09 11 30 UN BEL SOGNO DI CUI NON SI PARLA: MEGLIO BRENDA

Dal Convegno internazionale su 'Scienza per la Pace'

Siamo stati entusiasticamente presenti al Convegno internazionale su: Scienza per la Pace, promosso dalla Fondazione Veronesi nei giorni 20-21 novembre 2009.

Diciamo entusiasticamente per la ragione che nell'Aula Magna della Bocconi( bruttissima la nuova costruzione), vi erano circa 900 studenti, non tutti di Milano, elettrizzati per certi valori come la pace da promuovere come bene supremo dell'umanità, di cui- però- non si parla , né si parlerà nei prossimi giorni perché l'attenzione mediatica(TV, giornali…) è rivolta a ben altri problemi, magari all'eterna querelle tra i vari "capipopolo" che ora si sfidano anche a parolacce(evviva!) o all'oscuro( ma non tanto) fatto del trans Brenda, la cui vicenda è posta nelle prime pagine dei quotidiani più diffusi.

Sicché l'informazione sul Convegno internazionale con la partecipazione di tanti intellettuali e di alcuni premi Nobel famosissimi come Shirin Ebadi, e di quanto si è convenuto insieme da propagandare, è stato gettato nelle cose inutili, magari da tirare fuori al momento opportuno, che so una guerra atomica sanguinosa e distruttiva tra il Nord e il Sud. C'era una volta un film dal titolo accattivante : I sogni finiscono all'alba, ma quello del Prof. Veronesi non riesce neanche a farsi conoscere, visto che l'attenzione mediatica è rivolta al trash(Brenda, parolacce di politici, le escort di Gheddafi che ora sono invitate alla Vita in Diretta…) che immerge nel fango politico- televisivo la gente che proprio non ha voglia di pensare, né tantomeno arrovellarsi su come eliminare gli eserciti dei vari Paesi diventati Unione europea, per crearne uno solo però con intenti esclusivamente umanitari(sì, domani!). E' stato consolante trovarsi con tanta bella gioventù che ha partecipato con il cuore agli obiettivi che molto, ma molto idealisticamente propone l'equipe di Umberto Veronesi che si aggira tra i tanti ragazzi sperando che smuovano i "grandi della terra"( abbiamo ancora sotto gli occhi il fallimento della FAO), affinché si diminuiscano le spese per gli armamenti per sanare le piaghe dell'umanità( e intanto al nostro tavolo erano sedute delle eleganti signore la cui preoccupazione principale era come "difendere" i loro quartieri invasi dai Rom…). L'impressione tout court è che il cammino verso un mondo pacificato è ancora lungo e che realizzarlo sarà quasi impossibile fino a che l'economia, il vile e sporco denaro, prevarrà su tutto, come succede ora. Naturalmente, animati come siamo dalle parole del Vangelo, noi continueremo a dire : Beati i pacifici…

Più in concreto:

Il prof. Veronesi ha detto: Pensiamo che il tema della pace debba urgentemente essere riportato al centro del dibattito civile; volgiamo creare una cultura di tolleranza e nonviolenza; chiediamo la progressiva riduzione degli armamenti per destinare parte degli investimenti alle urgenze : nuovi ospedali, scuola, ricerca scientifica. Ma perché gli scienziati si devono occupare della pace, e perché devono farlo proprio adesso, per iniziativa di un medico oncologo? Innanzitutto perché il medico è vicino ai bisogni della gente e sa che la gente, come prima cosa, non vuole il dolore. E la guerra è il più grande dei dolori. Il medico è pacifista per natura perché ha fatto sua la dura missione di curare le malattie che ci affliggono e dunque non riesce ad accettare le ferite, gli scempi, le epidemie e le enormi sofferenze che potremmo evitare se cancellassimo la guerra.

Ora questo bisogno di sfuggire alla sofferenza evitabile è reso più forte dalla situazione di crisi mondiale che agita, anche nelle popolazioni occidentali cresciute nel benessere, lo spettro della povertà. La crisi richiede delle risorse aggiuntive per le urgenze sociali, e dove possiamo ricavarle se non dalle spese militari che assorbono fondi molto elevati? E' assurdo che non riusciamo più a mantenere le nostre famiglie, che gli ospedali non vengano ristrutturati, che l'accesso alle cure adeguate non sia garantito a tutti, che la ricerca scientifica, che potrebbe dare una nuova spinta al benessere, languisca nei laboratori deserti, per avere più carrarmati lucidi e splendenti e costosissimi aerei supersonici, che, siamo convinti, non utilizzeremo mai.

