NON SIAMO PIÙ BAMBOLE CINESI
E' strabiliante il comportamento delle cinesi nello sport. A Pechino, nelle "femminilissime" Olimpiadi 2008 (finora le donne dell'intero globo si sono distinte in modo spettacolare sugli uomini) stanno facendo incetta di medaglie. Nel giro di pochi giorni la Cina è al comando delle medaglie d'oro, grazie alla bravura delle sue atlete.
In altre parole, sono le donne la risorsa decisiva per l'ascesa della Repubblica Popolare nel campo sportivo, ma non solo. Di fatto, vista la segregazione in cui hanno vissuto (e molte vivono nelle zone di campagna), è necessario che si guardi a loro più attentamente ed esaminare come si comporta "L'altra metà del cielo"(ì Mao Zedong): Su molti terreni il bilancio storico dell'azione del leader comunista è controverso, spesso nefasto e tragico. Ma almeno sull'emancipazione delle donne, il fondatore della Repubblica Popolare ha lasciato al suo Paese un'eredità positiva. Se nelle campagne più povere e arretrate la condizione femminile resta segnata dalla subalternità, nella società urbana (quasi mezzo miliardo di persone) la donna ha fatto passi da gigante all'epoca di Mao, quando il comunismo cominciò con l'abolire i "piedi fasciati" e decretò il lavoro per tutte. La tradizione dei piedi fasciati - dettata dall'attrazione erotica che gli uomini provavano per i piedi piccoli - era in voga soprattutto negli ambienti della borghesia. (Nelle campagne infatti quel terribile handicap avrebbe impedito alle contadine i lavori nei campi). Comunque quella tortura inflitta alle bambine accentuava l'immagine del "sesso debole", visto che effettivamente con i piedi costretti in quella forma le donne avevano una mobilità ridotta. La vittoriosa campagna di Mao contro i piedi fasciati ha quindi affrancato "l'altra metà del cielo" da una menomazione fisica. E da allora la lunga marcia delle cinesi non si è più fermata.
La lunga marcia delle cinesi
Lo sport segue un percorso parallelo all'economia. Oggi ci sono più imprenditrici ai vertici del capitalismo cinese che in quello giapponese. Ai tempi di Mao l'egualitarismo comportava dei prezzi pesanti da pagare, anche per l'identità femminile: vestiti unisex, grigiore, un puritanesimo spinto fino alla sessuofobia, il ripudio radicale e ossessivo di ogni vanità personale. Forse non è un caso che l'unica donna emersa come una leader in quell'epoca fu la mefistofelica quarta moglie di Mao, Jiang Qing. Faceva parte della famigerata banda dei Quattro che ispirò le violenze della Rivoluzione culturale, fu processata e condannata a morte nel 1980. Una figura sinistra, intrigante e manipolatrice, alla fine comunque una perdente in un sistema di potere prevalentemente maschile. Anche oggi nel partito comunista gli uomini comandano. Il presidente Hu Jintao, il premier Wen Jiabao sono attorniati da un Politburo maschile. Nella politica le cinesi devono accontentarsi di ruoli minori. La loro rivincita se la sono presa nel business. Il mondo delle imprese, più flessibile e aperto all'innovazione, si è rivelato meno ostico per loro.
A trent'anni da quando iniziò il suo "esperimento" con l'economia di mercato, nella Cina capitalista la parità si misura inevitabilmente con il denaro. Secondo la banca americana Merrill Lynch, sui circa 350 mila milionari (in euro) cinesi, un terzo sono donne.
