) CAPITOLO DECIMOQUINTO. EVENTI DI FINE MILLENNIO. Capitolo decimoquinto. LA TERRIBILE CALAMITÀ DEL 1987.. UN PAESE SEPOLTO. VENT’ANNI DOPO (terza parte)

Un immenso cantiere – Vittime: bilancio pesante ma poteva essere molto peggio – Svizzera. Stesso disastro: la natura non conosce confini – I collegamenti: treno, strade, telefoni – I soccorritori – Presidente Fanfani: Ministri a Roma – Minist

UN IMMENSO CANTIERE

La valle è un immenso cantiere. I valtellinesi in campo. Lo sono stati non dai primi momenti ma anche prima, quando, sia pure non dappertutto, s’è capito che marcava male. Lo hanno capito i tecnici ma anche gli amministratori e la gente comune. Chi vive in montagna convive con la montagna, ne conosce gli aspetti positivi, ne avverte i sussulti negativi. Diceva un abitante della Valmalenco, durante l’imperversare del maltempo, di avere scorto in una fugace apparizione delle vette le cime pulite, senza neve e di avere subito, commentando con altri, tratto funesti auspici. I metereologi parleranno del fenomeno ossia dello zero termico a 4000 metri e quindi della pioggia, cosa inaudita, sul Bernina. Per quel “malenco” e gli altri quelle cime pulite volevano dire piene del Mallero, del Lanterna, di tutti gli affluenti. Volevano dire grande sussulto negativo della montagna.

VITTIME. BILANCIO PESANTE MA POTEVA ESSERE MOLTO PEGGIO

Il doloroso bilancio di vite umane è legato sostanzialmente a due eventi: Tartano e quello che avverrà ad Aquilone. Poi due pastori mentre venerdì 24 si aggiungerà l’uscita di strada di una campagnola dal tracciato della vecchia ferrovia décauville Gaggio-Armisa. C’erano a bordo il Direttore Generale Zuccoli, oggi n. 1 di AEM, il Direttore Valtellina Caprai, il geom. Zecca e l’autista Ramponi. Impressionante il racconto fatto a chi scrive e all’ing. Marchini da Zuccoli, risalito in qualche modo dal burrone dopo il volo di 150 metri per dare l’allarme. Salvo solo, con lui, il geom. Zecca. Non ci saranno altre vittime escluso, come detto Aquilone.

L’enormità dell’evento, la scala del disastro documentata dai danni lasciati dietro di sé, non ha infatti e per fortuna avuto quel tributo di vite umane che si è corso il rischio di dover contabilizzare, anche per il precipitare degli eventi nel giro di poche ore, quel pomeriggio inoltrato del 18 luglio. Di un sabato estivo, dunque di un giorno in cui l’organizzazione complessiva della società si rilassa. Chiusi uffici, aziende, imprese con la gente a spasso o comunque a casa propria con le difficoltà conseguenti di attivazione delle difese. Un solo esempio al riguardo: in Valfurva segnalavano alla Prefettura l’urgenza di un intervento. Le ruspe c’erano ma i pacheristi non erano in condizione di arrivare per via delle interruzioni stradali. Elicottero Sondrio-Valfurva, uomini al lavoro, pericolo fronteggiato e poi scongiurato. Grande capacità complessiva di reazione, misurata, razionale, per nulla emotiva, anche con molta fantasia. Da quel lago di fango che era Fusine il Sindaco Compagnoni segnalava una delle tante necessità impellenti fronteggiabile solo con l’eli-intervento. Sì, ma dove? “Metti lenzuola in croce per segnalare un punto sicuro di atterraggio”. A Torre Santa Maria il Sindaco aveva fatto sgombrare le case a fianco del Torreggio già la sera prima. Le case sono andate, la gente no. Nella piana della Selvetta veniva scelto di rompere, e lo si faceva, l’argine dell’Adda in corrispondenza del bacino dell’ENEL per lasciare defluire l’acqua come fosse un’espansione golenale diminuendo la pressione e riducendo i danni.

Impossibile un quadro completo di tutti gli interventi compiuti sin dalle prime ore o, come dianzi detto, anche prima. Tanti. E, totalmente o parzialmente, risolutivi nei limiti ovviamente di quel che poteva fare l’uomo contro una natura scatenata come forse mai in passato, almeno negli ultimi secoli. Ricordiamo ancora che si è arrivati, a pochi km da Sondrio, persino a 305 mm di acqua in un giorno. E’ come se in un appartamento di 100 metri quadrati ci trovassimo dentro 30500 litri di acqua, più di 30 tonnellate. Ma anche dove di acqua ne è venuta “solo” 100 mm in un giorno, è come se in quel nostro appartamento alla fine della giornata ci trovassimo 10000 litri di acqua, quanta ne basterebbe per fare 100 bagni (fonte: Hera) nella nostra vasca di casa.

SVIZZERA. STESSO DISASTRO: LA NATURA NON CONOSCE CONFINI

Riprendiamo dalla pubblicazione di un centinaio di pagine, con quasi 200 fotografie, “Val Poschiavo, 18/19 7 1987 - Cronaca di un disastro – Nacht kam der Berg… - Une vallée en ranger”, stampata in offset dalla Tipografia Meneghini di Poschiavo nell’ottobre 1987 una sintesi di quel che è successo là. La Natura non conosce i confini amministrativi, neppure quelli di Stato e men che meno quelli virtuali stabiliti da quei “soloni” che ai pasticcioni italiani distruttori del territorio contrappongono gli ecologissimi svizzeri. Di tutt’altro avviso dunque la Natura segue le sue di regole, di qua e di là dal confine. Fa piovere a 4000 metri di qua e di là del Bernina, apre le cateratte in misura straordinaria di qua e di là del confine, erode le morene di qua e di là del confine, trasporta il materiale solido di qua e di là del confine. Leggiamo il racconto degli svizzeri.

