '74, con la prima crisi petrolifera il prezzo del petrolio improvvisamente si impenna, questo meccanismo non basta più a reggere i costi, e il management dell'Enel inventa allora il cosiddetto sovrapprezzo termico che consente l'adeguamento automatico delle tariffe ai costi di produzione. Dal meccanismo del sovrapprezzo viene però escluso tutto il comparto idroelettrico che continua a vendere a un prezzo amministrato, cioè basso, senza poterlo adeguare ai maggiori costi di produzione. La produzione idroelettrica diventa così, per la prima volta, cosa assurda, meno conveniente e competitiva di quella termoelettrica. Ma, fatto ancora più grave, il management dell'Enel, proprio grazie al meccanismo del sovrapprezzo che gli consente di trasferire direttamente sui prezzi finali i maggiori costi del petrolio, diventa incapace di innovare e di entrare in settori nuovi come il nucleare. Che interesse avevano, del resto, i manager a innovare, cioè a ricercare nuove fonti energetiche per abbassare i costi di produzione, con quel comodo meccanismo del sovrapprezzo che gli consentiva di presentare bilanci aziendali non disastrosi? Questa è stata per l'Italia, a mio avviso, una delle conseguenze negative della nazionalizzazione unitamente, cosa ancora più grave, alla scomparsa della gloriosa industria elettromeccanica nazionale.

EFFETTI DELLA NAZIONALIZZAZIONE SUL SETTORE IDROELETTRICO: L'AEM, LE MUNICIPALIZZATE E LA NASCITA DELLA SELM E DELLA SONDEL

Come ha reagito il comparto idroelettrico a questa situazione?

Grazie al potere espresso dalla classe politica milanese , l'Aem era riuscita nel '62 a sottrarsi alla nazionalizzazione

e a firmare con l'Enel quell'accordo per cui il mercato milanese della distribuzione dell'energia veniva diviso esattamente

a metà.

Il caso dell'Aem aveva poi fatto testo sul piano nazionale, salvando di fatto tutte le municipalizzate.

E con le municipalizzate anche le aziende come la Edison e la Falck erano riusciti a salvare i propri impianti.

La Edison, che era uscita dal settore elettrico per entrare nella chimica fondendosi con la Montecatini, aveva

conferito tutti i propri impianti alla Selm (Società elettrica Montedison), mentre la Falck aveva dato vita nell'82

coi propri alla Sondel. Sia la Selm che la Sondel, due società entrambe quotate in Borsa, nascevano allora da una logica finanziaria, ma operavano comunque in una logica imprenditoriale di mercato formando il nucleo catalizzatore di ciò che sarebbe avvenuto in seguito negli anni Novanta con il ritorno alla liberalizzazione del mercato dell'energia. La Sondel in particolare aveva avviato anche forme nuove di rapporto col territorio. Posso dirlo perché io ne ero l'Amministratore Delegato e a Piateda credo che in quegli anni abbiamo fatto alcune esperienze pionieristiche corredando per primi con uno studio di impatto ambientale, il nostro progetto di ampliamento della centrale del Venina che ci era allora imposto dallo Stato per il rinnovo della concessione, e accogliendo successivamente tutti i rilievi e i suggerimenti che i tecnici della Comunità Montana

avanzarono.

DETERIORAMENTO CLIENTELARE DEL RAPPORTO FRA AEM E LA VALTELLINA NEGLI ANNI DELLA NAZIONALIZZAZIONE DELL'ENERGIA ELETTRICA