Le manager cinesi
Il decollo economico della superpotenza orientale è merito anche di un'élite di donne manager, spesso cresciute nei rigori dell'epoca maoista, e oggi al vertice di aziende potenti. Il boom cinese lo hanno fatto le donne. Concentrate, efficienti, instancabili. Giorno dopo giorno, centinaia di milioni di donne cinesi minacciano di disoccupazione le ultime centinaia di milioni di operai che ancora lavorano nell'industria europea e nordamericana. Ma qual è davvero la condizione della donna in Cina? Un'eredità positiva del comunismo è che lavorano tutte. L'idea della donna casalinga, mamma a tempo pieno, fu liquidata come una aberrazione borghese dal maoismo. Il risultato è una emancipazione economica reale. Le operaie cinesi alla catena di montaggio saranno pure il nuovo esercito proletario sfruttato dal capitalismo globale, ma sono meno soggette alla dominazione dei mariti rispetto a tante donne dell'India o dei Paesi islamici. La Cina è anche una nazione di donne potenti, salite al top della piramide sociale. È più facile incontrare queste donne-vip ai vertici del neocapitalismo cinese, anziché ai posti di comando politici, perché nel mondo dell'economia il cambiamento è stato più rapido che dentro il partito comunista. La banca d'affari americana Goldman Sachs ha "eletto" tre cinesi fra le quindici donne più influenti del mondo. Tutte e tre sono legate al mondo dell'economia. Sono Xie Qihua, presidente del colosso siderurgico Shanghai Baosteel; Yang Mianmian, presidente di un gruppo leader mondiale negli elettrodomestici, la Haier; e Wu Xiaoling, vicegovernatore della banca centrale. Queste tre donne selezionate dalla Goldman Sachs appartengono alla stessa generazione: 61 anni Xie Qihua, 63 Yang Mianmian, 58 Wu Xiaoling. Un quarto personaggio molto celebre è la cinquantenne Ma Xuezheng, la ex interprete di Deng Xiaoping divenuta direttrice finanziaria e stratega internazionale della Lenovo, l'azienda informatica che nel 2004 ha comprato tutta la divisione personal computer della Ibm. Esse hanno in comune un'esperienza importante, decisiva nel plasmarle. La loro generazione ha vissuto fino all'età adulta in una Cina povera, e fortemente ideologizzata. Sono donne che prima hanno dovuto guadagnarsi la fiducia del partito, poi sono state chiamate a operare un triplo salto mortale, politico, professionale e psicologico, per traghettare alcune grandi imprese di Stato verso il capitalismo. La storia di Xie Qihua è emblematica. La chiamano la "lady di ferro", appellativo un po' scontato visto che dirige una multinazionale dell'acciaio, ma anche perché ha il polso necessario per governare un gigante industriale con 100 mila dipendenti e un valore di 20 miliardi di euro. Nata a Shanghai, si è laureata in Ingegneria alla prestigiosa università Tsinghua di Pechino, la stessa che ha formato l'attuale presidente della Repubblica, Hu Jintao (anche lui ingegnere). Xie riuscì a finire gli studi nel 1966, giusto prima che la furia estremista delle Guardie rosse durante la Rivoluzione culturale chiudesse tutti gli atenei cinesi quasi per un decennio. Mentre molti studenti finirono a zappare la terra nelle campagne, lei ebbe il "privilegio" di venire mandata per 12 anni a lavorare come tecnica in un altoforno nella regione dello Shaanxi, da dove cominciò la sua lunga scalata verso i vertici della gerarchia aziendale. Xie, Yang, Wu e Ma sono donne potenti ma segnate dal puritanesimo maoista. I rigori della Rivoluzione culturale avevano imposto un abbigliamento unisex e dietro quella uniformità si celava qualcosa di più profondo: la negazione della femminilità, la sessuofobia, la repressione dei sentimenti. Il principio della parità fra i sessi era un rullo compressore che schiacciava le identità. Queste donne-vip non hanno mai perso il Dna di funzionarie di partito, sono segnate da un'incancellabile impronta del passato. All' opposto tra le signore della nuova Cina c'è Yue-Sai Kan, definita dal Time "la Regina dell'Impero di Mezzo" e People "il più celebre volto femminile della Cina": l'imprenditrice che, letteralmente, ha insegnato ad usare il rossetto alle sue connazionali. Lei viene da un mondo completamente diverso, quello della diaspora. Suo padre, un celebre pittore di Guilin, si trasferì a Hong Kong quando lei era bambina. Yue-Sai Kan fece l'università alle Hawaii, poi si stabilì a New York. Da lì negli anni Settanta sfruttò il disgelo tra