"NELLA VALLE DI ELAH", UN FILM DI ACCUSA SULL'IRAK

La Valle di Elah del titolo è quella in cui, nell'Antico Testamento(Libro di Samuele), Davide, armato di sole cinque pietre raccolte nel ruscello e di una fionda, incontra ed uccide Golia. Nella pellicola di Haggis (il regista) Davide è il padre alla ricerca del figlio militare disperso e Golia è l'esercito Usa che nasconde la verità sulla fine del ragazzo.

Il film (64.ma Mostra internazionale di Venezia) è un'accusa al governo americano e alla sua politica nei confronti della guerra irachena, ma è anche un thriller sociale sulla difficoltà di reinserimento dei soldati che tornano dall’Irak.

Gli americani non conoscono la guerra moderna in casa loro , ma ne hanno una dimensione tangibile della sua atrocità. A rivivere loro quotidianamente che nessuna bomba è realmente intelligente, che la morte non è mai priva di coinvolgimento emotivo, che uccidere per l’uomo è una cosa di distruggente non meno che l’essere uccisi, che per colpire soldati nemici per le strade di città si fa strage di civili innocenti, è un sintomo che a partire dagli anni ’60 si è allargato a macchia d’olio negli Usa.

Indiscussi esperti lo hanno minimizzato per anni, definendolo "danno collaterale". È la difficoltà di inserimento dei reduci che, tornati a casa, non riescono a frenare incubi, ricordi, sensazioni, immagini atroci che solo i loro occhi hanno visto. Non arrivano a ricollocarsi nel lavoro, nella vita familiare, negli affetti. Si abbandonano all’alcol, alla droga, alla violenza. Magari cominciano a vagabondare, spariscono. O, peggio, si suicidano.

Un dramma silenzioso, strisciante, che stravolge ormai in un modo o nell’altro tantissime famiglie americane. E che tocca sempre di più anche Hollywood, passata da un approccio spettacolare (con titoli come Il cacciatore di Cimino o Rambo con Stallone) a una narrazione più amara, riflessiva.

Come quella che in Nella valle di Elah ha sentito la necessità di girare il canadese Paul Haggis, regista e sceneggiatore di gran successo (due Oscar per Crash, altrettante nomination per i copioni di Million Dollar Baby e Lettere da Iwo Jima scritti per Clint Eastwood). La pellicola, presentata in anteprima alla Mostra del cinema di Venezia sarà proiettata nelle sale italiane dal 30 novembre in poi e farà riflettere sugli effetti della guerra che non sempre sono immediati e non riguardano solo le popolazioni dei territori dove si combatte, ma svela, in sottofondo, un montante disagio sociale.

Hank (Tommy Lee Jones), veterano del Vietnam, uomo orgoglioso, convinto di saper discernere il bene dal male, si sente franare il mondo addosso perché suo figlio, in licenza dall’inferno di Baghdad, sparisce improvvisamente senza lasciar traccia. Lo cerca in ogni luogo e così scopre delle verità agghiaccianti. Quelle che già qualcuno aveva sperimentato.

«Se state cercando Doug, sto lasciando questo mondo, ci vediamo di là». È questo il messaggio lasciato sulla segreteria telefonica di casa da Douglas Barber, 35 anni, riservista dell’esercito degli Stati Uniti. Barber era un veterano della guerra in Irak. Dopo aver registrato il messaggio ha preso il fucile e si è sparato alla testa davanti al portico della sua casa nell’Alabama.

Sono tanti, troppi i veterani della guerra in Irak e in Afghanistan che decidono di scacciare ricordi e demoni dalla loro mente con una pallottola, una manciata di pillole o una corda da stringere attorno al collo. Lo riporta uno studio recente del Veteran Affairs Department, il ministero che si occupa dei veterani di guerra.

Ci sono soldati che si suicidano in missione (147 in Irak e in Afghanistan fra il 2001 e il 2005), ma molti di più decidono di farla finita una volta tornati a casa. «Nessuno di loro torna a casa senza essere toccato da quello che ha fatto e visto», dice Mary Gallagher, madre di tre bambini e vedova del sergente dei Marines James Gallagher, che nel 2006 si è tolto la vita in California.

Per i militari che tornano dalle zone di guerra i problemi principali sono lo stress, la depressione e l’alcolismo. Centinaia di loro si riducono a vivere in strada. Bisogna anche tener conto dei 28.000 soldati feriti (3.000 dei quali gravi, cioè con grossi traumi o arti amputati). Il Governo ha messo a disposizione dei veterani con questi problemi una linea telefonica di emergenza. Tra il luglio e il novembre di quest’anno sono arrivate 9.000 telefonate.

Oltre a Nella valle di Elah, la Mostra di Venezia ha proiettato Redacted di Brian De Palma, altro film di denuncia sull’Irak.

Nella valle di Elah

Titolo originale: In the Valley of Elah

Nazione: U.S.A.