Ma mentre le imprese idroelettriche private innovavano sia dal punto di vista della logica produttiva che da quello del rapporto con l'ambiente e la popolazione locale, le aziende municipalizzate cadevano in mano alla logica lottizzatrice della politica e dei partiti e avviavano col territorio, nel momento in cui nasceva una nuova coscienza ambientale, un rapporto puramente clientelare in cui questo non diventava parte di un progetto industriale. Il consenso veniva acquisito a suon di piccoli contributi ed elargizioni che tacitavano ogni malcontento

impedendo una vera contrattazione territoriale in grado di far crescere sia le aziende che il territorio e che, proprio per questo, diventa profondamente diseducativa. Nasce, infatti, proprio in quegli anni in Valtellina nei confronti dell'Aem quella retorica della lamentela rivendicazionista i cui danni soffriamo ancora oggi e nascono purtroppo, insieme ad essa, le infornate di assunzioni clientelari lottizzate dai partiti. Con questa logica, infatti, basta lamentarsi e rivendicare per avere ciò a cui si mira , invece di confrontarsi con gli scenari energetici e il ruolo che vi hanno le imprese cercando di giocarvi con le proprie risorse idriche un ruolo attivo e di trarne tutti i vantaggi per la collettività. Con questa logica forse questo o quel comune riusciva a ottenere qualcosa, ma la collettività, il territorio nel

suo complesso non riusciva a ottenere mai nulla. Restavano in questa situazione tagliate fuori dal rapporto con le aziende idroelettriche i veri soggetti economici della Provincia, gli industriali e le categorie produttive in genere, mentre le istituzioni come la Provincia faceva solo da grancassa a rivendicazioni puramente localistiche. I partiti della prima Repubblica erano così riusciti a trasferire la logica clientelare del favore e del piccolo contributo al rapporto dell'azienda con la Valtellina.

UNA NUOVA FASE NELLA STORIA DELL'AZIENDA: LA TRASFORMAZIONE IN SPA E LA QUOTAZIONE IN BORSA

Non a caso questo meccanismo perverso ha cominciato a rompersi proprio a partire dal '92, quando quei partiti uno dopo l'altro entrano in crisi e quando l'Aem, grazie al decreto Amato che imponeva alle municipalizzate il passaggio a spa, diventa nel '96 una Società per azioni, quotata dal '98 in Borsa. Quella trasformazione, che allora anche in Valtellina fu da qualcuno fino all'ultimo ostacolata, ha permesso a molti Valtellinesi di entrare nella proprietà dell'Azienda e di diventarne azionisti. Si sono così poste le premesse di un nuovo rapporto tra l'Azienda e la Valle, un rapporto le cui forme non mi sono mai stancato di ricercare fin dal mio arrivo nel '99 alla presidenza dell'Azienda. Il decreto Amato del '92 e poi il decreto Bersani del '99 che ha liberalizzato il mercato dell'energia, hanno costituito in questi anni la base legislativa della crescita dell'Aem e della nascita oggi di A2A.

Grazie a quel decreto è stato possibile all'Aem, ad esempio, dar vita con la Edison, la Atel ed altri alla Edipower e condurre a termine nel 2002 la grande operazione di acquisizione dall'Enel di Eurogen, di cui faceva parte anche il complesso di Mese.

LA NASCITA DI A2A E IL SUO SIGNIFICATO STORICO

E sempre grazie al decreto Bersani del 1999 è stato possibile condurre in porto l'altra grande operazione di questi anni che è stata la fusione con Brescia e la nascita di A2A. A2A non è solo un importante evento economico che rimescola le carte sul mercato italiano dell'energia, ma rappresenta per la Lombardia un evento socio-culturale di grande rilievo. In essa, infatti, confluiscono la tradizione del riformismo socialista milanese, impersonata dalla Aem, con quella del solidarismo cattolico bresciano di cui è espressione l'Asm, a dimostrazione che certi fatti non avvengono a caso, non sono solo frutto delle strategie contingenti del momento, ma sono il risultato del lento lavorio della storia e della sua logica di lungo periodo di cui noi uomini, con le nostre scelte, ci facciamo interpreti. Ecco perché ritengo che la nascita di A2A sia uno di quegli eventi destinati a segnare la nostra storia economico-sociale del XXI secolo, allo stesso modo in cui la nascita dell'Aem nel 1910 ha segnato quella del Novecento lombardo. Certo può sembrare quasi un'ironia della storia che l'Aem, nata all'inizio del Novecento per contrastare il peso della Edison, ne sia oggi diventata proprietaria, sia pure al 50%, e che io, come presidente di Aem prima e di A2A ora, possa presiederla. Voglio dire che le distanze imprenditoriali e strategiche che separavano un tempo Aem, Asm di Brescia, Sondel e Edison, oggi si sono in breve tempo annullate sotto la spinta di mutamenti legislativi e di mercato che ci hanno obbligato a unirci in una nuova e più moderna logica imprenditoriale. I tempi lunghi della storia paiono, insomma, a volte improvvisamente assumere un'accelerazione che li porta

