09 10 10 DA NORD A SUD, L'ARTE UNISCE.

Quante cose dividono gli uomini e le donne contemporanee, però sul significato dell'arte per vivere meglio e sentirsi più "uguali" nessuno ha dubbi. Di seguito, presentiamo una carrellata di Mostre che nella loro varietà testimoniano la creatività che alberga nella mente umana, ovunque si abiti.

1) a Gibellina(TP), alla Fondazione Orestiadi, vi è RINASCITA: Atelier di Angela Carrubba Pintaldi

Nel suggestivo relitto architettonico del Palazzo Di Lorenzo, dopo il tonante tremore della morte, per terremoto, vi è l'avvenimento della Rinascita di Angela Carrubba Pintaldi che allestisce una summa del suo lavoro inteso come raccolta di energie, carpite dal suo rifugio di Pantelleria e moltiplicate nel suo incontro con Gibellina, in cui stanno emergendo elementi di una rivelazione che nasce anche dal suo essere berbera di elezione, nomade per tessuti e pendagli, che qui vengono rivelati come tappeti, in grandi respiri che assorbono i colori e poi li emanano come alchimie magiche. Il perno, l'elemento fondante, è dato dalle porte, che simboleggiano l'entrata virtuale in un universo concentrico dove tutto può accadere, anche il miracolo, compreso nei multipli dei tre, numero della perfezione, che qui può essere riassunto in Pantelleria, Sicilia, Marocco, su cui splende lo stesso sole e regna la stessa luna(gioielli, tappeti, porte, quadri, perché nascere è umano, rinascere é…..).La mostra presenta opere create sotto l'influsso delle pietre e delle suggestioni della città e del suo paesaggio.

Chi è Angela

Immune da ogni differenza etnica, culturale, religiosa, calata in una silenziosa bellezza dettata da passionalità, drammaticità ed esuberanza, questa donna del Sud raggiunge la fama, fin dalle prime creazioni, con mete internazionali. L'inizio nella "Ville lumière", sofisticata galleria di Joyce a Parigi; poi sarà la volta di Bergdorf e Goodman, a New York, dove in seguito sarà pubblicata sui cataloghi di Sotheby's e Christie's.

Da Milano a Parigi, e di qui a Londra e New York per ritornare, carica di un'espressività nuova, in Italia con le ultime mostre di pittura e scultura che in ordine di tempo così informano: Chiesa S.Salvatore in Lauro a Roma; Chiesa di S.Paolo Converso, Teatro Armani e SuperStudioPiù presso My Own Gallery di Gisella Borioli a Milano; Palazzo Sambuca e Palazzo Ajutamicristo a Palermo. Da New York, partirà il lungo viaggio di Angela nell'impegno sociale internazionale, divenuto oggi un suo binomio indissolubile in cui l'atto umanitario è tutt'uno con lo sforzo conoscitivo della sua arte. Attraverso l'aiuto ai molti bambini affetti da talassemia il suo messaggio artistico si trasforma in un gesto di solidarietà.

E se da un lato Angela tende la mano alle minoranze etniche con cui si confronta nei suoi mille linguaggi artistici, dall'altro trova nei collezionisti internazionali la conferma e la forza di un percorso dal valore riconosciuto nel tempo.

I suoi gioielli esattamente come le sue opere pittoriche e scultoree più recenti sono entrati a far parte delle collezioni private di personalità come Marie-Hèlenè de Rothschild, Victoria de Rothschild, Cristiana e Marie Brandolini, Katia e Marielle Labeque, Nicole Kidman, Salima Agha Khan, Catherine Deneuve, Daphne Guinnes, Diandra Duglas, la Contessa d'Ornarno, Isabella Rossellini, Olimpia de Rotschild, Chantal of Hannover, Lady Bamfort, Joyce Ma, Anselm Kiefer, Madonna, Aliai Forte, Axel Vervoordt, Christine Hong .