Shirin Ebadi(avvocato iraniano attivista dei Diritti umani, premio Nobel per la pace 2003, anni 62 grintosi come il suo parlare che fa scoppiare ad ogni suo affermazione scroscianti applausi) tra l'altro, ha dichiarato: «Sono molto critica verso la politica del regime iraniano ma sono contraria a un eventuale attacco e sono contro le sanzioni perché queste iniziative danneggiano solo il popolo iraniano. Ella, che ha vissuto le vessazioni del governo del primo ministro Mahmoud Ahmadinejad, dice di essere contraria a nuove sanzioni poche ore dopo che a Bruxelles, i cinque membri permanenti dell'ONU più la Germania, hanno esortato l'Iran ad accettare il piano ONU sul nucleare. «Bisogna che il mio paese smetta di arricchire uranio. Ma ci sono state tre risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell'Onu e io non credo che l'inasprimento delle sanzioni sia la soluzione» E' contraria anche all'energia nucleare «pacifica perché non rispetta l'ambiente. Noi in Iran abbiamo molto sole - sorride - dovremmo investire in energia solare». Dalla platea l'avvocato iraniano è chiamata a commentare anche lo sfogo di un professore «sul sistema commerciale e mediatico che ci vuole ignoranti, stupidi e violenti». Ebadi risponde: «Quando volere sempre di più diventa una cultura, succede quello che ha detto lei. Se ho capito bene lei parla di capitalismo senza freni. Io non sono contro il capitalismo in sé ma guardo il mondo che gira per interesse: è questo che ci porterà alla distruzione. Vi faccio l'esempio della politica: secondo voi - dice la Nobel - Saddam Hussein era l'unico dittatore al mondo? Purtroppo il mondo è pieno di dittatori, però è stato attaccato solo lui e l'Iraq. Quindi quando parlo di capitalismo sregolato parlo dell'ideologia che salvaguarda i propri interessi e usa in modo sregolato la natura. Questa forma di capitalismo porterà il mondo davanti a un precipizio». Suggerisce di scrivere della pace, non più della guerra, che ha già un'infinità di pubblicazioni. Gandhi parla della velocità della mente più forte di quella della luce e delle tecnologie. Poi, una studentessa domanda: «Non vi sentite demoralizzate quando vedete che nonostante tutti i vostri sforzi le cose rimangono uguali? il male rimane?» Così risponde: «Vivete con un obiettivo. Un obiettivo non è "diventare professori universitari": quando lo diventerete non ne avrete più uno. Fate che il vostro compito sia quello di diminuire i dolori umani ogni giorno». Poi abbassa la voce: «Io ricevo minacce di morte ogni giorno ma questo non è importante. Io ho un obiettivo». Applausi. «Sono molto critica verso la politica del regime iraniano ma sono contraria a un eventuale attacco e sono contro le sanzioni perché queste iniziative danneggiano solo il popolo iraniano».

Cosa fa Science for Peace

Science for Peace si pone tra gli scopi l'inserimento di programmi di educazione alla pace nelle scuole, la richiesta ai governi europei di ridurre progressivamente le spese militari a favore di un unico esercito europeo di pace, il trasferimento delle risorse risparmiate a favore di urgenze sociali e progetti di ricerca sotto il controllo dell'ONU, l'applicazione di un codice di responsabilità nel mondo bancario che renda trasparenti i finanziamenti alle aziende produttrici di armi(prima o poi sarà).

Ancora una volta, con sentimento:

Il termine pace indica, in senso psicologico, la pace interiore, uno stato di quiete o tranquillità dell'animo percepita come assenza di disturbo o agitazione.

In ambito sociologico, indica l'assenza di violenza diretta tra individui o organizzazioni collettive.

Infatti la parola pace deriva dal latino pax che indica il contrario e l'assenza della guerra, essendo considerata la guerra dagli antichi Romani come lo stato naturale dell'uomo.

Più specificatamente, la pace viene un valore universalmente riconosciuto che sia in grado di superare qualsiasi barriera sociale e/o religiosa ed ogni pregiudizio ideologico, in modo da evitare situazioni di conflitto fra più persone.

