ROMA E I BARBARI

Una grande Mostra a Palazzo Grassi a Venezia

In mostra a Palazzo Grassi più di 1.700 oggetti per uno storico percorso tra le campagne di Cesare e il secondo millennio.

Un lungo periodo rilevante nella storia, della durata di mille anni, in cui si è formata l'identità del continente europeo.

Un'esposizione nata dalla collaborazione tra Palazzo Grassi, l'Ecole Française de Rome, e la Kunst-und Ausstellungshalle di Bonn.

"Roma e i Barbari. La nascita di un nuovo mondo" (apertura da sabato 26 gennaio 2008), l'ultima mostra legata alla guida di Jean-Jacques Aillagon, propone una visione differente di questi mille anni decisivi per l'Europa, che troppo spesso celebra radici greche, romane ebraico- cristiane, omettendo le origini barbare, peraltro assai potenti e determinanti. Allora come oggi, il nostro continente è stato una terra di migranti, di gente che portava una linfa nuova, che capovolgeva le vecchie abitudini per mescolarle con le loro più recenti.

Il percorso, diviso su tre piani, è stupefacente ed induce a tante riflessioni compresa a quella che "barbaro" è diventato oggi sinonimo di "rozzo", incivile. Ma forse, a ragione, ci si vuole riferire ai "veri barbari" che siedono in Parlamento e tanto scandalizzano l'Italia .

Molti degli oggetti in mostra sono considerati dei tesori nazionali, alcuni sono scoperte recenti e sono circa 200 i prestatori provenienti da 24 paesi d'Europa, dagli Stati Uniti e dall'Africa, per quanto riguarda le cessioni temporanee tunisine relative al regno vandalo di Cartagine.

I beni esposti sono considerati dei tesori nazionali; è il caso per esempio del tesoro di Beja in Portogallo, del reliquiario esagonale di Conques, o del tesoro di Childerico, conservato alla Biblioteca Nazionale Francese a Parigi, dell'evangeliario di Notger in Belgio, del ritratto presunto di Amalasunta custodito al Museo del Bargello a Firenze.

Tanti sono gli oggetti presentati, che per la prima volta , lasciano i loro musei , per Palazzo Grassi.

Inoltre, il piede monumentale in bronzo di Clermont-Ferrand o il tesoro della tomba della dama di Grez-Doiceau di Namur, o ancora la lancia da parata di Cutry (Moselle, Francia), sono reperti recenti. Pregevole è anche la presenza degli Scettri del Palatino (Roma), ultimamente ritrovati. Sono esposti anche rarissimi documenti manoscritti tra i quali il Book of Mulling, gli evangeliari di Saint-Vaast e di Marmoutier, nonché il manoscritto di un Vangelo secondo San Giovanni in miniatura copiato in Italia tra il V ed il VI secolo.

Da parte degli organizzatori c'è voluta una determinazione incredibile per mostrare, sebbene in alcuni punti non perfettamente riusciti, mille anni della storia europea con l'avvicendarsi di tanti popoli così diversi tra loro per cultura, religione che pur combattendosi, sono riusciti ad amalgamarsi, ad accogliersi, a convivere, innestando i loro saperi in modo più sopportabile e civile di quanto non si faccia oggi con i tanti "migranti" visti ancora più di allora, come "nemici".

"Roma e i Barbari" si concentra sui fenomeni che toccano più direttamente i territori dell'Europa occidentale, senza tralasciare i processi che, partendo dall'Oriente, hanno interessato anche l'Occidente. Non va sottovalutato il ruolo svolto dal Mediterraneo, fino all'avvento del mondo arabo musulmano, di 'bacino' naturale per un continuo scambio di uomini, merci e idee da Est a Ovest.

L'insieme documentata abilmente la serie di "confronti" che fecero di Roma un melting pot

L'espansione in Europa, Africa, Asia ha permesso che l'impero Romano contattasse altri popoli, sia testimoni di grandi civiltà come gli Egizi e i Persiani, sia dei cosiddetti Barbari. I Romani, come prima avevano fatto i Greci, per barbari intendevano coloro di cui non comprendevano la lingua e che non erano organizzati in complessi urbani e imperi territorialmente stabili.

