CHE CORAGGIO, LA GIURIA DELLA 52a ESPOSIZIONE INTERNAZIONALE D'ARTE! (1)
Per la prima volta nella sua storia l’attribuzione dei Leoni ai migliori artisti ritenuti tali dalla Giuria internazionale, proposta dal Direttore della 52. Esposizione, Robert Storr e formata da: Manuel J. Borja-Villel (presidente), direttore Museu d'Art Contemporani de Barcelona.
Iwona Blazwick, direttore Whitechapel Gallery, London; Ilaria Bonacossa, curatore Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Torino; Abdellah Karroum, curatore indipendente, Paris e Rabat; José Roca, Director of Arts, Banco de la República, Bogotá e direttore artistico Philagrafika 2010, Philadelphia, ha assegnato il 17 ottobre 2007 quattro Leoni d’oro e due Menzioni d’onore,ad artisti e critici d’arte che appartengono a “mondi lontani” dai nostri e che fanno parte di quell umanità molte volte a noi sconosciuta. La cosa curiosa è che l’assegnazione dei premi si è tenuta ad un mese dalla conclusione della mostra, la più visitata in Italia con oltre 232.000 ingressi in poco più di 100 giorni di apertura. Forse per le diatribe intercorse tra Davide Croff, ormai presidente uscente, il Sindaco di Venezia , il presidente della Regione ed altri “capi”. Forse avrà pesato sulla bilancia anche lo “spazio economico”concesso al Direttore delle arti visive, l’americano Storr che ha speso a larghe mani senza ricordarsi minimamente che nel mondo intero, non solo in Italia, si vivono momenti difficili dal punto di vista sfarzoso e un po’ di parsimonia non guasterebbe anche pensando che gli artisti, quelli veri, si rivelano in ogni caso e sempre nelle ristrettezze economiche più difficili. Chissà. Infatti la Giuria, pur trovandosi di fronte ad opere egregie, ha scelto e premiato artisti di paesi poveri o tormentati dalle guerre, sia reali che ideologiche. Ben fatto, Noi ne siamo commossi e ci auguriamo che anche in futuro esisterà una certa libertà di promuovere chi merita per doni suoi, non per le tante raccomandazioni politiche. Prima di presentare gli artisti premiati, ricordiamo che il Leone d’oro alla carriera è stato assegnato nel giugno 2007, all’apertura della 52.ma Biennale d’arte, al prestigioso fotografo africano Malik Sidibé. Di sicuro, non un nome abituale, per i frequentatori dell’artworld nostrano, ma un artista con una lunga e rilevante carriera sulle spalle, costellata di mostre personali in famosi musei."Nessun artista è stato più attivo di Malick Sidibé - si legge fra l'altro nelle motivazioni per l'assegnazione del Leone, il primo a incoronare un artista africano - nell’accrescere l’importanza della fotografia nel continente, così come nel contribuire alla sua storia, all’arricchimento del suo archivio di immagini e all’affinamento della nostra conoscenza dei toni e delle trasformazioni che hanno caratterizzato la cultura africana tra la seconda metà del Ventesimo secolo e l’inizio del Ventunesimo. Nato nel 1935 a Soloba, nel Mali, Sidibé si è distinto nel panorama internazionale, spesso insieme all’amico e connazionale Seydou Keita, anch’egli fotografo. Celebre per i suoi studi in bianco e nero sulla cultura popolare negli anni ’60, si è in seguito specializzato nella fotografia documentaria e successivamente nel ritratto. Fra le sue mostre più importanti, personali al Museum of Contemporary Art di Chicago, al Centre d’Art Contemporain di Ginevra, allo Stedelijk Museum di Amsterdam, all’Hasselblad Center di Göteborg, in occasione dell'assegnazione a lui, nel 2003, dell’Hasselblad Award for photography. In Italia ha esposto fra l’altro alla galleria torinese Guido Costa, alla milanese Corsoveneziaotto, ed a Roma al Museo Hendrik C.Andersen. Da tenere presente che la gente africana, nelle sue foto, non viene sempre ritratta afflitta e desolata come noi- purtroppo- siamo abituati a vederla, ma spesso allegra, sorridente e felice.
E veniamo ai premi dati il 17 ottobre 2007.
Il Leone d’oro 2007 è stato conferito a Benjamin Buchloh , critico dell’arte contemporanea."Il premio gli è stato dato per un corpus di testi caratterizzati da un atteggiamento integro ed erudito verso la pratica artistica contemporanea e nei confronti della storia dell'arte. La Giuria riconosce inoltre la sua profonda conoscenza dell'arte degli anni Sessanta e Settanta e la sua capacità di articolare e analizzare le avanguardie storiche nel contesto dell'arte di oggi”. Benjamin Buchloh, riconosciuto come uno dei massimi studiosi dell’arte del dopoguerra, nel 2005 è stato nominato Franklin D. and Florence Rosenblatt Professor of Modern Art alla Facoltà di Arti e Scienze dell’Università di Harvard.
