09 09 10 OTTIMA LA NUOVA LEGGE SUL "MADE IN ITALY" MA QUALCUNO (!) REMA CONTRO
La presente nota meritava l'Editoriale. Era stata impaginata così. Le notizie da Kabul obbligano però a spostarla in altra sezione per lasciare tutto lo spazio alla tragedia che ha colpito le famiglie dei militari uccisi.
E' vero che oggi c'é un mercato globale per cui capita di tutto, persino di vedere prodotti poverissimi in vendita qui ma provenienti da lontanissimi Paesi ove vengono pagati quasi niente. Vale per tutti, anche per i nostri prodotti. C'é però una cosa molto semplice da fare: scrivere sull'etichetta, o in altre forme, da dove vengono in modo che il consumatore sia in condizioni di scegliere. L'abbiamo scritto più volte anche per prodotti nazionali. Esempio l'acqua. Molti comprano la San Benedetto. Liberi ovviamente di farlo. Ma pochi - almeno per quelli che abbiamo interpellato noi - sanno da dove viene. Eppure il luogo di imbottigliamento c'é scritto, ma terribilmente in piccolo, cosa che le norme dovrebbero vietare. Le indicazioni debbono essere leggibili a prima vista. Bene, quest'acqua viene da Scorzé, provincia di Venezia, metri 16 sul livello del mare. Libero chiunque di scegliere un'acqua che viene dalla provincia di Venezia e preferirla a quelle di montagna come Levissima, Bernina o Frisia, ma basta saperlo. No?
Per alcune cose si é provveduto e così almeno sappiamo, per fare un esempio, da dove vengono certe mele, certa uva e tante altri varietà ortofrutticole. E questo dovrebbe valere anche per tanti altri prodotti di diverse categorie merceologiche. Non é giusto che un'azienda delocalizzi, faccia della roba all'estero e poi la venda come prodotta qui.
Per questo siamo d'accordo con il Presidente Guerrini di cui riportiamo la nota, cos' come quella della Presidente Rosalba Acquistapace (ndr):
"Duro commento del Presidente Nazionale di Confartigianato Giorgio Guerrini sul ventilato congelamento della norma contenuta nella legge 99/2009 che vieta l'uso di marchi di aziende italiane su prodotti e merci non originari dell'Italia ai sensi della normativa europea.
"E' davvero singolare, e per alcuni versi sconcertante, quanto sta accadendo sulla legge a tutela del made in Italy - sottolinea il Presidente Guerrini - attesa da anni, invocata dalle organizzazioni degli imprenditori e dei consumatori, preceduta da un approfondito dibattito parlamentare, è finalmente entrata in vigore il 15 agosto. Ed ora, a distanza di pochi giorni, viene già 'congelata'.
A pochi giorni di 'vita' di una legge che ha fortemente innovato la disciplina anticontraffazione, improvvisamente si aprono discussioni sulla sua inopportunità o sulla sua dubbia legittimità applicativa nel contesto europeo, ventilando possibili procedure di infrazioni verso l'Italia.
Infrazioni che dubito arriveranno, essendo in gioco fondamentali diritti dei consumatori che devono essere correttamente informati sulla reale provenienza delle merci, soprattutto quando pagano profumatamente per acquistare il valore aggiunto del made in Italy.
Di fronte a questo dietrofront, un danno d'immagine è assicurato: le norme italiane si faranno la reputazione di essere certe, certissime, anzi probabili. Non meno grave la delusione che questo ripensamento provoca nelle tante aziende che da sempre producono in Italia, preservando e creando posti di lavoro, e che subiscono l'illecita concorrenza di chi, pur delocalizzando la produzione, pretende di avvalersi del marchio made in Italy.
Quanto ai consumatori, dovranno rassegnarsi a non avere la certezza che i beni acquistati siano realmente realizzati nel nostro Paese..
Sono ormai quasi 5 anni che ci stiamo battendo in Europa perché si adotti la norma sul "Made in" obbligatorio, nonostante la forte opposizione dei Paesi nordici. Abbiamo quindi salutato come una positiva 'rivoluzione' la legge entrata in vigore il 15 agosto e che il Presidente del Consiglio Berlusconi aveva annunciato alla nostra assemblea dello scorso 11 giugno.
Se la legge può creare disparità tra i nostri produttori e quelli esteri, allora ben venga una modifica che allarghi anche a questi ultimi l'obbligo di indicare con chiarezza, ai sensi del regolamento europeo, dove è stata prodotta la merce.
Ma non possiamo accettare che si continui a salvaguardare gli interessi di chi ha privilegiato politiche di delocalizzazione e si avvale di diciture di origine non veritiere.
Peraltro, la legge in questione è soltanto un primo passo, in attesa che possa essere definita una legislazione organica dei prodotti fatti interamente in Italia. Tutto ciò non farebbe che allinearci a quanto avviene in molti altri Paesi, Cina in testa, dove esistono già norme che consentono ai consumatori di conoscere con certezza l'origine dei prodotti che acquistano.
E' più che opportuno, quindi, cercare di regolamentare finalmente ciò che in altri grandi Paesi (USA, Cina, India etc.) è disciplinato da tempo: il marchio d'origine dei prodotti. Anzi, forse ci si potrebbe spingere più in là: perché non pensare di estendere una pratica ormai consolidata nel settore agro-alimentare, generalizzando il sistema della tracciabilità dei prodotti e delle materie prime a tutti i settori manifatturieri? Per arrivare a prodotti con la denominazione "OGCG", Origine Geografica Controllata e Garantita.
In definitiva, la tutela del made in Italy è anche e soprattutto un problema di competitività del nostro sistema manifatturiero.
Tornare indietro, soprattutto in questo momento di crisi, sarebbe molto grave per le imprese manifatturiere italiane e costituirebbe una sconfitta per l'immagine e la credibilità del nostro Paese che il Governo è tanto impegnato a promuovere. "
"Aggiustamenti alla norma li possiamo accettare solo se realmente migliorativi - commenta Rosalba Acquistapace, Presidente della Categoria Tessile e Abbigliamento di Confartigianato Imprese Sondrio nonché Presidente Nazionale di Confartigianato Sarti e Stilisti, all'indomani della riunione del Direttivo tenutosi a Marghera dove si è ampiamente discusso del problema - e siamo favorevoli alla tracciabilità delle merci, così come avviene per i prodotti alimentari, la sola in grado di garantire e tutelare sia le imprese che producono realmente in Italia, sia i consumatori che hanno pienamente diritto di conoscere la provenienza di ciò che acquistano. Per questo motivo abbiamo deciso di portare avanti un appello unanime a difesa del vero made in Italy, quello prodotto dalle nostre imprese artigiane del settore tessile e abbigliamento, piccole è vero, ma sicuramente non marginali per l'economia del nostro paese e sempre attente a mantenere la qualità della produzione italiana che l'hanno resa famosa nel mondo".