Il rapporto di Roma con loro era spesso caratterizzato dall'approccio tipico del dominatore con il sottomesso, come ricorda gran parte dell'iconografia imperiale romana. Però non sempre i romani sono stati i vincitori. Nel corso di più secoli, questo confronto ha significato per l'Impero la necessità di essere costantemente all'erta, tuttavia ciò ha permesso un'osmosi molto feconda tra il mondo romano e i differenti mondi barbari, creando nell'Impero un modello di civiltà aperta, quasi ospitale nei confronti delle diversità di credo e usanze. Fu così che Roma divenne un melting pot di popoli differenti. Di cosa, allora, ci meravigliamo oggi, nel vedere una continua mescolanza di razze? Non dovremmo aver imparato da loro qualcosa di più per essere più civili tra noi, umanità dolente che migra da un luogo all altro in cerca di una terra dove trovare pace e armonia tra simili?

I materiali sono riuniti in quaranta complessi, con tesori nazionali, alcuni esposti per la prima volta, come le "insegne del potere" di Massenzio scavate alle pendici del Palatino. E il cofanetto-reliquario detto di Teuderico che dopo 1400 anni ha lasciato la sua abbazia in mezzo alle Alpi.

Sono stati rifiutati perfino oggetti bellissimi, ma privi di contesto. Storicamente, è una mostra rigorosa e scientifica e bisognerebbe che tutti i nostri ragazzi la vedessero. Non è la stessa emozione guardare da vicino le cose appartenute a gente vissuta mille anni fa, di quella che si prova vedendole in TV. In ogni caso Roma e i Barbari è la più vasta esposizione mai dedicata ai popoli dell'Europa centrale, i Germani, delle coste scandinave e steppe asiatiche, che posero fine all'impero romano mettendo in moto un "melting-pot" continentale. Fine in apparenza perché l'impero romano non è mai scomparso. Grazie a ibridazione- contaminazione-composizione, "conflittuale coesistenza", "osmosi fra vincitori e vinti" di leggi, prassi giuridico- istituzionale, cerimoniali, costumi, usi funerari, lingua, religione, cultura, arte e arti ornamentali, architettura, tecniche di metallurgia e oreficeria, sistemi organizzativi in particolare per l'esercito romano che dal III secolo è in buona parte composto ed equipaggiato con truppe barbare, "truppe federate", barbari a difesa dell'impero. Con personaggi come Stilicone di origine vandala, tutore dell'imperatore Onorio, vincitore di Alarico che mise a sacco Roma. Merovingi in Gallia, ostrogoti e poi longobardi e franchi in Italia, visigoti in Spagna, vandali in Africa, anglosassoni nelle isole britanniche, si sono sempre considerati delegati dell'impero col proposito di "perpetuare" l'autorità imperiale. E Carlo Magno fece rinascere l'Impero Romano d'Occidente. Altro elemento fondamentale fu l'adozione del cristianesimo. Straordinaria di effetti per l'Italia (architettura, creazione di abbazie e monasteri), la conversione dei longobardi. Storia affascinante e storie terribili (il tradimento di Arminio decise il massacro di Teutoburgo), ma non nuove rispetto a quanto accaduto per secoli in nome e per la porpora imperiale romana.

Ci si può stupire nel vedere che c'è in mostra tutto ciò che diede vita alle moderne nazioni europee, la "nascita di un nuovo mondo" come dice il titolo. Con "scopo precipuo" di "mettere in evidenza l'ibridazione tra le radici greco-romane e le radici germaniche da cui ha origine la cultura europea" afferma il curatore Jean-Jacques Aillagon, il curatore di questo straordinario insieme che affascinerà non solamente i piccoli. Ben lontano dall'idea radicata di popoli "barbari", solo invasori, predoni, distruttori ("vandali"). Per Roma (e prima per la Grecia) "barbari" sono coloro di cui non si comprendeva la lingua e che non avevano sistemi urbani stabili.