Leone d’oro per la migliore partecipazione nazionale ad Andreas Fogarasi,(Padiglione dell'Ungheria): “Il premio a una partecipazione nazionale viene assegnato a un Padiglione in cui l’architettura e la storia culturale vengono presentate per generare un’intelligente e poetica relazione tra il contenuto, il linguaggio visivo e la struttura espositiva. La Giuria inoltre considera rilevante l’atteggiamento dell’artista nei confronti della modernità, le sue utopie, i suoi fallimenti nel contesto di una storia condivisa. Il Leone d’oro per la migliore partecipazione nazionale viene assegnato al Padiglione dell’Ungheria con l’artista Andreas Fogarasi. L’artista nato a Vienna, Austria, nel 1977, vive e lavora nel suo Paese. Alla Biennale d'arte di Venezia Andreas Fogarasi, è stato in mostra con il progetto Kultur und Freizeit che consiste in una serie di brevi video, con tutta la rappresentazione dei centri culturali della Budapest contemporanea, proiettato in scatole nere separate sia fisicamente che strutturalmente dove gli spettatori possono vedere i video. Inizialmente, queste scatole nere sembrano essere sculture minimaliste. Tuttavia, la loro struttura rivelatrice li fa assomigliare a piccoli cinematografi. I video non sono documentari diretti poiché non puntano a fornire un'indagine completa e antropologica della situazione attuale, piuttosto, mostrano una spaccatura contemporanea fra la cultura totalitaria e le culture popolari. A tutto ciò è dato risalto tramite l'uso particolare del movimento della macchina, dei punti di vista soggettivi e della qualità delle immagini.
Leone d’oro a un artista under 40 presente alla mostra centrale internazionale o in una partecipazione nazionale, a Emily Jacir. Il premio per l’artista under 40 viene assegnato a una pratica artistica che si concentra sul tema dell’esilio in generale e sulla questione palestinese in particolare, senza tuttavia cadere nell’esotismo. Il lavoro esposto nel padiglione centrale ai Giardini rappresenta e amplifica la contaminazione fra cinema, materiale documentaristico, narrativa e suono. Emily Jacir è nata nel 1970 a Betlemme.
Cresciuta in Arabia Saudita oggi vive fra Ramallah, in Palestina, e New York.
Nel padiglione Italia, all'interno della mostra internazionale, ha portato un'installazione del ciclo Material for a film. Tale progetto ha richiesto l’apporto di altre persone(i tre musicisti che hanno eseguito il concerto in un teatro vuoto di Vienna, esattamente come si sarebbe svolto a Gerusalemme, se fosse stato loro permesso. Con estrema sensibilità e delicatezza Emily Jacir tematizza nel suo lavoro le conseguenze del conflitto israeliano palestinese sulla vita dei Palestinesi. Al centro di vari suoi progetti sta la denuncia dell'impossibilità di spostarsi liberamente, limitazione particolarmente sentita dall'artista che ha attraversato confini in tutta la sua vita. Cresciuta in Sud Arabia, ha frequentato la scuola secondaria in Italia, l'università negli Stati Uniti, ha vissuto in Francia e in Palestina prima di trasferirsi a New York nel 1998, con continui viaggi a Betlemme, città d'origine dei suoi genitori. La serie di fotografie presentate nella mostra, realizzate nei Territori Occupati, fissa alcuni fugaci momenti di vite frammentate. «-Ho ripreso istanti in cui ho colto sia la presenza che l'assenza di questi Palestinesi scomparsi: progetti e edifici abbandonati, luoghi in attesa del loro ritorno, case vuote, un paesaggio congelato nel tempo. Ho anche cercato di fotografare spazi interni in mezzo alla distruzione provocata dall'occupazione israeliana. Mi sono ritrovata a cercare una speranza, un sentimento di libertà nel paesaggio o nel cielo. È stato il mio uno sforzo di rifiutare di documentare la nostra distruzione e la lenta morte della nostra terra e del nostro popolo».