La pace nelle opere degli storici e dei filosofi antichi

Antica Grecia

Secondo Eraclito non può esistere una pace totale, assoluta ed eterna. Esiste una pace perché prima si è verificata una guerra, ed il fatto che ci siano pace e guerra crea l'armonia nel divenire. La guerra viene intesa come indispensabile strumento per la più generale arte politica: "Polemos (la guerra) è padre di tutte le cose".

Platone intende la guerra non come qualcosa di negativo o condannabile ma come elemento che partecipa dell'attività di governo e quindi al mantenimento dell'ordine e della pace all'interno della polis. Platone sottolinea la naturalità e, quindi, la non eliminabilità definitiva della guerra.

Il concetto platonico esprime l'ottica globale, che non abbraccia il solo orizzonte politico ma si estende anche alla sfera etica e morale. Nel mondo greco antico la pace non era, infatti, da intendersi come la semplice astensione dal conflitto militare o una sua cessazione, ma veniva sempre associata a concetti che ne esprimono bene le altre dimensioni citate: tale associazione è presente già in età arcaica quando, in Esiodo, la sua personificazione, Eirene, è compagna di Eunomia (il buon governo) e a Diche (giustizia), tutte figure delle Ore figlie di Themis. Interessante è anche l'unione con Pluto, che, in braccio a Eirene e con sembianze di bambino, personifica l'abbondanza recata dalla pace. L'iconografia è famosa per una raffigurazione di Cefisodoto, padre di Prassitele, una cui statua, posta sull'acropoli di Atene, offriva la scena del bambino portato in braccio che accarezzava il volto della dea. Una espressiva ripresa è nella commedia Eirene di Aristofane.

Sempre nella identica ottica etico- politica si muoveva Aristotele quando, nel sesto libro della Poetica, indicava la pace come il fine ultimo della polis ideale, al cui conseguimento doveva essere indirizzata e conformata l'educazione politica del cittadino.

È il preciso quadro delle relazioni politiche internazionale, maturato nel IV secolo a.C. a promuovere un'evoluzione del concetto di pace, quando questa, a seguito dei contatti più stretti con l'oriente persiano, non poteva essere più ricondotta alla dimensione delle relazioni tra le sole polis o, addirittura, all'angusto ambito dei rapporti interni alla singola polis: è il concetto della pace comune (Koinè eiréne), un obiettivo tendenzialmente stabile e duraturo, che acquisiva il suo senso in una logica multilaterale nel quale si componessero e bilanciassero gli interessi di un ambito di comunità più ampio di quelle in conflitto, venendo garantita in maniera anche coercitiva da un organismo sovraordinato alle singole individualità comunitarie. L'esempio proveniente dal IV secolo a.C. è quello della Pace del Re, ma il prototipo di questo tipo di relazioni può essere rintracciato nella genesi di quelle embrionali associazioni multilaterali che evolveranno nel fenomeno delle Anfizionie.

Tacito

Publio Cornelio Tacito fu uno dei più grandi storici dell'antichità e visse al tempo della cosiddetta pax romana. Il seguente brano è tratto dalla Vita di Agricola, in cui lo storico riporta le presunte parole di Calgaco (Calgax) capo dei Britanni nell'ultimo tentativo di questi di opporsi alla conquista di Roma. Calgaco si sta rivolgendo ai suoi guerrieri prima dello scontro. «Depredano, trucidano, rubano e questo lo chiamano col nome falso di impero; hanno fatto un deserto e lo hanno chiamato pace» . (Tacito, Vita di Agricola)

Quanto è attuale la frase di Calgaco! Purtroppo, oggi si commettono le stesse nefandezze e le chiamano "pace": ahimè! Durante l'animato convegno si è anche parlato- purtroppo- dei dissidi sorti a causa delle religioni. Per la Chiesa cattolica c'era il vescovo Marcelo Sorondo. Diamo qui- brevemente- alcuni principi delle varie religioni.

In lingua indù la traduzione di pace è Shanti(buddhismo, induismo)

Nell'ebraismo (Antico Testamento), la pace si esprime con la parola shalom. Questa parola va considerata e compresa in rapporto al contesto in cui viveva il popolo ebraico, che per la maggior parte della sua storia antica si è trovato in una sofferta lotta per la sopravvivenza, minacciato e minacciando continuamente di aggressione e schiavitù qualche popolo vicino. Ciò avveniva sia nell'epoca più antica, quando gli ebrei erano un popolo nomade o seminomade, sia più tardi, quando, a partire dal XII secolo a.C., essi si stanzieranno in città e villaggi.

