0342527411...tuu tuu utuu. Il segnale risponde tristemente muto

La redazione locale de "Il Giorno" chiusa, giornalisti nella redazione di Lecco

0342527411...tuu tuu utuu. Il segnale risponde tristemente muto.
Sondrio, Via Caimi 6. Si salgono le scale, si arriva alla redazione. Nessuno ci risponde, tristemente si vira e si torna in Via Caimi.
Lecco, Via Carlo Porta 23. Redazione lecchese de “Il Giorno”, due facce conosciute in Sondrio, in Valtellina e Valchiavenna. Lasciati i computer di Sondrio eccoli davanti ai computer di Lecco.
Triste.
Il cartaceo ansima sempre di più. La soluzione che, se ristrutturato, lo salverebbe nessuno è in grado di prenderla. E allora ecco le soluzioncelle. Era stata strategica, e indovinata, la scelta editoriale di trasformare tre quotidiani (Il Giorno, La Nazione, Il Resto del Carlino), riducendo queste tre testate a corpi aggiunti di un “Quotidiano Nazionale”, con l'evidente notevole riduzione di costi. Sono soluzioncelle altre, quelle tipo il trasloco odierno di una miniredazione. Nnon sappiamo peraltro che fine facciano le altre 13 locali in Lombardia, nessuna delle quali ci pare avesse mai superato la punta di diffusione valtellinese, addirittura 8000 copie giornaliere. Altri tempi, certo, quando in Italia le copie vendute erano ben oltre le 250.000

Eravamo rimasti strabiliati, pur da ragazzi, nel vedere il 21 aprile, a suo tempo festivo in quanto “Natale di Roma”, comparire nelle edicole una roba che non si era mai vista. Un titolo roboante e 8 colonne. “Non può durare” diceva qualche addetto ai lavori un numero pari, “dovranno cambiare e tornare alle nove”. S'è visto. La novità più clamorosa per il lettore, quella che surclassava, per noi lettori, tutte le altre era vedere un articolo che cominciava con il testo maggiore per corpo e giustezza, che magari si stringeva ulteriormente e non finiva. Bisognava girare la pagine per leggere il resto. Il Giorno, direttore Gaetano Baldacci, editore Cino Del Duca, poi ENI per volontà di Mattei, fino a Riffeser Monti che fiancheggiò così con la testata lombarda le citate fiorentina e bolognese.

Correvano gli anni sessanta e non una notizia usciva da Colico salvo, raramente, qualcosa in radio sul seguitissimo “Gazzettino Padano”. Comparvero i primi testi dedicati alla Valtellina, inizialmente anonimi. Poi la prima firma, Marino Maria Balsimelli, sanmarinese trapiantato in Valle e nella cui abitazione di Via Pelosi ci si trovava con Antonio Del Felice e altri visto che si era messa in piedi l'Associazione della Stampa. Da Via Pelosi poi in Camera di Commercio dato che il segretario generale dr. Nappi aveva concesso un locale. Da qualche testo a un impegnativo articolo quotidiano, poi a una pagina. Per anni giornale e giornalista si identificarono sino alla creazione di una vera e propria redazione. Da Milano arrivarono i responsabili (Galliani, Ferrari, Costa e chissà chi, ma responsabile fu anche Albina Olivati. Non mancarono le polemiche. Una di carattere politico. Il giornale si batteva per il centrosinistra con una ispirazione socialista che qualche effetto lo aveva prodotto in Valle in termini polemici verso la DC allora maggioranza assoluta.

Interessante l'altra. Luigi Mescia, fondatore ed editore di un giornale locale di Ardenno, Buglio, Forcola e Valmasino aveva fatto un accordo con la Società concessionaria della pubblicità del quotidiano che il lunedì non aveva la cronaca locale. L'intesa fu che con il Giorno al lunedì veniva distribuito gratuitamente anche il Centro Valle. Martedì mattina si fecero i conti. Tondo il risultato: mille copie vendute in più. L'intesa andava avanti a gonfie vele sino, diciamo, all'incidente di percorso. Su Centro Valle venne pubblicato un severo attacco al Nuovo Pignone (ENI). Il Direttore a Milano, che l'iniziativa pubblicitaria disse di non conoscere, non poteva certo avallare l'attacco al suo editore. Fine di un'esperienza, inizio di altre. Ci furono sviluppi ma questi appartengono alla sfera storica del Centro Valle, (allora in crescita costante sino alle 17.000 copie) che qui non interessano.

La redazione allora era nel Palazzo della Popolare tra Piazza Garibaldi e Via Veneto, poi passata in Via Caimi. Al giornale Giuliana Cerretti, Paride Dioli, poi Irene Tucci già corrispondente del Corriere della Sera, Mevio e chissà quanti altri che non riescono a fare capolino dai reconditi recessi della memoria. E se qualcuno volesse integrare questo ricordo integri e ci mandi. Infine gli ultimi passi notevoli, quelli della redazione piramidale Pusterla, Tucci e Biasini e altri e altre ancora con la Cultura affidata a Nello Colombo.

La ruota gira e qualche volta stritola. Anni fa aveva dovuto ammainare la sua storica bandiera L'Ordine, del famoso Don Brusadelli. Qui l'ammainabandiera ha riguardato il pennone di Via Caimi, con la speranza che non coinvolga anche, domani, Lecco. Una voce che vien meno è sempre una sconfitta, più avvertita per quello che lascia dietro di sè la pagina che si chiude. A Pusterla e Biasini, messaggeri di Valle in terra lontana l'augurio, con l'aiuto di chi qui è rimasto, di azzerare una improvvida distanza.

 

Alberto Frizziero
Società