America e Cina per mettersi in affari nell'import-export tra i due Paesi. Lavorò prima in televisione, come conduttrice di programmi in lingua cinese a New York, poi da inviata della rete americana Pbs in Cina, fino a sfondare nella tv di Stato cinese (Cctv) come prima conduttrice "straniera". Yue-Sai Kan non si è accontentata della sua popolarità televisiva: ha usato la notorietà come una leva per costruire un impero economico. Sempre elegante e truccatissima sullo schermo nel 1992 ha lanciato una linea di prodotti cosmetici con cui ha invaso la Cina. Forbes ha detto di lei che "è diventata il modello della donna cinese e ha cambiato la faccia del suo Paese, un rossetto alla volta". Oggi ha 1.200 dipendenti, e la Yue-Sai Kan Cosmetics è la marca di prodotti di bellezza più venduta tra le cinesi. È l'imprenditrice che ha saputo trasformare in business la controrivoluzione, la fine dell'unisex, il ritorno alla differenza. Il suo senso degli affari l'ha spinta anche a cogliere l'opportunità di vendere la sua azienda quando ha raggiunto il valore massimo. Pochi mesi fa ha firmato la cessione del suo marchio alla multinazionale francese L'Oréal, "per un prezzo non precisato". Tra le quarantenni Peggy Yu è un esempio di quello straordinario fenomeno del "ritorno dei cervelli". Nata nello Sichuan, laureata in letteratura inglese, si è conquistata una borsa di studio per gli Stati Uniti e ha preso un Master in finanza aziendale a New York. Invece di rimanere in America, realizzando quello che era il sogno di tanti suoi connazionali fino a un'epoca recente, di fronte al boom economico del suo Paese Peggy Yu ha preferito tornare per fare fortuna in patria. E ci è riuscita. Ha trasferito in Cina il modello Amazon. La sua creatura, Dangdang, è diventata il più grosso sito online per la vendita di libri, dischi, Cd musicali e Dvd. Un mestiere che l'ha portata, tra l'altro, a diventare paladina della lotta contro l'industria del falso e la contraffazione. Una quarantenne scandalosa, simbolo della generazione femminile che ha fatto a pezzi molti tabù, è Hong Huang. Oggi è famosa soprattutto come una delle più apprezzabili editrici di magazine: ha creato la testata femminile iLook, pubblica le versioni cinesi di TimeOut e di Seventeen, la rivista più popolare tra le adolescenti. Lo scandalo Hong Huang comincia dalla sua storia familiare che è un album di ricordi del comunismo cinese. Lei è figlia di Zhang Hanzhi, l'interprete personale di Mao Zedong, nonché nipote di Zhang Shizhao, grande pensatore politico del primo Novecento. Il patrigno era Qiao Guanhua, ministro degli Esteri dal 1974 al '76 (anni decisivi per l'apertura della Cina al resto del mondo) e uno dei più autorevoli diplomatici degli ultimi decenni. Hong Huang negli anni Settanta appena dodicenne fu mandata a scuola... negli Stati Uniti, scelta tutt'altro che infrequente tra i rampolli della borghesia rossa. Colmata di privilegi, Hong Huang ha ripagato i suoi familiari tradendo le regole del gioco che impongono un decoro di facciata. Ha alle spalle un matrimonio fallito con Chen Kaige, il regista di Addio mia concubina, e nel 2003 ha lanciato sul mercato editoriale cinese una vera bomba, un'autobiografia ricca di dettagli sui suoi rapporti con gli uomini e la sua vita sessuale. Un best-seller immediato, e un'altra prova di quanto la Cina sia cambiata: pochi anni prima un libro simile sarebbe stato vietato e l'autrice finita in un "campo di lavoro e rieducazione". Nello stesso anno in cui Hong Huang pubblicava la sua autobiografia, negli Stati Uniti veniva tradotto Good Women of China (La metà dimenticata, Sperling & Kupfer 2002), scritto da Xue Hue sotto lo pseudonimo di Xinran. Da quel libro usciva un'immagine ben diversa dell'universo femminile cinese. Xue Hue era stata per otto anni la conduttrice della più celebre trasmissione radiofonica "per sole donne": un talkshow che dal 1989 al '97 raccolse ogni sera le confessioni delle ascoltatrici. Dalle mogli dei dirigenti di partito alle contadine che scrivevano dalle province remote, Xue Hue aveva messo assieme un grande affresco di sofferenze e di ingiustizie: matrimoni forzati, violenze sessuali, povertà, depressioni. Nelle campagne la condizione delle donne ancora oggi è cambiata poco rispetto ai racconti di Xue Hue. A Pechino e Shanghai invece quel libro viene letto da molte cinesi come un pezzo di storia, e una misura della strada che hanno fatto.