Quando nell'Antico Testamento si legge la parola pace, bisogna pensare a una situazione ideale dove il popolo può vivere in tranquillità, senza minacce esterne. La pace favorisce lo sviluppo delle attività umane, e il servizio di Yhwh.

I profeti che annunciano i tempi del messia (Isaia 11,6) amano descrivere la pace in termini paradisiaci, dove persino tra gli animali non ci sarà la lotta per la sopravvivenza...

L'insegnamento di Cristo e il Nuovo Testamento

Gesù Cristo resuscitato si presenta agli apostoli la sera dello stesso giorno di Pasqua e dice loro: "La pace sia con voi" (Giovanni 20,21). Questa pace è la piena comunione con Dio, frutto del sacrificio redentore di Gesù. Gesù predica l'avvento del Regno di Dio: il Padre offre agli uomini la salvezza promessa dai profeti; è necessario prendere una decisione e aderire alla sua persona e coinvolgersi nell'annuncio della buona notizia.

Sebbene viva in un momento di dominazione straniera, Gesù non si schiera né con i patrioti né con i collaborazionisti. Piuttosto invita tutti a essere fedeli a Dio. Sembra che riguardo alla pace voglia dire: non importa la situazione esterna, quanto la fedeltà a Dio che chiama.

La pace e le tre maggiori confessioni del Cristianesimo (cattolica, ortodossa, protestante)

I Papi nel '900

La presa di Roma nel 1870 e la conseguente perdita del potere temporale da parte del Papa mise fine alla impressionante serie di guerre intestine e imprese militari di cui fu protagonista lo Stato Pontificio dal primo Medioevo al Rinascimento. La corruzione politica e la dissoluzione morale di papi emblematici quali Bonifacio VIII, Alessandro VI e Giulio II fece posto a figure più spirituali. Forse in questo è il seme che porterà alle tante nette e inequivocabili prese di posizione in favore della pace da parte dei papi nel '900.

« [La guerra è] una inutile strage. »

(Benedetto XV, 1917)

Celeberrimo il discorso radiofonico di Pio XII del 24 agosto 1939 e la sua presa di posizione contro la guerra imminente.

« Tutto è perduto con la guerra, niente è perduto con la pace. »

(Papa Pio XII, 1939)

È però doveroso dire che la difficoltà e l'importanza cruciale delle scelte connaturate all'attraversamento, durante il suo pontificato, di un periodo storico caratterizzato da scontri ideologici e militari tra i più duri che la storia ricordi, non potevano che porre Pio XII al centro d'una controversia storiografica - ben lungi dall'esser conclusa - e di aspre critiche e polemiche relative al suo operato.

Giovanni XXIII scrisse l'enciclica Pacem in Terris, dedicata al tema della pace.

Papa Paolo VI ha redatto nell'enciclica Populorum Progressio (26 marzo 1967) che la pace è legata alla giustizia (n. 5). Nella stessa enciclica aggiunge più avanti un altro importante elemento: "Lo sviluppo è il nuovo nome della pace" (n. 76):

« Le disuguaglianze economiche, sociali e culturali troppo grandi tra popolo e popolo provocano tensioni e discordie, e mettono in pericolo la pace. Come dicevamo ai padri conciliari al ritorno dal nostro viaggio di pace all'ONU: «La condizione delle popolazioni in via di sviluppo deve formare l'oggetto della nostra considerazione; diciamo meglio, la nostra carità per i poveri che si trovano nel mondo - e sono legione ìnfinita - deve divenire più attenta, più attiva, più generosa»[5]. Combattere la miseria e lottare contro l'ingiustizia, è promuovere, insieme con il miglioramento delle condizioni di vita, il progresso umano e spirituale di tutti, e dunque il bene comune dell'umanità. La pace non si riduce a un'assenza di guerra, frutto dell'equilibrio sempre precario delle forze. Essa si costruisce giorno per giorno, nel perseguimento di un ordine voluto da Dio, che comporta una giustizia più perfetta tra gli uomini. ».

Nella stessa enciclica aggiunge più avanti un altro importante elemento: "Lo sviluppo è il nuovo nome della pace" (n. 76):

Per Paolo VI è chiaro che non ci può essere pace finché non ci sia giustizia e possibilità di un sano sviluppo per tutti i popoli.

