MAI SCHERZARE SULLA SVIZZERA, PAESE DALLE MILLE SORPRESE...

Incontri interessanti. Un’altra riflessione di Caterina su alcune peculiarità elvetiche...

Quel collega Caterina l’aveva già visto ai plenum cantonali. Un bel tipo, biondo, occhi azzurri, fisico atletico, sempre molto discreto e riservato, moderato negli interventi. Non ne aveva però afferrato il nome. Ma forse non l’aveva mai pronunciato. Una sera la riunione era proseguita in un ristorante tipico non lontano dalla scuola e si era scoperto che il collega era rigorosamente vegetariano. Tutti stavano gustando un antipasto in attesa del piatto forte, forse polenta e brasato. L’unico che non aveva davanti quell’invitante affettato misto, su tutti i toni del rosa, dal pallidissimo lardo di Colonnata al mélange più scuro del salame nostrano al rosa salmone del prosciutto crudo, era quel bel giovane, sul cui piatto c’erano solo due formaggini di capra.

Naturalmente non aveva preso nemmeno il brasato. Dopo la cena, era salito su un triciclo elettrico, una specie di capsula spaziale semitrasparente con uno o due posti, manovrato a pedali e con una strana leva al posto del volante. Certo un veicolo buffo.

Fin qui niente di strano, un collega svizzero tedesco, timido, vegetariano ed ecologico.

Però l’altro giorno un’amica di Caterina le stava parlando di un suo vecchio compagno di scuola. Raccontava di questo ragazzo bravissimo in greco e latino, il migliore della scuola, che già vent’anni fa faceva culturismo e aveva sorpreso tutti, soprattutto il professore di greco e latino, iscrivendosi alla facoltà di ginnastica del politecnico di Zurigo. Poi aveva saputo che dopo questa prima laurea era tornato al suo vecchio amore e studiato lingue antiche ed era venuto in Ticino ad insegnare. Si trattava della stessa persona, che adesso insegna inglese e tedesco.

Noi italiani non siamo abituati a queste cose. Anche in Ticino sono fenomeni rari, ma Oltralpe molto meno.

Anni fa si era parlato molto di un libro “Essere o Avere” di Eric Fromm, chi se lo ricorda? Adesso il dilemma sarebbe fra “Avere o Apparire”, almeno a giudicare da quello strumento di analisi sociologica che è la televisione italiana. L’Essere ha perso il suo posto in classifica, anzi sembra non apparire nemmeno più nella scala di valori dei fruitori della scatola magica.

A nord delle Alpi l’apparire per fortuna non è così importante. Alla cerimonia per il dottorato del figlio di Caterina al Politecnico di Zurigo, non c’era nessuno con la cravatta, e dato che faceva caldo il professore aveva i sandali, anzi i birchenstock, però con le calze. Nessuno ci aveva fatto minimamente caso.

Al corso serale di russo frequentato da Caterina il lunedì sera è arrivato un nuovo compagno, si chiama Bruno, è svizzero tedesco. E’ molto più bravo di tutti gli altri, ma dovendo dipendere da un amico che lo porta con la sua macchina, ha dovuto adattarsi a frequentare la classe del lunedì sera. Arriva a scuola con uno zaino molto grosso e gonfio, come quelli che avevano i nostri nonni quando andavano in montagna. Di tela grigia scolorita e anche un po’ macchiata con le rifiniture in cuoio. L’altra sera Caterina voleva chiedergli, ma cos’hai in quel sacco, poi non ne ha avuto il coraggio.

Le sue mani, i suoi scarponi, la sua abbronzatura – che arriva solo fino al collo – rivelano che fa un lavoro manuale all’aperto. Pantaloni molto usati di velluto scuro e poi maglioni, gilet e berretto in grossa lana grezza, rigorosamente fatti a mano. Età? Forse quaranta, quarantacinque. Parla italiano, dialetto, inglese, il tedesco è la sua lingua madre e in russo è piuttosto bravo. Si pensa che viva solo, comunque in mezzo al bosco, nel Malcantone, in montagna. Non ha la televisione.

Non si è ancora capito cosa faccia esattamente per vivere. Forse il giardiniere, forse il boscaiolo.

L’altra sera durante l’intervallo un compagno, sono in pochi e tutti piuttosto curiosi e un poco eccentrici, l’hanno sentito cantare. E bene anche. Quindi Bruno sa anche cantare. Sembra che una volta cantasse in chiesa.

Facendo i soliti esercizi di conversazione, del tipo “ti piace leggere, che tipo di libri leggi, ti piace la musica, quale? ecc.” Caterina e compagni hanno scoperto che Bruno passa la domenica leggendo, di tutto, dalla chimica alla religione. Ma si interessa anche di arte, le ha promesso che le porterà un bellissimo libro sui pittori russi del primo novecento. E poi le ha portato tante cassette audio da ascoltare, Cechov, Dostojeswskj, Tolstoj. Le ha detto, nel suo italiano un po’ tedesco, sono solo cose, tienile pure, non sono materialista.

Ma perché libri di chimica, gli ha chiesto qualcuno. Sembra che Bruno sia laureato in chimica.

Sempre interessanti i frequentatori dei corsi serali.

Ma non solo i corsi serali.

L’altra sera la figlia di Caterina è andata a un concerto alla chiesa dei cappuccini. Suonava una violinista sua amica con altri componenti dell'Orchestra della Svizzera Italiana. Un'ottima orchestra parecchio quotata anche internazionalmente.

Caterina le ha chiesto com'era, chi suonava, se c'era tanta gente. Bello, suonava una mia amica, ha risposto la figlia, che studia con me in biblioteca.

Poi aggiunge, c'era anche quello del canile.

Chi, quale, come sarebbe a dire quello del canile?

Sì, il canile dove portiamo il cane quando andiamo via.

Un canile privato, ristrutturato di recente, gestito con cura ed efficienza da una coppia amorevole. Lui sembrava muto, forse a causa del gran barbone nero e dall'aria un po' spaventata. Forse inglese. Lei con accento nordico, tedesco, olandese, chissà, ma in Ticino è difficile trovare famiglie in cui si parli una lingua sola. Non possiedono un'automobile normale, ma quella specie di triciclo a pedale come il collega vegetariano.

La prima volta che avevano portato il cane, la signora, vedendo che Caterina era preoccupata di lasciarlo, l’aveva rassicurata. Mio marito, aveva detto, sono anni che fa questo mestiere, è un professionista. Non ne dubito, aveva risposto Caterina, e se n’era andata tranquillamente in vacanza.

Ma come, chiede ancora alla figlia, che cosa ci faceva lì?

Suonava, suonava il contrabbasso, non lo sapevi?

Veramente no, non lo sapevo, risponde.

Sì, è anche molto bravo, fa anche musicoterapia per cani e gatti. Ma è anche laureato in biologia e scienza dell’alimentazione.

Ma come si chiama?

Non so se sia il suo vero nome, ma sembra che si chiami D'Argo o L’Argo.

A questo punto, pensa Caterina, devo assolutamente ricordarmi, l’inverno prossimo, di indagare su quel simpatico suonatore di organetto che si materializza a Lugano nel periodo prenatalizio, regalando a piccoli e grandi il suo sorriso e la sua musica. Sembra uno gnomo, con quel suo barbone rosso, il cappello a cilindro e le scarpe nere a punta, con la fibbia.

Chissà chi si nasconde dietro a quest’altro eccentrico personaggio?

Cristina Cattaneo

Cristina Cattaneo
Società