DAVVERO L'ARCHITETTURA STA FUORI DAGLI EDIFICI? (XI BIENNALE DI ARCHITETTURA, VENEZIA 14 SETTEMBRE -23 NOVEMBRE
Il 14 settembre a Venezia, tra scrosci di pioggia e temperature invernali, è partita la Mostra Internazionale di Architettura. Non ci sono edifici o progetti particolari ma spettacolari istallazioni, con il contributo di centinaia di professionisti di tutto il mondo, l`XI Mostra diretta da Aaron Betsky offre un ampia cooperazione, provocatoria, su chi sia oggi l`architetto. Se la mostra principale seguita da Betsky propone sperimentazioni `oltre l`architettura`(Out there, architecture beyond building é il tema della Mostra), lo stesso vale per il padiglione italiano promosso dalla Direzione generale per l`architettura, la Parc. La prima non ha limiti, vola alto e sconfina spesso nell`utopia, mentre nel secondo caso la riflessione si concentra su un tema puntuale: dalla casa all`abitare(figuriamoci, da come siamo messi in Italia!).
Secondo Aaron Betsky - già direttore per sei anni del Netherlands Architecture Institute (NAI) di Rotterdam, uno dei più importanti musei e centri di architettura del mondo e curatore del Padiglione olandese(molto interessante che poi presenteremo più avanti), la 11. Mostra si orienta verso un'architettura oltre il costruire per affrontare i temi centrali della nostra società. Invece di edifici, presenta installazioni realizzate da architetti che hanno risposto allo suo stimolo raccogliendone la sfida. Essa si riverbera su di noi, incoraggia la nostra capacità di lettura e, attraverso l'emozione, ci dà la possibilità di trarre delle considerazioni sul senso del mondo e su come sentirci a casa in esso. Betsky indica "quello che dovrebbe essere un fatto ovvio: l'architettura non è 'il costruire". L'architettura deve andare oltre gli edifici perché gli edifici non sono una realtà sufficiente. Sono grandi e dispendiosi accumuli di risorse naturali difficilmente adattabili alle condizioni sempre mutevoli della vita moderna". "Gli edifici sono perlopiù brutti, inutili e dispendiosi. Eppure l'architettura è bella - dice Betsky - può collocarci nel mondo come nessun'altra arte è in grado di fare. Può farci sentire a nostro agio nella realtà moderna. Offre e plasma quel fenomeno che nel mondo attuale è uno dei lussi più preziosi: lo spazio. La mostra raccoglie e incoraggia la sperimentazione: quella delle strutture effimere, delle visioni di altri mondi o di prove tangibili di un mondo migliore. Non vuole presentare edifici già esistenti e di cui si può godere nella vita reale. Non vuole proporre soluzioni astratte a problemi sociali, ma intende vedere se l'architettura, sperimentando nella e sulla realtà, può offrire forme concrete e immagini seduttive".(Verissimo. Ne parleremo ancora, specie di coloro che non sono "previsti"dal tran tran occidentale). L'11. Mostra Out There: Architecture Beyond Building presenta pertanto, articolandosi nelle aree espositive del Padiglione Italia ai Giardini e dell'Arsenale, installazioni, manifesti d'intento, scenari utopici. Questi sono esperimenti realizzati qui per lo scopo specifico della mostra: ricercare forme per cui l'architettura rinnovi se stessa, lo spazio in cui viviamo, la nostra esistenza. Se all'Arsenale il visitatore incontra 23 Installazioni, al Padiglione Italia scopre il lavoro sperimentale di 55 studi internazionali e una ricognizione dei Masters of the Experiment.
Le Corderie dell'Arsenale si aprono con Hall of Fragments, di David Rockwell con Casey Jones + Reed Kroloff: un'opera interattiva che riflette sulla capacità dell'architettura di sprigionare la propria forza visionaria attingendo dall'immaginario cinematografico. Le Corderie presentano Installations di grandi dimensioni che "non sono prototipi di edifici - spiega Betsky - non sono affermazioni costruite della purezza della forma, non sono esempi di esperimenti che hanno luogo altrove". Rappresentano invece modi sempre diversi di interrogarci sull'architettura e su come è possibile sentirsi "a casa" nel mondo. Questa mostra lancia una sfida che va considerata nell'insieme delle opere presentate, al di là del significato di ciascuna. È una sfida di dialogo con il pubblico e non un atto di isolamento. Gli architetti comunicano con il visitatore attraverso i Manifestos, dichiarazioni d'intento presentate dagli stessi autori per coinvolgerlo nelle loro visioni e nella loro idea di architettura. L'obiettivo è quello di ristabilire un terreno comune e una comune comprensione delle cose. I partecipanti della sezione Installations sono: Asymptote, Atelier Bow Wow, Barkow Leibinger Architects, Nigel Coates, Coop Himmelb(l)au, Diller Scofidio+Renfro, Droog Design+Kesselkramer, Vicente Guallart, Frank O. Gehry, Zaha Hadid, Ante Liu, Greg Lynn, M-A-D, Massimiliano Fuksas, MVRDV, Penezić e Rogina, Philippe Rahm, Matthew Ritchie in collaborazione con Aranda/Lasch e Daniel Bosia/ARUP AGU, Kramervanderveer, Thonik e UNStudio. Il percorso espositivo prosegue all'esterno delle Corderie con una capanna odierna del Kazakistan, proposta da Totan Kuzembaev, che rappresenta il punto di incontro tra la civiltà nomade tradizionale e quella contemporanea. La visita si conclude nel Giardino delle Vergini, nuovo spazio acquisito dalla Biennale di Venezia, con Towards Paradise, landscape installation a opera del gruppo Gustafson Porter - Gustafson Guthrie Nichol.
Ma sulla Biennale architettura abbiamo molto altro da informarvi. Per essere obiettivi, ci sono molte novità che non abbiamo riscontrato né alla Biennale di Arti visive, né alla 65.ma Mostra del cinema e che vale la pena proporre ai nostri lettori(forse).
E sul fatto che l'architettura si combina in modo commovente con altre arti, è verissimo. In fondo, il cervello umano quando funziona è assolutamente ammirevole.
Maria - Enrico Marotta & Team