La mostra riprende al veneziano palazzo ora in "stile François Pinault" (dall'atrio a pareti rosso pompeiano, ai due piani a pareti marrone brunito, tremila metri quadri), l'impegnativa tradizione delle grandi mostre di archeologia di Palazzo Grassi "stile Fiat". Durerà quasi sei mesi, dal 26 gennaio al 20 luglio 2008. E con "L'ultimo Tiziano" alle Gallerie dell'Accademia, sarà la buona occasione che vale un viaggio a Venezia. La produzione è di Palazzo Grassi, École française de Rome, Skira e Kunst-und Ausstellungshalle della Repubblica tedesca perché la mostra andrà in trasferta: sarà presentata anche a Bonn in Germania, dal 22 agosto al 7 dicembre 2008. La sua lunga navigazione comincia con la gloria di Roma sui Barbari trasformata nel marmo della Colonna traiana, di altari e sarcofagi come i due pezzi più imponenti esposti. L'"ara della vittoria" da Augsburg (alta quasi due metri, 1.800 chili), esempio degli altari che in tutto l'impero celebravano la "Pax Romana" dopo il sangue. E un capolavoro assoluto, il "sarcofago di Portonaccio" dal Museo romano di Palazzo Massimo: un miracolo in altorilievo, stipato di 49 combattenti e prigionieri, cavalieri fra lance e teste mozze e il condottiero senza volto, non lavorato.

La gloria e il capovolgimento. Il massacro delle tre legioni di Varo nella selva di Teutoburgo per il quale Augusto bloccò l'avanzata dell'impero al Reno e al Danubio. Fu il tradimento di Arminio, ma la vittoria "con i suoi biondi Germani" fu cantata come quella che fece sopravvivere la libertà tedesca. Un dipinto di Lionel-Noël Royer del 1896, ci trasporta all'anno 16 quando l'imperatore Germanico, circondato da un numero sterminato di legioni (che vendicheranno la sconfitta), si trova di fronte ai resti dei soldati di Varo. L'imperatore a testa scoperta sul cavallo che si blocca di fronte ai teschi dei legionari che emergono dal terreno. Da un rosseggiante faggio o acero pende un corpo con l'armatura, uno scheletro. Il pittore sparge nel vento un nugolo di foglie rosse come sono stati dispersi i legionari. Ma non furono soltanto soldati: c'erano famiglie, mercanti, schiavi, in tutto circa 30 mila persone annientate.

In un "flash-back" un grande dipinto di Paul-Henri Motte del 1886 fa rivivere il momento in cui Vercingetorige, sconfitto da Giulio Cesare, sta per entrare nell'accampamento del conquistatore della Gallia. C'è anche una statua in marmo acefala e mutilata, un prigioniero gallo, che fa parte di uno dei trofei (policromi), eretti per ricordare le vittorie. Con anticipo sui "culti della personalità", i ritratti degli imperatori sono diffusi in tutto l'impero e "proclamano l'unità del mondo romano". L'imperatore è il "garante della sicurezza e della prosperità di Roma". Nulla di più rassicurante del busto di Marco Aurelio, un chilo e 590 grammi d'oro, alto 34 centimetri, trovato in Svizzera . Qui ricompare il gigantesco piede scavato nel 2007 a Clermont-Ferrand, antica capitale degli arverni. Un pezzo eccezionale di una statua alta circa tre metri e mezzo, con tracce di doratura e decorato da un'aquila. Uno straordinario elmo che sembra tutto d'oro (è d'argento dorato e ferro) parla invece dei duri scontri con i barbari. Apparteneva ad un alto ufficiale dell'epoca di Costantino ed è stato trovato in un terreno acquitrinoso in Olanda. Potrebbe essere stato abbandonato così dai barbari per i quali l'elmo era simbolo della potenza guerriera.

