"IN POLITICA, MENTIRE É NECESSARIO" (DAVID RUNCIMAN)

Finita la Festa del G8, patetica kermesse a metà fra una rivista di gossip e un rotocalco televisivo di propaganda politica. La congrega di marionette lautamente stipendiata attraverso il denaro pubblico ed impropriamente etichettata come "grandi della terra" da uno stuolo di giornalisti presuntuosi, abituati a succhiare la propria mancia dalla stessa fonte, si è profusa durante questi giorni in una rappresentazione tutto sommato mediocre.

Tutti a casa felici e contenti, anche per aver goduto delle straordinarie vivande del nostro Paese di cui possiamo essere fieri, al di là della politica italiana che bada più ai blog che ai problemi. A vederli, così belli, felici, protetti e serviti, mi é venuta in mente quella filastrocca di quando andavamo all'asilo: Oh che bel Castello parcondi ondirondella, ma anche: Oh, quante belle figlie madama Dorè, vista l'attenzione estrema concessa alle "First Lady" senza che facessero altro che "annoiarsi" tra una passeggiata a Coppito e una cena durante la quale si sono scambiate le solite chiacchiere (poi, così diverse tra loro e così in concorrenza per essere il number one sui giornali di gossip che in Italia vanno la maggiore!).

Cosa s'è visto, insomma?

Proclami generalisti privi di fondamento, buonismo di facciata dispensato a pioggia, vagonate di banalità spacciate come il risultato di complessi studi analitici, ottimismo fuori luogo sempre presente, al fine di dimostrare all'opinione pubblica che i mestieranti della politica continuano a tenere in pugno la situazione,a prescindere da quanto grave essa sia.

La crisi economica? Uno spauracchio, vero e proprio incidente di percorso, che ormai i "grandi" si sono lasciati alle spalle, per approdare a breve nella verde vallata della ripresa e dello sviluppo.

I mutamenti climatici? Un problema tangibile che fortunatamente i "grandi" dall'alto della propria lungimiranza sono riusciti a risolvere in quel di Coppito, attraverso proclami e proponimenti privi di qualsiasi valenza scientifica ma pregni di buona volontà, che rimetteranno sicuramente a posto le cose entro il 2050.

La fame nel mondo? Una piaga da lenire attraverso l'elargizione di una ventina di miliardi di denaro pubblico a quegli stessi soggetti che nel tempo hanno contribuito a rendere i paesi africani sempre più poveri e indebitati.

Poco importa se la fame sta iniziando a farsi strada anche nell'ex opulento occidente, dove le fabbriche chiudono, le code alle mense della Caritas s'ingrossano a dismisura e negli USA iniziano a proliferare tendopoli simili a quelle dell'Aquila ma destinate ad ospitare i poveri anziché i terremotati. Così come poco importa se il deterioramento dell'ambiente a livello globale continua a peggiorare in maniera esponenziale, mentre la malattia della biosfera, violentata dalla tecnosfera si fa ogni giorno più grave, infischiandosene delle rappresentazioni teatrali di un manipolo di cantastorie.

Una rappresentazione che nonostante la sua assoluta inutilità, al contribuente italiano è costata parecchio, senza ricevere nulla in cambio. Sempre che non abbiate trovato il modo per entusiasmarvi di fronte al nuovo vestito di Michelle, alla capacità di andare a canestro di Obama, al quadretto commovente costituito da Sarkò e Carlà mano nella mano o ai tanti complimenti che tutti gli ospiti si sono sentiti in dovere di rivolgere al nostro Presidente del Consiglio per l'impeccabile ospitalità, gentilmente offerta da tutti gli italiani che pagano le tasse e continueranno a pagarle fino a quando la crisi economica (quella che ormai ci siamo lasciati alle spalle) non li costringerà a prendere posto anche loro sotto ad una tenda, purtroppo molto meno lussuosa ed accessoriata rispetto a quella di Gheddafi (Cfr.: Http://ilcorrosivo.blogspot.com/2009/07/)

E per il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi?

Per Berlusconi è stato sicuramente un successo mediatico, ma per l'Africa, il nostro pianeta e le persone in carne ed ossa che subiscono il peso della crisi, il G8 dell'Aquila è stato un mezzo fallimento.