« Mai più la guerra! »

(Paolo VI all'assemblea dell'ONU)

Infine Paolo VI nel 1967 ha istituito la Giornata Mondiale della Pace invitando i cristiani a pregare per questo scopo il 1º gennaio di ogni anno.

Giovanni Paolo II ha più volte alzato la voce sull'inutilità della guerra e sulla necessità del dialogo per risolvere i conflitti tra le nazioni. Cosa che continua a proporre Papa Raztinger.

Ma cos'è la pace?

Secondo la fede cristiana, la pace è il dono offerto agli uomini dal Signore risorto ed è il frutto della vita nuova inaugurata dalla sua resurrezione. La pace, pertanto, si identifica come "novità" immessa nella storia dalla Pasqua di Cristo. Essa nasce da un profondo rinnovamento del cuore dell'uomo.

È un dono da accogliere con generosità, da custodire con cura, e da far fruttificare con maturità e responsabilità. Per quanto travagliate siano le situazioni e forti le tensioni e i conflitti, nulla può resistere all'efficace rinnovamento portato dal Cristo risorto.

Cristo è la pace di tutti gli uomini. Con la morte in croce, Cristo ha riconciliato l'umanità con Dio e ha posto le basi nel mondo di una fraterna convivenza fra tutti.

I credenti sperimentano la potenza rinnovatrice del suo perdono. La misericordia divina apre il cuore al perdono verso i fratelli, ed è con il perdono offerto e ricevuto che si costruisce la pace nelle famiglie e in ogni altro ambiente di vita.

Nell' Islam

La radice della parola Islam è silm, il cui significato è pace. Il Corano descrive la sua via come la via della pace (5:16); la riconciliazione è presentata come la strada migliore (4:128) ed è scritto che Allah aborrisce tutto ciò che disturba la pace (2:205). Secondo il Corano, uno dei nomi di Allah è As-Salam, che significa pace, e la società ideale è Dar as-Salam, la dimora della pace (10:25). Il Corano presenta l'universo come un modello caratterizzato da armonia e pace (36:40). Quando Allah creò il cielo e la terra, fece le cose in modo che ogni elemento potesse assolvere alla sua funzione pacificamente, senza scontrarsi con gli altri elementi. "Al sole non è permesso sorpassare la luna e la notte non può venire al posto del giorno. Ogni cosa segue il suo cammino." (36:40)

Gli ortodossi credono che l'uomo sia nato in uno stato di islam (sottomissione a Dio) che comporta pace, amore e purezza. Il contatto con l'impuro che è nel mondo insieme con l'influsso di Shaytan (Satana) e dei Jinn (il maligno) allontanano l'uomo dalla purezza dell'Islam. Per questo motivo un credente musulmano deve praticare la dawah (l'invito), ossia invitare gli infedeli verso l'Islam e farli partecipi del messaggio di pace e giustizia attraverso la diffusione della verità rivelata da Allah nel Corano e dall'adīth, ossia dalla tradizione narrativa della vita del profeta Maometto.

Secondo una interpretazione moderata del Corano, è chiaramente detto che la guerra di aggressione non è permessa nell'Islam. Un musulmano può quindi intraprendere solo una guerra difensiva, mai offensiva (2:190). In obbedienza a questo precetto, la pace è la regola mentre la guerra è l'eccezione. Nemmeno la necessità di rispondere ad un atto di aggressione è sufficiente ad un musulmano per intraprendere una guerra. Egli dovrà considerare l'intera situazione e, se non è sicuro del risultato di una possibile guerra, dovrà adottare una condotta volta ad evitare la violenza. Quindi anche in caso di difesa, se il risultato è dubbio, un musulmano dovrà evitare la guerra.

D'altra parte, il concetto di jihad (lotta) è uno degli insegnamenti più importanti dell'Islam. Ma la parola jihad non è per nulla sinonimo di guerra visto che un'altra parola, "qital", è usata nel Corano invece di jihad per indicare la lotta violenta. In realtà jihad significa lotta pacifica, finalizzata alla pratica della dawah. È scritto nel Corano: Fai una grande jihad con l'aiuto del Corano (25:52). Ma il Corano è soltanto un libro, non certo una spada, quindi il vero significato della frase è "lotta con tutta la forza della tua fede e la potenza dei precetti del Corano". Infatti, jihad è solo un altro modo di indicare un attivismo pacifico, il quale è la sola arma attraverso cui l'Islam vuole raggiungere tutti i suoi scopi ed obiettivi. Secondo l'esplicito insegnamento del Corano, la vocazione verso Allah è la vera ed eterna missione dell'Islam, laddove la guerra è un qualcosa di temporaneo ed eccezionale.