L'economia, più che la cultura, ha modificato la condizione sociale, culturale e affettivo della donna cinese.
La Cina è un paese immenso, 9,5 milioni di chilometri quadrati, entro cui convivono la modernità più ardita(la supermetropolitana leggera, gli avveniristici teatri, le vetrine degli stilisti di Shanghai, e luoghi profondamente remoti, depressi e poveri). La modernizzazione è una scelta politica, a partire dal 1978 quando a Mao succedette Deng Xiaoping, l'uomo al quale non importava "che il gatto fosse rosso o bianco, ma che prendesse i topi". Ed è un fenomeno che sta portando la Cina, con il suo miliardo e duecento milioni di abitanti, a diventare una specie di enorme Paese dell'OCSE, con tutti i suoi problemi di popolazione che invecchia, di ritmo dei consumi superiore alla capacità di smaltimento di scorie e rifiuti, infine, con i suoi giovani che formano un'altra "generazione X", così difficile da definire in rapporto ai modelli finora vigenti.
In questo contesto, la donna ricopre una posizione particolare. Su di lei, come afferma l'ONU che nel 1995 volle tenere una Conferenza sui diritti della donna proprio a Pechino, pesano tutte le contraddizioni di questa realtà in costante movimento: su di lei poggiano le difficoltà di maggiore responsabilità della vita familiare e dall'altro la competizione sul mercato del lavoro. Le nonne delle ragazze di oggi erano ancora le donne con i piedi fasciati, i cosiddetti "gigli dorati" che rappresentavano un simbolo di seduzione. Esse venivano vendute ai mariti, o a potenti funzionari, come concubine. Donne che non avevano neanche la potestà genitoriale sui figli. A loro era preclusa ogni manifestazione delle emozioni e dei sentimenti, se non, da madri, la gentilezza. Tuttora la Cina ha una cultura in cui manifestare i sentimenti è problematico. Basta dire che i Cinesi non aprono i doni ricevuti davanti all'autore del regalo, perché altrimenti potrebbero tradire emozioni che considerano poco prudente esternare. La delusione per esempio. In ogni caso, la donna cinese, dopo la rivoluzione di Mao che l'aveva chiamata l' Altra Metà del Cielo, ed esperienze collettive come la Lunga Marcia avevano cementato sia la sicurezza in se stessa della donna, sia la sua autonomia affettiva. Durante la rivolta dei Taiping, molte donne erano state coinvolte dai loro uomini in una ricerca di rapporti umani più paritari, che proveniva dal contatto con l'Occidente, e con la predicazione cristiana. Mao riconobbe alla donna la parità formale con l'uomo, ad esempio negli studi e nel lavoro. Fino a sei o sette anni fa la donna cinese guadagnava il 90% dello stipendio di un uomo, c'era quindi uno scarto molto più ridotto che in Occidente. E le donne facevano e fanno anche le biologhe, le informatiche, le dirigenti di partito e d'impresa. Con qualche problema, ad esempio gli alloggi assegnati dallo Stato ai lavoratori erano in realtà assegnati solo ai lavoratori maschi. Se un uomo entrava in crisi con il partito comunista e subiva persecuzioni, spesso venivano perseguitate anche le sue compagne, figlie e madri. L'infanticidio femminile è stato vietato, ma senza che si siano stabilite le sanzioni, per cui è ancora un fenomeno diffuso. Se la donna è ricca e se lo può permettere, ricorre al riconoscimento del sesso del nascituro quando è in gravidanza e in alcuni casi abortisce se scopre che aspetta una femmina. Senza citare l'altro grosso problema, il fatto che per un misto di tradizionale pudore e di orgoglio nazionalistico, la Cina non ha affrontato a livello legislativo il problema della violenza domestica. Dentro la famiglia, ci possono essere anche i peggiori maltrattamenti della donna e non c'è legge che la difenda, se non prescrizioni formali della Costituzione e richiami alla moralità da parte del Partito comunista.