ad accorciarsi e a restringersi. Se guardo, ad esempio, alla mia stessa carriera professionale, dico sempre scherzosamente che in fondo non ho poi fatto molta strada in 40 anni di lavoro: solo 2 Km, spostandomi dal n. 6 di Corso Matteotti dove aveva

sede la Falck, a corso di Porta Vittoria dove ha sede l'Aem.

LIBERO MERCATO IN MANO AI PRIVATI O RUOLO GUIDA DEL PUBBLICO?

La nascita di A2A e le e le successive alleanze strette con le società elettriche di Trento, Bolzano e dell'Emilia Romagna,

che ci vedono oggi riuniti in un grande progetto imprenditoriale comune, costituiscono per noi un passo decisivo verso il superamento della logica dei campanili, che è la premessa per affrontare uno dei nodi della situazione italiana.

Noi dobbiamo oggi onestamente prendere atto che la liberalizzazione del mercato dell'energia in Italia non ha

comportato quella riduzione dei prezzi che tutti si attendevano. Ci si torna perciò giustamente a chiedere, come ha fatto il Ministro Giulio Tremonti, se il libero mercato totalmente in mano agli operatori privati sia una soluzione obbligata, oppure se per certe attività e per certi settori, come quello dell'energia appunto, non sia più ragionevole che il settore pubblico torni ad avere un ruolo guida. Da parte mia sto nel mezzo e dico: controllo delle strategie da parte del pubblico, gestione in base alle regole di mercato.

LE SFIDE CHE CI STANNO DI FRONTE

Questa può essere a mio avviso, una buona base per affrontare le vere sfide strategiche, cui accennavo all'inizio di questa conversazione, che ci vengono dal contesto globale del mercato dell'energia.

1) La prima è l'esplosione demografica di Paesi come la Cina, l'India o il Brasile, con la conseguente crescita

esponenziale della domanda di energia. E' questo un dato che non possiamo fermare e che non sarebbe neppure giusto fermare, perché non si può negare ai paesi emergenti il diritto di crescere e di svilupparsi come noi abbiamo fatto.

2) Avremo quindi sempre più bisogno - e questo è il secondo punto - di energia in quantità crescente, facilmente disponibile e a basso costo, che ci sottragga ai ricatti del terrorismo e alle trappole della geopolitica.

3) Ma avremo anche sempre più necessità di rispettare l'ambiente e gli equilibri ecologici del pianeta che potrebbero essere seriamente compromessi dall'uso massiccio di fonti energetiche inquinanti.

