OH, NATALE!!!

“Avendo un Figlio unigenito Dio l'ha fatto figlio dell'uomo, e così viceversa ha reso il figlio dell'uomo figlio di Dio. Cerca il merito, la causa, la giustizia di questo e vedi se trovi mai altro che Grazia”(s. Agostino).

La Natività ispira un’impressionante esperienza ascetica e mistica evangelica, anche oggi in questo mondo caotico e disumano. Francesco d’Assisi nella notte di Natale del 1223, quando allestì per la prima volta il presepe a Greccio disse “Vorrei rappresentare il Bambino nato a Betlemme, e in qualche modo vedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si è trovato per la mancanza delle cose necessarie a un neonato”.

Anche noi cristiani contempliamo Gesù che nasce nelle periferie dimenticate del mondo, come a Betlemme duemila anni fa, e- per quanto possiamo- gli lasciamo un posto nella nostra vita. Non lo allontaniamo, come fecero allora gli albergatori, i potenti.

Per me il “Bambino” questo Natale sarà Raza, anni 17 che attualmente vive nella comunità protetta Don Milani (ex Forte Rossarol di Mestre) diretta con pazienza, maestria e amore da quel prete, don Franco De Pieri, piuttosto ruvido, ma che si impegna davvero per i poveri. Il ragazzo afgano, senza i genitori, uccisi dai talebani, ha percorso a piedi o con mezzi di fortuna circa 7000mila Km. per arrivare a Trieste e da qui a Venezia. Ha una intelligenza brillante e conosce cinque lingue. Spera e noi con lui, di poter studiare per diventare biologo, con l’aiuto dei misericordiosi, visto che è senza mezzi, proprio come il bambino ignudo che noi metteremo nella sua cuna di paglia la notte di Natale e che - solo per un attimo- ci farà tornare piccoli, senza gli angosciosi assilli dell’oggi.

E’ pur vero che il Natale si festeggia su tutto il pianeta: in ogni paese, i popoli, cristiani, ebrei, musulmani, induisti, buddhisti, universisti… nel mese di dicembre celebrano feste di pace, di fratellanza, di gioia e di prosperità, ciascuno secondo la propria cultura e le proprie tradizioni. E questo accade fin dai tempi più antichi.

In concomitanza con il solstizio d'inverno, un lungo periodo di festeggiamenti onorava il "rinascere" del sole: le giornate cominciavano ad allungarsi, segnando il lento percorso verso la primavera, con l'augurio e la speranza di raccolti copiosi e di cibo per tutti. Così gli antichi Egizi festeggiavano la nascita del dio Horus, i Greci quella del dio Dioniso, gli Scandinavi quella del dio Frey. I Romani celebravano Saturno, dio dell'agricoltura, con grandi solennità in cui amici e parenti si scambiavano doni.

I Cristiani sostituirono i riti pagani con la festa della nascita di Gesù, figlio di Dio, portatore di pace e di salvezza per l'umanità, conservando le antiche tradizioni, lo spirito di gioia e di speranza che la luce divina porta in ogni cuore.

Per questo nel mondo Natale è augurio di bontà, serenità e felicità da condividere con "tutti gli uomini di buona volontà".

IL NATALE DI MARTIN( Leone Tolstoj)

In una certa città viveva un ciabattino, di nome Martin Avdeic. Lavorava in una stanzetta in un seminterrato, con una finestra che guardava sulla strada. Da questa poteva vedere soltanto i piedi delle persone che passavano, ma ne riconosceva molte dalle scarpe, che aveva riparato lui stesso. Aveva sempre molto da fare, perché lavorava bene, usava materiali di buona qualità e per di più non si faceva pagare troppo.

Anni prima, gli erano morti la moglie e i figli e Martin si era disperato al punto di rimproverare Dio. Poi un giorno, un vecchio del suo villaggio natale, che era diventato un pellegrino e aveva fama di santo, andò a trovarlo. E Martin gli aprì il suo cuore.

- Non ho più desiderio di vivere - gli confessò. - Non ho più speranza.

