Gianpietro Scherini ricorda Walter e Rossana

Quando si perde una persona cara sono tante le occasioni in cui la si pensa, in cui si rivivono i momenti trascorsi assieme e si riassaporano le esperienze condivise. Si ricordano i momenti belli e spensierati come pure quelli più complicati e di confronto.

Mi viene difficile utilizzare il termine  di “morte”  e allora  io pure ricorro ad altre parole che  facciano intendere questa “partenza” come qualche cosa di non definitivo, quasi nella certezza di ricontrarli ancora, prima o poi da qualche parte. Non è mia intenzione addentrarmi  in aspetti che toccano la religione e che ci porterebbero troppo lontano. Walter Bonatti mi sono immaginato sia partito, in solitaria, per un lungo ed avventuroso viaggio, come era solito fare nella sua lunga carriera di alpinista prima e di esploratore poi.
Era il 13 settembre del 2011 quando  Rossana Podestà, sua compagna di vita, mi comunicò telefonicamente il tragico evento, avvenuto presso una clinica romana. La telefonata mi sconvolse anche se mi attendevo la notizia: la sua malattia non poteva essere sconfitta né da Walter né da nessun altro uomo.
Quanti  ricordi  mi legano a Lui ed a Rossana  in quasi vent’anni di amicizia, nata dal loro trasferimento in Valtellina, dopo aver ridato vita ad un vecchio casale immerso nel verde a mezza costa nell’assolata Dubino, le cui porte erano sempre aperte agli amici più intimi.
Carattere forte e deciso quello di Bonatti: nero al nero e bianco al bianco. Nessun compromesso: non lo accettava dagli altri ma Lui pure si comportava di conseguenza. Nessuna scorciatoia, nessuna furbizia o retro pensiero né in montagna né nelle esplorazioni e tantomeno nella vita di tutti i giorni.
Ha dovuto combattere  cinquant’anni per ristabilire la “verità” in merito alla prima salita al K2 e questa non è che una delle vicende che l’hanno coinvolto, suo malgrado e che gli hanno segnato la vita.
Bonatti non cercava mai lo scontro, anzi, ma se vi era costretto per ristabilire la verità o per difendersi da un sopruso,  non si tirava indietro e questo diveniva per Lui quasi una missione chiunque fosse il suo “avversario”. La viltà e la codardia non esistevano per Lui.
Mi viene spontaneo  paragonare il suo carattere  ad una tersa giornata d’estate sui monti:   ma guai se scoppia il temporale, allora vi sono tuoni, fulmini e scrosci di grandine.
Mi legava a Lui una amicizia forgiata non solo da momenti di quotidianità  ma anche da numerosi viaggi esplorativi effettuati assieme (con le rispettive gentil Signore: Rossana e Mara) in alcune delle zone recondite del nostro pianeta: l’estremo lembo della Siberia, con salita di alcuni vulcani, l’arido bassopiano della Dancalia tra Etiopia ed Eritrea,  il dimenticato e fantastico deserto del Gilf Kebir (tra Sudan, Egitto e Libia che  riuscì a stupire per la sua bellezza pure Walter)  ed il solare, affascinante e nel contempo povero Sud del Madagascar.
Riecheggiano nella mia mente i suoi coinvolgenti  racconti: attorno al fuoco di un campo, nella tenda mensa o seduti nella natura, in cui narrava  anche particolari inediti delle sue tante esplorazioni o delle sue acrobatiche salite alpinistiche.
Carattere schivo, pochi ma veri gli amici che frequentava, non era il tipo da piazzate televisive, a cui era spesso invitato e nel contempo “umile” ed informale.
Avreste dovuto vedere anche voi l’espressione incredula della giovane guida alpina russa che ci  aveva accompagnati nel nostro viaggio in Kamchatka, quando scoprì,  per averlo trovato in internet, chi era realmente quel baldanzoso e arzillo “vecchietto” con gli occhi che brillavano di una particolare luce di nome Walter Bonatti. 
La giovane guida ne rimase scioccata a tal punto che non sapeva più come comportarsi quando ci accompagnò all’aeroporto, dopo aver  compiuto, con noi alcune salite alpinistiche, tra le quali il vulcano Vilyuchisnsky  e avere sempre guardato Walter con un poco di “diffidenza”. Chi era quell’anziano signore che “faceva di testa sua” e come mai metteva in discussione gli “ordini” di una Guida alpina?
Questo viaggio all’estremo lembo della grande Russia e la salita al Vilyuchinsky  fu per me, oltre al citato siparietto, un momento indimenticabile: mi legai in cordata con Walter, con il grande Walter Bonatti.Le tante serate trascorse assieme ed  i viaggi effettuati non riescono a creare un legame così profondo come quello che  nasce da una salita in montagna ( dimostratasi non banale)  dove ci si lega assieme e si condivide la stessa sorte.