NECESSITÀ DI UN RAPIDO RITORNO AL NUCLEARE

Se teniamo presenti questi tre obiettivi di fondo, ci apparirà allora subito chiaro che questa energia non può continuare a essere quella del petrolio che è una fonte energetica inquinante e destinata prima o poi ad esaurirsi, una fonte sempre più costosa, sempre più rischiosa, sempre più concentrata nelle mani di poche multinazionali che ci trascinano da una guerra all'altra. Né possiamo pensare di puntare sulle cosiddette energie rinnovabili (solare, geotermica, eolica, ecc.), come

demagogicamente spesso si sostiene, perché mai queste fonti potranno soddisfare la gigantesca domanda mondiale di energia che si profila e sostenere lo sviluppo dei paesi occidentali e di quelli emergenti. L'unica fonte energetica in grado di soddisfare oggi contemporaneamente gli obiettivi di un'energia pulita, potenzialmente illimitata, a basso costo e senza rischi geopolitici, è l'energia nucleare. Già oggi con le centrali di terza generazione, la sua produzione è praticamente senza rischi, ma col nucleare di quarta generazione, anche il problema delle scorie viene di fatto superato, perché esse diventano riutilizzabili nel ciclo di produzione energetica. Ciò spiega perché un Paese civile come la Finlandia si sia già messo su questa strada, su cui presto anche l'Italia dovrà mettersi.

La Fondazione Aem, nata dopo la fusione con Brescia, insieme alla Fondazione Edison alla Regione Lombardia e alle università milanesi (Statale, Politecnico, Bocconi, ecc.) ha dato vita alla Fondazione "Energy Lab" proprio con lo scopo di riproporre il problema del ritorno al nucleare e di una nuova cultura dell'energia fondata su dati scientifici e non su prese di posizioni demagogiche.

IL RISCHIO DI UN RITORNO AL MONOPOLIO ENEL

C'è già in questa direzione un punto fermo importante, che è la decisione politica di questo governo, e del Ministro Scaiola in particolare, di tornare al nucleare e di avviare la costruzione di nuove centrali. Il rischio che noi temiamo è, tuttavia, che il ritorno al nucleare possa essere attuato con la riproposizione del

monopolio Enel dell'energia. E in questo senso abbiamo aspramente criticato il recente accordo italo-francese Enel-Edf per la costruzione delle nuove centrali nucleari.

A2A: UNA REALTÀ INTERNAZIONALE

In questo quadro strategico l'energia idroelettrica - un'energia pulita e da fonte rinnovabile - continua e continuerà a rivestire per noi un ruolo importante, non soltanto perché rappresenta la nostra storia, ma perché la produzione idroelettrica è destinata a rimanere una componente essenziale della capacità produttiva di A2A. A2A è oggi una realtà di primo piano nel contesto nazionale, un punto di riferimento su cui la collettività nazionale

sa di poter contare per emergenze come quella dei rifiuti a Napoli, dove siamo stati chiamati a realizzare e a far funzionare a tempo di record l'inceneritore di Acerra. Ma A2A è soprattutto una ramificata presenza internazionale in Europa, dalla Francia, all'Inghilterra, alla Spagna e da ultimo al Montenegro , dove proprio nelle scorse settimane abbiamo concluso un accordo che porta al 34 % la nostra quota nel capitale della società energetica di Stato, la EPCG, che opera sull'intera filiera della produzione, distribuzione e vendita dell'energia, con l'impegno di arrivare entro il 20015 alla maggioranza assoluta del capitale.

Il Montenegro è oggi una realtà abbastanza simile a quella della Valtellina di inizio Novecento e, da questo punto di vista, per noi l'accordo è stato perciò come una sorta di ritorno alle origini.

IL RINNOVO DELLE CONCESSIONI E LE LINEE DI UN NUOVO RAPPORTO CON LA VALTELLINA: IL MODELLO BOLZANO

Dico questo perché proprio a questo punto si colloca il nostro attuale rapporto con la Valtellina, che il prossimo anno compirà i cento anni di vita. Se guardiamo a questi cento anni, la Valtellina è stata con le proprie risorse idriche, anche attraverso l'Aem, protagonista della vita economica regionale e nazionale. Noi ora vogliamo che lo sia anche nel nuovo scenario strategico internazionale che ho disegnato. E che lo sia in forme più strette che in passato, non più solo come territorio storico di riferimento per l'Azienda, ma come vero e proprio partner territoriale di un progetto industriale. Questo, insomma, non è e non deve essere più per noi un territorio dove lasciare qualche regalia e qualche compensazione, ma è un territorio che noi vogliamo rendere soggetto attivo nel nuovo scenario energetico internazionale.