Ritratta negli anni da importanti fotografi quali Sarah Moon, Brigitte Lacombe, Ferdinando Scianna, Fabrizio Ferri, Tyen, Leo Matiz, Heinz Schattner, l'artista da sempre abbina la sua forza creativa alla necessità di comunicare anche attraverso la sua immagine nelle differenti interpretazioni i suoi reali stati d'animo, le sue verità, le sue forme più arcaiche e poetiche.

Angela Carrubba Pintaldi sintetizza così il suo messaggio :"L'etnia è la vera forma della creatività libera da ogni pensiero e da ogni schema. Gli odori, i colori, il cibo così come i gioielli di quei popoli, con la loro sensualità, sono a tutti gli effetti un inno alla vita; ed è quello che io provo, vivendo, in un'avventura alla ricerca della dimensione perduta del sogno".

Notizie tecniche:

Istituto di Alta Cultura Fondazione Orestiadi onlus

Baglio Di Stefano | 91024 _ Gibellina _ TP

T +39 0924 67 844 F +39 0924 67 855

M info@orestiadi.it www.orestiadi.it

Relazioni organizzative:

Maria Sofia Bazan Elena Merra

+39 339 2842232

2)SEÑALES ROJAS

"Señales Rojas" è un progetto multidisciplinare dell'Istituto Italo-Latino Americano, a cura di Patricia Rivadeneira, Segretario Culturale dell'IILA, incentrato sul problema della violenza, sulla discriminazione e sulla segregazione subita dai gruppi più vulnerabili della nostra società, ricorrendo all'arte nelle sue varie espressioni per richiamare l'attenzione dell'opinione pubblica sulle vittime di un apartheid principalmente culturale.

Dal 13 ottobre al 19 novembre 2009 nella Galleria dell'Istituto Italo-Latino Americano a Roma, si presenterà la prima tappa del ciclo "Señales Rojas", che attraverso mostre, performance di artisti di varie nazionalità, comunitari e non, animerà il dibattito sulle tematiche di base del femminicidio come realtà globale, della discriminazione e violenza sulle minoranze sessuali ed etniche, l'immigrazione e gli immigrati come soggetti politici da coinvolgere nei processi di elaborazione delle politiche sociali ed economiche.

Al giorno d'oggi, quando la società dello spettacolo convive passivamente con l'immagine dell'orrore, la dimensione rivelatrice dell'arte sembra piegarsi ad una nuova esigenza. Un'esigenza alla quale alcuni artisti hanno risposto rafforzando il loro legame con l'azione sociale e interpretando alcune forze che emergono dall'oscurità dell'incosciente collettivo, complicità dalla quale si sta levando un linguaggio politico sempre più potente e propositivo.

"Señales Rojas" è concepito come un work in progress itinerante e prevede il coinvolgimento, di anno in anno, di nuove istituzioni, artisti, intellettuali, andando a costituire una rete in cui far circolare progetti d'arte, che diano voce ad un moto di cambiamento nato nel cuore della polis mondiale.

La prima tappa è fissata per il 13 ottobre nella Galleria dell'IILA e prevede la partecipazione di artisti visivi e scrittori quali Francisco Casas e Alejandro Moreno (Cile), le artiste María Rosa Jijón (Ecuador) e Loredana Longo (Italia), la scrittrice e poetessa Cristina Ali Farah (Italia), l'architetto e cineasta Erich Breuer (Cile).

María Rosa Jijón presenta una serie di fotografie dal titolo "Rojo". Gli sguardi, gli slogan e altri dettagli degli immigrati in Europa, raccontano la loro lotta per integrarsi e per ottenere e assimilare i propri diritti. Insieme alla Jijón, Cristina Ali Farah con un reading delle proprie poesie.

Centotredici sono state le donne assassinate in Italia nel corso del 2008: ad esse rende omaggio Erich Breuer con l'installazione "113". Alejandro Moreno presenta il video "La Chata", una documentazione video delle vessazioni che egli stesso ha sofferto quando era studente in Cile, raccontate da chi le metteva in atto.

