«LA COREOGRAFIA È UN PENSIERO INTERIORE» 12.6.20.17
Quanto erano belli, agili, armoniosi i 25 ragazzi di varie nazionalità, formati da quel grande performer, danzatore e coreografo che è Ismael Ivo, nel loro "saggio" finale dal titolo curioso di "Biblioteca del corpo"! Lo spettacolo offerto con tanta bravura ed armonia è una specie di impalcatura concettuale in cui i corpi sono raccolti come un libro. Si parte dal'idea che ogni individuo rappresenti di per sé un libro che contiene informazioni uniche ed inimitabili, però deve essere aperto per rivelare i suoi diversi aspetti positivi o negativi. Pure se è originale, rimane solamente un volume della grande enciclopedia umana. Aprendosi e rivelandosi fa tutt'uno con gli altri e rende il messaggio della specialissima forma umana , qualcosa di unico. Naturalmente Ivo ha tratto le suggestioni del suo spettacolo dal famoso libro di Borges Biblioteca di Babele (Le scaffalature in numero di 25, il salire e scendere degli allievi…), volendo intendere anche che la Biblioteca è l'universo su cui vigila l'occhio di Dio. La bravura e la duttilità dei 25 allievi porteranno per sempre impressa sui loro corpi l'impronta del Maestro che - anche quest'anno- ha mostrato che la Danza non è solamente muoversi, ma qualcosa che viene da dentro e guida la vita dell'umanità.
Chi è Ivo
È nato a San Paolo del Brasile, dove ha studiato danza e recitazione vincendo il premio come miglior danzatore solista nel 1979, 1981 e 1982; ma sono New York e Berlino i palcoscenici della sua carriera. Alvin Ailey lo invita a New York nell'83, dove diventa membro della sua compagnia (Alvin Ailey Dance Center). Poi arriverà in Europa, fermandosi a Berlino dall'85 al '96, dove collabora con il grande coreografo di teatro-danza tedesco Johann Kresnik e con Ushhio Amagatsu, l'artista giapponese dei Sankai Juku: esperienze diverse che si fondono con le sue radici afro-brasiliane.
Conosciuto in tutto il mondo, Ismael Ivo è stato artista ospite e solista in numerosi spettacoli: con Kresnik ha lavorato in "Phoenix" (1985), "Mars", "Francis Bacon" (considerato un successo del teatro-danza nel 1994, "Othello" (1995). "Labyrintos", la sua prima coreografia d'ensemble, ha vinto il premio al Theaterhaus Stuttgart nel 1993. Nel 1994 lavora con George Tabori scrittore sceneggiatore e regista di fama internazionale - all'opera "Moses und Aaron" di Schoenberg.
Nominato Direttore della Biennale Danza, presta sempre molto attenzione alle tematiche della nostra epoca, al nuovo statuto che sta acquisendo il corpo umano in rapporto all'avanzamento della ricerca scientifica e al dualismo con l'anima.Ivo è quello che ha acquisito il meticciato della danza fonde esperienze diverse con le sue radici afro-brasiliane.
Performer, danzatore e coreografo, attivo in Germania, Ismael Ivo svolge la sua indagine espressiva nei territori interetnici, da cui proviene la danza più innovativa e diversificata. Porta con sé un ricco patrimonio di modi, di gesti, di temi e di pensiero del corpo che intreccia con quelli del Tanztheater, della danza contemporanea e delle radici nere: una fusione colta e molteplice, fra cultura e scrittura di danza europea e nordamericana. Artista sempre in movimento, artisticamente e geograficamente, lo si può incontrare in ogni dove del nostro globo che lui ama teneramente. E, in modo speciale, ama la gente.
Domande & Risposte
- Come e quando nasce la tua passione per la danza?
