THE HURT LOCKER(65.ma MOSTRA INTERNAZIONALE DI VENEZIA)

Non è che un film su quella stramaledetta guerra in Iraq ti faccia amare di più quel presuntuoso e per fortuna, ormai alla fine del suo mandato, G. W. Bush, che tanto sangue ha seminato in giro credendosi il salvatore dell'umanità e il difensore della democrazia. Tra i tanti meriti di questo film della regista Kathryn Bigelow c'é sicuramente quello di suscitare orrore per la protervia e la presunzione dell'America di pensare di essere il Messia promesso da Dio per salvare il mondo( ma dove, ci vuole ben altro). Il 4 settembre all'uscita di questa visione, molti pensavano che la giuria internazionale guidata da Wim Wenders, avrebbe attribuito il leone d'oro a The Hurt Locker, invece…

Ad ogni modo, vedere questa pellicola, non può che rafforzare nelle persone quel rifiuto netto di ogni violenza che non può e non deve essere usata contro alcuno, né mai giustificata da "scopi nobili". Al mondo non c'è nessun altro scopo nobile che la vita, sia pure misera.

Quel terribile conflitto che tanto scompiglio ha portato in medioriente é vista con gli occhi dei soldati americani impegnati nelle missioni più estreme contro terroristi e kamikaze.

Una squadra speciale dell'esercito statunitense addetta al rinvenimento e alla disattivazione degli ordigni esplosivi in Iraq si trova a dover compiere una missione speciale e altamente rischiosa, in uno scenario dove ognuno è un potenziale nemico e dove le bombe possono essere nascoste ovunque. Il film è tratto dai reportage del giornalista Mark Boal, che ne ha una ricavato una fiction estremamente fedele alle sue esperienze sul campo.

La scheda:

The Hurt Locker

Titolo originale: The Hurt Locker

Nazione: U.S.A.

Anno: 2008

Genere: Drammatico, Thriller

Durata: 127'

Regia: Kathryn Bigelow

Cast: Ralph Fiennes, Guy Pearce, David Morse, Jeremy Renner, Christian Camargo, Brian Geraghty, Sam Redford, Kate Mines

Produzione: First Light Production, Kingsgate Films

Distribuzione: Videa CDE, Warner Bros. Pictures

Data di uscita: Venezia 2008

10 Ottobre 2008 (cinema)

Cosa racconta The Hurt Locker

Dopo anni di permanenza in Iraq, un numero sconsiderato di vittime e un conflitto che ha creato mille polemiche, sembra che l'attenzione su quella parte del mondo vada via via diminuendo. Il film "The Hurt cocker ci riporta a quei deserti e quelle località martoriate, per vedere l'uomo oltre il soldato.

La pellicola, diretta dalla regista Kathryn Bigelow ("K-19", "Point Break - Punto di Rottura") è tratta dalle dirette esperienze del giornalista e sceneggiatore Mark Boal, che ha documentato molti dei suoi giorni in Iraq in un reportage da cui si è ispirato anche il regista Paul Haggis per il suo "Nella valle di Elah".

"The Hurt Locker" osserva da vicino un gruppo di soldati americani appartenenti all'unità speciale che si occupa di disinnescare bombe e ordigni esplosivi. Un compito di per se già abbastanza pericoloso, ma che svolto nel bel mezzo di un conflitto diventa una vera partita con la morte.

Dopo la morte del suo predecessore, il sergente William James, (Jeremy Renner, "28 Settimane Dopo", "L'assassinio di Jesse James per mano del codardo Robert Ford") prende il comando dell'unità, e subito si fa conoscere dai suoi sottoposti, il sergente JT Sanborn, (Anthony Macie, "8 Mile", "Million Dollar Baby") e lo specialista Owen Eldridge, (Brian Geraghty, "Bobby", "Jarhead"), per il suo fare incosciente, come se ridesse in faccia alla morte ogni volta che se la trova davanti, col rischio però di mettere in pericolo anche i suoi compagni.

