UN'AMICIZIA CHE DEVE CONTINUARE

Approfondiamo questa positiva iniziativa delle "Amicizie Ebraico-Cristiane"

Non dimentichiamo, nonostante i tristi e minacciosi venti contrari, i progressi compiuti nel dialogo fra le religioni, fortemente voluto dai Padri Conciliari con la dichiarazione Nostra Aetate del 1965, siglata da Paolo VI, che avrebbe dovuto segnare l'inizio di una nuova era. Non solo, è giusto ricordare altre iniziative e sforzi altrettanto meritevoli voluti da persone che hanno cercato di capire i perché degli orrori della Shoah dopo averne sofferto in prima persona.

Qualche tempo fa l'Associazione per l'amicizia ebraico-cristiana di Lugano ha ospitato la presidente dell'omonimo club di Torino. Proprio in quell'occasione ci siamo interrogati sulle motivazioni che ci avevano portato a farci soci. C'era chi voleva approfondire la conoscenza dell'ambiente in cui era nato e vissuto Gesù, altri erano attratti dall'aspetto culturale, conferenze, corsi, viaggi, visite - tutti di ottimo livello - e quello è stato forse uno dei motivi che hanno spinto me e mio marito. Altri avevano semplicemente degli amici o ebrei o cristiani e con questi avevano interessi comuni.

Sinceramente non sapevo però com'erano nate queste Amicizie. L'ho scoperto proprio quella sera di qualche settimana fa, durante una piacevole chiacchierata con la signora Maria Ludovica Chiambretto, venuta appunto da Torino. Ed è stato proprio allora che ho sentito parlare del possibile ripristino di quella famosa preghiera, la "preghiera della discordia" la chiamerei, se non temessi di utilizzare un'espressione un po' banale. Ricordo anche che in quell'occasione ho espresso la mia perplessità nei confronti di certi teologi, che a mio avviso spesso complicano le cose e non poco. L'ho detto scusandomi con il teologo presente, fondatore dell'Associazione di Lugano, e ho aggiunto che i testi biblici e i vangeli parlano con fatti, con storie e con parabole, e sono sempre dei racconti edificanti. Il reverendo, persona intelligente, mi ha sorriso.

Dicevo appunto che quella sera ho finalmente appreso a chi si deve questa iniziativa delle "Amicizie Ebraico-Cristiane".

Potrebbe essere quasi una favola, se non fosse per i risvolti drammatici. Sì, potremmo cominciare infatti con "C'era una volta..." Perché no.

C'era una volta un soldato francese che continuava la tradizione militare di famiglia. Suo padre infatti aveva partecipato alle campagne napoleoniche, lui alla guerra franco prussiana. Si era sposato ed aveva avuto tre figli. E' proprio il figlio più giovane, Jules, il protagonista della nostra storia.

Jules, nato nel 1877, perde i genitori a tredici anni. La famiglia gli permette comunque di continuare la sua educazione in ottime istituzioni, dove fa degli incontri importanti, ha amici come Charles Péguy e professori come Henri Bergson.

Fa il servizio militare, diventa professore di storia, si sposa e ha anche lui tre figli.

Partecipa come tanti altri francesi alla prima guerra mondiale. Quattro anni in trincea e una ferita a Verdun.

Uomo di studio e di pace nonostante tutto dopo la guerra lavora alla riconciliazione franco-tedesca. Riflette molto sul diritto dell'uomo alla pace. Le sue considerazioni sul rapporto tra scienza, tecnica e etica sono documentate dalle sue lettere con Albert Einstein.

Il manuale di storia da lui scritto accompagnerà quattro generazioni di liceali francesi.

Ma nel 1940 arrivano anche nella Francia di Vichy le odiose leggi razziali e Jules Isaac viene radiato dall'insegnamento. Jules Isaac infatti è ebreo, come rivela il suo nome.

E' ridotto in miseria. I suoi libri vengono ritirati dalle librerie e inviati al macero.

Il 7 ottobre 1943 la moglie viene portata via dalla Gestapo mentre lui è assente. La figlia, il cognato e uno dei figli erano già stati arrestati. Il giorno dopo gli viene recapitato un messaggio di Laure, la moglie: «Mon ami, garde-toi pour nous, aie confiance et finis ton oeuvre que le monde attend».

Solo il figlio farà ritorno dal lager, ma cambierà nome.

E' duro sopravvivere a tanto dolore in età già avanzata, ma Jules sente che ha ancora una missione da compiere e si mette a scrivere Jésus et Israël. Lo nasconde, a rischio della vita. I libri di cui ha bisogno glieli procura Germane Bocquet, partigiana cattolica, ora insignita del titolo di «giusta tra le nazioni».

Come è possibile? Come è possibile nel cuore dell'Europa, nel cuore del Novecento, una simile barbarie? Come è stata possibile la Shoah nell'Europa da secoli cristiana? Sono queste le domande a cui cerca di trovare una risposta e la sua sconvolgente scoperta è che l'insegnamento del disprezzo, capillarmente diffuso per secoli, e che ha il suo culmine nel mito del popolo deicida, ha contribuito a preparare e rendere possibile la distruzione degli Ebrei d'Europa.