Il vegliardo rispose: « La tua disperazione è dovuta al fatto che vuoi vivere solo per la tua felicità. Leggi il Vangelo e saprai come il Signore vorrebbe che tu vivessi.

Martin si comprò una Bibbia. In un primo tempo aveva deciso di leggerla soltanto nei giorni di festa ma, una volta cominciata la lettura, se ne sentì talmente rincuorato che la lesse ogni giorno.

E cosi accadde che una sera, nel Vangelo di Luca, Martin arrivò al brano in cui un ricco fariseo invitò il Signore in casa sua. Una donna, che pure era una peccatrice, venne a ungere i piedi del Signore e a lavarli con le sue lacrime. Il Signore disse al fariseo: «Vedi questa donna? Sono entrato nella tua casa e non mi hai dato acqua per i piedi. Questa invece con le lacrime ha lavato i miei piedi e con i suoi capelli li ha asciugati... Non hai unto con olio il mio capo, questa invece, con unguento profumato ha unto i miei piedi».

Martin rifletté. - Doveva essere come me quel fariseo. Se il Signore venisse da me, dovrei comportarmi cosi? - Poi posò il capo sulle braccia e si addormentò.

All'improvviso udì una voce e si svegliò di soprassalto. Non c'era nessuno. Ma senti distintamente queste parole: - Martin! Guarda fuori in strada domani, perché io verrò.

L'indomani mattina Martin si alzò prima dell'alba, accese il fuoco e preparò la zuppa di cavoli e la farinata di avena. Poi si mise il grembiule e si sedette a lavorare accanto alla finestra. Ma ripensava alla voce udita la notte precedente e così, più che lavorare, continuava a guardare in strada. Ogni volta che vedeva passare qualcuno con scarpe che non conosceva, sollevava lo sguardo per vedergli il viso. Passò un facchino, poi un acquaiolo. E poi un vecchio di nome Stepanic, che lavorava per un commerciante del quartiere, cominciò a spalare la neve davanti alla finestra di Martin che lo vide e continuò il suo lavoro.

Dopo aver dato una dozzina di punti, guardò fuori di nuovo. Stepanic aveva appoggiato la pala al muro e stava o riposando o tentando di riscaldarsi. Martin usci sulla soglia e gli fece un cenno. – Entra, disse - vieni a scaldarti. Devi avere un gran freddo.

- Che Dio ti benedica!- rispose Stepanic. Entrò, scuotendosi di dosso la neve e si strofinò ben bene le scarpe al punto che barcollò e per poco non cadde.

- Non è niente - gli disse Martin. - Siediti e prendi un po' di tè.

Riempi due boccali e ne porse uno all'ospite. Stepanic bevve d'un fiato. Era chiaro che ne avrebbe gradito un altro po'. Martin gli riempi di nuovo il bicchiere. Mentre bevevano, Martin continuava a guardar fuori della finestra.

- Stai aspettando qualcuno? - gli chiese il visitatore.

- Ieri sera- rispose Martin - stavo leggendo di quando Cristo andò in casa di un fariseo che non lo accolse coi dovuti onori. Supponi che mi succeda qualcosa di simile. Cosa non farei per accoglierlo! Poi, mentre sonnecchiavo, ho udito qualcuno mormorare: "Guarda in strada domani, perché io verrò".

Mentre Stepanic ascoltava, le lacrime gli rigavano le guance. - Grazie, Martin Avdeic. Mi hai dato conforto per l'anima e per il corpo.

Stepanic se ne andò e Martin si sedette a cucire uno stivale. Mentre guardava fuori della finestra, una donna con scarpe da contadina passò di lì e si fermò accanto al muro. Martin vide che era vestita miseramente e aveva un bambino fra le braccia. Volgendo la schiena al vento, tentava di riparare il piccolo coi propri indumenti, pur avendo indosso solo una logora veste estiva. Martin uscì e la invitò a entrare. Una volta in casa, le offrì un po' di pane e della zuppa. - Mangia, mia cara, e riscaldati - le disse.