“SVIZZERA.Cronaca di un disastro

Il 18 e 19 luglio 1987: due date che rimarranno ,nella storia della valle poschiavina per le tragiche conseguenze dell' alluvione. La storia ricorda diversi analoghi cataclismi, particolarmente uno avvenuto nel 1834; nessuno di noi comunque s'aspettava di doverne vivere personalmente uno di tanta violenza e di tanto furore…

SVIZZERA.sabato 18 luglio

- Dopo alcuni giorni di pioggia intensa e continua il Poschiavino ed i suoi affluenti, particolarmente quelli del versante ovest, sono enormemente ingrossati e minacciano di straripare da un momento all'altro. Già fin da mezzogiorno i pompieri, più tardi anche la Protezione civile e numerose imprese

private sono in stato d'allarme.

- Verso le 15 una prima frana di una certa consistenza scende dal Suicull di Golbia, a sud di Miralago; il fiume in piena riesce a smaltire il materiale, impedendo la formazione di una diga.

- Alle 17 il Saiento scatena un finimondo, riversando una enorme quantità d'acqua e di materiale nella zona dei Casai. L'allevamento di suini situato nelle vicinanze viene devastato e numerosi animali periscono nelle acque. Nello stesso momento nel comune di Poschiavo lo stato d'emergenza si registra in particolare a Le Prese e nella Squadra di Basso, dove la fuoruscita del Poschiavino sembra imminente; a Le Prese, grazie al provvidenziale intervento dei pompieri, si riesce ad evitare il peggio.

- Alle 18 tracima la Vai da Pednal ed inonda l'abitato di Viale sia nella parte sud che in quella nord.

Contemporaneamente straripano la Vai da Guli e la VaI da li Acqui e devastano le zone dei Pradei, di Clalt e della Rasiga. Il versante sinistro della valle e i ruscelli che vi scorrono non destano invece gravi preoccupazioni. Nel Comune di Brusio nel frattempo la furia del Poschiavino asporta gran

parte degli argini, danneggia i cavi dell' energia elettrica e del telefono, mettendo a disagio la popolazione, che non è più in grado di comunicare verso l'esterno. La strada cantonale vien inghiottita dal fiume in piena per decine di metri a sud del ponte di Zalende e fra le dogane di Campocologno e di Piattamala. Alcune case ed aziende a Li Geri vengono inondate e gravemente

danneggiate.

- Verso le 18.15 la strada e la ferrovia lungo il lago vengono interrotte per un centinaio di metri da una frana proveniente dalla Val dal Crodoloc; Poschiavo e Brusio sono isolate l'uno dall' altro. Le comunicazioni fra i due Comuni saranno possibili per vari giorni solo per mezzo di barca o di elicottero.

- Alle 18.30 vien convocato lo Stato maggiore di crisi del Comune di Poschiavo; nella casa comunale di Spoltrio vien installato il centro operativo.

- La vera catastrofe deve ancora arrivare. Verso le 21 i rigagnoli d'acqua che già da diverse ore scorrevano lungo le strade scompaiono improvvisamente, ma destano più curiosità che preoccupazione nei vari curiosi che sostano lungo le strade. Nei momenti successivi a più riprese le ondate di materiale alluvionale provenienti dalla Val Varuna formano degli sbarramenti

temporanei all'altezza del ponte di Toni Moru. Verso le 22.30 una frana di proporzioni impressionanti si scarica sul cono di deiezione di Privilasco e nel Poschiavino, ostruendo il deflusso. Pian piano si va formando un lago, di cui si avverte impotenti la pericolosità. Dall' autorità comunale parte l'ultimo messaggio via radio prima che le comunicazioni siano definitivamente

interrotte: è un invito alla calma ed una raccomandazione a restare in casa, possibilmente nei piani superiori, ed a preparare i mezzi di fortuna per affrontare l'emergenza. A più riprese là diga cede parzialmente, rovesciando sul Borgo dalla strada cantonale lungo il Fulon acqua, fango e detriti. Il ponte di Cimavilla risulta ben presto otturato; le masse infuriate di acqua, legname ed ogni sorta di

materiale si riversa lungo la Via da Spultri, la Via da la Pesae la Via da Mez verso sud; dalla Piazza comunale le acque ed il materiale si dividono in altri torrenti impetuosissimi lungo la Via dal Cunvent e la Via dal Poz, la Via da Mez, la Via dal Pedriéil e la Via Olimpia, la Via di Puntunai e le numerose vie e «burchi» trasversali fino ai Cortini. Tutte le linee elettriche e telefoniche

sono messe fuori uso dalle acque.

SVIZZERA.Domenica 19 luglio

Durante la notte lo Stato maggiore di crisi deve abbandonare la casa comunale di Spoltrio e rifugiarsi allo «chalet» della stazione; del resto, per il momento, esso non può che assistere impotente al disastro che si va delineando sempre più chiaramente. All' alba entrano immediatamente in azione tutti i mezzi disponibili, nel tentativo di porre rimedio alle acque e farle rientrare nel letto naturale. Il centro operativo dello Stato maggiore di crisi vien dislocato all'ospedale San Sisto, da dove vengono coordinati i primi interventi di salvataggio, in modo particolare con l'impiego di elicotteri; questi ultimi si rivelano provvidenziali, talché nel corso della giornata si possono evacuare tutte le persone in pericolo; esse trovano rifugio nelle scuole di Santa Maria. Durante tutta la giornata la pioggia cade incessantemente e solo verso sera riappare uno sprazzo di sereno.

