PUTIFERIO NEL MONDO DELL'ARTE: ITALICS A VENEZIA
Un vero e proprio putiferio nel mondo dell'arte sta suscitando la rassegna Italics, curata da Francesco Bonami, (fiorentino, classe 1955, curatore del museo d' arte contemporanea di Chicago, un ampio curriculum di libri e rassegne alle spalle tra cui la Biennale di Venezia del 2003) ricevendo insulti che poco hanno a che fare con l' eleganza dei musei. Un assaggio? «Servo del potere, sparecchia come un cameriere» (Achille Bonito Oliva). E poi, ancora più sbrigativo: «È un parvenu, un pittore mancato» (Mimmo Paladino). Insomma, curatori, critici e storici dell' arte, ma anche avvocati e giuristi, in un valzer di botta e risposta con lettere, dichiarazioni formali, battute spietate, si stanno accapigliando per una mostra che- ad essere sinceri- è veramente brutta. Mimmo Paladino dice: "Bonami si è preso l' impegno di dare il colpo mortale alla reputazione della nostra arte. Considerando la storia dell' arte come una costellazione di singoli lavori, tenta di sottrarre l' opera al progetto complessivo del suo autore. Ora, è quantomeno curioso che un professionista possa scivolare su un errore nel quale di solito non cade neppure il più sprovveduto dei parvenu. L' intento di Bonami è revisionista, perché tende a riaprire polemiche chiuse da tempo. Vuole far credere che personaggi come Annigoni, Guttuso e molti altri minori che tira in ballo non hanno il posto che (secondo lui) meriterebbero nella storia dell' arte, perché figurativi o perché vittime di chissà quali congiure. Purtroppo è chiaro che per il nostro curatore è un tentativo di "piazzarsi" gigionando sulla pelle dell' arte italiana. di cui ne fa un fenomeno da circo". Paladino non si ferma, anzi, spara a 360 gradi: "Quello stesso circo-aggiunge- in cui ormai si esibiscono il critico- sindaco-finto-pazzo, (traduzione:Sgarbi) il sapientone-con- farfallino (Daverio) in quota ora all' uno ora all' altro partito e che bofonchia noiosità televisive, i tanti pirati all' assalto del pubblico denaro da consumare con rassegne inutili" (Cfr. quotidiani italiani) Io, da sprovveduta dell'arte, intesa come quella che vedono dove neanche il bambino dell'imperatore giunse, vorrei sussurrare: ma il magnate Pineault che ha tanti soldi da spendere nella cosiddetta "arte povera" di cui non si troverà traccia né tra cento anni, ma neanche tra dieci anni, perché non utilizza i suoi molti franchi in qualcosa di più serio, tipo la sponsorizzazione di nuovi progetti per sollevare dall'umanità la minaccia della fame e della sete di cui, per una strana combinazione si sta parlando alla Fondazione G. Cini, proprio in questi giorni (24- 27 settembre 2008)?
Che cos'è Italics
La mostra che sarà anche al Museum of Contemporary Art di Chicago dal 18 luglio al 25 ottobre 2009, ha per titolo: "Italics. Arte italiana fra tradizione e rivoluzione, 1968-2008"
Francesco Bonami, ha così spiegato la sua scelta: " L'idea alla base di "Italics" è scaturita da un lato dal bisogno di celebrare 40 anni di complessità e contraddizioni nel panorama artistico dell'arte italiana, dall'altro dalla necessità di riflettere sul perché una realtà così ricca sia stata spesso sommersa dalle maree del mondo dell'arte contemporanea internazionale". Quali sono le ragioni per cui l'arte italiana è rimasta circoscritta, tanto da essere avvolta dal mistero per i curatori dei musei e i critici che operano al di fuori del Paese? Recentemente il New York Times ha pubblicato un ampio articolo di Michael Kimmelman sulla scena artistica italiana in cui sono sottolineate chiaramente sia le opportunità mancate che l'inesauribile vitalità del mondo dell'arte italiana e del suo disomogeneo sistema di musei. Il fatto stesso che una mostra di questa entità, con più di 100 artisti e 180 opere non sia presentata da un' istituzione pubblica italiana, ma da una nuova realtà privata come Palazzo Grassi a Venezia, e successivamente al Museum of Contemporary di Chicago, che ha sostenuto il progetto fin dagli inizi, la dice lunga sul malfunzionamento del contesto in cui gli artisti italiani hanno dovuto, negli ultimi 40 anni, lavorare, sviluppare e maturare i loro linguaggi creativi personali ed esclusivi.