Mangiando, la donna gli disse chi era: - Sono la moglie di un soldato. Hanno mandato mio marito lontano otto mesi fa e non ne ho saputo più nulla. Non sono riuscita a trovare lavoro e ho dovuto vendere tutto quel che avevo per mangiare. Ieri ho portato al monte dei pegni il mio ultimo scialle.

Martin andò a prendere un vecchio mantello. - Ecco - disse. È un po' liso ma basterà per avvolgere il piccolo.

La donna, prendendolo, scoppiò in lacrime. - Che il Signore ti benedica.

- Prendi - disse Martin porgendole del denaro per disimpegnare lo scialle. Poi l’accompagnò alla porta.

Martin tornò a sedersi e a lavorare. Ogni volta che un'ombra cadeva sulla finestra, sollevava lo sguardo per vedere chi passava. Dopo un po', vide una donna che vendeva mete da un paniere. Sulla schiena portava un sacco pesante che voleva spostare da una spalla all'altra. Mentre posava il paniere su un paracarro, un ragazzo con un berretto sdrucito passò di corsa, prese una mela e cercò di svignarsela. Ma la vecchia lo afferrò per i capelli. Il ragazzo si mise a strillare e la donna a sgridarlo aspramente.

Martin corse fuori. La donna minacciava di portare il ragazzo alla polizia. - Lascialo andare, nonnina - disse Martin. - Perdonalo, per amor di Cristo.

La vecchia lasciò il ragazzo. - Chiedi perdono alla nonnina - gli ingiunse allora Martin.

Il ragazzo si mise a piangere e a scusarsi. Martin prese una mela dal paniere e la diede al ragazzo dicendo: - Te la pagherò io, nonnina.

- Questo mascalzoncello meriterebbe di essere frustato - disse la vecchia.

- Oh, nonnina - fece Martin - se lui dovesse essere frustato per aver rubato una mela, cosa si dovrebbe fare a noi per tutti i nostri peccati? Dio ci comanda di perdonare, altrimenti non saremo perdonati. E dobbiamo perdonare soprattutto a un giovane sconsiderato.

- Sarà anche vero - disse la vecchia - ma stanno diventando terribilmente viziati.

Mentre stava per rimettersi il sacco sulla schiena, il ragazzo sì fece avanti. - Lascia che te lo porti io, nonna. Faccio la tua stessa strada.

La donna allora mise il sacco sulle spalle del ragazzo e si allontanarono insieme.

Martin tornò a lavorare. Ma si era fatto buio e non riusciva più a infilare l'ago nei buchi del cuoio. Raccolse i suoi arnesi, spazzò via i ritagli di pelle dal pavimento e posò una lampada sul tavolo. Poi prese la Bibbia dallo scaffale.

Voleva aprire il libro alla pagina che aveva segnato, ma si aprì invece in un altro punto. Poi, udendo dei passi, Martin si voltò. Una voce gli sussurrò all'orecchio: - Martin, non mi riconosci?

- Chi sei? - chiese Martin.

- Sono io - disse la voce. E da un angolo buio della stanza uscì Stepanic, che sorrise e poi svanì come una nuvola.

- Sono io - disse di nuovo la voce. E apparve la donna col bambino in braccio. Sorrise. Anche il piccolo rise. Poi scomparvero.

- Sono io - ancora una volta la voce. La vecchia e il ragazzo con la mela apparvero a loro volta, sorrisero e poi svanirono.

Martin si sentiva leggero e felice. Prese a leggere il Vangelo là dove si era aperto il libro. In cima alla pagina lesse: Ebbi fame e mi deste da mangiare, ebbi sete e mi dissetaste, fui forestiero e mi accoglieste. In fondo alla pagina lesse: Quanto avete fatto a uno dei più piccoli dei miei fratelli, l’avete fatto a me.

Così Martin comprese che il Salvatore era davvero venuto da lui quel giorno e che lui aveva saputo accoglierlo.

PRESEPE( Salvatore Quasimodo)

Natale. Guardo il presepe scolpito

dove sono i pastori appena giunti

alla povera stalla di Betlemme.

Anche i Re Magi nelle lunghe vesti

salutano il potente Re del mondo.