SVIZZERA.Lunedì 20 luglio

Verso le 3 del mattino, dopo trenta ore di estenuanti tentativi, si riesce con le ruspe a deviare il flusso delle acque entro gli argini del Poschiavino. Il quadro del Borgo di Poschiavo e delle zone colpite dall' alluvione è impressionante inimmaginabile per chi non vi assiste di persona. Ristoranti, negozi,case private svuotati a pianterreno dei rispettivi arredi, ricolmi di melma e di ogni immaginabile detrito. Il fondo stradale non esiste più, le piazze e le piazzuole sono ricoperte da materiale per un' altezza che varia e raggiunge qua e là anche i due metri. Le automobili sono sommerse dal fango, alcune sono rovesciate e giacciono qua e ./à in un disordine indescrivibile. La gente gira muta, incredula e sbigottita. Con il ritorno del bel tempo si possono constatare i danni gravissimi registrati ovunque; la Vai Mera ha arrecato notevoli danni all' alpe di Camp, la

Val da Camp è straripata in più punti inondando Lungacqua, Rugiul e Plansena. Lungo la Vai Varuna è scomparso il ponte a Plan la VaI ed un tratto di strada a sud dello stesso. L'erosione lungo il canale di scorrimento della Val Varuna ha fatto cambiare aspetto all'alveo. Gravi danni sono annunciati anche da Ursé, Quadrada e Selva/Clef. A Cavaione una casa è crollata in seguito ad una frana. Purtroppo sono da segnalare anche due vittime, anche se solo indirettamente causate dall'lluvione: il 68enne Enrico Bontognali, perito nella notte fra il 19 ed il 20 luglio nel tentativo di mettersi in salvo, ed il l.ten Heinz Kobelt di Riithi (SG), morto in un incidente militare il 27 settembre 1987 nel corso degli interventi per il ripristino della Val Varuna” Va ricordato che la successiva piena dei primi di settembre, mentre a Sondrio non fece danni in quanto il Mallero era stato svuotato nel percorso urbano del milione di metri cubi di inerti che l’avevano colmato, provocò danni molto gravi a Poschiavo in quanto l’alveo del Poschiavino non era stato liberato dal materiale portato il 18 e 19 luglio. Poche variazioni infine nei testi in tedesco e francese. Singolare che solo in questa versione compaia l’esortazione conclusiva: “C’est à présent aux habitants de Poschiavo, avec l’appui de leur Autorités de continuer avec courage et persévérence l’oeuvre de restauration et de renouveau déjà bien commencée”.

ZONE ALLAGATE DALL’ACQUA? NO, PEGGIO

Torniamo in Valtellina, nelle zone allagate. Dall’acqua? No. La gente che ha avuto un livello basso nelle case appena diminuito questo livello va a vedere la situazione. Da fare cascare le braccia. C’è chi avrebbe avuto pochi danni, se si fosse trattato di acqua. Non è, appunto, acqua ma un liquido certe volte anche maleodorante con tracce di idrocarburi che lasciano tracce multicolori, con fango e chissà cos’altro in sospensione visto che l’alluvione ha trascinato via di tutto, animali compresi.

C’è poi chi ha la casa in posti dove il livello è stato più alto. Via tutto, mobili compresi. Non parliamo ovviamente delle cantine. Il peggio è però, ovviamente, per chi la casa l’ha persa e con la casa, per molti, il proprio passato: gli ambienti di una vita, quadri magari di nessun valore artistico ma di grande valore effettivo, ricordi di famiglia, le proprie fotografie. Tutto.

Si salvano diverse auto, moto, trattori e macchine utensili. C’è chi infatti dice di esserci riuscito con robusti lavaggi, in qualche caso smontando motori ed altre parti. Altri però lamentano danni non recuperabili soprattutto per la parte elettrica. C’è anche la tradizione contadina ed ecco il lamento di chi ha visto compromessa la produzione e incerto il futuro dei propri terreni.

Gli inviati speciali sono comunque stupiti per un fatto, abituale in qualsiasi calamità: pur in condizioni difficili, per alcuni critiche (chi nel fango fin oltre al ginocchio con gli stivaloni da pescatore), la gente non si lamenta.

Eravamo a mercoledì. La valle immenso cantiere. Il centro operativo in Prefettura a regime. Le comunicazioni, pur tra difficoltà e deviazioni, riprese tranne l’Alta Valle. I telefoni riattivati a tempo di record e anche con soluzioni avanzate dopo che ne erano andati fuori uso 30.000. Per le comunicazioni ci sarà anche, uno dei primissimi, un circuito via satellite curato dall’Esercito, del quale diremo più avanti. Problemi fondamentali. Da isolati ci si accorge cosa vuol dire che i treni non vanno, le strade sono interrotte, non si può comunicare perché o telefoni sono muti. E se l’isolamento dura si prova cosa vuol dire essere assediati, per viveri, medicine e via dicendo. E meno male che ora ci sono gli elicotteri

I COLLEGAMENTI: TRENO, STRADE, TELEFONI

Viabilità

Già mercoledì 22 la situazione dei collegamenti era stata, ove possibile e cioè Alta Valle esclusa, complessivamemte sistemata.

- Nessun problema in Valchiavenna.

- Statale 38 percorribile per oltre 80 km da Colico a Sondalo con brevi deviazioni per i lavori di sistemazione in corso a Morbegno, Forcola (Piano della Selvetta), Chiuro, Tirano.

- Provinciale per la Valmalenco apertura condizionata, da giovedì libera

- Bormio-Livigno transitabile con prosecuzione per Chiavenna o Merano via tunnel della Drossa – Svizzera. Bormio è infatti raggiungibile soltanto attraverso un lungo giro in Svizzera. L’alta Valfurva solo attraverso il Passo del Gavia.