Il suo lavoro che è stato esposto nel padiglione centrale ai Giardini, rappresenta e amplifica la contaminazione fra cinema, materiale documentaristico, narrativa e suono. L’artista ha anche denunciato l'omicidio, da parte dei servizi segreti israeliani, del giornalista palestinese Wael Zuater. In una poetica e splendida installazione, racconta i momenti salienti della vita di Wael Zuaiter, intellettuale e giornalista ucciso a Roma da dodici proiettili, nel 1972, come rappresaglia degli agenti israeliani dopo i fatti di Monaco alle olimpiadi. Emily Jacir costruisce un «memorial» con lettere, fotografie famigliari, testimonianze e voci di persone che lo conobbero, tramite interviste raccolte dalla compagna di Wael, Janet Venn-Brown. Il progetto dell‘artista è un film e quelli presentati sono materiali sparsi, frammenti che cercano di mettere insieme una identità complessa: il documentario doveva essere girato da Elio Petri che però morì prima di iniziare le riprese. Sacrari del mondo attuale Memoria, memorial, ricognizione del presente con una mappa dei «caduti» in guerre inutili sono parole che sono tornati spesso nella mostra della Biennale 2007.
Leone d’oro a un artista presente alla mostra centrale internazionale: León Ferrari. Nell’Arsenale è stato presentato un corpus di lavori che offre alcuni esempi di una lunga e considerevole carriera. L’artista in questione ha continuato a sviluppare una pratica critica nel contesto di una situazione politica e sociale spesso avversa. Gli viene assegnato questo premio non solo per il suo atteggiamento etico e il suo impegno politico ma anche per la rilevanza estetica nel contemporaneo, inaspettata per un lavoro che si è sviluppato negli ultimi sessanta anni”. Il Leone d'oro più prestigioso è stato assegnato all'argentino Leon Ferrari (classe 1920) il più antiamericano che , in tempi non sospetti, aveva già disposto di donare la sua opera all'Archivio della Biennale. Si tratta di un Gesù Cristo crocifisso su un caccia-bombardiere. il vescovo di Buenos Aires ha chiesto ai suoi fedeli per opporsi alle sculture blasfeme di Leon Ferrari, vecchio artista di origini italiane, "Una giornata di preghiera e di digiuno” Leon Ferrari, argentino di genitori modenesi tra gli artisti sudamericani è il più importante scultore plastico. Nato a Buenos Aires, Argentina, nel 1920. Vive e lavora qui. Il suo Sito è :www.leonferrari.com.ar
Menzione d’onore a un Padiglione: La Giuria assegna una menzione d’onore a un Padiglione che presenta una lucida indagine e una sottile ironia nei confronti della stessa nozione di padiglione e del significato di identità nazionale, catturando il visitatore attraverso una narrativa avvincente. La menzione d’onore viene assegnata al Padiglione della Lituania con gli artisti Nomeda & Gediminas Urbonas.
Gediminas Urbonas, è nato a Vilnius, Lituania, nel 1966. Vive e lavora a Vilnius, Lituania.
Nomeda Urboniene(la moglie), è nata a Kaunas, Lituania, nel 1968. Vive e lavora a Vilnius, Lituania.
L’artista 40 enne lituano ha speso metà della sua vita a combattere la privatizzazione per far vedere all’occidente il volto positivo del comunismo.
Da ragazzo fu «costretto ad abbandonare gli studi» presso l’Accademia di Belle Arti della città per arruolarsi nell'esercito sovietico. Ma al suo ritorno li riprese e si laureò nel 1994. Urbonas è giudicato uno dei maggiori esponenti dell'arte contemporanea del suo Paese. Poco dopo la caduta del muro di Berlino, insieme alla moglie Nomeda, ha iniziato a studiare le trasformazioni post-sovietiche della società lituana. Per più di dieci anni ha scelto come base Vilnius. Ma le sue opere eclettiche e moderne sono state esposte in tutta Europa.
«La mia arte è inevitabilmente legata ai contenuti politici.Mentre le autorità locali soffrivano per la Perestrojka - il piano di ristrutturazione dell'economia voluto nel 1987 dal leader sovietico Gorbaciov - e tutti avevano paura del Kgb – il servizio segreto operativo dal 1954 al 1991, anno dell'indipendenza della Lituania – io sviluppavo i miei progetti e le mie installazioni perché, all'epoca, il governo ti permetteva di fare un sacco di cose!» esclama ad alta voce. «Nessuno avrebbe mai potuto immaginare che “il sistema” era fragile. Oggi l'arte contemporanea deve affrontare molti più ostacoli».
Le sue costruzioni, che mirano a combattere lo sviluppo della privatizzazione economica nel Paese, non hanno entusiasmato né le autorità né gli imprenditori locali. «A loro non interessa il significato delle mie opere» afferma Urbonas. E infatti nel 2005 il Comune di Vilnius si è opposto alla creazione dello spazio d'arte Pro-test Lab. Quest'ultimo è stato allestito dentro a un cinema, il Lietuva. L'ultimo cinema indipendente della città salvato dalla demolizione grazie alle 7mila sottoscrizioni cittadine raccolte dall'artista in un forum dedicato al progetto. «Ma il Comune ha giudicato irrilevante la partecipazione popolare e mi ha accusato di aver simulato l'interesse pubblico per salvare l’edificio» spiega l'artista.