Pace nella finzione e nel silenzio

delle figure in legno ed ecco i vecchi

del villaggio e la stalla che risplende

e l'asinello di colore azzurro.

LA NOTTE SANTA(Guido Gozzano)

- Consolati, Maria, del tuo pellegrinare!

Siam giunti. Ecco Betlemme ornata di trofei.

Presso quell'osteria potremo riposare,

ché troppo stanco sono e troppo stanca sei.

Il campanile scocca

lentamente le sei.

- Avete un po' di posto, o voi del Caval Grigio?

Un po' di posto per me e per Giuseppe?

- Signori, ce ne duole: è notte di prodigio;

son troppi i forestieri; le stanze ho piene zeppe

Il campanile scocca

lentamente le sette.

- Oste del Moro, avete un rifugio per noi?

Mia moglie più non regge ed io son così rotto!

- Tutto l'albergo ho pieno, soppalchi e ballatoi:

Tentate al Cervo Bianco, quell'osteria più sotto.

Il campanile scocca

lentamente le otto.

- O voi del Cervo Bianco, un sottoscala almeno

avete per dormire? Non ci mandate altrove!

- S'attende la cometa. Tutto l'albergo ho pieno

d'astronomi e di dotti, qui giunti d'ogni dove.

Il campanile scocca

lentamente le nove.

- Ostessa dei Tre Merli, pietà d'una sorella!

Pensate in quale stato e quanta strada feci!

- Ma fin sui tetti ho gente: attendono la stella.

Son negromanti, magi persiani, egizi, greci...

Il campanile scocca

lentamente le dieci.

- Oste di Cesarea... - Un vecchio falegname?

Albergarlo? Sua moglie? Albergarli per niente?

L'albergo è tutto pieno di cavalieri e dame

non amo la miscela dell'alta e bassa gente.

Il campanile scocca

le undici lentamente.

La neve! - ecco una stalla! - Avrà posto per due?

- Che freddo! - Siamo a sosta - Ma quanta neve, quanta!

Un po' ci scalderanno quell'asino e quel bue...

Maria già trascolora, divinamente affranta...

Il campanile scocca

La Mezzanotte Santa.

È nato!

Alleluja! Alleluja!

È nato il Sovrano Bambino.

La notte, che già fu sì buia,

risplende d'un astro divino.

Orsù, cornamuse, più gaie

suonate; squillate, campane!

Venite, pastori e massaie,

o genti vicine e lontane!

Non sete, non molli tappeti,

ma, come nei libri hanno detto

da quattro mill'anni i Profeti,

un poco di paglia ha per letto.

Per quattro mill'anni s'attese

quest'ora su tutte le ore.

È nato! È nato il Signore!

È nato nel nostro paese!

Risplende d'un astro divino

La notte che già fu sì buia.

È nato il Sovrano Bambino.

È nato!

Alleluja! Alleluja!

Perché(Hirokazu Ogura)

dappertutto ci sono così tanti recinti?

In fondo tutto il mondo e un grande recinto.

Perché

la gente parla lingue diverse?

In fondo tutti diciamo le stesse cose.

Perché

il colore della pelle non e indifferente?

In fondo siamo tutti diversi.

Perché

gli adulti fanno la guerra?

Dio certamente non lo vuole.

Perché

avvelenano la terra?

Abbiamo solo quella.

A Natale - un giorno - gli uomini andranno d’accordo in tutto il mondo.

Allora ci sarà un enorme albero di Natale con milioni di candele.

Ognuno ne terrà una in mano, e nessuno riuscirà a vedere l’enorme albero fino alla punta.

Allora tutti si diranno "Buon Natale!" a Natale, un giorno.

E come non ricordare per i più piccini alcune tra le fiabe e leggende più famose connesse all’ Incarnazione?

Fiabe e Favole di Natale: L'agrifoglio .

Quando giunse l'inverno tutti gli uccellini del bosco partirono. Soltanto un piccolo uccellino decise di rimanere nel suo nido dentro un cespuglio di agrifoglio:

voleva a tutti i costi attendere la nascita di Gesù per chiedergli qualcosa. L'inverno fu lungo e molto nevoso. Il povero uccellino era stremato dal freddo e dalla fame.