Bus

- Zona di Morbegno regolare il servizio per Tartano (stop a Campo) e Paniga (stop a Campovico)

- Zona di Tirano: regolare il servizio Tirano-Aprica Edolo e Tresenda Teglio; la linea Tirano-Sondalo-Ospedale Morelli richiede il passaggio a piedi (1 km) tra Sondalo e Bolladore

- Alta Valle: regolare il servizio Bormio - Livigno e Bormio - Madonna dei Monti. Ogni ora corse da Bormio per Cepina e per Madonna dei Monti

- Linea Autostradale Milano Piazza Castello – Bormio Corsa giornaliera alle 7.30

Treno

- Servizio regolare da Milano a Morbegno.

- Bus sostitutivi per i 25 km sino a Sondrio. Previste sei coppie giornaliere di autobus con una percorrenza di circa un’ora e mezza dovendosi salire in quota per il percorso d’emergenza

- Servizio sostitutivo con bus da Sondrio a Tirano (25 km). Con quattro coppie giornaliere di autobus.

- Ancora da definire la Tirano-Poschiavo-S.Moritz

I SOCCORRITORI

Se le prime ore erano state affrontate dai valtellinesi con molta determinazione e con i mezzi reperibili in loco, la solidarietà dell’intero Paese si è rapidamente manifestata. Oltre ai Vigili del Fuoco, locali e quelli venuti da via, come per le Forze dell’Ordine, la Croce Rossa, gli Alpini, le organizzazioni di volontariato arrivo in forze dell’Esercito. Tracciamo un bilancio della presenza militare giovedì 23 sulla base delle informazioni ufficiali di allora:

- Il terzo Corpo d’Armata ha 1240 uomini, 145 automezzi e 75 mezzi speciali (ruspe, escavatori, cingolati) della Brigata Legnano. Il secondo battaglione Genio ha 16 mezzi speciali.

- Il quarto Corpo d’Armata ha 900 uomini, 133 automezzi, 31 mezzi speciali e 6 d’uso logistico della Brigata Orobica (battaglioni Tirano, Bergamo, Trento, Bolzano, Orta).

L’Esercito è dislocato in tre gruppi di forze.

- In Alta Valle il IV Corpo d’Armata Alpino, 1 aliquota da Tirano verso Bormio con 4 complessi di intervento, 1 da Bormio con un complesso. Alimentazione dal centro logistico dell’Orobica al Tonale.

- In Bassa Valle opera il III Corpo d’Armata con due complessi. Ol primo tra Tirano e Morbegno con 1 battaglione meccanizzato bersaglieri, 1 reparto Comando e Trasmissioni, 1 battaglione fanteria Genio, 1 centro logistico.

- Il secondo nel settore autonomo di Morbegno con 1 battglione 67 meccanizzato.

- A Sondrio 1 gruppo squadra elicotteri ALE con un secondo distaccamento a Cepina. 90 uomini di varie unità con 28 elicotteri (venerdì in totale 35 con altre forze ma senza i privati convenzionati). Gli elicotteri sono l’AB 206 ricognizione, AB 205, 212 e 412 da trasporto medio; inoltre i CH 47 da trasporti pesanti.

Al giorno 23 ben 344 missioni con 452 ore di volo. 1543 le persone soccorse, 461 quintali di materiali trasportati e 525 di viveri.

- Il Genio dell’Esercito provvede a posare ponti a Campo Franscia, Torre (Torreggio e Mallero), San Giacomo (Adda).

L’Esercito ha attivato, con Telespazio, un ponte via satellite per videoconferenza.

- Aeronautica: campagna di aerofotogrammetria.

- Polizia: 200 uomini con 35 automezzi e 3 elicotteri

- Polizia Stradale: 81 uomini con 29 mezzi.

- Guardia di Finanza: 15 ufficiali, 34 sottufficiali, 177 militari, 5 unità cinofile, 2 elicotteri, 34 automezzi e una vedetta nell’Alto Lario.

- Elicotteri: non va poi dimenticato l’apporto degli elicotteri privati, a cominciare da quelli dell’Elitellina, in volo sino dalle prime ore, e di alcune compagnie private.

- Volontariato: 967 uomini della protezione Civile ANA, suddivisi in gruppi, CRI, Soccorso Alpino, Radioamatori, Scouts.

- Sanità: Tutte le strutture ospedaliere a regime. All’Ospedale Morelli predisposto fin dal giorno 18 il nono padiglione per accogliere gli evacuati. Da notare che nelle primissime ore era cominciata l’evacuazione in Sondalo: 342 persone da Le Prese, 319 da Mondadizza, 234 da Grailé. Da Sondalo centro si è arrivati anche a 2300. Inoltre legge regionale per l’Alta Valle, illustrata più avanti.

- SIP: 150 uomini+50. Ripristinatte 30.000 linee e 10 centrali con l’eccezionale (in 48 ore!!!) istituzione di un nuovo ponte-radio Sondrio-Sondalo. Riattivato definitivamente il radiotelefono nel tratto Morbegno-Tirano e attivato il ponte-radio in Valchiavenna. In mancanza di energia in funzione i gruppi elettrogeni.

- Localmente: si aggiunga l’apporto in sede locale: FFSS, ANAS, Provincia, Comuni, società idroelettriche, imprese e gli stessi privati dell’industria, dell’artigianato, dell’agricoltura, del turismo.

Questa la situazione al giorno 23. Ulteriori incrementi, in particolare di elicotteri, dopo il 28 luglio.

PRESIDENTE FANFANI. MINISTRI A ROMA

Il Presidente della Repubblica aveva conferito l’incarico di formare il nuovo Governo all’on. Giovanni Goria ma intanto era ancora in carica – lo sarebbe stato sino al 28 – il Governo Fanfani.