Loredana Longo presenta una nuova installazione e performance: "Splitting", durante la quale si confronta con la propria ombra. Francisco Casas, per la prima volta in Italia, propone "Homenaje a Sor Juana Inés de la Cruz, la peor de todas", performance che nasce dal suo lavoro di ricerca sulle scrittrici suicide a partire dagli anni '20: Juana de Ibarburu, Alfonsina Storni, Teresa de la Parra, Alejandra Pizarnic, Violeta Parra.

Con le loro particolari posizioni e peculiarità, queste prospettive estetiche con cui si inaugura il ciclo "Señales Rojas", contribuiscono a definire la fine trama della crisi sociale contemporanea, mantenendo anche un uno sguardo sulla fiammella utopica del cambiamento e della trasformazione.

(Con il patrocinio dell'Ambasciata del Cile e dell'Ecuador)

Notizie tecniche

Inaugurazione: Martedì 13 ottobre 2009, alle ore 19.00

Galleria dell'Istituto Italo-Latino Americano IILA

Vicolo dei Catinari, 3 - 00186 Roma

Tel 0039 6 68492.274

E-mail: s.culturale@iila.org

3)IN- FINITUM/EVENTI SPECIALI

LIVE INSTALLATION E APERTURE STRAORDINARIE CON PERFORMANCE MUSICALI

Nella vastità dei concetti che trovano corpo e spazio nella mostra IN-FINITUM a Palazzo Fortuny (dal non-finito, all'illimitato, all'incompiuto, con oltre 300 opere di ogni epoca e provenienza e grande successo di critica e pubblico) non poteva mancare un'attenzione particolare per l'espressione musicale.

E proprio le musiche di autori che nei loro lavori esplorano o hanno esplorato le "infinite" possibilità del suono, sono state al centro di due straordinarie giornate a Palazzo Fortuny, venerdì 2 e sabato 3 ottobre: live installation e aperture speciali fuori orario con performance musicali. I musicisti si sono posizionati lungo il percorso espositivo, su piani diversi. Tra gli autori, John Cage, Michael Finnissey (The History of Photography in Sound), Salvatore Sciarrino, il compositore di "Infinito Nero", Marc André, compositore francese che ha dedicato un intero ciclo musicale all'infinito ("Un-Fini"), ispirato dal comportamento delle particelle elementari in fisica, fino alla belga Mireille Cappelle, autrice di tre composizioni dedicate a ognuna delle mostre che compongono il ciclo espositivo ideato da Axel Vervoordt (Artempo, a Venezia al Fortuny nel 2007, Academia a Parigi nel 2008 e ora In-finitum di nuovo al Fortuny.)

Le esecuzioni sono state a cura dell'HERMESensemble di Anversa (Mireille Capelle, mezzo-soprano; Geert Callaert, pianoforte; Gaetan La Mela, percussioni; Marc Tooten, viola; Peter Merckx, clarinetto basso; Wim Henderickx, direttore), e di Ewald Demeyere (1974), clavicembalo.

Notizie tecniche

Fondazione Musei Civici di Venezia, Comunicazione e Ufficio Stampa: Monica da Cortà Fumei, Riccardo Bon, Piero Calore, Silvia Negretti, Alessandro Paolinelli,

Sofia Rinaldi tel. +39 0412700350/1/2/3/4/5 fax /8; mkt.musei@fmcvenezia.it; press@fmcvenezia.it - www.museiciviciveneziani.it

IN- FINITUM/EVENTI SPECIALI

MOSTRA IN-FINITUM:

SEDE: Palazzo Fortuny, San Marco 3758, Campo San Beneto, Venezia

ORARI: tutti i giorni 10/18 (biglietteria 10/17); chiuso martedì - Prenotazioni on line www.museiciviciveneziani.it (pagamento con carta di credito fino a 24 ore prima dell'appuntamento)

- call center ++39 041 5209070 (pagamento con carta di credito fino a 24 ore prima dell'appuntamento; pagamento con bonifico bancario fino a 15 giorni prima della visita).

4)Pierpaolo Limongelli, Non guardo più la tivvù

Pierpaolo Limongelli , posto in una corrente o in un movimento, potrebbe senza indugi fare riferimento a Fluxus: non un vero movimento, né un gruppo codificato, nel quale però si identificano quegli artisti che, a partire dagli anni '60, hanno cercato di abolire i confini fra artefice e pubblico e fra arte e vita, rivendicando l'intrinseca artisticità dei gesti più comuni ed elementari, e realizzando eventi o assemblaggi che traggono spunto e materie dal quotidiano.

