SOLDATI MORTI, PADRI DEPORTATI?

"Sarebbe un’ingiustizia se questi padri fossero deportati dopo che i loro figli hanno dato la vita per la loro patria in Iraq" disse recentemente il parlamentare Gene Green, democratico di Houston, Texas. Green stava riferendosi a soldati come Armando Soriano, età 20, degli Stati Uniti, morto nel 2004 ad Haditha, Iraq. Soriano ora è sepolto a Houston, la sua città natale, dove i suoi genitori, operai indocumentati del Messico, vivono attualmente.

Prima della sua morte Soriano aveva promesso ai suoi genitori che li avrebbe aiutati ad ottenere la residenza legale. Vi è riuscito solo parzialmente prima di perdere la sua vita. Sua madre l’ha spuntata a procurarsi il cartellino verde della residenza legale in America ma il padre è stato rifiutato e sta per essere deportato. Enrique Soriano non è l'unica persona a perdere un figlio o una figlia nella guerra in Iraq e rischiare la deportazione. Ci sono più di 3 milioni di persone nate negli Stati Uniti con genitori che risiedono illegalmente nel Paese. I figli nati negli Stati Uniti sono automaticamente cittadini americani e hanno tutti i doveri e diritti dei cittadini statunitensi. Ciò include l’opzione del servizio militare con l’inevitabile possibilità di perdere la vita.

La morte di un figlio o una figlia è sempre tragico. Per provare a compensare queste famiglie il governo degli Stati Uniti fa degli sforzi per aiutarli. Nel caso di soldati morti con parenti che hanno bisogno assistenza con l'immigrazione, i funzionari li aiutano ad ottenere il cartellino verde. Ecco cos’è accaduto con la madre di Armando Soriano. Ma nonostante la flessibilità governativa, determinate regole impediscono ad alcuni di qualificare. Enrique Soriano era stato deportato formalmente nel 1999 e quella “macchia” nella sua condotta gli toglie il diritto di diventare residente legale. Enrique Soriano non è l’unico in questo guaio anche se è difficile ottenere cifre esatte. Alcuni indocumentati i cui figli sono morti nella guerra in Iraq sono stati deportati. Altri sono riusciti ad ottenere il cartellino verde.

Le statistiche ufficiali indicano che più di 68,000 individui nati all’estero sono arruolati nelle forze armate degli Stati Uniti. Non si sa quanti di questi individui abbiano parenti che risiedono negli Stati Uniti illegalmente. Dati del National Center for Immigration Law indicano che il 10 per cento dei soldati americani morti in Iraq erano immigrati. Si crede anche che il cinque per cento di tutte le forze armate americane siano composte da immigrati illegali i quali si sono arruolati con documenti falsi. La legge non permette agli indocumentati di formare parte delle forze armate ma data la scarsità di volontari a volte si chiude un occhio. Gli immigranti illegali si arruolano pensando che il governo eventualmente aiuterà loro e le loro famiglie ad ottenere benefici che includono la residenza legale. Inevitabilmente, alcuni muoiono al servizio della loro nuova patria. Il primo soldato americano a morire nella guerra in Iraq è stato in effetti il caporale dei marines Jose Gutierrez, un immigrante illegale del Guatemala.

Il caso di Enrique Soriano inoltre è complicato dal fatto che il resto della sua famiglia ha il diritto legale di essere negli Stati Uniti. Sua moglie ha il cartellino verde, tre dei loro quattro figli sono nati negli Stati Uniti e quindi sono cittadini, ed un’altra figlia nata nel Messico ha fatto domanda per la residenza legale. Se Enrique sarà deportato, la famiglia dovrà fare la difficile scelta di ritornare nel Messico o separarsi. Il parlamentare Green ha introdotto una proposta di legge alla Camera che aiuterebbe Enrique Soriano a ottenere il cartellino verde ma fino ad ora nulla è andato in porto.

Recentemente il presidente americano George W. Bush ha commutato la condanna di Lewis 'Scooter' Libby, ex capo del personale del vice presidente Dick Cheney. Libby era stato condannato di ostacolare la giustizia nell’affare della Ciagate. L’atto di Bush ha risparmiato la prigione a Libby dato che il presidente ha ritenuto “eccessiva” la pena inflittagli dalla giustizia. Deportare il padre di un figlio morto nel servizio militare degli Stati Uniti non vuol dire "punizione eccessiva" ? Signor presidente?

Domenico Maceri (x)

(x) dmaceri@gmail.com), PhD della Università della California a Santa Barbara, è docente di lingue a Allan Hancock College, Santa Maria, California, USA. I suoi contributi sono stati pubblicati da molti giornali ed alcuni hanno vinto premi dalla National Association of Hispanic Publications.

Domenico Maceri
Società