"IN DARKNESS" (27 GENNAIO, GIORNATA DELLA MEMORIA)

Shoah, se ne parla in maniera compassionevole per le vittime, mentre la Shoah è un'enorme questione politica e antropologica

Tra i tanti studiosi della Shoà, mi ha colpito quello che ha detto lo storico e responsabile editoriale del Mémorial de la Shoah di Parigi, Georges Bensoussan, autore di una Storia della Shoah che La Giuntina ha appena tradotto e pubblicato in Italia. Tre le tante cose che dice mi ha lasciato interdetta che di questa , se ne parla troppo e male. "Cioè se ne parla in maniera compassionevole per le vittime, mentre la Shoah è un'enorme questione politica e antropologica. Politica, perché pone il problema di come un popolo civilizzato abbia scientemente deciso di eliminarne un altro. Antropologica, perché rappresenta una cesura, una rottura nella civiltà occidentale. Lo capirono per primi certi intellettuali cattolici del dopoguerra, come Maritain, Claudel o Julien Green. Poi il tema è stato ripreso dagli Anni 70 con uno studio della Shoah che si è giovato di nuovi strumenti, per esempio la psicanalisi». Poi dice ancora che a livello mediatico «C'è una saturazione della memoria. Il discorso sulla Shoah, sui giornali, nei film, in televisione, è talmente invadente e basato soltanto sul pathos da diventare banalizzante. La nostra è una società compassionevole, dove lo status di vittima è quello più ambito. Dunque ognuno vuole avere la sua Shoah. E Auschwitz viene continuamente evocato per situazioni completamente diverse. Fino al paradosso di paragonare sulla questione palestinese i nazisti di ieri agli israeliani di oggi, che è una bestialità»(Cfr. La Stampa,22 gennaio 2013).

E- allora- come la mettiamo con le ultime indagini che dicono che i giovani non leggono, anzi poco, pochissimo? Usano - si sa- Ipod, telefonini, Internet e tutti i mezzi elettronici messi giorno dopo giorno a loro disposizione. Diego che ha otto anni, li sa già usare tutti.

Questo impone agli educatori( genitori, scuola, società…) di proporre loro i temi più dolorosi attraverso i New Media, perciò - credo - che il cinema fatto perbene- sia uno strumento utilissimo per aiutare la nostra gioventù a crescere nella comprensione dei drammi vissuti del passato, senza odio, né benevolenza, ma con fermezza di non volere che mai più nella nostra società si ripetano simili orrori. Come quello che- appunto- ha filmato straordinariamente una cineasta polacca HOLLAND Agnieszka che io ho avuto la fortuna di conoscere alla Mostra di Venezia del 1992, quando presentò Olivier, Olivier, insignito da un premio di CINEAVVENIRE., che ha il titolo di "in Darkness"(cioè nel Buio).

- in Darkness-

"in Darkness" racconta la storia vera di Leopold Socha, operaio del sistema fognario e ladruncolo a Lvov, nella Polonia occupata dai nazisti. Dopo essersi imbattuto in un gruppo di ebrei nelle fogne della città, Socha accetta di nasconderli per denaro. Ma quello che inizia come un banale accordo per il proprio interesse prende una piega inaspettata. Insieme, dovranno trovare un modo per scampare alla morte, nei 14 mesi vissuti in un continuo stato di allerta.

(Cfr. Sito italiano del film che uscirà il 25 gennaio 2013).

Scheda tecnica

"In Darkness"uscita in Italia: giovedì 24 gennaio 2013

Distribuzione: Good Films

Titolo originale: "In Darkness"

Genere: drammatico / guerra

Regia: Agnieszka Holland

Sceneggiatura: David F. Shamoon (basato sul libro di Robert Marshall, uno dei più noti Senior Producer della BBC. Autore di numerosi documentari di successo, ha pubblicato, oltre a Tempesta dall'Est, All the King's Men, Shadow Makers e In the Sewers of Lvov).