I collage di Limongelli, che riutilizza immagini, materiali, ritagli, scarti di altri lavori per ricombinarli e ristrutturarli in un nuovo orizzonte, talvolta sorprendente, assumono una certa valenza sociale ed ambientale: sono opere "di riciclo", contro lo spreco cui oggi il mondo è ormai abituato. Limongelli smembra e ricompone, ripensa, rifà, incolla, mette da parte, riprende in un secondo momento, lasciandosi trascinare da nuovi stimoli, scaturiti da un accostamento prima non pensato, dal particolare di una foto prima non notato, dalla rivista caduta per terra, dalla vecchia cartolina dimenticata in un cassetto. C'è una forte casualità nel suo lavoro, e spesso è l'opera che, nel suo farsi, suggerisce all'artista quale elemento inserire, quale colore utilizzare.

Limongelli è sempre stato affascinato dalla possibilità di poter ridare senso e contenuto a cose ed oggetti che ormai hanno perso il loro significato originario, che non servono più e che così vengono a riacquistare una nuova "vita": è il caso dei vecchi cd, presi a simbolo della musica o delle immagini che di solito contengono, i quali, ormai inutilizzabili, ben si prestano a diventare parte di un'opera nuova, diversa. La dimensione musicale è molto presente nel lavoro di Limongelli che, nato nel '59, ha avuto modo di immergersi e nutrirsi di essa, subendo un'influenza profonda che riemerge oggi nelle sue opere: ed ecco, oltre ai cd, sagome antropomorfiche che contengono in sé i resti di uno spartito musicale, ma anche fotografie di cantanti famosi, contemporanei o che hanno fatto la storia della musica. Sono immagini riconoscibili da chiunque, ormai icone della società in cui viviamo, seriali, codificate, e per questo comunicano.

In ogni caso tutto, in Limongelli, è "comunicazione": a partire dall'uso del colore, considerato quasi emozione da trasmettere. Il colore può essere sfondo o coprire parzialmente i ritagli e le carte che compongono l'opera, gli accostamenti possono essere armoniosi o dissonanti, ma sempre devono dare sensazioni, siano esse positive o meno.

Altro elemento importante e quasi sempre presente in questi lavori, caratterizzati da una sottile vena ironica sfociante dall'unione di titolo, colore, brani di immagini, è la parola scritta, che suggerisce e completa, a volte spiega l'opera, altre la rende più enigmatica, lasciando allo spettatore il compito di estrarre un significato da ciò che vede. La parola può essere aggiunta dall'artista, o trovarsi nelle sagome ritagliate: è un vedo/non vedo delle parole, finite ed infinite, che si lasciano completare ed interpretare. Chi guarda è spinto a cercare un nesso logico tra le lettere stampate che fanno capolino tra le forme e le forme stesse, può viaggiare con la fantasia, immaginare una storia, completarla, cercarne il filo conduttore, il senso "nascosto", e tirarlo fuori, tirarsi fuori, ritrovare sé stesso.

E' quest'interazione con l'opera, questo rapporto che può farsi intimo e personalissimo, che per Limongelli è più importante di tanti elogi.

Notizie tecniche

La mostra di Pierpaolo Limongelli, Non guardo più la tivvù, sarà inaugurata l'11 ottobre 2009 alle ore 11.00 presso l'Azienda Vitivinicola Biologica Marina Sgubin a Dolegna del Collio, Località Scriò (Gorizia), e sarà visitabile fino al 22/11/2009. . E' possibile ottenere alcune foto ed informazioni sul progetto scaricandole dal sito www.realtano.it. Che potrà dare altre informazioni .Su questo Sito agisce Realtà Non Ordinaria(www.realtano.it ) che con il progetto Arte, profumi, sapori, ha sempre cercato di esplorare le più diverse forme di espressione artistica, per celebrare la Creatività così come si manifesta in ogni ambito della nostra vita quotidiana.