L'impero continuò ad esistere perché era già una comunità "omogenea e multiforme". Nei confronti della civiltà greca, delle divinità locali ed esterne (dalla Persia Mitra con lo "splendido" altare di Bonn), delle classi di punta delle province. Lo prova lo straordinario piatto rotondo in argento in parte dorato detto "Scudo di Scipione" (o "Scudo di Achille") della fine del IV- inizio V secolo. Con 71 centimetri di diametro è uno dei pezzi di argenteria antica più imponenti che siano sopravvissuti. Fuso e martellato con rilievi cesellati e dettagli incisi. Potrebbe essere la disputa fra Achille, "l'ira funesta", e Agamennone per la figlia del sacerdote Crise che apre l'Iliade. Dono imperiale ad un santuario è stato ripescato nel Rodano, vicino ad Avignone, nel 1656. La "Tavola Claudiana" ha inciso nel bronzo il testo del discorso pronunciato dall'imperatore Claudio nel 48 al Senato per chiedere di accordare ai notabili galli l'accesso alle istituzioni romane, Senato compreso.

L'ambra parte dal Baltico e oltre le Alpi viene trasformata nei laboratori romani di Aquileia da cui si suddivide in mille fantasie di gioielli e decorazioni ritrovate nelle tombe anche dei principi dell'Europa settentrionale e orientale. Sembrano campionari di gioielli i corredi da Lebork, Bratislava, Varsavia. Le grandi "creazioni" dei gioiellieri odierni non hanno nulla di più di quelle di allora. Infatti, la ricchezza culturale multietnica è la regola per i popoli barbarici, nei materiali si trovano cose diversissime, ellenistiche , persiane, orientali. Straordinarie ed affascinanti, specie per le donne.

I motivi delle monete romane sono imitati al Nord da germani e sassoni nei "bratteati", i dischi d' oro battuti per parure (o amuleti). Spesso la lamina d'oro è ottenuta appiattendo monete romane su una matrice di bronzo o legno. In mostra è il "bratteato" di Gerete dal Museo di Stoccolma con Odino, il Giove germanico. C'è una prova infallibile per capire i momenti più brutti: i ritrovamenti di tesori e tesoretti in monete, gioielli, suppellettili nascosti in buche, pozzi, muri. Come i pezzi di argenteria di Rethel (Ardenne francesi) e di Augst (Svizzera). Le argenterie di Hildesheim sono state paragonate alle splendide di Boscoreale e qualcuno ha parlato del bottino di Teutoburgo.

Le "insegne del potere" di Massenzio sono uno dei complessi più importanti della mostra, esposto per la prima volta in un contesto completo. Sono una decina fra scettri e punte di lancia da parata in calcedonio e oricalco (rame e zinco), scoperti in un nascondiglio negli scavi condotti da Clementina Panella dell'Università La Sapienza alle pendici del Palatino lato Colosseo, al bordo della via Sacra. Questi simboli del potere imperiale dopo Augusto sono pezzi unici, attribuiti a Massenzio e datati al 312, quando con Costantino alle porte e Massenzio che si prepara alla battaglia del 28 ottobre a Ponte Milvio, i palazzi del potere si svuotano e i simboli vengono messi in salvo per un dopo.

Anche per ragioni pratiche il cristianesimo fa proprie le espressioni culturali e artistiche del paganesimo. Così il sarcofago di Tolosa ha la cassa con la caccia di Meleagro e il coperchio con la Croce inalberata da Costantino. E nel sarcofago dei Dioscuri da Arles, gli elementi pagani (nozze e addii) sono sostenuti da quelli cristiani (moltiplicazione dei pani e cattedra di San Pietro). E già agli inizi del V secolo una donna germanica di alto rango è stata sepolta in una necropoli romana: la cosiddetta "Dama di Pollenzo", in provincia di Cuneo.

Il 24 agosto 410 è una data epocale. Roma, mai più attaccata dopo l'assedio dei Galli nel 390 avanti Cristo, è saccheggiata per tre giorni dai visigoti di Alarico. Cronista romantico del "Sacco" è Joseph-Noël Silvestre con un dipinto del 1890 in cui i goti seminudi (ma erano già cristianizzati), incendiano e scorazzano per la città di marmo. I corpi color del cuoio contrastano col candore degli edifici. Un paio di barbari stanno sistemando una fune attorno al collo di una statua di imperatore per tirarla a terra. Ma ci sono anche i capolavori della raffinata oreficeria cloisonné di cui i goti erano specialisti (corredi di Apahida in Romania). In generale queste lavorazioni sono l'occasione per inglobare cammei e pietre antiche come nel minuscolo cofanetto-reliquario detto di Teuderico (12,5 per 13 per 6,5 centimetri), di oro e ricoperto di una rete di filetti d'oro saldati

con paste di vetro a cabochon e cammei.