Musiche: Antoni Komasa-Lazarkiewicz

Durata: 145 minuti

Sito web ufficiale (USA)

Sito web ufficiale (Italia)

Cast: Robert Wieckiewicz, Benno Fürmann, Agnieszka Grochowska, Maria Schrader, Herbert Knaup, Marcin Bosak, Julia Kijowska, Jerzy Walczak, Oliwer Stanczak, Milla Bankowicz

Chi è la regista

La regista polacca Agnieszka Holland arriva nelle sale italiane, in occasione del Giorno della Memoria, con lo straordinario film drammatico "In Darkness", candidato all'Oscar per il miglior film straniero nel 2012. La pellicola è tratta dal saggio di Robert Marshall "In the Sewers of Lvov: A Heroic Story of Survival from the Holocaust" e racconta una commovente e profonda storia di altruismo, solidarietà umana e speranza nel periodo storico più buio che il mondo abbia mai attraversato. Ai sentimenti buoni si mescolano quelli oscuri dell'affarismo, tradimento, bugie, inganni, in un continuo passaggio dalle tenebre delle fogne alla luce del sole. Per non dimenticare. La regista , sceneggiatrice cinematografica , è nata a Varsavia il 28 novembre 1948. Cineasta intimamente segnata dal cinema polacco e dalla scuola praghese che hanno contribuito alla sua formazione culturale insieme alla Nouvelle vague francese (Jean-Luc Godard e Robert Bresson), possiede uno degli sguardi più liberi, acuti e apolidi, in grado di non sacrificare i propri aspetti più peculiarmente europei, ma di contaminarli con le forme hollywoodiane contemporanee. I suoi film, spesso legati alle tematiche complesse della famiglia, della sessualità, del conflitto con la Storia, dei passaggi delicati e misteriosi tra infanzia, adolescenza ed età adulta, possiedono la forza e la grazia di restare con discrezione accanto ai propri personaggi, seguendone i movimenti e le scelte, con la morbidezza lenta dei carrelli, con la sensualità di uno sguardo che non si distoglie dai corpi e dai volti e che, al tempo stesso, nel filmare riesce a lasciare uno spazio creativamente aperto e praticabile, quell'ambigua e densa sospensione che percorre e tanto di frequente chiude i suoi film. Figlia di madre cattolica e padre ebreo, la cui famiglia era stata sterminata dai nazisti nel ghetto di Varsavia, la H. crebbe in un ambiente in cui si praticava un appassionato attivismo politico, critico nei confronti del regime. Il padre, quadro del partito comunista polacco, morì in circostanze misteriose durante un interrogatorio, cadendo da una finestra, quando la H. aveva tredici anni. Trasferitasi in Cecoslovacchia fu ammessa giovanissima ai corsi della FAMU, la celebre scuola di cinema di Praga, dove ebbe come insegnanti Miloš Forman e Ivan Passer, e lì visse il periodo della Nová Vlna e della Primavera di Praga, conclusosi con la repressione sovietica e per la H., in quanto dissidente, con l'esperienza del carcere. Nel 1971, ottenuto il diploma, ritornò in Polonia ed entrò a far parte di un collettivo di cineasti guidati da Andrzej Wajda. Nel 1973 esordì come assistente alla regia di Krzysztof Zanussi per Iluminacja (Illuminazione), e realizzò il televisivo Niedzieene dzieci (1977, I ragazzi della domenica). Partecipò anche alla stesura di varie sceneggiature, soprattutto con Wajda, tra cui, non accreditata, Człowiek z marmuru (1977; L'uomo di marmo), Dyrygent (1980; Il direttore d'orchestra), Człowiek z z̊elaza (1981; L'uomo di ferro), stabilendo con quel regista un intenso rapporto creativo. Da sempre, inoltre, coltivava un vivo interesse per il teatro e a Gorca e a Cracovia mise in scena vari testi, tra cui Lorenzaccio di A. de Musset, Il processo di F. Kafka e Woyzeck di G. Büchner. Nel 1979, la H. realizzò il suo primo film per il grande schermo: Aktorzy prowincjonalni (Attori di provincia), che ottenne il premio FIPRESCI al Festival di Cannes, mentre Gorączka (1981, noto anche come Fever), che la regista dichiarò essere "un film realizzato in uno stato di libertà interiore mai più ritrovato" (Piazzo 1991). Successivamente uscì Kobieta samotna (Una donna sola), realizzato prima del colpo di Stato del 13 dicembre 1981, che costrinse H., già all'estero, a stabilirsi a Parigi. A lungo inedito, il film fu presentato a Montréal nel 1987, ottenendo il Gran premio del nuovo cinema. Gli anni dell'esilio coincisero