5)PRENDERGAST IN ITALIA

Maurice Prendergast trascorre la sua giovinezza a Boston dove, come Childe Hassam, impressionista suo contemporaneo, inizia la carriera nell'ambito della progettazione grafica. Nel 1891 si trasferisce a Parigi, deciso a diventare un pittore. Studia all'Accademie Julian e alla Colarossi, dove entra in contatto con l'arte dei Nabis e conosce Whistler. Una volta tornato negli Stati Uniti nel 1894 ottiene i primi successi come artista. All'epoca della sua morte, nel 1924, Prendergast è conosciuto come uno dei più importanti artisti modernisti americani dell'inizio del XX secolo, e in particolare il primo a essere stato sensibile all'arte post-impressionista del francese Cézanne. La mostra riunisce oltre sessanta opere tra oli, acquerelli e monotipi realizzati dall'artista durante due viaggi in Italia, il primo tra il giugno 1898 e la fine del 1899, durante il quale si recò a Venezia, tappa principale del suo itinerario, Padova, Firenze, Siena, Assisi, Orvieto, Roma, Napoli e Capri, il secondo solo a Venezia, tra l'agosto del 1911 e il gennaio del 1912. Il percorso espositivo ruota proprio intorno al nucleo di opere dedicate a Venezia, immortalata dall'artista nella sua modernità, attraverso gioiose scene di vita quotidiana. Se le acqueforti veneziane di Whistler si focalizzavano sulla pittoresca decadenza della città lagunare e le opere di Sargent si concentravano su monumenti e interni, Prendergast, cronista americano di una Venezia moderna, si sente invece attratto dall'attualità della Serenissima, dai suoi ricchi visitatori con abiti alla moda, dalle processioni, da quelle feste che erano in parte l'espressione della tradizione storica e in parte la risposta al turismo internazionale, il tutto rappresentato attraverso pittoresche vedute impressioniste, popolate da colorate folle di pedoni che si muovono tra calli, ponti e campi. Accanto agli oli e acquerelli veneziani, in mostra anche taccuini di viaggio, fotografie, lettere, guide turistiche appartenuti a Prendergast, oggi parte della collezione del Williams College Museum of Art, che contribuiscono a creare una forte impressione della topografia,delle abitudini e della società italiane dei primi del Novecento, nonché alcune stampe giapponesi, anch'esse di proprietà dell'artista, che rivelano la forte influenza esercitata dai maestri Kuniyoshi, Hiroshige e Toyokuni, sull'opera del pittore americano.Se il prolifico lavoro generato dal primo soggiorno in Italia alla fine dell'Ottocento consolida l'evoluzione artistica di Prendergast derivante dalla sua vicinanza all'avanguardia parigina e afferma la sua notorietà a livello internazionale, dall'esperienza del secondo viaggio a Venezia, emerge uno stile più formale, con contenuti simbolisti, esempio di come i concetti del Modernismo, già emersi dalle opere del 1898-99, si siano ulteriormente sviluppati nel corso della prima decade del XX secolo. Nel loro complesso, le opere italiane di Prendergast sono probabilmente i lavori più ricchi da un punto di vista visivo e più stimolanti da un punto di vista estetico, che l'artista abbia mai prodotto, e la loro presentazione in Italia, luogo dove vennero creati, offre una nuova prospettiva per prendere in analisi la sua arte, contribuendo così ad una più approfondita comprensione del Modernismo degli inizi del Novecento e del ruolo rivestito dal pittore nello sviluppo dell'arte moderna in America. Una considerevole parte delle opere esposte proviene dalla collezione, di oltre quattrocento pezzi, dei fratelli Maurice e Charles Prendergast, oggi conservata al Williams College Museum of Art e dalla Terra Foundation for American Art. Oltre a tali importanti prestiti, la mostra annovera anche lavori provenienti da collezioni private e prestigiose istituzioni americane quali il Metropolitan Museum of Art, il Museum of Modern Art, la National Gallery of Art e il Museum of Fine Arts di Boston.