La giornata e le occupazioni di questi uomini sono visti in maniera quasi utopista: alle persone comuni sembra quasi impossibile che ci sia qualcuno ancora disposto a rischiare così tanto, anche solo per puro patriottismo. Ma il fatto è che la guerra entra talmente tanto nella mente e nel cuore di questi uomini, che a volte sembra che sia l'unica cosa che sappiano fare. Eppure, come si vede da questo film, i conflitti interiori sono molteplici. Ogni azione violenta rivolta verso un nemico, è una questione di vita o di morte, ma è pur sempre una libera scelta. Riuscire a distinguere tra paura e pericolo reale non è sempre facile, e il rischio di sparare ad un'innocente è elevato. Così come terrorizzante dev'essere disinnescare una bomba col solo ausilio di un paio di pinze, sotto i mirini dei cecchini, e con la consapevolezza che ogni respiro potrebbe ridurre in mille pezzi un soldato. Alla fine si finisce col non pensare e col prendere gli eventi di petto, e sperare solo che vada tutto bene.

La regista descrive molto bene questa sensazione, e sembra quasi che i protagonisti abbiano assunto una dura corazza che li fa apparire di pietra. La pellicola appare molto complessa, e strutturata in modo quasi documentaristico. Non pretende di dare risposte, o di giudicare, ma solo di analizzare o più che altro di osservare a fondo un mondo che sembra sempre più lontano e indecifrabile. Sicuramente meritava il Leone d'oro meglio di The Wrestler. Ma si sa è difficile premiare una donna, anche se dimostra più fegato di un uomo. E, per noi, Kathryn Bigelow, ne ha molto.

DOMANDE & RISPOSTE

Cosa rende i suoi personaggi così straordinariamente unici e, in questo caso, qual è la loro psicologia dominante?

Kathryn Bigelow: Quello che ha reso questo film così particolare e unico è il fatto di aver potuto beneficiare di osservazioni di primissima mano, che sono il risultato del lavoro di Mark(IL GIORNALISTA REPORTER DAL CUI LIBRO è STATO TRATTA LA SCENEGGIATURA DEL FILM), che ha lavorato come "giornalista al seguito" delle truppe in Iraq. Li ha seguiti quotidianamente in missione, ha potuto quindi vivere sulla propria pelle, in prima persona, quello che queste persone fanno e questo ha dato l' aspetto di autenticità, di veridicità alla pellicola, che la rendono sicuramente diversa dalle altre. Per quanto riguarda la loro psicologia , devo dire che è stata descritta accuratamente da Chris Edgar, vincitore del Premio Pulitzer e giornalista del New York Times. Difatti, la citazione che troviamo all'inizio del film, proprio all'apertura e che dice che "la furia della battaglia provoca dipendenza totale perché la guerra è una droga" è tratta proprio da un suo libro. È apprezzabile perché ci spiega le motivazioni, la spinta di queste persone, un esercito fatto da volontari, in quanto in America non esiste più la leva obbligatoria, che rende questa guerra molto diversa da quella del Vietnam, perché sono individui che si offrono, che chiedono di partire.

Sono passati 6 anni dal suo ultimo lungometraggio, K-19 The Widowmaker, che tra l'altro fu presentato proprio qui a Venezia: quali sono state le motivazioni per mettersi di nuovo dietro la macchina da presa?

Kathryn Bigelow: Devo dire che in questi anni è stato estremamente difficile trovare del materiale che mi potesse stimolare e interessare a tal punto da iniziare un nuovo progetto. Il rientro di Mark, che io conosco da tempo, ha fatto sì che io a venissi a conoscenze delle storie e delle psicologie di questi uomini, che a mio parere svolgono il mestiere più pericoloso al mondo, e che decidono loro, volontariamente, di andarlo a fare. L'insieme di queste motivazioni, mi ha così interessato, che ho subito pensato valesse la pena farci un film, e così è stato. L'altro obiettivo è stata l'attualità, fondamentale per me, anche perché oggi, come non mai, mi sento molto attirata, molto coinvolta, da tutti quei temi quotidiani, e che rappresentano insieme alla visceralità di questo film, una tela sulla quale mi piace lavorare e costruire.

Nel film lo sguardo è rivolto verso questi soldati, però parla anche dei mercenari, del mondo arabo che vediamo da sfondo. Éstato difficile affrontare un compito del genere?

Kathryn Bigelow:Innanzitutto devo dire che mi sono trovata di fronte ad una sceneggiatura straordinaria e questo mi ha dato l'opportunità di arrivare all'obiettivo che mi ero posta, e che magnificamente il lavoro di Mark aveva già centrato. Disponendo di tale materiale, così ricco, così ben strutturato, mi ha dato la possibilità di "aggirare" eventuali difficoltà e pericoli, mantenendo però il film estremamente attuale e ricco d'energia. Grazie a questa favolosa sceneggiatura se sono riuscita a costruire qualcosa di così importante.