Gli stanziamenti per l'Africa (passati da 25 a 15 per poi assestarsi a 20 miliardi di dollari) non sono altro che merce riciclata delle promesse fatte al G8 di Glenagles e, prima ancora, all'Assemblea del Millennio delle Nazioni unite nel 2000. Non si sa questi soldi chi e come li raccoglierà e da dove verranno, né come - se trovati - verranno spesi. L'accordo sul clima è al di sotto delle aspettative delle Nazioni Unite e il loro Segretario generale se ne è lamentato pubblicamente. Fissare tra 41 anni (nel 2050) l'obiettivo della riduzione dei gas serra è il modo più comodo per prendere tempo, salvo poi rivedere al ribasso gli obiettivi ora posti, via via che si dimostreranno irrealizzabili. La conclamata lotta ai paradisi fiscali e agli imprevisti profitti dei petrolieri è una pura petizione di principio. E "people first" (prima le persone) è solo un vacuo slogan per nascondere l'assenza di misure vere per fronteggiare la crisi economica e finanziaria globale. Per nuove regole sul commercio si rinvia al vertice di Doha del 2010. E per i mercati l'enfasi è che continuino a rimanere "aperti" (non sia mai, il protezionismo!), non sul fatto che si stabiliscano regole dure e stringenti per evitare il casinò finanziario che ha dominato indisturbato in questi anni. Dei "diritti" del mercato si parla in lungo e in largo nelle dichiarazioni dei G8, dei diritti del lavoro non c'è traccia.

Il G8 continua ad essere un club inutile (per il mondo) e anzi, spesso dannoso. Inefficace nel regolare le politiche globali ed ambientali sullo sviluppo ed egualmente inefficace nel fare fronte comune per rispondere ad una crisi economica e finanziaria senza precedenti nel secondo dopoguerra. Con un'operazione di maquillage politico e mediatico il G8 si allarga - a seconda dei giorni - a G14 e poi a G20, ma nella sostanza nulla cambia. I paesi emergenti rimangono alla finestra, ma soprattutto sono tenuti fuori dalla porta gli altri 180 e passa paesi sulla cui testa ricadono alcune decisioni prese dal G8. Le Nazioni unite sono isolate ed emarginate, fuori dal gioco: eppure sarebbero le uniche titolate a parteciparvi.

Anche l'invito - nella dichiarazione finale - a seguire l'esempio del "trattato di non proliferazione e l'impegno a creare le condizioni di un mondo senza armi nucleari" suona un po' strano alle orecchie di chi aspira alla pace. Sicuramente giusto. Ma mentre si lavora per creare "le condizioni" di un mondo senza armi nucleari, il G8 si dimentica di informarci che ogni anno si spendono oltre 1.200 miliardi di dollari per le armi (l'80% a carico dei paesi del G8) e basterebbe ridurre del 4% la spesa militare mondiale per avere a disposizione il doppio dei soldi stanziati per l'Africa.

Per l'Africa di soldi ne sono stati stanziati in questi anni. A parole. Infatti gli obiettivi del Millennio - per mancanza di risorse - sono nel frattempo falliti e Berlusconi di promessa in promessa è arrivato a ridurre del 56% i fondi per la cooperazione allo sviluppo nell'ultima finanziaria, portando allo 0,11% la percentuale del PIL destinata ai paesi poveri. Rivendicare il "successo"del G8 è un'ipocrisia assoluta di fronte a tante migliaia di persone che muoiono di fame e di malattia nel continente africano - e ai milioni di lavoratori che perdono il posto - alle quali si fanno continue promesse che non vengono mantenute. Il G8 è ormai un vecchio arnese degli anni del neoliberismo. E' ora di cambiare rotta, di tornare alle Nazioni unite e ad un'idea di mondo diversa, fondata sulla pace, la democrazia, un'economia di giustizia. Ovviamente di questo al G8 non si è parlato. Figuriamoci!

Le promesse mancate

-In economia

La recessione globale è stata quasi un fantasma: se n'è parlato pochissimo. Si è preferito non mettere a nudo una divergenza di fondo: tra chi ritiene che occorrono nuove manovre a sostegno della crescita, e chi pensa che sia già arrivato il momento di ridurre i deficit pubblici galoppanti. Il vertice ci lascia invece un lungo elenco di promesse, a futura memoria. L'impegno a sbloccare i negoziati sulla liberalizzazione degli scambi mondiali, sconfiggendo il protezionismo. L'annuncio di nuovi mezzi per la lotta alla povertà e alla fame. Una carta di principi per disciplinare i mercati finanziari.

Si è evitato con impegno di entrare nei dettagli. Decisioni concrete non si vedranno per effetto di questo G8. Mentre sono ben visibili le lacune e omissioni. E' chiaro ormai che l'emergenza alimentare dei paesi poveri è aggravata dalla speculazione sui futures delle materie prime, ma limitare questo business non è competenza del G8.

Sulla guerra ai paradisi fiscali restano imprecisioni e zone d'ombra, come la strenua difesa cinese di due piazze finanziarie offshore come Hong Kong e Macao. Nel G14 le potenze emergenti guidate da Pechino hanno posto un problema serio: come superare la dannosa centralità del dollaro negli scambi mondiali? Una questione così cruciale, che è stata semplicemente ignorata.

Per L'AFRICA

il G8, in quanto a "spendere parole" per l'Africa, è stato munifico. Naturalmente, la retorica sta in proporzione inversa all'economia. I Grandi della Terra si sono solennemente impegnati a spendere d'ora in poi una parte dei soldi che avevano promesso e si guardarono poi dal versare negli anni scorsi., ma con l'impegno sottoscritto da tutti i partecipanti al G8, si spera che saranno decisi a mantenere la loro firma.