Secondo l'Islam, la pace non è semplicemente l'assenza di guerra. Infatti lo svolgimento pianificato delle attività umane è possibile solo in uno stato di pace, da cui l'importanza della riconciliazione. Allo stesso modo il profeta Maometto ha osservato: "Allah riconosce alla mitezza ciò che non riconosce alla violenza. (Sunan Abu Dawud 4/255)

Alcuni legano la giustizia alla pace ma questa non è la visione dell'Islam, che crede nella pace per amore della pace stessa. La giustizia non è quindi il risultato diretto della pace poiché la pace crea solo l'ambiente adatto nel quale lavorare per la giustizia.

La pace nelle opere degli storici e dei filosofi moderni

Immanuel Kant

Immanuel Kant (1724 - 1804) è stato uno dei più grandi filosofi della storia. La sua concezione della storia deriva dalle concezioni illuministe della storia considerata universale, appartenente a tutti gli uomini senza distinzioni, a prescindere dalle singole storie delle singole nazioni.

La riflessione kantiana sulla storia trova un approfondimento nello scritto Per la pace perpetua (Zum ewigen Frieden) un progetto filosofico del 1795 nel quadro della situazione storica del tempo profondamente mutata con lo scoppio della Rivoluzione Francese. In essa il filosofo propone una struttura mondiale che dovrebbe favorire la pace, organizzata sulla base di tre articoli, che riguardano rispettivamente il diritto pubblico interno, il diritto internazionale e il diritto chiamato da Kant cosmopolitico. Quest'ultimo definisca i diritti nei rapporti degli stati fra loro e con i singoli individui all'interno di uno stato sovranazionale detto civitas gentium.

Tra l'altro, ha scritto: « La guerra è il male peggiore che affligge la società umana ed è fonte di ogni male e di ogni corruzione morale.[…] Ad essa non è possibile fornire una cura assoluta e immediata. ».

La pace e i grandi personaggi del '900

Mahatma Gandhi

Sul finire del 1800 in India sorgono i primi movimenti per ottenere l'indipendenza dall'Inghilterra a capo dei quali si pone Mohandas Karamchard Gandhi, detto il Mahatma (in sanscrito significa Grande Anima, soprannome datogli dal poeta indiano Tagore). Gandhi, fortemente influenzato dall'induismo e dalla pratica del giainismo i quali diffondono da sempre il concetto di non-violenza, guida le diverse anime dell'India nella rivolta agli inglesi con due sole armi: la "non collaborazione" e la "disobbedienza civile", rifuggendo l'uso della violenza.

La non-collaborazione o boicottaggio non-violento significava per Gandhi non acquistare liquori e tessuti provenienti dall'impero britannico, non iscrivere i figli alle scuole inglesi, non investire i propri risparmi in titoli di stato britannici, etc.

La disobbedienza civile consisteva nel violare pubblicamente le leggi ritenute ingiuste accettando però le punizioni previste dalla legislazione vigente per le violazioni commesse, non considerandosi il rifiuto della sanzione prevista un atteggiamento non-violento. A questo proposito bisogna ricordare come Gandhi trascorse un totale di 2338 giorni di detenzione in Sudafrica ed India a causa degli arresti dovuti alle sue lotte politiche.

Per Gandhi la disobbedienza civile rappresentava, insieme allo sciopero della fame e della sete, la forma culminante di resistenza non-violenta; egli la definì "un diritto inalienabile di ogni cittadino", e affermò che "rinunciare a questo diritto significa cessare di essere uomini".

Gandhi rivoluzionò l'idea di lotta rivoluzionaria. Per quanto divergenti nei loro obiettivi politici, le teorie classiche della rivoluzione hanno in comune due componenti fondamentali:

• la teoria del "diritto alla resistenza" (Locke), secondo cui è legittimo - se non doveroso - che le masse popolari si ribellino alle autorità sociali e politiche, quando subiscono una evidente e intollerabile situazione di ingiustizia ("Ribellarsi è giusto", diceva Mao Tse Tung);

• la teoria della "guerra giusta", secondo cui il popolo ha diritto di ricorrere alla violenza rivoluzionaria, quando questa serve a correggere torti e ingiustizie molto gravi (questa teoria, con origini medievali, giustificava la violenza e le guerre).