L'istituzione ufficiale che si occupa della donna è la All Chinese Women Federation, un organo di partito. Quest'anno ha denunciato il fatto che il 56% dei suicidi femminili che si verificano ogni anno nel mondo avviene in Cina. Un grande problema per le donne è nato nel momento in cui la Cina ha voluto darsi un orientamento capitalistico, o "socialista di mercato con caratteri cinesi", come dicono le autorità. La lotta alla povertà è diventato un obiettivo di primo piano, con grande successo: 200 milioni di persone che nel 1978 erano povere, sotto il dollaro al giorno, oggi hanno tutti i livelli di reddito che esistono tra una popolazione occidentale di pari dimensioni. Ma la lotta alla povertà si fa anche limitando le nascite in Cina. Nel 1981 fu promulgata la Legge matrimoniale, i cui articoli 5 e 12 sono alla base di quella che viene chiamata "La politica del figlio unico". Le coppie devono avere al massimo un figlio, tranne nei casi in cui il primogenito sia femmina, abbia gravi menomazioni fisiche o psichiche o la coppia appartenga a una minoranza etnica di - relativamente - piccola portata demografica. La responsabilità della contraccezione è affidata interamente alla donna. Infatti, solo il 14% degli uomini in Cina utilizza un metodo contraccettivo e si può intuire che questo sia un ostacolo anche alla prevenzione dell'AIDS. La donna viene seguita da un'altra donna, una vigilante di quartiere o di villaggio, in tutta la sua vita fertile. La vigilante la consiglia sulla contraccezione, controlla l'andamento della sua gravidanza, che non abbia più di una gravidanza e così via. In questo è aiutata dalla pressione delle autorità, che non perdono occasioni di riempire le strade con cartelloni con la scritta "4-2-1" (rispettivamente il numero di nonni, genitori e figli che una buona famiglia cinese deve avere). Le infrazioni alla legge matrimoniale sono punite severamente: si va dalla perdita del lavoro, a quella della casa, fino alla costrizione fisica all'aborto. La ratio della legge non è maltusiana come spesso si crede in Occidente. In Cina già nel V secolo a.C. c'era un filosofo, Han Fei, che diceva molto chiaramente: con cinque figli ogni coppia, ogni nonno che ha venticinque nipoti, il popolo può lavorare quanto vuole ma la terra non basterà mai e avremo sempre fame. Lo scenario della Cina nel 2020 è quello di un Paese straordinariamente vecchio e carico di oneri finanziari, ma se non ci fosse questo controllo si prospetterebbe l'alternativa non molto migliore di tre miliardi di affamati. Comunque sia, la legge matrimoniale è molto problematica e anche coercitiva, violenta. Inoltre ha molte implicazioni negative. La legge permette anche a chi ha una femmina e un maschio di fare una preferenza e favorirne uno solo. Di solito, complici gli antichissimi retaggi culturali, si preferisce il maschio. Anche perché nel frattempo si è aggiunto il discorso del capitalismo, che discrimina le donne in base al fatto che possono fare figli, pretendere aspettative dal lavoro e via dicendo. E che inoltre sta causando progressivamente lo smantellamento dei sistemi sanitari e scolastici tradizionali. In altre parole, molte famiglie portano dal medico solo il maschietto, e se la bambina si ammala, lasciano che sia qualche Ente superiore a decidere della sua sorte. Poi fanno studiare solo il maschio. La Banca Mondiale che non è certo un ente di beneficenza sta cercando di fare impiantare in Cina un sistema di borse di studio femminili. Certo, però, le donne non sono diventate solo più povere. Molte sono diventate