09 09 20 ERMINIO DIOLI. LA "RISCOPERTA" DI UN ARTISTA MALENCO
E' prassi ormai, da parte degli amministratori dei "luoghi di villeggiatura", offrire agli ospiti occasioni di approfondimento culturale oltre ai più tradizionali momenti ricreativi come concerti o serate gastronomiche. E una di queste occasioni è stata quest'estate a Chiesa Valmalenco la presentazione, da parte di Elisabetta Sem, della vita e delle opere di un artista malenco, Erminio Dioli scomparso nel 1964, di cui possiamo vedere ancora oggi molte opere in Valmalenco.
Sono andata ad ascoltare la brava relatrice perché avevo un vago ricordo dell'artista. Infatti, quando eravamo piccoli e passavamo le nostre vacanze spensierate a Chiesa, si favoleggiava di questo personaggio un po' originale, che viveva al "Castello" a Costi. Confesso che altro non sapevo, ma il luogo e il suo abitante avevano assunto quell'alone di magia e di misteroche i bambini danno alle cose sconosciute o diverse.
E forse è bello ricordarlo anche così, dato che l'uomo era davvero fuori dal comune. A cominciare dalla sua giovinezza. Fu infatti mandato dal padre Severino, artigiano e fine intagliatore, a studiare a Torino.
Caspoggio - Torino, che gran salto per un ragazzo di montagna. A Torino rimane a lungo, fino al conseguimento, presso il politecnico, dell' Abilitazione all'Insegnamento Ornamentale ed Industriale per gli IstitutiTecnici. E' il 1915. Dopo la Prima Guerra Mondiale Dioli si trasferisce a Milano per insegnare ornato industriale all'Accademia di Brera e svolgere un'intensa attività come progettista di arredi e restauratore di opere lignee, acquistando una certa notorietà.
Ma non è il successo mondano che cerca e nel 1924 preferisce tornare alle sue radici, in Valmalenco, dove apre bottega e comincia a perfezionare il suo tipico stile artistico e la sua filosofia di vita altrettanto originale. Nel 1926 inizia la costruzione della sua residenza al Sasso Gianaccio di Chiesa Valmalenco, il famoso "Castello", una torre a pianta quadrata con muratura in pietra.
Le opere più significative del "Castello" sono gli otto graffiti nei quali Erminio Dioli si rappresenta come figura angelica che tiene in mano gli strumenti da lavoro ed ammansisce draghi mostruosi che gli stanno di fronte. L'artista si ritrae come botanico e come architetto, scultore e artigiano, decoratore e pittore, artista del graffito e muratore o costruttore.
Crea e vive in un mondo tutto suo, popolato da figure simboliche e fantastiche, sempre alla ricerca di una spiritualità particolare. Il suo pollaio - il Gallinarium - assume funzione e forma di edificio sacro. E' infatti una piccola costruzione con un maestoso portale ad arco a tutto sesto che pare ricalcare l'aspetto di un tempio sacro. Ma il suo giardino ospita anche la grotta della spiritualità, dove l'artista si ritirava in meditazione e, per me ancora più interessante, un orto botanico che produceva frutti lungo tutto l'anno.
La sua produzione è feconda. Il maestro progetta soprattutto a Chiesa, molti edifici con il suo stile tipico. Sono in genere edifici solidi, a pianta quadrata, coi muri in pietra a vista, le uniche decorazioni le imposte di legno, verdi o marroni con losanghe bianche, bianche anche le cornici delle finestre, e la porta d'ingresso spesso sotto un vano ad arco, elemento nuovo nell'architettura di montagna. Spesso vi sono strisce intonacate con graffiti e decorazioni floreali, e il risultato è quello stile inedito definito "Malenchino". Non sapevo quando ero bambine che le due belle "ville gemelle" sulla via per Primolo erano sue, così come la villa Pallavicini subito oltre il nuovo santuario degli alpini, la grande chiesa. E ancora il monumento ai Caduti, la cappella sulla strada per il Grand Hotel, e la scala in paese dietro la chiesa S. Giacomo e Filippo, tanto per fare qualche esempio.
Ma è soprattutto nei particolari che il Maestro sfoga la sua creatività, negli intarsi, negli arredi, nei graffiti. Poco sappiamo della sua vita personale, anche se la studiosa Elisabetta Sem gli ha dedicato una bella monografia, che si può trovare nella biblioteca di Chiesa.
Mi sembra comunque un uomo del suo tempo, rivolto però più al passato che al futuro, affascinato dalle simbologie e allegorie tipiche della fine del secolo, ma anche con l'esigenza del contatto con la natura e la sua terra. Non ci sono spazi vuoti nelle sue opere e tanto meno nei suoi quaderni. E' importante per lui il legame con la terra, soprattutto con la pietra, scura, cupa. Sogna e vive in un mondo ideale tutto suo, piuttosto inquietante, pur essendo legato, oserei dire incatenato, alla sua valle.
Sembra impossibile che sia praticamente coetaneo di personaggi come Frank Lloyd Wright, con la sua Casa sulla Cascata o di Alvar Aalto, con la loro essenzialità di linee e voglia di luce.
Oggi però, quando osserviamo le solide case che Erminio Dioli ha progettato in Valmalenco e vediamo come hanno resistito indomite al logorio del tempo, superando le varie mode architettoniche, e le poniamo a confronto con gli obbrobri spesso abusivi dell' edilizia speculativa venuta dopo, non possiamo che ringraziarlo di queste eredità e ammirarne la coerenza.
Spero solo che questa curiosità postuma per la sua persona sia dettata da sincero interesse artistico e non dall'esigenza di cercare un personaggio locale, da rivalutare in questi tempi di ritorno di campanilismi e localismi.
Mi chiedo inoltre come lui stesso giudicherebbe questa rivalutazione, compreso lo spettacolo di cabaret tenutosi nel giardino del suo "Castello" quest'estate. Come mi sarebbe piaciuto che a guidare i curiosi turisti nella visita alle sue opere fosse stato Erminio Dioli in persona…
Cristina Cattaneo Guicciardi