Gandhi condivise il primo di questi due principi ma rifiutò il secondo. Anche per lui ribellarsi all'ingiustizia era un diritto-dovere dei popoli, ma era sua convinzione che l'unica forma di lotta rivoluzionaria giusta e legittima fosse la rivoluzione (lotta, resistenza, ribellione) non-violenta, da lui battezzata satyagraha (dal sanscrito: "vera forza" o "forza della verità"), che ha ispirato generazioni di attivisti democratici. Il satyagraha era una forma attiva e radicale di lotta rivoluzionaria, da non confondersi con la resistenza passiva. Per Gandhi i "satyagrahi", cioè i militanti della rivoluzione non-violenta, dovevano essere dediti anima e corpo alla causa rivoluzionaria. La non-violenza non è passività e rassegnazione all'ingiustizia, perché assoggettarsi vigliaccamente all'oppressione significa annientare la propria umanità: «Nel caso in cui l'unica scelta possibile fosse quella tra la codardia e la violenza, io consiglierei la violenza». E ancora: «Nessun uomo può essere attivamente non-violento e non ribellarsi contro l'ingiustizia dovunque essa si verifichi». Gandhi inoltre insisteva spesso sulla distinzione tra la non-violenza del debole, che consiste nel subire passivamente e vigliaccamente l'oppressione o nell'opporsi ad essa con la semplice "resistenza passiva", e la non-violenza del forte. Quest'ultima è il satyagraha, l'attiva e coraggiosa ribellione all'ingiustizia, che una volta Gandhi definì come «l'equivalente morale della guerra».

Quindi, contro l'idea antica che la guerra violenta sarebbe un elemento essenziale per ripristinare l'ordine e la pace, Gandhi afferma il principio della ahimsa, una parola sanscrita tradotta nelle lingue europee moderne con il termine "non-violenza" ("a" = "non"; "himsa" = "violenza", "ingiuria", "male"). Ahimsa significa non usare violenza, non far del male, amare, ma anche essere giusti nei confronti degli altri e astenersi da qualsiasi forma di sfruttamento.

L'esercizio della non-violenza richiede lo straordinario coraggio di non temere la morte e di soffrire senza desiderio di vendetta, e si ottiene solo con preghiera, disciplina e fede. La non violenza va esercitata sempre, non è solo non cooperazione con le ingiustizie ma costante rifiuto di qualunque cosa sia inaccettabile per la coscienza.

La guerra può essere evitata perché nessun uomo, nessuna nazione, nessun gruppo sociale è inevitabilmente guerriero. Le frustrazioni e i contrasti d'interesse che sono alla radice delle guerre possono essere ridotti ed indirizzati diversamente, come ad esempio contro gli ostacoli che impediscono lo sviluppo economico e sociale. Quando le cose sembrano non andare per il verso giusto, l'uomo tende ad addossare le responsabilità alla società oppure a poteri superiori che vogliono decidere del futuro di tutti. Invece ciascuno di noi deve assumersi le proprie responsabilità e la parte di lavoro che gli spetta per opporsi alla guerra, trasformandosi in un costruttore di pace. Gandhi ha dimostrato che la forza di un singolo individuo può diventare la forza di un popolo intero perché la pace è legata alla crescita della coscienza umana e può nascere solo dall'impegno unitario di tutti gli uomini.

« La Pace non si ottiene con un parziale adempimento delle condizioni, così come una combinazione chimica è impossibile senza l'osservanza completa delle condizioni necessarie per ottenerla. Se i capi riconosciuti dell'Umanità che controllano gli strumenti di distruzione rinunciassero completamente al loro uso, con piena conoscenza delle relative implicazioni, si potrebbe ottenere la pace permanente. Questo è evidentemente impossibile, se le grandi potenze della terra non rinunciano al loro programma imperialistico. E questo sembra a sua volta impossibile, se le grandi nazioni non cessano di credere nella competizione che uccide l'anima e di desiderare la moltiplicazione dei bisogni e, quindi, l'accrescimento dei beni materiali. »