con la sua crescente affermazione artistica e contribuirono a farle elaborare uno stile apolide, libero e personale. Con Bittere ernte (1985, Raccolto amaro), incentrato sulle peregrinazioni di una donna ebrea in fuga obbligata a nascondersi dai nazisti, nel 1986 ottenne una nomination all'Oscar per il miglior film straniero, mentre nel 1988 la H. affrontò con To kill a priest (Un prete da uccidere) un pezzo di storia polacca che la riguardava da vicino. Prendendo le mosse da un fatto realmente accaduto, il film disegna la figura di padre Alec (Christopher Lambert), nella realtà padre Jerzy Popiełuszko, prete vicino a Solidarność, ucciso dalla polizia segreta. La Storia è stata spesso mostrata dalla H. come complessa compresenza di opposte realtà con cui vanno fatti i conti, duramente e senza autoindulgenza. Così avviene, per es., in Europa Europa (1990), vincitore del Golden Globe, che racconta la vicenda reale di un ragazzino ebreo che per salvarsi nella Germania nazista si finge ariano, fino al punto di arruolarsi militare nella gioventù hitleriana. Nel 1992 è stato presentato alla Mostra del cinema di Venezia Olivier Olivier, film sospeso tra l'andamento da favola crudele con cui viene narrata la vicenda di un bambino che un giorno non fa più ritorno a casa e il duro realismo di un fatto di cronaca. Nel 1993 la H. ha diretto The secret garden (Il giardino segreto), tratto dal romanzo di F.H. Burnett e prodotto da Francis Ford Coppola, ancora incentrato su un gruppo di bambini e il delicato passaggio dall'infanzia all'adolescenza. La H. riesce a filmare con uno sguardo anticonformista e tenero, partecipe del mistero proprio di ogni trasformazione, i dettagli dei volti, come a cogliere i particolari del paesaggio naturale, la brughiera che circonda il castello e il giardino nascosto e riportato alla vita dai ragazzi. Total eclipse (1995; Poeti dall'inferno), girato in Belgio, mette in scena il rapporto devastante fra P. Verlaine e J.-A. Rimbaud (interpretato da un giovanissimo e sorprendente Leonardo Di Caprio) pur non riuscendo a essere particolarmente convincente. Ma è stato con Washington Square (1997), dal romanzo di H. James, forse il suo film più sentito e compiuto, che la H., ormai stabilitasi negli Stati Uniti, ha raggiunto la pienezza di uno stile capace di coniugare la problematicità e lo spessore di uno sguardo europeo con le forme tipiche del cinema hollywoodiano. Quest'opera, sottile e coraggiosa, al limite della crudeltà, intimamente femminile, raccoglie, senza cadere nella facile trappola del ritratto psicologico, la sfida di mostrare, e di filmare, le trasformazioni degli esseri umani. Dominato dalle ombre e dalle dissolvenze, illuminato dall'intensa presenza di Jennifer Jason Leigh, è molto più di un remake di The heiress (1949) diretto da William Wyler, da cui prende in effetti le necessarie distanze per riscrivere quel medesimo personaggio di Catherine nel solco della differenza, alla luce di un'incommensurabile libertà femminile. Con The third miracle (1999; Il terzo miracolo) la componente religiosa insita nella formazione della regista viene reinvestita e interrogata problematicamente e materialisticamente. Il prete (Ed Harris), protagonista del film, che sembra aver perduto la fede, è alla ricerca di risposte che forse non arriveranno mai. Questa stessa chiave, che coinvolge il destino, la fatalità, il miracolo, il bisogno d'amore e l'incombenza della morte, ritorna anche nell'opera presentata in concorso alla Mostra del cinema di Venezia nel 2002, Julie walking home, che, come spesso avviene nel cinema della H., non si consegna allo spettatore come opera finita, ma come spazio libero, come punto di fuga, attraverso e oltre il cinema, come testo aperto su cui poter lavorare. Bibliografia( cfr. antologie del cinema; riviste di cinema e S. D'Arbela, Nuovo cinema polacco. L'inquietudine e lo schermo, Roma 1981, pp. 139-41; Ph. Piazzo, Europa, Europa. Entretien avec Agnieszka Holland, in "Jeune cinema", janvier-février 1991, 205, pp. 4-11; G.P. Crnkovic, Interview with Agnieszka Holland, in "Film quarterly", winter 1998-99, 2, pp. 2-9; F. Jameson, Signatures of the visible, New York 1992 (trad. it. Roma 2003, pp. 123-53)).