Oreficerie "splendide e molto particolari" (corredi di Conceþti dall'Ermitage di Pietroburgo) sono anche degli unni, i barbari dell'Asia guidati da Attila, che più di tutti "colpirono l'immaginazione dei posteri". Nella tela di Alfredo Tomiz del 1894, sul saccheggio di Aquileia del 452, i cavalieri unni agitano quelle che sembrano teste mozzate dai lunghi capelli. Degli unni sono le spettacolari spade lunghe quasi un metro, dalla lama a doppio fendente e complete di fodero in oro brillante scoperte nello spazio rituale di Pannonhalma nella Pannonia (attuale Ungheria).

La scomparsa dell'impero d'Occidente (nel 476 Odoacre depone Romolo Augustolo) favorisce la nascita di regni barbarici come gli ostrogoti di Teoderico a Ravenna e in buona parte della penisola. Con loro "fiorì una delle espressioni più ricche della sintesi tra la cultura romana e quella barbarica" nell'arte e nel diritto. In una tavoletta di pentadittico di inizio VI secolo, dal Bargello, molti riconoscono Amalasunta, figlia di Teoderico e regina degli ostrogoti. Vestita come un'imperatrice di Costantinopoli, incoronata di perle, regge uno scettro simile a quello di Massenzio.

Da Parigi è arrivato parte di quello che è rimasto dopo dispersioni e furti del corredo della tomba di Childerico, re dei Franchi Salici, datata al 481-482. Childerico fu sepolto come un capo barbaro, con armi e gioielli, ma rivestito di un manto di porpora e con le insegne dell'autorità romana esercitata per delega di Costantinopoli rappresentata da una moneta di Leone I. Per garanzia, per assisterlo nel viaggio nell'aldilà, sulla tomba furono sacrificati dei cavalli.

C'è una paura inesprimibile nella frase incisa su di una formella trovata in una località della Serbia: "Cristo Signore! Aiuta la città, scaccia gli Avari, proteggi le terre romane e colui che ha scritto queste parole. Amen". Gli avari erano cavalieri nomadi originari della Tartaria. Nel 540 Belisario sconfigge gli Ostrogoti e riconquista Ravenna in nome di Giustiniano, ma è una "effimera rivincita della romanità" ormai ellenizzata ed esiliata in Oriente. E i modelli artistici sono quelli di Bisanzio, come il bellissimo avorio di Tongeren che raffigura San Paolo. Sul retro sono incisi i nomi dei Merovingi, i re franchi salici, che l'hanno posseduto. Forti influssi bizantini anche nella Croce in lamina d'oro e pietre dure del cosiddetto "duca Gisulfo", primo duca longobardo del Friuli, scavata a Cividale. Otto testine lavorate a sbalzo sono volti di Cristo o ritratti.

Vi è anche una poesia nella frase in greco che decora il bordo di una acquasantiera bizantina in marmo che dice: "Prendete l'acqua con gioia poiché è abitata dalla voce del Signore". L'acquasantiera, del VI secolo, è dalla chiesa dei Santi Marco e Andrea di Murano.

Una società come quella barbarica formata da guerrieri e cavalieri, deve possedere competenze e tecniche avanzate per la costruzione di armi e quindi di metallurgia. Spicca il "piatto di Annibale", oltre dieci chili di argento in parte dorato, tutto percorso da una raggiera con al centro un tondo con un leone e un albero in rilievo. Reca inciso il nome del misterioso proprietario franco ("sono di Agneric"). Il piatto fu scoperto nel 1714 in una valle del Delfinato forse percorsa da Annibale.