Oltre ai famosi Ralph Fiennes e Guy Pearce, perchè ha scelto di puntare su attori giovanissimi?

Kathryn Bigelow: Mi piaceva l'idea di lavorare con volti nuovi, freschi, ma poi perché sono attori dal grandissimo talento, completi, anche se relativamente sconosciuti nel mondo del cinema. Il mio interesse era quello di non avere un pubblico che viene a vedere un film, solo perché ci sono dei volti noti e che in un certo senso, portando quel bagaglio d'esperienza avrebbero potuto scalfire l'autenticità, il realismo, che invece volevo mettere in questa pellicola.

Chi é

Kathryn Ann Bigelow nasce a San Carlos, in California, nel 1951.

Dopo il liceo l'amore per l'arte la porta ad iscriversi al San Francisco Art Institute e successivamente, grazie ad una borsa di studio, all'Independent Study Program del Whitney Museum di New York - città determinante per il passaggio dalla pittura al cinema. Nella Grande Mela, infatti, il contatto con il gruppo culturale "Art & Language" e personalità come Richard Serra e Susan Sontag si rivela fondamentale, ma sarà in particolare l'artista Vito Acconci il primo a spingerla verso la regia.

Realizzato nel 1979, il cortometraggio d'esordio, Set-up, viene presentato ed accolto positivamente in molti festival e rassegne artistiche. Al successo di questo primo lavoro seguono anni di numerose esperienze: dagli studi alla Columbia University, dove la Bigelow segue, tra gli altri, il corso di Milos Forman, alla collaborazione con la rivista di semiotica "Semiotexte".

Nel 1982 gira il suo primo lungometraggio, The Loveless, che vede nei panni di protagonista un esordiente Willem Dafoe, mentre l'anno successivo uscirà dai circuiti indipendenti per cominciare la sua collaborazione come sceneggiatrice alla Universal.

Il secondo lungometraggio, Near Dark - Il buio si avvicina (1987), è un'affascinante rielaborazione, tra scenari western e ritmi da action movie, del tema dei vampiri; il film viene accolto positivamente e addirittura inserito nella collezione permanete del MOMA di New York. Tuttavia, il suo successo non consente alla regista di portare immediatamente avanti il nuovo progetto; il soggetto piace ai produttori, ma non convince l'idea di un thriller con una protagonista femminile nei panni di un poliziotto (poi interpretato da una magnifica Jamie Lee Curtis), per questa ragione Blue Steel verrà realizzato solo nel 1990 grazie all'interessamento e al contributo di Oliver Stone.

Point break, Punto di rottura (1991), film ormai di culto, che evidenzia perfettamente le capacità stilistiche della Bigelow, determina la definitiva affermazione della regista al grande pubblico, e segna anche l'inizio della collaborazione col marito James Cameron, sceneggiatore del film successivo, il noir fantascientifico Strange days, che richiederà alla coppia ben quattro anni di lavorazione.

Finito il matrimonio con Cameron e falliti i progetti per Company Of Angels, un film dedicato alla storia di Giovanna D'Arco che verrà poi realizzato da Luc Besson nel '99, seguono cinque anni di silenzio prima dell'uscita di Il mistero dell'acqua, ottimo thriller interpretato da Catherine McCormack, Sarah Polley e Sean Penn. Uno dei suoi titoli migliori è purtroppo seguito da quello che è senza dubbio il film meno riuscito della Bigelow, K-19(ma a noi è piaciuto molto. Racconta la tragedia di quei marinai russi morti nel sottomarino atomico, mentre Putin era in vacanza e non si degnò neanche di correre sul posto), che si distingue tra l' altro per una pessima distribuzione nelle sale italiane, tagliato (ma solo in alcune città) di oltre 20 minuti.

Con The Hurt Locker, difficile, ma coinvolgente, è ritornata di nuovo sulle scene internazionali.

Maria De Falco Marotta & Team (Elisa, Enrico, Antonio , Diana)

Maria De Falco Marotta & Team (Elisa, Enrico, Antonio , Diana)
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