Provvidenziale la decisione del Presidente del Consiglio di vietare ai Ministri, salvo quelli interessati, Protezione Civile e Lavori Pubblici, di andare in Valtellina. Decisione accolta con grande favore dallo staff in Prefettura a Sondrio. Dicevano infatti i protagonisti di altri interventi, specie nelle zone terremotate, che l’arrivo di personalità obbliga a distrarre mezzi, in primis gli elicotteri, e uomini dalle missioni caratterizzate, soprattutto nella prima fase, da obiettive urgenze. Meglio che non venga nessuno, salvo naturalmente quelli la cui presenza è anzi sollecitata, primo fra tutti l’on. Zamberletti, oltre a tutto di casa in Valtellina con, fra i suoi fans molti dei quali con esperienza comune in Friuli, anche persone politicamente agli antipodi.

MINISTRO FANFANI. MEDAGLIA AL VALOR CIVILE PER LA VALTELLINA

Restiamo a Fanfani, anche se andiamo avanti nel tempo.

A settembre del 1987 nella sua qualità di Ministro dell’Interno, parlando significativamente a 1700 allievi Vigili del Fuoco, ha comunicato la decisione di attribuire alla gente di Valtellina la medaglia d’argento al valore civile per il comportamento tenuto nel momento della calamità.

Era questa la richiesta che chi scrive, d’accordo con i suoi collaboratori, aveva rivolto dal giornale che dirigeva, “Centro Valle”, il più diffuso della provincia con questo appello: “Medaglia d’oro al Valor Civile alla Provincia. Questo riconoscimento morale sanzionerebbe quello che è stato il riconoscimento pressoché generale di tutti gli osservatori, di tutta la stampa per come la nostra gente, dalle sue rappresentanze istituzionali, politiche, economiche, sociali, culturali all’ultimo dei convalligiani ha affrontato il dramma. E questo sin dai primissimi momenti. In cento km di valle particolarmente flagellati, e con valli relative, è stato definito un miracolo che non ci sia stato né un morto né un ferito durante il cataclisma. Anche merito dei soccorsi, degli elicotteri, non c’è dubbio, ma nei primi momenti, neanche brevi, Sindaci, amministratoti, gente e, perché dimenticarli, parroci hanno saputo autoorganizzarsi, fronteggiare i pericoli, in taluni punti immani, salvare vite umane, animali, beni. Le evacuazioni non sono state tante rotta di Caporetto, ma ripiegamenti controllati, continuando a tenere insieme le Comunità e a tenere alto il morale della gente, di gente che nell’incombente pericolo di vedere distrutta una vita di sacrifici, se fosse successo il disastro, di dover ricominciare da zero, ha dato esempio e lezione di ciò che rende nobile l’uomo, innanzitutto di dignità e di valori.

Retorica? Ma neanche per sogno.

Il riconoscimento della Nazione spetterebbe a tanti, anche venuti da fuori. Lo si sintetizzi nella medaglia d’oro al valor civile alla nostra provincia, non per vanagloria (sarebbe contraddittorio) ma come simbolo, in un epoca che assume come simboli le “Madonne” (quelle con iniziale minuscola e che cantano) o, per altri versi, le onorevoli Cuccioline piuttosto che arteriosclerotici alla Pannella dalla droga libera, della permanente validità dei valori”.

CENSIMENTO DANNI

Si cerca di rientrare nella normalità.

La valle, dicevamo, è un immenso cantiere ma c’è un’altra Valtellina al lavoro. E’ quella degli amministratori, dei parlamentari e dei consiglieri regionali, dei tecnici dello Stato, della Regione, degli Enti Locali, delle forze economiche e sociali. Si sta cercando di fare un primo censimento dei danni, in modo il più possibile analitico perché il risultato finale corrisponda il più possibile alla reale entità del disastro. Il Governo per sua parte, la Regione per la sua, stanno per intervenire ma occorre fornire a supporto quanto più possibile materiale conoscitivo, accertato.

Sarà un bel lavoro, tale da consentire subito un primo Decreto con consistenti finanziamenti alla Valtellina e alle zone adiacenti nelle province confinanti.

LA REGIONE: UN FULMINE

Si cerca di rientrare nella normalità

A poco più di una settimana dall’inizio della calamità il Consiglio Regionale approva tre leggi. La prima stanziando 130 miliardi come anticipazione sui fondi dello Stato e stabilendo procedure semplificate. La seconda provvede ad un primo stanziamento di 1,5 miliardi, da aggiungersi ai fondi CEE e ad altri, per le famiglie delle vittime. La terza riguarda la materia sanitaria, delicata per l’interruzione dei collegamenti. Dotazione per l’ospedale di Bormio: servizi di degenza per medicina, chirurgia, ostetricia e ginecologia, ortopedia e traumatologia; servizi di pediatria, pronto soccorso, laboratorio di analisi radiodiagnostica, anestesia e dialisi per 70 posti letto complessivi. Primo finanziamento di cinque miliardi.

SI AI MONDIALI DI BASKET A BORMIO

Si cerca di rientrare nella normalità.

Era in programma il 3° Campionato del Mondo di Pallacanestro Juniores dal 23 al 30 luglio a Bormio. Fare, non fare? Decisione indubbiamente sofferta ma positiva: si fanno, dal 29 luglio al 5 agosto. Alla vigilia la nuova mazzata con la frana di Val Pola. Altra sofferta decisione per il SI. Italia e USA giocheranno con il lutto al braccio.