Anno: 2007

Genere: Drammatico, Guerra

Durata: 120'

Regia: Paul Haggis

Sito ufficiale: www.inthevalleyofelah.com

Cast: Tommy Lee Jones, Charlize Theron, James Franco, Susan Sarandon, Josh Brolin, Jonathan Tucker

Produzione: Blackfriars Bridge Films, NALA Films, Samuels Media, Summit Entertainment

Distribuzione: Mikado

Data di uscita: Venezia 2007

30 Novembre 2007 (cinema)

Trama:

Mike Deerfield scompare inspiegabilmente subito dopo essere ritornato dall’Iraq, dove ha combattuto, e viene considerato “assente ingiustificato” dall’esercito. Quando la sconvolgente notizia raggiunge Hank Deerfield, ex soldato della polizia militare, e sua moglie Joan, egli decide di mettersi alla ricerca del figlio, con l’aiuto della cocciuta investigatrice di polizia Emily Sanders, che ha la giurisdizione dell’area in cui Mike è stato visto per l’ultima volta. Man mano che le indagini proseguono e il quadro si compone, Emily si rende conto che la scomparsa è solo una montatura. In guerra con le alte sfere militari, Hank e Emily fanno di tutto per mantenere il controllo delle indagini. Ma quando, alla fine, la verità su Mike e su ciò che è accaduto in Iraq emerge, Hank vede il suo mondo in pericolo e deve rimettere in discussione le sue certezze più consolidate per poter risolvere il mistero che sta dietro alla scomparsa del figlio. Ciò che scopre lo annienta.

Domande & Risposte

Signor Haggis, questo è un film di denuncia, e tanti altri ne stanno uscendo su questo argomento secondo lei cosa il pubblico non sa di questa guerra?

So che ci si chiede perché questi film stanno uscendo ora, mentre per la guerra del Vietnam i film di denuncia sono usciti solo dopo. La differenza è che durante la guerra del Vietnam i giornalisti facevano bene il loro lavoro e parlavano delle cose che la gente non vuole sentire. Ora non succede più, i giornalisti non raccontano i fatti. Il cinema, Internet, i new media, insomma, oggi non nascondono più niente, perché c'è il bisogno di capire cosa sta realmente succedendo.

Cosa crede che Bush penserà di questo film?

A noi non importa se si è favorevoli o no alla guerra. Ci interessa che si sappia cosa sta succedendo. La prima cosa che noi abbiamo fatto dopo aver finito il film è stato di lanciare una campagna per i veterani del Vietnam e del Golfo. Abbiamo fatto vedere a loro il film, perchè volevamo sapere cosa ne pensassero. Ne sono rimasti contenti, perché raramente si mostra quello che succede ai reduci di guerra.

Lei h avuto il coraggio di far vedere cosa capita ai reduci, specie a quelli che tornano dall’Irak e Afghanistan.

Si conosce la violenza di ogni guerra. Ad esempio un mio avo, reduce della I Guerra Mondiale aveva sempre gli incubi di notte. Il rientro a casa è difficile per ogni soldato che ha conosciuto gli orrori della guerra. Ma in qualche modo si riesce a giustificare la violenza commessa per liberare i popoli dai nazisti o dai campi di concentramento.. comprendere certi atti era più facile, è diventato più difficile nella guerra del Vietnam ma ora lo è molto di più. Ora si parla di guerra urbana, molti civili vengono uccisi ora, in Vietnam a parte qualche villaggio, era più raro attaccare in posti dove c'erano civili. Questi uomini e donne che sono in guerra sono molto coraggiosi, sicuramente lo sono molto più di me, io non metterei piede in quella sabbia, perché loro sanno che per arrivare al nemico devono attraversare insediamenti civili, ed è difficile riuscire a trovare il modo giusto. E’ qualcosa di molto doloroso che lascia il segno.

Come può commentare la situazione in Iraq oggi, vede possibili soluzioni realistiche?

Come artista non posso rispondere a domande come questa, ma solo chiedere delle risposte.

Qual è stato lo scopo del film, come commenta l'ultima scena(la bandiera americana issata al contrario)?

Non parlo mai del finale dei miei film. Tutti sanno da che parte sto. Sono stato contro la guerra in Afghanistan, è chiaro e sotto la luce del sole. Ma nel realizzare il film ho solo cercato di descrivere i fatti in modo che sia il pubblico a decidere. Il mio compito è porre dei quesiti importanti e esprimerli attraverso le emozioni.

Perché ha voluto narrare questa vicenda?

Una delle poche cose sicure degli Usa oggi in guerra è che i soldati che riescono a tornare soffrono di terrificanti stress fisici e mentali. Questi giovani non si reintegrano perché nulla, per loro, è più come prima. L’America è incapace di aiutare i suoi soldati non solo al fronte ma anche a casa. Mi auguro che la gente capisca.

Questo film scrollerà le coscienze?

L’America ha bisogno di aiuto. Spero che i giovani leggano la storia di Davide che combatte Golìa con le pietre. Siamo responsabili dei giovani mandati al macello. Sta a noi fermare la guerra.

Per me la storia della Bibbia che riguarda il giovane Davide, mandato a combattere il gigante Golia con solo una fionda, riassume l'incoscienza dei governi che mandano tanti giovani, a combattere contro qualcosa di più grande di loro, qualcosa di incomprensibile e terribile, con la sola arma del patriottismo.

Antonio De Falco & Diana Barrows

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