Finalmente arrivò la Notte di Natale. Quando l uccellino fu dinnanzi al Bambino appena nato, disse : "Caro Gesù, vorrei che tu dicessi al vento invernale del bosco di non spogliare l'agrifoglio. Così potrei restare nel mio nido e attendere la nuova primavera".

Gesù sorrise, poi chiamò un angelo e gli ordinò di esaudire il desiderio di quell'uccellino. Da allora, l'agrifoglio conserva le sue verdi foglie anche d'inverno. E per riconoscerlo dalle altre piante, l'angelo vi pose , delle piccole bacche rosse e lucide.

La Stella di Natale

In un piccolo villaggio messicano viveva una bambina di nome Altea, Giunse la notte di Natale e tutti andarono in chiesa con un piccolo dono per Gesù. Solo Altea rimase a casa perché non aveva nulla da donargli. All'improvviso apparve un angelo. «Perché sei così triste?» chiese alla bambina. "Perché non ho nulla da portare a Gesù!" rispose Altea. Allora l'angelo le disse: "Tu hai una cosa molto importante da donare a Gesù: il tuo amore. Raccogli le frasche che crescono ai bordi della strada e portale in chiesa. Vedrai, il tuo dono sarà il più bello di tutti."

Altea fece come le aveva detto l'angelo e depose un mazzo di frasche davanti all’altare. Mentre la bambina pregava le fronde si trasformarono in una pianta meravigliosa con foglie verdi e rosse: era nata la Stella di Natale.

Il Presepe.

Il primo vero presepe della storia fu creato nella chiesa di Santa Maria Maggiore, a Roma. Questa usanza divenne così popolare che presto tante altre chiese vi aderirono. Ognuna creava un presepio particolare ed unico. Le scene della natività erano spesso ornate con oro, argento, gioielli e pietre preziose( tuttora a Roma, a Napoli e in tantissimi paesi e città italiani si allestiscono dei presepi che indicano quanto questa festività cristiana stimoli la fede e la fantasia della gente, anche non credente). Anche se molto popolare tra le classi più ricche, questa opulenza era quanto di più distante dal significato della nascita di Gesù.

Dobbiamo il presepe attuale a San Francesco d'Assisi, che nel 1224 decise di creare la prima Natività come era veramente descritta nella Bibbia. Il presepe che San Francesco creò nel paese di Greccio, era fatto di figure intagliate, paglia e animali veri.

Il messaggio era diretto, e poteva essere capito e recepito da tutti, ricchi e poveri.

La popolarità del presepe di San Francesco crebbe fino ad espandersi in buona parte del pianeta.

In Francia si chiama Crèche, in Germania Krippe, in Spagna e America Latina,Nacimiento, nella Repubblica Ceca si dice Jeslicky, in Brasile si pronuncia Pesebre, e in Costa Rica , Portal.

Le Campane di Natale

I pastori si affollarono a Betlemme mentre viaggiavano per incontrare il neonato re. Un piccolo bimbo cieco sedeva sul lato della strada maestra e, sentendo l'annuncio degli angeli, pregò i passanti di condurlo da Gesù Bambino. Nessuno aveva tempo per lui.

Quando la folla fu passata e le strade tornarono silenziose, il bimbo udì in lontananza il lieve rintocco di una campana da bestiame. Pensò "Forse quella mucca si trova proprio nella stalla dove è nato Gesù bambino!" e seguì la campana fino alla stalla ove la mucca portò il bimbo cieco fino alla mangiatoia dove giaceva il neonato Gesù.

L'albero di Natale

Molte leggende narrano che l'abete è uno degli alberi dal giardino dell'Eden.

Una narra che esso è l'albero della Vita le cui foglie si avvizzirono ad aghi quando Eva colse il frutto proibito e non fiorì più fino alla notte in cui nacque Gesù Bambino. Un'altra leggenda narra che Adamo portò un ramoscello dell'albero del bene e del male con lui dall'Eden. Questo ramoscello più tardi divenne l'abete che fu usato per l'albero di Natale e per la Santa Croce.