Così insieme ad altri studiosi, come Jacques Maritain, si adopera per avviare un cammino di conoscenza reciproca fra cristiani ed ebrei. Sarà lui il pioniere delle "amicizie" che si fonderanno su "I Dieci Punti di Seelisberg" approvati da una conferenza nell'omonima cittadina elvetica nel 1947.

Forse vale la pena di rileggerli:

1. Ricordare che è lo stesso Dio vivente che parla a tutti noi nell'Antico come nel Nuovo Testamento.

2. Ricordare che Gesù è nato da una madre ebrea, della stirpe di Davide e del popolo d'Israele, e che il suo amore ed il suo perdono abbracciano il suo popolo ed il mondo intero.

3. Ricordare che i primi discepoli, gli apostoli, ed i primi martiri, erano ebrei.

4. Ricordare che il precetto fondamentale del cristianesimo, quello dell'amore di Dio e del prossimo, promulgato già nell'Antico Testamento e confermato da Gesù, obbliga cristiani ed ebrei in ogni relazione umana senza eccezione alcuna.

5. Evitare di sminuire l'ebraismo biblico nell'intento di esaltare il cristianesimo.

6. Evitare di usare il termine «giudei» nel senso esclusivo di «nemici di Gesù» o la locuzione «nemici di Gesù» per designare il popolo ebraico nel suo insieme.

7. Evitare di presentare la passione in modo che l'odiosità per la morte inflitta a Gesù ricada su tutti gli ebrei o solo sugli ebrei. In effetti non sono tutti gli ebrei che chiesero la morte di Gesù. Né sono solo gli ebrei che ne sono responsabili, perché la croce, che ci salva tutti, rivela che Cristo è morto a causa dei peccati di tutti noi.

Ricordare a tutti i genitori e educatori cristiani la grave responsabilità in cui essi incorrono nel presentare il vangelo e sopratutto il racconto della passione in un modo semplicista. In effetti, essi rischiano in questo modo di ispirare, lo vogliano o no, avversione nella coscienza o nel subcosciente dei loro bambini o uditori. Psicologicamente parlando, negli animi semplici, mossi da un ardente amore e da una viva compassione per il Salvatore crocifisso, l'orrore che si prova in modo così naturale verso i persecutori di Gesù, si cambierà facilmente in odio generalizzato per gli ebrei di tutti i tempi, compresi quelli di oggi.

8. Evitare di riferire le maledizioni della Scrittura ed il grido della folla eccitata: «che il suo sangue ricada su noi e sui nostri figli», senza ricordare che quel grido non potrebbe prevalere sulla preghiera infinitamente più potente di Gesù: «Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno.»

9. Evitare di dare credito all'empia opinione che il popolo ebraico è riprovato, maledetto, riservato a un destino di sofferenza.

10. Evitare di parlare degli ebrei come se essi non fossero stati i primi ad appartenere alla chiesa.

Il libro di Isaac, Jésus et Israël, viene pubblicato nel 1948, lo stesso anno in cui si costituisce il primo gruppo di «Amitié judéo-chrétienne». Sta finalmente cominciando un'epoca nuova, basata sul rispetto e sulla conoscenza reciproca? Forse.

Si sta preparando il Concilio Vaticano Secondo e Jules Isaac incontra Giovanni XXIII il 13 giugno 1960. Al termine dell'udienza e dopo avergli consegnato un Dossier Jules chiede se può nutrire qualche speranza. . «Vous avez droit à plus que de l'espoir» è la risposta del Papa. L'incarico di studiare il Dossier viene affidato al cardinale Bea.

Jules Isaac muore nel 1963, pochi mesi dopo Giovanni XXIII.

Nel 1965 viene promulgata la dichiarazione conciliare Nostra Aetate, sulle relazioni della Chiesa con le religioni non cristiane.

Riporto qui solo le prime righe che riguardano la religione ebraica:

"........................ Scrutando il mistero della Chiesa, il sacro Concilio ricorda il vincolo con cui il popolo del Nuovo Testamento è spiritualmente legato con la stirpe di Abramo.

La Chiesa di Cristo infatti riconosce che gli inizi della sua fede e della sua elezione si trovano già, secondo il mistero divino della salvezza, nei patriarchi, in Mosè e nei profeti.

Essa confessa che tutti i fedeli di Cristo, figli di Abramo secondo la fede, sono inclusi nella vocazione di questo patriarca e che la salvezza ecclesiale è misteriosamente prefigurata nell'esodo del popolo eletto dalla terra di schiavitù.

Per questo non può dimenticare che ha ricevuto la rivelazione dell'Antico Testamento per mezzo di quel popolo con cui Dio, nella sua ineffabile misericordia, si è degnato di stringere l'Antica Alleanza, e che essa stessa si nutre dalla radice dell'ulivo buono su cui sono stati innestati i rami dell'ulivo selvatico che sono i gentili ................

Essendo perciò tanto grande il patrimonio spirituale comune a cristiani e ad ebrei, questo sacro Concilio vuole promuovere e raccomandare tra loro la mutua conoscenza e stima, che si ottengono soprattutto con gli studi biblici e teologici e con un fraterno dialogo....."

Sono belle parole, frutto di studio e di lavoro corale. Rileggiamole e soprattutto ricordiamole, pensando alla sofferenza di tutti quei Jules Isaac, che non capivano perché... Che cosa penserebbe Jules Isaac in questo momento?

Cristina Cattaneo

Cristina Cattaneo
Società