Questo  fu il più bel regalo che Walter mi potesse fare ritornava ad arrampicare dopo decenni con me. In questa ascensione  calzava  i ramponi con cui salì (anni 60) la nord del Cervino ed  impugnava la medesima piccozza che alzò al cielo dalla vetta dell’inviolato Gasherbrum IV, di quasi 8000 metri, salito in perfetto stile alpino, senza ossigeno.
Anche  alcuni capi del suo equipaggiamento alpinistico erano  quelli utilizzati in sue famose imprese e che ben ricordavo dalle foto dei suoi libri più famosi: pareva che il tempo per Lui non fosse passato,  con un  fisico ancora asciutto ed atletico forgiato da decenni di sport ed allenamento, nonostante i quasi 80 anni.
Non era un “modaiolo” e non inseguiva le novità nell’ abbigliamento sportivo, che avrebbe potuto avere con tanto di sostanziosa sponsorizzazione economica.  Walter era così, mai lo avrete visto come  testimonial pubblicitario su una rivista o in televisione, nonostante le numerose ed allettanti proposte ricevute a cui sistematicamente ha sempre detto NO, per salvaguardare la sua  libertà e la sua dignità che sempre anteponeva al danaro.
Mi sembra ieri il rientro dall’ultimo viaggio effettuato assieme a Lui unitamente a Rossana Podestà e mia moglie Mara che è stata (come sopra ho già ricordato) la traversata del deserto del Gilf Kebir, una decina di giorni in tenda nel nulla senza incontrare nessuno. Ne risento la  voce calma e decisa, provenire dalla sua tenda,  durante  una violenta  tempesta di sabbia notturna (che gli squarciò la tenda), che mi rassicurava di non avere né Lui né Rossana alcun problema. Era abituato a ben altro nelle sua vita avventurosa.
In questo suo ultimo viaggio lo trovai sereno ed impegnato nell’effettuare riprese con la sua telecamera. Lo vidi stupito ed ammirato come spesso solo i giovani sanno fare per alcuni peculiarità di questo deserto.
  Francamente taluni aspetti sono peculiari di questo deserto come i silica glass ( sabbia vetrificata da impatti meteorici preistorici) o rari da vedersi come le folgoriti ( tubi di sabbia vetrificata da folgori di temporale) mentre altri abbastanza comuni nei deserti nel mondo.
Con il senno di poi sembrava che Walter volesse gustarsi questo ambiente naturale interamente per serbarlo dentro di se. Non ne ha perso neppure  un attimo e la fortuna ha voluto che nella decina di giorni non incontrassimo nessuno. Eravamo solo noi del nostro gruppo i “padroni” del deserto.
Walter aveva già dentro di sé il male che gli fu diagnosticato solo al rientro in Italia e che rimase, fino all’ultimo,  un intimo segreto tra i famigliari e noi amici più cari.
Erano trascorsi poco più di sei mesi da questa nostra ultima avventura ( siamo alla fine dell’agosto del  2011) quando Rossana mi  chiamò per invitarmi a raggiungerli prima possibile a casa loro all’Argentario: aveva intuito che erano giunti ormai gli ultimi giorni  per  Walter. Mi sconvolgeva il fatto di andare a trovare un uomo che per me era  “il maestro” nei suoi ultimi giorni terreni: non immaginavo  come avrei potuto trovarlo. Non lo avrei mai voluto vedere piegato dal male e dal dolore.
Ma mi sbagliavo e di grosso : trovai un Walter stanco sì, ma vitale come lo ricordavo, immerso nei suoi carteggi con l’inseparabile macchina da scrivere meccanica, degli anni 50  con  tanti progetti per il futuro.
Non riscontrai tristezza nei suoi occhi, nessun cedimento nella voce e nel comportamento ma trovai la solita fierezza da “vecchio leone” con le cicatrici  delle tante battaglie combattute e sempre vinte.
In tale occasione mi riconfermò la sua soddisfazione per l’avventura appena vissuta nel deserto egiziano ed il suo stupore per la sua bellezza.
Rientrati in Valtellina dopo un paio di giorni trascorsi con Lui e Rossana arrivò quel brutto 13 settembre 2011e mi squillò il cellulare, era Rossana………
Ciao Walter questa di battaglia non la potevi vincere, neppure Tu.
Ciao Rossana che hai raggiunto il Tuo Walter non senza compiere altri viaggi in suo ricordo e da ultimo con noi un memorabile deserto del Sudan.

L'autore dell'articolo, già deputato, a 24 anni era già Accademico del CAI. Istruttore nazionale di scialpinismo ha 'passeggiato? sulle montagne di mezzo mondo (forse più di mezzo) - ndr -

Gianpietro Scherini
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