Il catalogo, edito da Merrell Publishers, Londra, si focalizza sulla produzione italiana di Maurice Prendergast e costituisce un importante contributo alla storia dell'arte americana moderna. I saggi principali del catalogo sono delle curatrici Nancy Mowll Mathews ed Elizabeth Kennedy e sono accompagnati da oltre 250 illustrazioni, tra opere d'arte, fotografie, mappe di viaggio, documenti, che rappresentano un ulteriore, prezioso supporto alla contestualizzazione delle opere che Prendergast creò nel nostro Paese.

Notizie tecniche

COLLEZIONE PEGGY GUGGENHEIM

10 ottobre, 2009 - 3 gennaio, 2010

Per la prima volta in Italia, la Collezione Peggy Guggenheim rende omaggio all'artista postimpressionista americano Maurice Prendergast (St. John's, Canada, 1858 - New York, Usa, 1924) con la mostra Prendergast in Italia (10 ottobre 2009 - 3 gennaio 2010) a cura di Nancy Mowll Mathews, Eugenie Prendergast Senior Curator of 19th and 20th Century Art, ed Elizabeth Kennedy, Curator of Collection, Terra Foundation for American Art. L'esposizione è organizzata dal Williams College Museum of Art, Williamstown, Massachusetts, in collaborazione con Terra Foundation for American Art, Chicago, Illinois. Terra Foundation for American Art è lead sponsor, con un ulteriore contributo dell'Eugénie Prendergast Endowment del Williams College. La mostra approda alla Collezione Peggy Guggenheim dopo essere stata ospitata dal Williams College Museum of Art, Williamstown, Massachusetts, dal 18 luglio al 20 settembre 2009 e, dopo Venezia, verrà trasferita al Museum of Fine Arts, Houston, Texas, dal 14 febbraio al 9 maggio 2010.

6)Capolavori della modernità

Monet, Pissarro, Rodin, Bonnard, Sisley, van Gogh, Cézanne, Picasso, Kandinsky, Klee, Magritte, Brancusi, Mondrian, Gerhard Richter, e molti altri, sono i protagonisti di "Capolavori della modernità. Opere dalla collezione del Kunstmuseum Winterthur".

Dopo aver ospitato le straordinarie opere della Phillips Collection di Washington, della Österreichische Galerie Belvedere e dell'Israel Museum di Gerusalemme, al Mart è ora la volta delle ricchissime raccolte del Kunstmuseum Winterthur.

240 capolavori assoluti della storia dell'arte del XX secolo dalle collezioni del museo svizzero, saranno nelle sale del Mart di Rovereto dal 19 settembre al 10 gennaio 2010.

L'esposizione si articola in un ricco percorso cronologico e tematico che attraversa l'impressionismo, il cubismo, il surrealismo e le ricerche astratte, per giungere ad una apertura di altissima qualità sulle ricerche internazionali del secondo dopoguerra.

La collezione del Kunstmuseum Winterthur ha origine grazie ad una sapiente campagna di acquisti avviata alla fine dell'Ottocento dalla Società di Belle Arti della città svizzera, e sostenuta in seguito da generosi donatori, la raccolta si è concentrata fin dall'inizio su capolavori impressionisti di Degas, Sisley, Pissarro, Monet e post-impressionisti.

La mostra si apre proprio con una sezione dedicata alla pittura francese agli albori della modernità, con alcuni suggestivi paesaggi di Corot e Boudin che anticipano le ricerche pittoriche degli impressionisti, qui rappresentati da un nucleo di opere di alta qualità, tra cui una serie di paesaggi di Monet en plein air come Bassa marea (Varengeville) del 1882, alcuni studi di luce di Sisley, Sotto il ponte di Hampton Court, 1874 e La chiesa di Moret al sole del mattino, 1893, e nelle vedute affollate di Pissarro. Dall'impressionismo muove anche la ricerca di Cézanne, rappresentata da Gli ippocastani del Jas de Bouffan (1885).