Un’ altra storia sull’ agrifoglio(Gina Marzetti Noventa)

Il coro di Angeli sembra avvicinarsi alla terra; c'è tanta festa attorno. Come si può resistere al desiderio di correre dal Santo Bambino anche se non si ha nulla da offrire?

Ebbene, il pastorello andrà alla divina capanna; un ramo d'agrifoglio sarà il suo omaggio.

Eccolo alla grotta. Si avvicina felice e confuso al bambino sorridente che sembra aspettarlo.

Ma che cosa avviene? Le gocce di sangue delle sue mani, ferite dalle spine, si trasformano in rosse palline, che si posano sui verdi rami dell'arbusto che egli ha colto per Gesù. Al ritorno, un'altra sorpresa attende il pastorello: nel bosco, tra le lucenti foglie dell'agrifoglio, è tutto un rosseggiare di bacche vermiglie.

Da quella notte di mistero, l'agrifoglio viene offerto, in segno di augurio, alle persone care.

La leggenda delle Palle di Natale

A Betlemme c'era un artista di strada molto povero che non aveva nemmeno un dono per il Bambino Gesù, ma andò a trovarlo e fece ciò che sapeva fare meglio, il giocoliere, e lo divertì fino al riso.

Questo- si dice- è il perché ogni anno sull'albero di Natale appendiamo le Palle colorate - per ricordarci delle risate di Gesù Bambino.

La leggenda delle Ghirlande

Una vigilia di Natale, quando Gesù venne a benedire gli Alberi di Natale, notò che l'albero di una casa era coperto da ragnatele, tessute da strani ragni.

Quando benedisse l'albero, Gesù trasformò le ragnatele in bellissime ghirlande d'oro e d'argento.

Da allora noi le usiamo per decorare i nostri abeti a Natale.

La leggenda del Pettirosso.

Un piccolo uccellino marrone divideva la stalla a Betlemme con la Sacra famiglia.

La notte, mentre Giuseppe e Maria si addormentarono, notò che il fuoco si stava spegnendo.

Così volò giù verso le braci e tenne il fuoco vivo con il movimento delle ali per tutta la notte, per tenere al caldo Gesù bambino.

Al mattino, era stato premiato con un bel petto rosso brillante come simbolo del suo amore per il neonato re.

Il bastoncino di zucchero

Il bastoncino di zucchero è stato a lungo un simbolo del Natale, con il suo gusto di menta.

Perché i bastoncini di zucchero sono bianchi a strisce rosse? La tradizione vuole che fossero inventati da un dolciaio che aveva intenzione di creare un dolce che ricordasse Gesù alle persone. Ecco cosa rappresenta il bastoncino di zucchero:

E' fatto di caramello solido perché Gesù è la solida roccia su cui sono costruite le nostre vite (Mat 16:18) (1Thess 5:24).

Al caramello diede la forma di una "J" per Jesus (Gesù in inglese) (Atti 4:12), mentre per altri è la forma di un bastone da pastore, perché Gesù è il nostro pastore (Giovanni 10:11).

I colori sono stati scelti anche per rappresentare l'importanza di Gesù: il bianco per la purezza e l'assenza di peccato in Gesù (Eb 4:15) , e la larga striscia rossa rappresenta il sangue di Cristo versato per i peccati del mondo (Giovanni 19:34-35). Le tre strisce rosse sottili rappresentano le strisce lasciate dalle frustate del soldato romano (Isaia 53:5). Il sapore del bastoncino è di menta piperita che è simile all'issopo, pianta aromatica della famiglia della menta usato nel Vecchio Testamento per purificare e sacrificare. Gesù è il puro agnello di Dio venuto a sacrificarsi per i peccati del mondo.

E, ci auguriamo di tutto cuore, che l’issopo giornaliero che siamo costretti ad ingoiare per l’orribile funzionalità della nostra società, Gesù Bambino, dono di Dio all’umanità, lo muti non in menta piperita, ma almeno in qualcosa di meno “aspro” per tutti.

E ciò non solo è cristiano, ma global.

Maria de Falco Marotta

Maria de Falco Marotta
Società