Martin Luther King

Martin Luther King fu un pastore battista afro-americano nell'Alabama, leader dei diritti civili della minoranza di colore in USA. Gli è stato assegnato il Premio Nobel per la pace ,conferitogli nel 1964 all'età di soli trentacinque anni. Significativo è il discorso che tenne il 28 agosto 1963 durante la marcia per il lavoro e la libertà davanti al Lincoln Memorial di Washington e nel quale pronunciò più volte la celebre frase "I have a dream" (Ho un sogno), che sottintendeva la (spasmodica) attesa che egli coltivava, assieme a molte altre persone, perché ogni uomo venisse riconosciuto uguale ad ogni altro, con gli stessi diritti e le stesse prerogative( è quello che sta tentando di attuare il giovanissimo Obama, primo coulured eletto come presidente degli USA)

« La vera pace non è solo la assenza di tensione: è la presenza della giustizia »

Più volte imprigionato, perseguitato dagli ambienti segregazionisti del sud degli Stati Uniti, nel mirino dell'FBI, King fu assassinato a colpi d'arma da fuoco prima di una marcia il 4 aprile 1968, mentre si trovava su un balcone del Lorraine Motel di Memphis, Tennessee.

Johan Galtung]

Johan Galtung (Oslo, Norvegia 24 ottobre 1930) è un sociologo e matematico norvegese, fondatore nel 1959 dell'International Peace Research Institut e della rete Transcend per la risoluzione dei conflitti. È uno dei padri della peace research (o peace studies). Le sue opere ammontano a un centinaio di libri e oltre 1000 articoli. Le istituzioni internazionali si sono spesso rivolte a lui per consulenze tecniche in fatto di mediazioni di conflitti.

Il punto di forza del pensiero di Galtung è quello di avere fatto della pace un concetto ben determinato, al centro di un vastissimo campo di ricerche. Sua è la concettualizzazione di pace negativa (assenza di guerre), positiva (tensione verso una società più giusta), non-violenta (superamento delle ingiustizie con mezzi nonviolenti). L'indagine di Galtung sulla pace e la nonviolenza parte da Gandhi e passa per il buddhismo, che gli appare come l'unica filosofia in grado di spiegare pienamente l'essenza della pace.

Tenzin Gyatso

Tenzin Gyatso è il XIV Dalai Lama, massima personalità del buddhismo ed esponente del pacifismo. Presiede il governo tibetano in esilio e per questa ragione il suo ruolo politico è largamente controverso. D'altra parte il suo messaggio di lotta non-violenta è molto diffuso attraverso la pubblicazione di numerosi libri e articoli e attraverso la partecipazione a seminari e conferenze in tutto il mondo.

Il 10 dicembre 1989 venne conferito a Tenzin Gyatso il Premio Nobel per la pace

La nonviolenza e il pacifismo come fenomeno di massa

Le filosofie e le religioni orientali vantano secoli di predicazione della nonviolenza. Il pacifismo è invece un fenomeno sostanzialmente occidentale nato in tempi moderni dalla diffusione in America e in Europa del pensiero di Gandhi e dalla grande stagione dei movimenti per i diritti civili, in primis le due grandi battaglie per la parità dei diritti tra bianchi e neri e tra uomini e donne. L'opposizione dei giovani alla guerra in Vietnam è stata il motore del movimento pacifista. Grandi comunicatori vicini al mondo giovanile come Bob Dylan e John Lennon hanno aiutato a sviluppare una coscienza più chiara del fatto che le grandi questioni nazionali e internazionali possono essere risolte senza ricorrere alla violenza. E in Italia, è lunga la lista di coloro che vogliono ed operano per la pace.

Non ultima Scienza per la Pace, di cui è promotore il Prof. Umberto Veronesi e la sua Fondazione che vuole fortissimamente vuole che la scienza aiuti l'umanità a camminare sana e felice sul nostro pianeta che può soddisfare i nostri bisogni alimentari e spirituali, avendo davanti un orizzonte vastissimo di intriganti scoperte per far sì che il piacere sia un bene di tutti. Associati a questo movimento vi sono tanti piccoli "rivoli" che avanzano ed hanno tutta l'intenzione di diventare un enorme fiume che tutto travolge(Controllarmi; Gun Violence;Internet e Pace; Barilla Center for Food Nutrition; www.iansa.org........)

Maria & Enrico Marotta

Maria & Enrico Marotta
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