27 LUGLIO: FINE DELLA FASE ACUTA DELL’EMERGENZA. LO SI CREDEVA

Lunedì 27 luglio, dopo i quotidiani sopralluoghi e la serie di incontri operativi riunione plenaria nel salone del Consiglio Provinciale, presenti i responsabili dei vari settori, i tecnici, alcuni amministratori locali, magistrati. C’è aria di smobilitazione, almeno per quanto riguarda la fase avuta dell’emergenza che sembra finita. Enormi i problemi ma non con l’assillo costante di quello che sta succedendo o potrebbe succedere. Presiede Zamberletti, si succedono gli interventi, tutti di carattere operativo, quando interviene il geologo della Regione Michele Presbitero (oggi Segretario generale dell’Autorità di Bacino del Po) che già aveva avuto a che fare con la Valtellina in particolare per la ciclopica frana di Sasso Bisolo, in Valmasino, nella primavera del 1977 che richiama l’attenzione su un fenomeno franoso sul versante orografico destro sopra S. Antonio Morignone. La discussione prosegue. Siamo quasi alla conclusione. Il dr. Presbitero, sulla parte destra del tavolo della Presidenza, prende il microfono e torna, con veemenza, sul pericolo rappresentato in precedenza. L’intervento determina un certo stupore. Presbitero non è uno di quei geologi “catastrofisti” per i quali gli scenari sono sempre di color nero. Il Ministro a questo punto taglia corto: “Si riunisca subito il Gruppo Lavori Pubblici e assuma le necessarie determinazioni”.

I componenti si riuniscono subito nel loro ufficio, ultimo corridoio della Prefettura e ne escono dopo le ore 20. Nella planimetria è indicata la zona a rischio (divergerà di pochissimo, sostanzialmente in due “baffetti” dalla situazione reale). Scendiamo per ultimi, io e il geologo dr. Maurizio Azzola. E’ tecnico di valore, conoscitore della provincia e non certo un “catastrofista”.. Con il suo collega dr. Tuia anni prima ha redatto lo studio geologico del territorio comunale di Sondrio che l’Amministrazione da me guidata gli aveva commissionato. Uno dei primi piani del genere, se non il primo, che suddivideva il territorio in quattro zone prevedendo conseguentemente diversità di intervento. Esterno i miei dubbi ma lui, fattosi serio, mi dice che il problema è serio. Si tratta di qualche milione di metri cubi, tanto. In realtà saranno molti di più ma già l’aver capito di cosa e quanto si trattava è indice di grandissima professionalità del Gruppo che aveva analizzato la situazione. Sulla base dell’esperienza con la frana di Spriana, quando i caposaldi 6 e 14 viaggiavano a un metro e mezzo la settimana obietto circa la possibilità di caduta. Di nuovo mi gela “riteniamo che possa essere questione anche di soli mesi”. Per le paleofrane la previsione può essere di migliaia di anni. Dire mesi è come per la vita umana è dire una frazione di secondo.

Sulla base comunque della mappa tracciata dai tecnici viene disposta la zona off limits e a titolo prudenziale vengono disposti nella zona ove sorge la Chiesa di San Bartolomeo militari con potenti fotoelettriche che illuminano la montagna.

La prima sera che la Prefettura è quasi spopolata. La prima sera che si può smaltire l’arretrato di sonno e di fatica. Ma il mattino…

28 LUGLIO. TRAGEDIA. UN PAESE SEPOLTO. L’EMERGENZA CONTINUA

Sono da poco passate le sette e mezza. Cominciano a ronzare i motori degli elicotteri situati nel vicino stadio. Uno dopo l’altro si alzano. Altri arricvano. Si rincorrono le voci: una grande frana in Alta Valle. Di corsa in Prefettura. Arriva, trafelato, il generale Muraro, mi vede e, a valanga, “Morti, ancora. I soldati: tutti salvi!”. E poi, mentre Don Carlo e altri su ad Aquilone stanno cercando di valutare l’entità della tragedia – si parla già di una trentina, con parecchi bambini ma anche di sette operai che stavano lavorando al ripristino della strada - con mi fa un racconto straordinario, riferendo cosa gli hanno detto i soldati. Dopo una notte insonne, spente le fotoelettriche, i soldati tengono d’occhio quel che appare un versante boscosissimo immobile. Ad un tratto uno di loro richiama l’attenzione degli altri: “gli alberi si muovono!”. Vien preso in giro, gli effetti della notte persa. Ma un altro, guarda, e conferma. E mentre tutti prendono atto di quel movimento lentissimo, in discesa, di tutti quegli alberi ad alto fusto all’improvviso in un fiat il movimento lentissimo diventa una scena infernale. Il cielo è oscurato dal polverone. I soldati scappano in su sulla montagna. Piovono sassi di grandi, medie, piccole, minime dimensioni. Volano sopra le testa. A destra, a sinistra. Neppure un sassolino colpisce i soldati, e neppure la chiesa. Nessuno scomoda la parola miracolo ma in tanti ci pensano.

In Prefettura nel giro di un paio d’ore arrivano le foto aeree, i primi dati. I tecnici sono al lavoro. Fin dall’inizio ci si rende conto che l’evento è apocalittico ben oltre le più pessimistiche previsioni.. E’ sparito S. Antonio Morignone, la valle è otturata come a suo tempo la Val Poschiavo, la Valchiosa e anche Piuro. I morti sono di Aquilone dove le case sotto alla Statale sono state sbriciolate ad almeno 800 metri di distanza dall’ultimo sassolino della frana per effetto dunque dell’onda d’urto e del successivo risucchio. Il Direttore del Parco dello Stelvio è laconico: “Poteva scendere 10.000 anni fa, poteva scendere fra 10.000 anni. Ha scelto oggi”.