Perché il 1968? Per diverse ragioni. Il 1968 è il primo anno della storia moderna ad assistere, sotto diverse forme e aspetti, a un fenomeno sociale e politico su scala globale. In tutto il mondo, dalla Francia all'Italia, alla Cina, al Messico e al Giappone, le società civili e le loro nuove generazioni di cittadini avvertono il bisogno di una trasformazione radicale delle istanze che regolano le loro vite, dalle università, alle fabbriche e alle strutture politiche. Il 1968 è l'anno con cui termina la sua indagine "Italian Metamorphosis", altra mostra di riferimento allestita al Guggenheim Museum di New York nel 1995, curata da Germano Celant. "Italics" raccoglie simbolicamente il testimone da quella mostra per continuare la storia da un diverso punto di vista, meno lineare e organizzato, più come un rizoma da cui sono nate molte radici diverse, cresciute in molte direzioni diverse. Il 1968 è anche l'inizio di un nuovo capitolo della cultura e della storia italiana, la fine del boom economico e l'avvento di un periodo fatto di molte contraddizioni la più evidente quella fra tradizione e rivoluzione. L'arte italiana è sempre stata trainata da queste due forze, una incatenata al passato e l'altra ansiosa di proiettarsi nel futuro.
Da Ghiberti e Brunelleschi, al futurismo, a De Chirico, agli artisti dell'Arte Povera, a una figura come Guttuso, fino a Cattelan e Vezzoli questa tensione fra conservazione e trasformazione è sempre esistita.
Il 1968 ha evidenziato il peso della tradizione che stava frenando la trasformazione della cultura italiana, ma non è riuscito a trovare il modo di spogliarsi per sempre del passato.
"Italics. Arte italiana fra tradizione e rivoluzione, 1968-2008" è un viaggio attraverso 40 anni turbolenti, alla ricerca di una risposta (ma quale e come?) nelle opere di grandi maestri, nuovi nomi, artisti dimenticati, sconosciuti o altri trascurati. "Italics" vuole essere un viaggio aperto, un'occasione non tanto di trovare una risposta, quanto forse di sollevare ancor più domande e dubbi. Non è una panoramica tesa a stabilire una netta divisione tra chi è compreso e chi è escluso, ma piuttosto un'esplorazione del perché l'Italia sia sempre stata, per molti anni, una realtà sospesa sulla soglia di un mondo più vasto. "Italics" è stata pensata come veicolo per trasportare lo spettatore in un territorio che sembra solo apparentemente familiare, ma che in realtà, in molte delle sue zone, rimane inesplorato. La domanda finale di "Italics" è perché gli artisti italiani si siano spesso smarriti senza ottenere quel doveroso riconoscimento mondiale che la mostra spera di poter finalmente offrire. Il successo di "Italics" dipenderà dalla sua capacità di aprire il campo a molte possibile risposte e molte altre possibili domande (ma la gente comune si continuerà a chiedere perché una mostra simile, senza che ci sia qualcosa che meriti davvero l'attenzione e sia stata allestita con tanta pompa magna. Penso, onestamente, che il povero Pinault somigli tantissimo al povero imperatore di cui il bambino indicò la nudità).
Notizie tecniche:
Italics. arte italiana fra tradizione e rivoluzione è il titolo della mostra in programma a Palazzo Grassi, curata da Francesco Bonami, direttore del Museum of Contemporary Art Chicago. Palazzo Grassi, Campo San Samuele, 3231 - 30124 Venezia - www.palazzograssi.it
Maria de Falco Marotta & Team