Ricordo due momenti, da piccolo. Mia madre mi metteva dentro una vasca di metallo e roteavo la testa, e guardando in alto mi domandava cosa fosse questa sensazione di piacere? Era come una scoperta, uno stupore, una meraviglia. Non ho mai più dimenticato questo movimento circolare. L'altra cosa che ricordo, verso i 7 anni, era che mi piaceva girare fortissimo su me stesso fino a cadere, e una volta a terra mi sentivo felice, con la sensazione di aver compiuto un viaggio. Questa memoria era per me un tipo di rapporto, di collegamento con la danza. Mi affascina guardare il mondo, la vita, la strada, le persone, attraverso un occhio e un pensiero coreografico. Da piccolo cercavo qualcosa che mi permettesse di comunicare con le persone, ma anche di dare qualcosa di personale, di interiore, agli altri. Oggi penso di riuscire a farlo attraverso il corpo, che è un mondo emozionale, psicologico, fisico, che ci porta in una dimensione più grande della vita.
- Quando hai sviluppato questo pensiero creativo?
E' difficile stabilirlo. Sin da ragazzo ero animato da una febbre di ricerca, dal bisogno di lavorare su un'ispirazione, cercando di capire un impulso, un nuovo linguaggio. Quando ho iniziato a fare piccoli esperimenti di coreografia in Brasile mi guardavano strano perché non capivano che cosa stessi elaborando. Per fare il coreografo bisogna tenere gli occhi rivolti al futuro. Per diventare una persona creativa devi utilizzare la fantasia e l'ispirazione, ma lavorare fisicamente e tecnicamente e dopo trasformare questo imput. La coreografia è un pensiero interiore.
- Un incontro determinante è stato quello con il grande coreografo afroamericano Alvin Ailey, che poi ti ha preso nella sua compagnia. Cosa ti ha insegnato questo maestro?
Che per poter danzare bisogna essere generosi. Se non lo sei non dai niente. Un altro incontro importante è stato quello con il teatro-danza del coreografo tedesco Johann Kresnik, con il quale ha collaborato a Berlino dall'85 al '96. I suoi balletti avevano sempre tematiche politiche, anche di critica per esempio verso gli Stati Uniti… Un giorno un giornalista le chiese il motivo per cui danzava. Rispose che quando ogni mattina prende il caffè, esce per strada, compra il giornale e lo legge, diventa arrabbiato col mondo. E' questa rabbia che lo fa danzare. Egli sente la responsabilità di rispondere così al corso del mondo. Da lui ho imparato questa consapevolezza. In più per me è importante emozionare le persone, ispirare qualcosa di nuovo, affinché ogni volta la danza diventi un documento, uno specchio del mondo, e la persona possa poi guardare il proprio percorso.
- Qual è l'idea di fondo della "drammaturgia del corpo" sulla quale hai fissato il tuo programma triennale alla Biennale?
La Biennale d'Arte, e quello che rappresenta, ha influenzato l'arte visiva nel mondo conferendole un sguardo nuovo accompagnato da un pensiero di arte futura. Ho pensato quindi che bisognava che ci fosse una corrispondenza fra pensiero e idea. Essendo un festival di danza contemporanea ho trasformato il tema incentrato sul corpo visto attraverso la coreografia, la tecnica e tutti quegli aspetti ad esso legati, da investigare, rinnovare, collegare, per trovare nuovi vocabolari, affinché tutti i linguaggi della danza - etnica, classica, moderna, postmoderna, minimalista - trovino nuovi imput. Il corpo come luogo in cui si riflettono contraddizioni, bisogni, interrogativi del nostro tempo.
Una Biennale aperta quindi, intesa come un luogo di ricerca…
E' stato così il primo anno con "Body Attack", titolo a cui i coreografi risposero con nuove creazioni. Con la scorsa edizione "Underskin", ho messo insieme una sciamana e un coreografo per discutere cos'è il corpo; ho portato anche dei chirurghi del cuore e degli scienziati per collegare spirito e scienza. Adesso, per chiudere la trilogia, faccio "Body e eros" (Corpo e eros), un festival più dionisiaco, che senta ciò che muove il corpo. Vuole essere anche il recupero di un'ispirazione come fece all'inizio del secolo scorso Nijinsky con la Sagra della primavera e L'apres midi d'un faune: utilizzare i sensi per interrogarsi sul terreno del desiderio sotto il profilo estetico, nella sua tensione e nei suoi limiti.