Preoccupa la diga che si è formata perché impedisce il naturale deflusso dell’Adda formando quindi un lago destinato ad assumere proporzioni notevoli. Sulla lavagnetta a fogli nello studio del Prefetto i tecnici disegnano uno schema di by-pass. Non si è perso tempo. Facciamo cercare l’ing. Del Felice evocando il caso del Mantaro, Perù – 1974. . Franò una montagna intera, di massa decine di volte superiore alla frana del Coppetto, costituendo uno sbarramento naturale che, nonostante una serie di lavori effettuati per alcuni mesi, fu sfondato dall'acqua con danni per 200 km. E questo nonostante la ridotta portata del fiume (una cinquantina di mc/secondo). L'ing. Eugenio Del Felice di Sondrio, noto esperto del settore, era là e arriva in Prefettura con un'ampia documentazione, anche fotografica, dell'evento, e ne discute con gli esperti.

L’emergenza si è riaperta. Oltre le vittime la nuova tegola per l’Alta Valle, l’inizio della paura per gli abitati a valle del lago per due pericoli: la rottura dell’ostruzione (non ci fu a Poschiavo ove è rimasto il lago, ci fu in Valchiosa con grandi danni in Tirano) e il timore d’un effetto Vaiont qualora la montagna dovesse scaricare ancora altro materiale. E timori anche per l’economia per via dell’isolamento difficile da rompere.

Riunione in Alta Valle con il Ministro, il suo staff, gli amministratori della zona Sindaco Pedrini, anche Presidente della Comunità Montana, in testa. Si delineano le prospettive d’intervento.

Rientro a Sondrio.

La sorpresa.

28 LUGLIO. VIA ZAMBERLETTI

Giovanni Goria costituisce il 45° Governo dalla Liberazione che durerà sino al 13 aprile del 1988. I 29 Ministri, del pentapartito, giurano al Quirinale lo stesso giorno della frana. Si cercano notizie. Il Ministro Zamberletti torna dalla citata riunione operativa in Alta Valle, entra in Prefettura, si siede alla scrivania del Prefetto e chiama Roma. Nella stanza ci saranno almeno 30 persone, chiamo Zamberletti e lo porto, in fondo al corridoio, dove ha insediato il suo ufficio il Prefetto Gomez responsabile al Viminale della Protezione Civile. E’ lì che ha la notizia, nel frattempo circolata prima nello staff e poi diffusa dappertutto. Incredibile. Disarmante, peggio, assolutamente deprimente. Mentre infuria la battaglia il generale, l’esperto, come si autodefiniva, “Il Ministro delle disgrazie nazionali” per antonomasia, quello che con il suo operato riconciliava la gente con lo Stato e che a Roma era visto “fuori quota”, in un certo senso al di fuori della lotta e delle polemiche politiche, viene mandato a casa e non certo per scarso rendimento. Una mazzata e non solo tra gli addetti ai lavori. La gente protesta per strada, nei bar, ovunque. In prima linea gli Alpini, come lui, gli uomini del Soccorso Alpino e quanti sono abituati all’impegno, talora al rischio, per salvare gli altri. Non ci sono distinzioni politiche, salvo i Verdi per i quali è un bene che Zamberletti non ci sia più. Il mondo è bello perché è vario, certo che pontificare in questo modo da qualche salotto milanese non è lo stesso che commentare in mezzo al fango con le morene squassate lassù dove non arriva l’attività dell’uomo, gli argini superati, e soprattutto molti funerali.

Zamberletti: “obbedisco”, e va a Roma a fare le consegne.

LE PROTESTE

Abbiamo detto delle reazioni della gente comune come quelle degli addetti ai lavori.

Partono a firma dell’allora Presidente del BIM, – lo scrivente – una serie di telegrammi.

- A ZAMBERLETTI

Ti siamo tutti enormemente vicini dopo l’enormità della tua esclusione. Cordialità

- AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA COSSIGA

Le trasmetto l’enorme delusione dei Valtellinesi, suppongo anche di Friulani ed Irpini, per l’esclusione di Zamberletti. Distintamente

- AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO GORIA

A te felicitazioni e voti augurali, ma Zamberletti doveva esserci ( testo che più eloquente di così non poteva essere…).

- A GIORGIO BOCCA

Suo articolo su Valtellina ha temperato l’amarezza per avventati pareri di troppi. Est esempio di professionalità e capacità. Al Suo rientro in Valle qualsiasi dato, oggettivo, est a Sua disposizione. Distintamente

- A INDRO MONTANELLI

Il grazie per il Suo stupendo fondo dedicato alla Valtellina si unisce al consenso per il suo positivo giudizio sul Ministro Zamberletti ingiustamente escluso dal Governo per il quale gli indiscussi meriti, che i Valtellinesi o i Friulani o gli Irpini -quelli terremotati - meglio che a Roma sono in grado di valutare, evidentemente sono passaporto ininfluente. Distintamente

- A CIRIACO DE MITA, irpino, Segretario nazionale DC

Dalla Valtellina disastrata la rivolta per l’esclusione di Zamberletti. E’ questo il tuo rinnovamento?

(De Mita ne combinerà altre due ai Valtellinesi. Da Presidente del Consiglio viene a Edolo a visitare l’impianto idroelettrico dell’ENEL. E’ ancora freschissimo il ricordo della calamità e si aspetta la Legge Valtellina. E’ a un tiro di schioppo per cui si pensa, anzi si dà per scontato, che almeno una puntata in elicottero la faccia, anche breve. Non la fa. Da segretario DC dà il suo OK per la relazione al convegno che ricorda Ezio Vanoni. Non viene perché malato, ma le bugie hanno le gambe corte: la TV la sera lo mostra in tribuna a vedere la partita della Roma).