Siccome il gioco mostra la corda, hanno battuto un po' di più sul tasto della necessità di controllare che gli aiuti vadano davvero a chi ne ha bisogno, e non si disperdano strada facendo. Come se fosse questa la ragione che ha fin qui trattenuto il loro buon cuore. Si è calcolato che "nei tre giorni del G8 sono morti di povertà 75 mila bambini". Se è per questo, 75 mila anche nei tre giorni prima e altri 75 mila nei tre giorni dopo, e così via.

I grandi numeri, si sa, sono i più anestetici. Ieri Obama ha ricordato che la crisi respinge nella fame un miliardo di persone. Obama ha parole inaudite da spendere, un padre kenyota, parenti nei villaggi, storie di famiglia. Gli altri devono citare. Indicando Brown, Berlusconi ha raccontato con voce commossa del bambino africano morto di fame in grembo alla madre, consolandola: "Arriveranno le Nazioni Unite". Le Nazioni Unite, ha commentato Obama, non sono mai arrivate. Infatti. E non è arrivato nessun altro grande.

Ahi, l'AMBIENTE!

Quando è finita l'età pre-industriale? E quanto caldo faceva? Occorre rispondere a tali domande per capire il senso del documento sul cambiamento climatico approvato dagli otto grandi a L'Aquila. Esso infatti statuisce che "l'aumento della temperatura media globale sopra i livelli pre-industriali non deve superare i 2 gradi Celsius". In punto di logica, il passo successivo sarà dunque la riunione di un panel di storici e climatologi per affrontare le due succitate questioni.

Servirà invece una commissione di futurologi per valutare la consistenza dell'obiettivo, per i paesi sviluppati, di "ridurre del 50% le emissioni globali" (di gas serra, si presume, anche se non sta scritto). La scadenza qui è secca e inequivocabile: "Entro il 2050". Infine, un comitato di filologi stabilirà quale data si intenda con la frase "1990 o anni più recenti", cui il documento si riferisce come termine di paragone per la riduzione dell'80% delle emissioni (stavolta è specificato: "di gas serra") entro il 2050.

Una cosa ci sentiamo fin d'ora di garantire. Nessuno dei firmatari del documento sarà chiamato a risponderne fra 41 anni, almeno come leader in attività. Per sicurezza, comunque, i capi dei paesi "emergenti" - abbondantemente emersi come protagonisti della scena mondiale - hanno fatto sapere di non sentirsi vincolati da quel testo. Tanto per non sbagliarsi.

Il club degli Otto Grandi, deve staccare la spina! Ma allora che ci stanno a fare e sprecare tanti soldi per i popoli?

Il G8 è considerato un reperto diplomatico di un mondo che non esiste più, il Gruppo degli Otto saltella sulla roulette della storia, da gruppo dei 4, divenuti poi 6, poi 7, poi 8, ora 14+1, o addirittura 20, spinto dalla ormai evidente constatazione che esso non rappresenta più quel mondo che pretenderebbe di governare. Barack Obama lo ha chiamato un organismo "in transizione" che è un modo gentile per dire che è finito, Berlusconi lo ho difeso soltanto come ultimo "club" delle democrazie, dimenticando che democrazie sono anche Brasile, Sudafrica e Spagna sempre esclusa.

Basti ricordare come era il mondo quando esso prese la forma che conosciamo ora, nel 1975, che guardava Ford alla Casa Bianca, Aldo Moro a Palazzo Chigi, Mao alla guida della Rivoluzione Culturale cinese, Giscard d'Estaing all'Eliseo e il duo Brezhnev-Kossygin al Cremlino, per misurare la strada che ha fatto il mondo mentre il "Club" autoreferenziale degli 8 restava fermo.

Nel 2010 in Canada, dovrebbe ancora esistere, perché nessuno sa bene con che cosa sostituirlo. Non è meglio toglierlo di mezzo, per non far spendere ai paesi ospitanti milini di dollari altrimenti utili per risolvere i problemi dei problemi interni che ogni Stato ha?

E per finire

I giusti (di Jorge Luis Borges)

Un uomo che coltiva il suo giardino, come voleva Voltaire.

Chi è contento che sulla terra esista la musica.

Chi scopre con piacere una etimologia.

Due impiegati che in un caffè del Sur giocano in silenzio agli scacchi.

Il ceramista che premedita un colore e una forma.

Il tipografo che compone bene questa pagina che forse non gli piace.

Una donna e un uomo che leggono le terzine finali di un certo canto.

Chi accarezza un animale addormentato.

Chi giustifica o vuole giustificare un male che gli hanno fatto.

Chi è contento che sulla terra ci sia Stevenson.

Chi preferisce che abbiano ragione gli altri.

Queste persone, che si ignorano, stanno salvando il mondo.

Anche noi lo crediamo!

Maria de Falco Marotta

Maria de Falco Marotta
Società