Cosa hanno scritto i giornali su: "in Darkness"

"Un film ricco di suspense, di tensione e di diversi momenti di autentica commozione."

THE NEW YORK TIMES

"Uno stile spassionato, lucidissimo e controllato, uno sguardo senza compromessi... Agnieszka Holland ci mostra le profondità del male, un inferno che è sia sopra che sotto la terra".

THE LOS ANGELES TIMES

"Una storia di coraggio e solidarietà che va diritto al cuore".

THE WASHINGTON POST

Cosa ha detto la regista a proposito di "in Darkness": "Il 2009 ( l'anno in cui ha girato il suo film), ha portato una quantità di storie nuove sull'Olocausto attraverso libri e film. Viene da chiedersi se non sia stato detto tutto sull'argomento. Eppure, secondo me, il mistero principale non è stato ancora rivelato e nemmeno analizzato completamente. Come è stato possibile questo crimine (l'eco del quale risuona ancora in diverse parti del mondo, dal Ruanda alla Bosnia)? Dove si trovava l'Uomo in quel periodo critico? Dov'era Dio? Tali vicende e azioni rappresentano l'eccezione nella storia umana o rivelano piuttosto una verità oscura, intima sulla nostra natura?

Esaminare le molte storie di questo periodo mostra un'incredibile varietà di destini e vicissitudini, spiegate in un ricco tessuto di trame e drammi, con personaggi che affrontano scelte morali e umane difficili, dando prova sia del meglio sia del peggio della nostra natura.

Tra le varie storie c'è quella di Leopold Socha che nasconde il gruppo di ebrei del ghetto nelle fognature di Lvov. Il protagonista è ambiguo: apparentemente un brav'uomo di famiglia, però anche un ladruncolo e un truffatore, religioso e immorale allo stesso tempo, forse solo un uomo qualunque, che vive tempi terribili. Nel corso della narrazione, Socha cresce in diversi modi come essere umano. Non c'è nulla di semplice o sentimentale nel suo percorso. È questa la cosa affascinante, il motivo per cui facciamo questo viaggio insieme con lui.

Le persone che Leopold salva non sono angeli. La paura, le condizioni terribili, l'innato egoismo le rendono complesse e difficili, a tratti sono esseri umani insopportabili, ma sono reali e vivi, e le imperfezioni avvalorano la loro rivendicazione per il diritto alla vita più di quanto farebbe una qualsiasi versione idealizzata delle vittime.