Guardiamo un piccolo territorio come Poschiavo, dove ha sede una società, la Rezia Energia, che oggi vende e distribuisce energia in mezza Europa, fra cui l'Italia. Guardiamo un altro piccolo paese della vicina Svizzera, Olten, dove ha sede la Atel, un'altra società che in più di cento anni di vita è riuscita a diventare un piccolo colosso mondiale dell'energia

Perché, mi sono sempre chiesto, ciò che è stato possibile a due passi da noi, non deve essere possibile qui, in Valtellina?

Il rinnovo delle concessioni idroelettriche può diventare - e deve diventare, a mio avviso - l'occasione per rifondare su basi nuove il rapporto fra i produttori idroelettrici e la Provincia di Sondrio col decollo di un'Azienda di Valle a partecipazione pubblico-privata, inserita in un più vasto progetto industriale in grande di darle immediatamente una prospettiva nazionale e internazionale. Ma in questa direzione occorrerà stabilire alcuni punti fermi:

- Il primo è che la risorsa acque è una risorsa del territorio e dunque la sua gestione non può essere delegata

alla Regione, ma deve far capo alla Provincia.

- Il secondo è che, accanto alle Istituzioni, una Azienda Energetica di Valle deve vedere come soggetti protagonisti

al proprio interno anche gli industriali, le forze imprenditoriali e le banche valtellinesi. Il modello cui noi guardiamo è quello che abbiamo condiviso con le Province di Trento e di Bolzano, in particolare, che non a caso oggi si trovano al nostro fianco all'interno della Edison. Io credo che solo così la Valtellina potrà compiere quel salto di qualità che la sua economia oggi richiede e che solo in questo quadro si potrà discutere di energia a basso costo o a costo zero e di altri vantaggi territoriali altrimenti

impossibili da conseguire. E dico questo come presidente di A2A, che ha a cuore le sorti della propria Azienda, e come valtellinese che auspica un futuro di benessere e di sviluppo per la propria terra. Per gran parte della sua storia l'Aem è stata nel Novecento un'azienda milanese, ma con una capacità produttiva

concentrata essenzialmente in Valtellina . E' stata, cioè, un'azienda milanese e valtellinese allo stesso tempo. Oggi non è più così, perché gli impianti della Valtellina hanno un peso relativamente irrisorio nel complesso della capacità produttiva di A2A, valutato sia nelle sue dimensioni nazionali che internazionali. Per noi, perciò, la perdita delle concessioni in Valtellina - pur rappresentando un duro colpo dal punto di vista

affettivo perché perderemmo il territorio delle nostre radici storiche e un rapporto consolidatosi nel corso di un secolo - sarebbe dal punto di vista economico un danno solo relativo.

Ritengo invece che per la Valtellina la sostituzione di un operatore ormai di casa (la ex AEM ora A2A) con un operatore internazionale, non solo sarebbe uno schiaffo inaccettabile, ma anche un vero e proprio danno per le generazioni future. Questo è dunque il bivio dinnanzi a cui si trova oggi la Provincia di Sondrio. Cogliere, in coincidenza con la scadenza delle concessioni, l'occasione di un'apertura da protagonista sul mercato internazionale dell'energia, che significa gestire direttamente in prima persona le proprie risorse idriche riscattando 100 anni di errori compiuti dagli amministratori locali, oppure rimanere chiusa nel proprio risentito e rancoroso rivendicazionismo di piccoli vantaggi territoriali e monetari, condannandosi a rimanere incapaci di sostenere un progetto di sviluppo per queste valli entro lo scenario energetico che ho cercato questa sera di delinearvi".

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