Nel 1995 Urbonas creò un altro spazio, il Geležinis Kablys (“L’uncino di ferro”): un luogo d’incontro alternativo per i ragazzi. Negli ultimi tempi, tuttavia, l'artista ha preferito dedicarsi a lavori ancora più concettuali. «Per me - afferma - è diventato più importante studiare i contenuti degli spazi pubblici e i vari interessi che vi si intersecano».
I coniugi Urbonas hanno partecipato alla 52esima edizione della Biennale di Venezia, durante la quale hanno chiesto la restituzione alla Lituania della sua vecchia ambasciata a Roma, oggi sede del consolato russo. Un modo per riabilitare il ricordo della Lituania di altri tempi, dove "capitalismo" era una parola senza senso. Per l'occasione hanno organizzato anche una simbolica “International Pigeon Race”, per la quale alcuni piccioni bianchi sono stati fatti volare da Venezia a Roma.
N.B.
Villa Lituania si trova sulla Via Nomentana a Roma - nello stesso quartiere dove hanno sede numerose ambasciate straniere - ed è stata oggetto di interesse degli artisti Nomeda & Gediminas Urbonas che, per la Biennale di Venezia, presentano un lavoro di "anarchitectural restoration" di quello stesso edificio.
Come il suo stesso nome indica, la villa ha un forte legame con la Lituania; è stata infatti sede della sua ambasciata dal 1933 al 1940, anno in cui la proprietà passò all'URSS che aveva da poco occupato il territorio lituano. Le chiavi della proprietà vennero cedute dal governo italiano a quello sovietico in seguito agli accordi siglati con il Patto Molotov-Ribbentrop del 1939.
Nonostante la disgregazione dell'Unione Sovietica e la formazione della nuova Repubblica di Lituania avvenuta nel 1990-91, la Villa appartiene ancora alla Russia. Ad oggi è considerata l'ultimo territorio lituano occupato da un governo straniero.
Menzione d’onore a Nedko Solakov per la sua partecipazione alla mostra centrale internazionale: "Nell'Arsenale è esposta un'installazione che ha colpito la Giuria per il suo contenuto, la sua presentazione e la particolare rilevanza nei confronti dello spazio. La Giuria decide di assegnare una menzione d'onore a un artista i cui progetti si articolano attraverso un vasto repertorio di strategie estetiche e come riconoscimento per la sua capacità di creare legami provocatori tra cultura, politica e rappresentazione simbolica” l'artista bulgaro NEDKO SOLAKOV, classe 1957. Menzione d'onore a un artista:
Nedko Solakov, nato a Cherven Briag, Bulgaria, nel 1957. Vive e lavora a Sofia, Bulgaria.
Sin dai primi anni Novanta Nedko Solakov (nato a Tcherven Briag nel 1957, Bulgaria; vive a Sofia) ha partecipato a numerose esposizioni sia in Europa che negli Stati Uniti. Il suo lavoro è stato presentato a Aperto ‘93 (Biennale di Venezia); alla 48°, 49° e 50° Biennale di Venezia; alla 3° and 4° Biennale di Istanbul; a São Paulo ‘94; a Manifesta 1, Rotterdam; alla 2° and 4° Biennale di Gwangju; alla 5° Biennale di Lyon, a Sonsbeek 9, Arnhem, alla 4° and 5° Biennale di Cetinje e alla prima Biennale di Lodz. Recentemente ha avuto mostre personali al Museu do Chiado, Lisbona; De Appel, Amsterdam; CCA Kitakyushu, Giappone; Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofía, Madrid, Israel Museum, Gerusalemme e al Centre d’Art Santa Monica, Barcelona. Nel 2003-2005 un’ampia mostra personale "A 12 1/3 (and even more) Year Survey" è stata presentata al Casino Luxembourg, Rooseum Malmoe e O.K Centrum Linz. Tra i progetti futuri: “Leftovers,” personale alla Kunsthaus di Zurigo; 7° Biennale di Sharjah, Emirati Arabi; 9° Biennale di Istanbul.
Artista di fama internazionale, ha partecipato, fra le altre, alle Biennali di Istanbul, Venezia, São Paulo e a Manifesta di Rotterdam. Comune denominatore delle sue opere, realizzate con diversi mezzi (scultura, pittura, fotografia, disegno, installazione e performance), è una corrosiva e sovversiva ironia, uno sguardo acuto e divertito che sembra sempre scrutare lo spettatore e le sue reazioni.
Maria de Falco Marotta & Team