“Tavolo dei Camaldoli”, Costituzione Italiana e Unione europea

Sondrio “Città europea nel cuore delle Alpi” è l’immagine stessa di una Unione in cui, guardando oltre confine, da buoni europei, si possa dire con orgoglio “Siamo “anche” cittadini italiani!”.  Nel Vecchio Continente dalle radici comuni, culla di antica civiltà, sopravvissuta alle ceneri di odiose spartizioni a tavolino di terre e di popoli divisi da muri vergognosi e ancor più dall’arroganza del più forte, è difficile uscire dalla logica del campanile quando il cittadino è lontano dai palazzi del potere. In un’Europa di fatto a doppio passo, con Paesi trainanti economicamente e idealmente uniti da una visione politica che ha sempre guardato oltre lo steccato in una weltanschauung di “mondo aperto”, e altri legati solo da un apparentamento fittizio generato da altri interessi, è facile smarrire il vero senso di una Unione Europea che solo se unita potrà rispondere a quei principi e valori di cittadinanza universale che l’hanno generata. Non basta una moneta comune e un Parlamento spuntato, senza reale equità condivisa, distante dalle popolazioni senza un vero senso di appartenenza europea. Si va avanti solo se si crede fino in fondo nel progetto comune.  Sono questi alcuni punti affermati nel vibrante dibattito nato in seno all’incontro presso   la Sala Corsi di Confartigianato Imprese sulla Costituzione Italiana e l’Unione europea organizzato dal “Tavolo dei Camaldoli” coordinato da Bruno Di Giacomo Russo e Danilo Ronconi,  ispirato al noto documento stilato 70 anni fa da noti cattolici impegnati socialmente e politicamente nella rinascita post-bellica, che unisce nella nostra provincia UCID e Gruppo DSC di Sondrio, ACLI, Cisl, Confartigianato Imprese, Confcooperative dell’Adda, Corriere della Valtellina, Società Economica Valtellinese,  Fondazione Melazzini, Azione Cattolica Italiana, Compagnia delle Opere di Sondrio, Servizio alla Pastorale Sociale, del lavoro e della custodia del creato della Diocesi. Ad aprire l’incontro, Emilio Colombo del Gruppo DSC di Sondrio che ha fatto un rapido excursus sulle ultime tappe della compagine sondriese partendo dal convegno morbegnese su Sergio Paronetto che con Ezio Vanoni e Saraceno nel 43' affrontò pragmaticamente temi come la famiglia, lo stato, il lavoro, l'educazione, l'economia pubblica basandosi su 2 pilastri come il bene comune e l'armonia sociale ovvero la giustizia sociale, il lavoro, presupposto della nostra carta costituzionale. Colombo ha poi ricordato la serata dedicata alla preghiera per il lavoro con monsignor Oscar Cantoni vescovo di Como ed una serie di incontri con gli studenti valtellinesi su un’accurata riflessione sui valori fondanti della nostra Costituzione fino all’ultimo convegno su “Il lavoro che vogliamo: libero, creativo, partecipativo, solidale. “Gli ultimi eventi politici ci hanno posto di fronte alla necessità di una forte riproposizione della Carta Costituzionale e dei principi di un’appartenenza europea imprescindibile che deve far fronte a problematiche importanti come quella dei migranti, del lavoro per i giovani, della difesa dell’ambiente, della sicurezza generale”, ha affermato Guido Monti, segretario del Movimento federalista europeo, sezione di Sondrio. Ha preso poi la parola Giuseppe Brivio, presidente del Movimento federalista europeo- sezione di Sondrio preoccupato dal rischio di una disgregazione del sogno europeo, innescato da una distanza delle popolazioni dal cuore politico di un Parlamento senza potere legislativo ed esecutivo. Un’incognita per tanti anche la “maxiregione alpina”. Stigmatizzata l’entrata nel disegno dell’Europa unita dei Paesi dell’Est senza una vera visione politica che non può essere legata ad un semplice apparentamento economico, da parte di Egidio Melè, Presidente dell’Anpi Sondrio, che si è interrogato su un possibile ritorno alle origini dei 6 Paesi fondatori, a quelli che hanno sempre creduto nell’Unione Europea. A rispondere ai molti interrogativi una vera autorità in materia come il professor Luigi Vittorio Majocchi dell’Università di Pavia che ha offerto una visione chiarificatrice sul quadro storico che portò all’unione europea. “Nel ’47, nell’immediato dopoguerra dopo le aberrazioni del nazismo, la minaccia non veniva più dalla Germania dissanguata economicamente e militarmente distrutta, mentre il vero gioco di potere si consumava con la dittatura comunista staliniana con la prepotenza espansionistica dell’area sovietica. Ecco allora la spinta americana per il recupero di una Germania prostrata, per arginare il blocco dell’Est, creando quel “mondo aperto” della democrazia moderna del mondo occidentale che dalla CEE sarebbe poi approdata a Maastrict prima con l’unione economica e poi quella politica della vecchia Europa su cui l’ombrello della NATO dopo la caduta del muro di Berlino avrebbe allargato la propria “protezione” contro la sfera d’influenza del blocco sovietico”, ha sostenuto il professor Majocchi. Una vecchia Europa del diritto, della democrazia, dello stato sociale in un mondo in cui solo il 10% possiede il 93% delle risorse e in cui occorre essere lungimiranti, aprire nuovi corridoi economici come quello della Tav Torino-Lione e mettere mano ad un progetto nuovo che sappia rispondere alle sfide della globalizzazione uscendo dalla logica dei nazionalismi con una politica di investimenti nei vari Stati dell’Unione Europea. E’ stato infine Davide Fumagalli, segretario generale della Cisl- Sondrio a denunciare una politica economica restrittiva da parte europea contro una espansiva a livello monetario, mettendo poi in evidenza una crisi di identità europeista inficiata da troppa burocrazia e dalla mancanza di un solido piano di investimenti nei vari Stati europei. La vera unione e il senso di appartenenza europea, però, prima che economicamente, si gioca anzitutto sulla condivisione degli stessi principi ed ideali. Gli stessi in cui il “Tavolo dei Camaldoli” ha sempre creduto e di cui si è fatto testimone. 

 

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