Molte regine e principesse dei popoli barbari fondano monasteri nei quali trascorrono gli ultimi giorni di vita, come Batilde morta a Chelles nel 680 circa. In mostra c'è la tunica di lino usata sopra gli altri abiti per vestire il corpo di questa schiava sassone andata in moglie a Clodoveo II. Sembra ricoperta di gioielli, ma sono ricami e la grande croce è solo dipinta in modo elementare.

La fine del millennio è segnata da una rinascita culturale, il rinascimento carolingio. Nelle abbazie i manoscritti sono impreziositi dalle miniature. Riprendono vigore i riferimenti all'antichità (la fattura classica degli avori scolpiti dell'altare portatile di Carlo il Calvo; la placchetta d'avorio dell'evangeliario di Notger). Nel dittico del monastero di Rambona, la lupa romana con i gemelli sotto la Crocifissione fa pensare ad una "sottomissione di Roma alla fede cristiana".

L'evangeliario di Notger del X secolo è un capolavoro dell'arte medievale. Al centro c'è una placchetta col vescovo di Liegi, Notger, inginocchiato ai piedi di Cristo con questa preghiera: "Eccomi. Notger, curvo sotto il peso del peccato, mi inginocchio davanti a te, che con un gesto fai tremare l'Universo." "Roma e i Barbari, insieme, hanno fatto entrare l'Europa nel Medioevo". In quella storia che fa ancora paura a molti che non ne hanno capito a fondo la ricchezza e la novità.

I protagonisti dell'epoca

Sono tantissimi e tutti presenti nei libri di storia non solo italiani. Ne citiamo solo alcuni di cui nella Mostra di Palazzo Grassi si trova qualcosa di loro: Cesare, Varo, Germanico,Marc'Aurelio, Decio, Diocleziano, Ario,Massenzio, Costantino il Grande,Onorio, Galla Placidia, Attila, Childerico I, Clodoveo, Amalasunta, Teodora, Aregonda,Agilulfo, Gregorio I, Paolo Diacono, Carlo Magno, Bonifacio…

La Mostra in cifre:

- 182 giorni di apertura della mostra (quasi sette mesi).

- Circa 2000 pezzi esposti provenienti da 23 paesi , prestati da circa 200 musei ed istituzioni.

- 3000mq di esposizione.

- Circa 40 tesori completi esposti.

- 1.590g.di oro22 carati.

- 14 raffigurazioni storiche , principalmente del XIX secolo, illustrano le conquiste romane e le invasioni barbariche.

- 7097 Km percorsi dal quadro di Jan Paul Laurens , raffigurante Onorio, prestato dal Crysler Museum of Art di Norfolk.

- Circa due Km è la distanza tra palazzo Grassi e il Museo archeologico di Venezia, l'ente più vicino tra quelli che hanno prestato opere a Roma e i Barbari.

- 248x66x97 cm sono le dimensioni del sarcofago Ludovisi, il reperto più grande della mostra, proveniente dalle collezioni di palazzo Altemps a Roma.

- 1,6x1,1cm sono le dimensioni dei preziosi bottoni rinvenuti nella tomba di Childerico e prestati dalla Bibliotheque Nationale de France.

- 126 autori, sotto la direzione di Jean - Jacques Allaigon, curatore della Mostra, hanno contribuito al catalogo che pesa ben 4 Kg ed ha oltre 720 pagine.

- 1,8 tonnellate per l'Autel de la Victoire proveniente da Augsburg.

- 10,150kg d'argento per il Missorium o Piatto d'Achille, proveniente dalla Bibliotheque Nazionale de France, Paris.

Informazioni tecniche

Data Inizio: 26/01/2008

Data Fine: 20/07/2008

Costo del biglietto: 15,00 (quindici) €uro

Prenotazione: Facoltativa

Città: Venezia

Luogo: Palazzo Grassi

Indirizzo: Campo San Samuele

Provincia: Venezia

Regione: Veneto

Telefono: 041.5231680

Sito Web: http://www.palazzograssi.it/roma/teaser_roma.htm. Qui si possono trovare altre

indicazioni e foto.

Per maggiori informazioni relative alle visite guidate per le scuole: email: scuole@palazzograssi.it

Maria de Falco Marotta & Team

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