La storia mi è piaciuta da subito, ne ho apprezzato il potenziale, i personaggi e la sceneggiatura. La sfida più grande, ma anche la più eccitante per me come regista era l'oscurità (darkness). Vivono al buio, nel fetore e nell'umidità, in isolamento per oltre un anno. Sapevamo di dover esprimerlo, esplorare il mondo sotterrano in una maniera molto speciale, realistica, umana. Volevamo che il pubblico avesse una percezione sensoriale dello stare lì, per mantenere viva la tensione, man mano che lo spettatore si concentra sulla storia. La dinamica del film è costruita alternando il mondo dei due leader, Socha e Mundek. I due universi si uniscono e diventano uno, il mondo nel quale devono collaborare per sopravvivere".

Dei sopravvissuti che nel 1944 riemersero dalle viscere di Lvov (oggi Lviv, in Ucraina)

è ancora viva solo Krystyna Chiger, 76 anni. Il suo racconto di quell'esperienza, raccolto nel libro "La ragazza nel maglione verde", in Polonia è diventato un bestseller. Krystyna racconta a Metro i suoi ricordi dell'Olocausto.

- Aveva solo 8 anni quando cominciò a nascondersi dai tedeschi nelle fogne, dove rimase 14 mesi. Quale fu l'aspetto peggiore: la fame, i topi o la paura di morire affogata?

È difficile dirlo. Ma è stata la peggiore esperienza della mia vita.

- Ha raccolto le sue memorie d'infanzia in " La ragazza con la maglia verde". Che fine ha fatto quella maglia?

È rimasta con me per molti anni. Finché non ho deciso di donarla al Museo in Memoria dell'Olocausto di Washington, negli Stati Uniti. Lo hanno restaurato e lo conservano per le mostre future. Ma è già stato esibito in vari musei americani.

- Ha raccontato del polacco che vi aiutò a sopravvivere. Un fatto che respinge la convinzione che i polacchi fossero antisemiti?

La risposta è no. Sfortunatamente Leopold Socha fu uno dei pochi polacchi che misero loro stessi e la propria famiglia in grande pericolo. All'inizio era ricompensato con i gioielli, è vero, ma quando soldi e oro finirono continuò la sua buona azione. Per questo gli sono grata: ha salvato la mia famiglia e molti altri. Ogni anno, nel Giorno della Memoria, accendo una candela per lui e recito una preghiera per la sua anima.

- Centinaia di persone, allora, si rifugiarono nelle fogne. Come mai ne sono sopravvissute solo dieci?

Non tutti riuscivano a sopportare l'ambiente terribile offerto dalle fogne e Socha e due suoi amici poterono prendersi cura solo di pochi. Gli altri uscirono e furono catturati e uccisi dai nazisti, altri ancora si uccisero o si ammalarono fino alla morte.

- Le è piaciuto vedere il film "In the Darkness", della regista Agnieszka Holland, che racconta la vostra storia?

Ogni cosa che mi ricorda i giorni nel ghetto e nelle fogne mi fa stare male. Sono memorie molto dolorose e non mi piace pensarci. Ma mi forzo di parlarne perché mi rendo conto che la storia potrebbe ripetersi. E quindi, affinché le generazioni future non dimentichino, ne parlo e ne scrivo. Il film della Holland è così realistico che ho avuto i brividi e ho pianto durante tutta la visione. E un sacco di gente ha fatto lo stesso.

- Era un giorno di sole quando siete riemersi dalle fogne? È stato bello o doloroso?

Non ricordo se ci fosse il sole o no, ma uscimmo in un piccolo cortile. Ciò che ricordo è che la luce del sole ci accecò, ma l'atmosfera era di giubilo. Solo il mio fratellino, di quattro anni, voleva tornare indietro. Dopo 14 mesi le fogne erano diventate una casa per quel bambino, sempre che sia possibile chiamarle "casa". (Anna Fic-Szaniawska/Metro World News Varsavia)

Maria de falco Marotta

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