molto più ricche. Il capitalismo ha portato a diversificare i redditi e quindi ci sono persone, anche molte donne, che si sono trovate a poter fare professioni più remunerative. Ci sono donne come l'autrice di "Shanghai baby" Mian Mian, che fanno lavori come la rockstar, l'organizzatrice di eventi, o la redattrice di siti Internet per donne. Dove le donne cinesi, per la prima volta al di fuori da pressioni e tabù atavici, si ritrovano a parlare. Degli uomini, della vita familiare, dei figli e del sesso. Argomenti che le Cinesi scoprono adesso come temi di conversazione e di confidenza, perché essi per tradizione devono rimanere segreti. Però le donne cinesi più avanzate riconoscono che la loro maggiore ricchezza le rende spettatrici, chattatrici e consumatrici. Sono più vulnerabili, proprio come da noi, perché da un lato la donna può essere la bellissima attrice o fotomodella, ad esempio Gong Li che è la star del cinema cinese, e dall'altro diventa quella che fa le diete, che si ossessiona sui problemi che poi sono dell'uomo, e che compra gli abiti, i cosmetici e tutto quello che la fa assomigliare alle dive e piacere agli uomini. Il tutto dopo che per millenni la donna è stata addirittura quasi "amputata" dei piedi per essere seducente.
Una donna può finire negli annali di Amnesty International come moglie o parente di un attivista, come suora, come monaca buddista se è una tibetana. L'altra categoria di donna che rischia l'arresto e, come avviene sempre più spesso, la condanna a morte è la giornalista, o comunque colei che "si connette ai media esteri". Nel primo caso si tratta di una discriminazione più palese. Se una non ha fatto niente, ed è il compagno ad avere problemi con la giustizia perché deve andare lei in galera o subire "sessioni di autocritica"? Nel caso della religione, la cosa è più sfaccettata. La donna spesso è più religiosa per vari motivi. Uno è che, nel caso del cristianesimo, può darsi che cerchi uno status migliore di quello che ha nella società d'appartenenza. In altri casi è convinzione, e in alcuni casi è ignoranza, povertà. Nel tempio buddhista si mangia due volte al giorno, e si prega per un padre, un uomo quasi divino, il Dalai Lama in questo caso.
Le donne cinesi e il Diritto
Le recenti normative su diritto di famiglia e diritti delle donne (nel 1992 fu varata la "Legge per la tutela dei diritti e degli interessi delle donne") causano tutt'oggi delle idiosincrasie tra principi legali e prassi quotidiana, tra modernità e tradizione, tra sistema giuridico e sistema familiare. II prezzo pagato dalle donne, all'interno della famiglia e della società, è ancora molto alto. Per esempio, crea non pochi problemi la questione demografica e la politica del figlio unico.per i sacrifici che la donna cinese, e non solo lei, è stata costretta a fare, e che dovrà fare, in termini di autodeterminazione, e di affermazione della propria individualità soggettiva. Una politica che ha scardinato, leso, il ruolo della donna, sia quello per lei si organizzano campagne informative, nelle scuole e nelle università, per informare, 'educare', i giovani in materia di rapporti pre-matrimoniali, sessualità e amore. I cinesi vorrebbero recuperare un patrimonio tradizionale che vede la donna detentrice di 'moralità' e valori etici da contrapporre ai rapidi cambiamenti nei costumi sociali e sessuali dei giovani cinesi. Ma il mondo continua a cambiare in modo così veloce che è difficile stargli dietro. Però le cinesi sapranno farlo senza tradire le loro bellissime tradizioni.
Maria de Falco Marotta