DA VEDERE. IN MOSTRA A COMO A VILLA OLMO I CAPOLAVORI DEL PITTORE BELGA MAGRITTE
Mi è sempre piaciuto Magritte. Da quando ho visto la sua “testa fra le Nuvole” alla Tate Gallery di Londra (L'Avenir des statues ,1937) Una testa dipinta di azzurro cielo e nuvolette bianche. Ricordo l’impressione di divertimento e leggerezza che mi aveva lasciato. Oppure i suoi omini con la bombetta, tutti uguali, che sembrano volare ma non volano, davanti allo sfondo di cielo azzurro e normali case di città. Perché ha scelto quel titolo? Golconda è un’antica fortezza in India di cui rimangono solo le imponenti rovine.
Ecco perché sono stata a vedere la mostra di Magritte a Como. E’ stata così forte l’emozione che ho deciso di farne partecipe chi vorrà leggere queste parole, anche se non sono certo una critica d’arte, mi mancano gli strumenti per parlarne in modo tecnico e professionale. Ma per chi lavorano gli artisti, mi sono chiesta? Di certo per se stessi e per chi sa godere delle loro opere, che siano quadri, sculture, composizioni musicali o letterarie. Ci regalano i frutti del loro talento e tutti possiamo approfittarne.
I suoi quadri sono esposti nelle sale della splendida villa Olmo, che ti accoglie con il suo parco e con tutti i colori della primavera, sulle rive del lago di Como.
Parte integrante della mostra sono brani di scritti dello stesso Magritte, che illustrano la sua poetica. Ne viene fuori il ritratto di una persona fiduciosa e ottimista, che si lascia sorprendere da tutto quello che lo circonda, dalla bellezza della natura ma anche dagli oggetti di uso quotidiano, che vede con la lente dell’arte e di una sensibilità particolarmente poetica. Dice infatti “io dipingo in modo assolutamente tradizionale questi oggetti” ma riesce a vedere oltre la loro funzione immediata e li colloca in una dimensione surreale, di sogno. Ecco, Magritte riesce a far passare chi osserva i suoi quadri attraverso il muro della realtà e farlo entrare nel sogno.
Riesce a dare una forma visibile a sensazioni ed espressioni linguistiche che utilizziamo tutti i giorni. Ricordo Oppure, in questa mostra di Como, il quadro, chiamato “Panico Medievale”. Dei giullari in costume medievale senza testa. Avevano infatti perso la testa.
I suoi quadri giovanili risentono dell’influsso del surrealismo e degli incontri con pittori come De Chirico e Dalì. Poi, man mano acquisisce quello stile tutto suo, che ce lo fa amare tanto. Dà dei titoli ai suoi quadri che a volte sono come dei rebus. Sembra che giochi con il suo pubblico e forse lo fa davvero. Ci insegna a vedere la poesia dappertutto, ma proprio dappertutto. Riporta le gambe dei tavoli nella foresta, da dove sono venute. Ci fa pensare, quando ci dice che la sua pipa perfetta non è una pipa, perché l’immagine non è l’oggetto, perché non la si può fumare e poi mette una nuvola in una coppa di champagne a mezz’aria fra campi e montagne. Unisce la luce del giorno e della notte in un insieme assolutamente armonioso. Ravviva il grigiore di un edificio di una triste periferia mettendogli davanti un lembo di cielo azzurro svolazzante a mo’ di bandiera. Sfida la legge di gravità, facendo fluttuare nell’aria le pietre.
Dice infatti che si possono studiare la natura e le sue leggi, ma tutto rimane comunque un mistero.
Non so se abbia conosciuto lo studioso francese Roger Caillois, ma come lui sembra preferire entrare nei sogni piuttosto che cercare di spiegarli. Preferisce accettarne il mistero, lasciarsi sorprendere da essi e regalare anche a noi la magia dei suoi sogni.
All’uscita, ancora emozionata, ho osservato il cielo, azzurro pallido, con tante nuvolette sparse, il lago, azzurro grigio, il giardino ottocentesco con i cespugli di bosso ben curati, i pergolati e le sculture. Mi sono trovata in un quadro di Magritte, ma, “quello non era un quadro”.
Caterina Cattaneo