STAMPA NAZIONALE: UN CORO

I principali giornali pubblicano questi telegrammi, salvo quelli a Bocca e Montanelli. A sua volta il Presidente della Provincia Marchini rilascia dichiarazioni pesanti: che i quotidiani nazionali raccolgono e pubblicano, aggiungendo anche qualche commento “alpino” di ufficiali presenti in Prefettura. Il concetto di Marchini è reso benissimo dalla sia dichiarazione “Il siluramento è come una nuova frana” che “Il Giorno” sceglierà come titolo dell’articolo. Chiamano da Roma “Le vostre dichiarazioni hanno fatto molto rumore”, linguaggio diplomatico per dire che abbiamo colpito nel segno. Qualcuno laggiù cerca anche di rimediare ma l’unica soluzione ritenuta possibile non è in realtà possibile. Parliamo con il numero uno della Protezione Civile Prefetto Pastorelli, se ne va anche lui. Cosa fatta, insomma, capo ha. E per qualche giorno, di fatto, la macchina si arresta.

Venerdì 31 arriva il nuovo Ministro, Remo Gaspari.

GASPARI

Nomina e giuramento il 28 luglio. Il neo-Ministro della Protezione Civile Remo Gaspari venerdì 31 luglio arriva in Valtellina, con i due colleghi ai LL.PP. De Rose e al Turismo Carraro e con il neo-Presidente, dal 10 luglio, della Regione Tabacci,. Vede la situazione dall’alto e poi nel salone di Palazzo Muzio per incontrare Sindaci, amministratori, titolari di uffici. Naturalmente presenti i senatori V. Colombo, Forte, Bissi, gli onorevoli Tarabini, Mazza e Ciabarri e il consiglieri regionali Muffatti e Contini. Gelo. Riunione formale ma pesa nella sala come un macigno la “carognata” dell’esclusione dal Governo di Zamberletti mentre era nel fango a coordinare gli interventi e non nelle stanze romane per tutelare la propria posizione di Governo. Gaspari ringrazia tutti quelli che stanno operando e poi ricorda le sue esperienze personali, primo Ministro ad occuparsene (alluvione di Firenze e terremoto del Belice). Indica la sua linea d’azione partendo dal fatto che il Ministero non dispone che di 240/250 persone per cui il tema è quello della delega agli Enti locali. Linea del tutto diversa da quella del “Rambo di Varese”, come da definizione giornalistica di allora. Il gelo aumenta. La riunione si scioglie senza sciogliere la delusione, come la successiva conferenza stampa documenta. Quale sia il clima generale lo indica un episodio, marginale ma significativo. Il Ministro dei LL.PP. scende dalla Prefettura senza che nessuno lo accompagni e ..si trova a piedi. Neppure l’auto per lui e segretario. Tocca proprio a chi scrive, con un guizzo di fantasia, inventare una soluzione presentata come prevista calmando un giustamente arrabbiato neo-Ministro. Il terzo, Carraro, non c’é. E’ in Alta Valle dove oltre alle vittime si intravede un futuro fosco. Andata la stagione estiva si prospetta il flop anche per la stagione invernale perché l’unico filo che lega il Bormiese all’Italia passa dai 2621 metri del Gavia, chiuso d’inverno e praticabile d’estate solo da chi abbia confidenza con stradacce di montagna, strapiombi senza protezione e simili caratteristiche (l’ANAS ad ogni buon conto interverrà in protezioni, con allargamenti, con sistemazione del fondo e abbastanza rapidamente).

Il Prefetto dr. Piccolo mi chiede di andare nelle sua residenza, al piano superiore, dove è predisposto un piccolo buffet freddo e in piedi. Me lo chiede perché con il Ministro non c’è nessuno salvo Questore, Comandanti dei Carabinieri, della Guardia di Finanza, della Polizia Stradale, dei Vigili del Fuoco. Risolto il problema dell’auto del Ministro dei LL.PP. salgo un po’ dopo. L’on. Gaspari è vicino al camino, un piatto in mano, e sta mangiando. Gli altri sparpagliati nella sala. Silenzio di tomba. Arrivo e vado al camino. Gli sguardi piombano addosso come tanti dardi lanciati da una maxi-balestra.

“Ciao, sono il Presidente del BIM, quello di cui avrai letto sui giornali le proteste per l’esclusione di Zamberletti…”

“Lo so. Eri Sindaco a Sondrio, no?”

“Si, dal 1975 al 1985”

Arriva con un curriculum di tutto rispetto, e che sarà utile alla Valtellina: nove volte sottosegretario, 15 volte Ministro (Trasporti, Riforma P.A. in tre Governi, Sanità, Rapporti con il Parlamento, Poste in tre Governi, Funzione Pubblica in quattro Governi, Difesa ed ora Protezione Civile cui seguirà il dicastero del Mezzogiorno). Memoria di ferro. Ricorda persino alcune delle occasioni in cui ci siamo incontrati, e istituzionali e nei congressi nazionali DC.

Proseguo. “Le mie, le nostre dichiarazioni riflettevano il pensiero di tutti noi, uno stato d’animo generale. Sarebbe stato lo stesso per chiunque avesse preso il posto di Zamberletti…”. Il Prefetto non é ancora rilassato ma non è più sui carboni ardenti. Gli altri escono dal rigore del gelo e persino bisbigliano qualcosa tra loro. Gaspari replica con un commento sulla formazione del Governo. Il colloquio prosegue,

“Da noi ci sarà la massima collaborazione…”

“Questo mi fa piacere…”

“Mancherebbe altro, ne va del nostro futuro. Tieni però conto che in un certo senso sei sotto esame e se farai bene sarai apprezzato”. Segue un diplomatico consiglio per superare la visione “ministeriale”, o comunque affiancarla con una presenza sul campo. Mi spiega cosa deve fare il Ministro, fra procedure e ricerca di finanziamenti – lo farà benissimo – ma è riluttante sul ruolo “Zamberlettiano”. Cambierà odea e lo farà, dopo Vasto, e ne parleremo

Alberto Frizziero – 3 continua

Alberto Frizziero
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