All'affermazione di una pittura assolutamente libera nell'impianto e nella pennellata giunge Vincent van Gogh con due capolavori che documentano la straordinaria evoluzione della sua ricerca in un brevissimo arco di tempo: Soffioni del 1889 e Ritratto del postino Roulin (1888), interamente costruito sulle gamme del giallo e del blu.

La pennellata di van Gogh e il suo cromatismo emancipato da vincoli naturalistici saranno ripresi due decenni dopo da giovani artisti come Maurice de Vlaminck e Albert Marquet, protagonisti della stagione fauve.

Un altro affascinante capitolo è dedicato alla pittura romantica-simbolista dove, come scrive Schwarz "il colore è inteso come fenomeno materiale ma anche come esperienza soggettiva", con opere di Eugène Delacroix, Odilon Redon e Ferdinand Hodler, fino ai nabis Maurice Denis, Édouard Vuillard e Pierre Bonnard, cui si affianca lo svizzero Félix Vallotton.

Una sezione è dedicata alla scultura e all'evoluzione del linguaggio plastico, a partire da Medardo Rosso, che alla fine del XIX secolo supera il concetto tradizionale di scultura per accogliere nella materia le vibrazioni atmosferiche e luminose (Henri Rouart, 1889), fino alle radicali sperimentazioni formali di Pevsner, Duchamp-Villon e Lipchitz e all'estrema sintesi di Brancusi (Danaide, 1913) e Giacometti presente in mostra con il bellissimo marmo Testa che guarda (1927-1929). La stagione delle avanguardie si apre con un capitolo che sottolinea il passaggio della pittura verso l'astrazione, con opere di artisti che abbandonano ogni riferimento oggettivo, dal cubismo orfico di Delaunay all'astrattismo lirico di Kandinsky e Klee. Un nucleo particolarmente importante di opere illustra le ricerche di quegli artisti che, a partire dal primo dopoguerra, rivolsero il loro sguardo oltre "le cose sensibili" per indagare il lato più nascosto e profondo della realtà, fino alla dimensione del sogno e dell'inconscio, partendo da Giorgio de Chirico che apre la strada ai surrealisti come Max Ernst, René Magritte e Yves Tanguy. A questi pittori si affiancano alcuni artisti che rivolsero al mondo reale uno sguardo lucido, ma dagli effetti talora non meno stranianti: Niklaus Stoecklin, Adolf Dietrich e il più noto Alexander Kanoldt, che trasfigura i paesaggi italiani in immagini composte da volumi squadrati, sospesi in un'atmosfera senza tempo, privi di ogni dettaglio narrativo.

Un'importante sezione è dedicata al cubismo rappresentato nei suoi diversi sviluppi da un ricco gruppo di opere di Picasso, Gris e Léger, artista di cui il museo Winterthur possiede una delle più importanti raccolte d'Europa. Sono invece documentate dall'opera di Van Doesburg e Mondrian, presente in mostra con due capolavori, Composizione I, (1930) e Composizione A, (1932) le ricerche che dalla scomposizione cubista giungono all'affermazione di una pittura non oggettiva. Agli studi sulla forma rimandano anche i rilievi polimaterici di Kurt Schwitters, le strutture aeree di Alexander Calder e le opere di Hans Arp.

Il sottilissimo fil rouge che dalle ricerche surrealiste conduce fino alla nascita dell'informale è rappresentato dalle opere di Asger Jorn e Karel Appel, e Antoni Tàpies che verso la metà degli anni Cinquanta abbandona le rappresentazioni fantastiche e grottesche per dedicarsi a rilievi in cui ricerca l'espressività di materiali poveri ed essenziali. Dall'espressionismo astratto, con Mark Tobey, Philip Guston, Richard Chamberlain, si arriva a una serie di opere che illustrano le tendenze minimaliste dell'arte americana più recente, da Richard Tuttle a Robert Mangold, da Ellsworth Kelly fino a Brice Marden.

La collezione del Museo di Winthertur, grazie ad importanti donazioni, presenta anche le ultime ricerche artistiche figurative con opere di Richard Hamilton, protagonista della cultura pop, Richard Artschwager e Gerhard Richter fino agli esiti della cultura artistica contemporanea.

Notizie tecniche

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