Immigrati e abitazioni. Servono alloggi. Dove e come?

Le ondate di migranti e la questione abitativa in un Paese abbondantemente antropizzato. Analisi del presidente di Assoedilizia e vicepresidente di Confedilizia Achille Colombo Clerici

Il tema, particolarmente sentito nelle regioni più sviluppate che sono generalmente anche quelle ad alta tensione abitativa (solo in Lombardia 60.000 famiglie sono alla ricerca di una casa decente con affitto accessibile), viene riproposto dalla nuova ondata di extracomunitari ai quali, o almeno a una parte di loro, dopo l’ospitalità in tenda o in una caserma dismessa, dovrà essere assegnata una casa.

Innanzitutto qualche dato per inquadrare il problema. Nel 2016 è previsto dall’Unhcr-Agenzia Onu per i rifugiati,  l’arrivo in Italia di oltre 150.000 immigrati, pressappoco lo stesso numero del 2015 (dal primo gennaio ad oggi sono sbarcate oltre 100.000 persone) e quasi tutte andranno ad aggiungersi ai 3.521.000 extracomunitari già residenti (il 5,8% della popolazione italiana, ottavo posto nella classifica europea) per due principali motivi: il blocco alle frontiere di Francia, Svizzera ed Austria per quelli che vorrebbero andare in altri Paesi; e l’inefficienza  della ripartizione in altri Paesi decisa dall’Unione, rimasta sulla carta in quanto in nove mesi soltanto 2.000 persone hanno ottenuto il lasciapassare dall’Italia per il resto del Continente.

Se le cifre e le percentuali sfatano la leggenda dell’invasione (secondo un recente sondaggio gli italiani percepiscono una presenza di immigrati extracomunitari pari al 30%) è l’incremento che preoccupa. Si calcola che in 20 anni gli arrivi in Europa siano aumentati da 5 a 10 volte.  E per quanto riguarda l’Italia si è passati dai 22.000 arrivi del 2012  ai già citati 153.000 del 2015 e previsti del 2016, quasi sette volte in cinque anni.

Secondo Achille Colombo Clerici, presidente di Assoedilizia e vicepresidente di Confedilizia, dovranno essere riviste le politiche urbanistiche. Bisognerà, in altre parole, provvedere a nuove costruzioni che andranno a incidere su un territorio  già abbondantemente antropizzato mentre il 40% è inutilizzabile perché montuoso. Scrive il Rapporto Ispra 2016 sul consumo del territorio che vengono “mangiati” ogni giorno 35 ettari da costruzioni e infrastrutture (250 kmq in due anni). In 25 anni si è perso un quarto della superficie coltivabile. Il valore percentuale di consumo più elevato è in Lombardia e in Veneto (oltre il 10%) e tra il 7  e il 10% si collocano altre regioni tra cui Emilia Romagna, Piemonte e  Liguria. Esaminando i dati su scala provinciale, troviamo che le province di Milano, Monza Brianza e Napoli presentano i valori più alti di territorio urbanizzato ad alta densità. Secondo le stime di Eurostat (2016), la quota di territorio con copertura artificiale in Italia è stimata pari al 7,0% del totale, contro il 4,1% della media dell’Unione Europea.

Colombo Clerici aggiunge: “Non si può chiudere la porta alla politica dell'accoglienza: per questioni umanitarie e per mantenere l'equilibrio internazionale che presidia la pace durevole. Il problema dell'immigrazione forzosa è e sarà il problema del nostro tempo.

L'Italia e' un paese particolarmente sensibile a questa problematica perche' e' il Paese di primo approdo dopo la chiusura della “rotta Balcanica”, e perche', come abbiamo documentato,  presenta una situazione territoriale particolarmente sfavorevole. Siamo insomma tra l’incudine (dell’accoglienza) e il martello (della scarsità di risorsa-suolo).    E continuiamo a praticare una  politica per compartimenti stagni.

Per fare un esempio, nel Disegno di legge sul consumo dei suoli, attualmente all'esame del Parlamento, non c'e' traccia di una riflessione sul tema delle prospettive di mutamento del quadro sociale conseguente al fenomeno migratorio.

L'obiettivo e' quello di ridurre, a livello nazionale, il consumo della superficie suscettibile di utilizzazione agricola, per arrivare ad azzerarlo completamente entro il 2050, in conformita' a quanto stabilito dalla Commissione Europea.

Il modello normativo e' quello della Francia, della Gran Bretagna, della Germania, che non soffrono, peraltro, del problema della nostra scarsita' di territorio.

L' impegno e' lodevole, ma la politica delle misure comportanti "tagli lineari" a livello generale nazionale, senza tener conto delle diversita' locali,  deve essere rivista se non vogliamo che il problema migratorio ci scoppi tra le mani.
Ci vuol altro che la rigenerazione urbana per fronteggiarlo.

Occorre dunque distinguere tra regione e regione e c'e' bisogno di piani nazionali volti a coordinare meccanismi virtuosi per far interagire accoglienza e integrazione, anche ai fini dell' inserimento lavorativo degli immigrati accolti.

Un'attenzione particolare andra' riservata alle zone ed alle aree di dinamico sviluppo urbano-economico rappresentate, al Nord, dalle direttrici Milano-Venezia e Milano-Bologna.

Su queste, destinate a diventare un'unica megalopoli,  andranno previsti insediamenti specifici (strutture abitative funzionali agli insediamenti produttivi esistenti e di nuova formazione) per uscire dalla politica emergenziale che si fonda sulle misure tampone basate sulla ricerca della tal caserma in disuso o della casa di riposo abbandonata, collocate nei posti piu' disparati (da Milano, a Capalbio, ad Ischia) per ospitare momentaneamente  i rifugiati.

 

Nella foto: Achille Colombo Clerici tra il Ministro Graziano Delrio ed il Sindaco di Milano Giuseppe Sala)

 

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