- Nella tua esperienza, sia di ballerino che di coreografo, sei sempre stato aperto al nuovo, alla sperimentazione, alla commistione…
Dentro il mio percorso creativo ho sempre utilizzato impulsi differenti in varie direzioni. Per me oggi l'interesse della danza come coreografo è cercare delle forme per trasformare il vocabolario fisico e tematico, perché penso sia importante, non solo per il ballerino di danza moderna, tentare di creare un nuovo repertorio per il balletto di questo secolo. E' certamente importante rifare ancora le opere del repertorio classico che rappresentano un patrimonio prezioso, ma non ci si può fermare a questi, perché appartengono ormai al secolo scorso. Oggi è importante dare una nuova fisicità, un nuovo vocabolario, nuovi temi e idee.
- Da cosa trai ispirazione per le tue coreografie?
Da un senso di curiosità per la letteratura, le arti visive, la musica. Per me non c'è limite. Posso andare dalle percussioni Kodò, alla voce della Callas. L'anno scorso con l'Orchestra Sinfonica di Berlino ho fatto l'opera "Apollo e Giacinto", la prima opera di Mozart composta a 12 anni, dalla quale si può capire tutto quello che lui ha composto dopo. C'erano il coro, l'orchestra e i ballerini. Ad aprile invece ho creato per il Comunale di Bolzano la "Passione di Matteo". Le diverse influenze rappresentano per me un universo creativo. Non concepisco la divisione. Non esiste il classico, il moderno, il contemporaneo, o il vecchio, ma la qualità.
- Un festival ha senso se è una finestra sulle novità e non una vetrina di sola esposizione. Quale dovrebbe essere il compito di un direttore artistico?
Di essere aperto, portare un'idea, un significato. E dare l'opportunità ad altre persone di collaborare e sviluppare, con la sua guida, tutto questo. Non ho mai pensato né alla Biennale, né a Vienna con l'ImpulseTanz, di fare dei festival personali, con la mia estetica e il mio gusto. Per questo, credo, sono diventati entrambi importanti. Tre anni alla direzione della Biennale, riconfermata di anno in anno, mi hanno permesso di sviluppare un progetto, un'articolata riflessione sul corpo. Il numero degli spettatori è cresciuto molto. Il pubblico è un organismo intelligente, sensibile. Ti segue e a sua volta si apre per scoprire insieme a te se porti qualcosa di nuovo. Questa secondo me è la funzione del direttore artistico di un festival. Deve avere anche le antenne per percepire cosa c'è nell'aria e nelle persone.
- Cos'è per te la bellezza?
Per me è uno stato interiore. Non c'è un'estetica definita, perché cambia di anno in anno, di secolo in secolo. Il momento della danza è un momento sacro, è un rapporto con un altro tipo di forza, di energia, che ti fa portatore di un messaggio.
Oggi la bellezza corrisponde solo ad un fatto estetico…
"Non si può ancora vivere nel ritratto di Dorian Gray" diceva Oscar Wilde. Anche la vecchiaia è un tipo di bellezza, che corrisponde anche ad una dimensione spirituale.
- Qual'è la responsabilità di un ballerino e di un coreografo?
Quella di lasciare la danza come un documento e uno specchio del tempo. Come fece Isadora Duncan che espresse la liberazione del corpo. O come Nijinsky con "L'apres midì d'un faune" che suscitò scandalo all'Opera di Parigi con le persone dopo lo spettacolo che litigavano e discutevano su quell'estetica nuova. Questa è la funzione della danza: portare avanti un senso dell'esistenza per poter progredire umanamente, socialmente, e aprire altre porte del cuore( Cfr.i quotidiani italiani; il Sito della Biennale Danza, dove Ivo ha rilasciato più di un'intervista, Il Sole 24 ore….). Di certo la danza esprime la bellezza dei sentimenti, l'armonia dei movimenti, la gioventù, l'amore… Come così straordinariamente hanno espresso i 25 ragazzi, cresciuti all'ombra di Ismael Ivo.
Maria & Enrico Marotta