IL PROFETA INASCOLTATO
Non so per quale strana associazione , quando mi capitava di vedere qualche foto di Aleksàndr Isaevic Solgenitsin, mi veniva subito in mente Giovanni Battista, il precursore di Cristo che a gran voce nel deserto invitava tutti a convertirsi e a prepararsi ad accogliere il Signore. Barba lunga ed ispida, vestito poveramente, non ebbe mai paura di gridare ai potenti del tempo di abbandonare il male. Ma lo derisero e lo ammazzarono.
Aleksàndr Isaevic Solgenitsin, pur essendo la voce critica del comunismo, più o meno ha fatto la stessa fine: non è stato subito ucciso, ma ha vissuto l'inferno dei Gulag sovietici e i suoi libri che gli hanno meritato il Nobel per la letteratura nel 1970, sono rimasti spesso invenduti e dimenticati nella sua Patria.
Però fine all'ultimo respiro, ha richiamato i russi a combattere l'oligarchia e a ritrovare i valori della loro amata terra, senza farsi irretire dal consumismo.
Così il più grande scrittore russo degli ultimi cento anni che ha narrato l'indicibile del rigido sistema dell'Unione sovietica nel romanzo-denuncia "Arcipelago Gulag", è morto all'età di 89 anni. Quando in Occidente apparve il suo 'Arcipelago Gulag - scritto fra il 1958 e il '68 - fu come un torrente che s'abbatté sulle menti, le conquistò o le intimidì, in ogni caso le cambiò per sempre. Il «saggio di inchiesta investigativa» era colmo di fatti, non confutabili; il tono era quello del profeta; lo sguardo sui campi di Lenin e Stalin aveva l'acutezza che possiedono gli occhi costantemente spalancati sul dolore. Occhi che scrutano dietro il sipario srotolato sulle cose; che le presentano, come quali sono nell'Apocalisse quando ogni velo cade. Occhi che scoprono la paura che muove i mondi e tuttavia prepara la coscienza.
Chi era
A.I. Solgenitsin fu anche combattente durante la Seconda Guerra Mondiale: nel '45 per un'allusione a Stalin in una sua lettera venne condannato a otto anni di lager, e poi ad altri tre. Nel 1956 fu rilasciato e riabilitato.
Nel 1962 pubblicò "Una giornata di Ivan Denisovich": nell'ex URSS per la prima volta la letteratura si occupava con toni di denuncia dei campi di concentramento comunisti. Seguirono altri capolavori, "Divisione Cancro" (1967) e "Il primo cerchio" (1969).
Tuttavia Solgenitsin non fu mai tollerato dall'URSS. Figura di spicco del dissenso russo degli anni Settanta sotto il regime di Breznev, nel 1974 venne espulso dall'Urss dopo la pubblicazione all'estero della trilogia "Arcipelago Gulag". Dapprima si stabilì a Zurigo e poi negli Stati Uniti, nel Vermont. Con la caduta dell'Unione Sovietica, Boris Eltsin gli ridiede la cittadinanza russa;tuttavia egli decise di tornare in patria solo nel 1994.
Lo scrittore ha attraversato prove difficili come milioni di cittadini russi. Fu uno dei primi a parlare ad alta voce del carattere disumano del regime staliniano e di coloro che l'hanno conosciuto, senza lasciarsi spezzare. Ma è un elogio postumo, che arriva troppo tardi. Negli anni della Perestrojka maturò la decisione di tornare in patria dall'esilio nel Vermont. Dopo venti anni tornò in Russia, a Vladivostok nel 1994, e solo dopo un lungo viaggio in treno attraverso il Paese pose infine piede a Mosca.
"Ha vissuto una vita difficile, ma felice", ha dichiarato i (4 agosto 2008) la moglie dello scrittore, Natalia, 69 anni, alla radio Eco di Mosca. "Siamo stati felici".
________________________________________
Lo scambio di lettere fra Eltsin e Solgenitsin
Stimato Alexander Isaevic,
il tempo e' spietato e lei ha già compiuto 75 anni. Le e' toccata una sorte difficile, guerra, campi di concentramento, malattia mortale, esilio, ma nulla ha potuto costringerla a rinunciare alla grande missione di dire la verità a tutto il mondo, amara e terribile verità sul suo Paese e il suo popolo. Il suo richiamo a vivere non secondo la menzogna e la sua parola di scrittore saggia e veritiera risuonano oggi in ogni angolo del suo Paese.
Oggi questo Paese non sta bene e forse e' impossibile prevedere quanto durerà la guarigione della Russia. Ma io credo che grazie alla forza dello spirito del popolo il nostro Paese ce la farà a ritrovare un posto dignitoso nella civiltà mondiale.
Sinceri auguri con tutto il cuore, di molta salute e forza d'animo.
Aspetto il nostro incontro tra non molto nella nostra terra russa.
Boris Eltsin
* * *
La ringrazio degli auguri per il mio 75esimo compleanno. Tornando nella terra russa forse avrò la possibilità di essere in qualche modo utile al nostro martoriato Paese.
Anch'io non perdo la fiducia nella forza spirituale del nostro Popolo, ma soffro vedendo il terribile impoverimento delle masse popolari, una privatizzazione che va a favore di pochi eletti, lo sperpero di ricchezze nazionali, la corruzione dell'apparato statale e l'impunita' di gruppi criminali. Non vedo come si possa sperare in un rapido miglioramento in questa catena di guai. L'unica soluzione e' mettersi in lotta senza paura e disinteressatamente e lottare contro queste piaghe che rischiano di sopraffarci.
Con i migliori auguri,
Aleksàndr Isaevic Solgenitsin
Cosa dire di lui quello che ancora non è stato già scritto?
Egli è stato molto amato in Occidente ma non così stimato nel suo paese. Fu lo scrittore che per primo ruppe il velo di silenzio che circondava i Gulag dell'Unione Sovietica. Il suo primo romanzo breve, Una giornata di Ivan Denisovic che comparve nel 1961 sulla rivista 'Novyj Mir', fu un evento politico ma insieme letterario di straordinario rilievo. Momento fondamentale della sua fortuna insieme a Arcipelago Gulag, due opere attraverso le quali ha raccontato in modo esplicito, con i dettagli crudi della vita quotidiana, la realtà di campi di concentramento staliniani dove lo stesso scrittore fu recluso per oltre 10 anni a partire dal 1945, reo di aver riferito in modo improprio a Stalin in una sua lettera.
Era stato poi riabilitato, ma la sua battaglia contro il potere sovietico proseguì nei successivi romanzi, da 'Divisione Cancro' (1967), 'Il primo cerchio' (1969) con il disegno di un grande talento letterario. Questi due romanzi, come le sue opere successive, sono state pubblicate soltanto in Occidente e gli assicurarono una popolarità che gli è valsa nel 1970 il premio Nobel per la letteratura.
Tornato in patria però non ebbe quella calda accoglienza che forse si aspettava e l'ostilità nei suoi confronti rimase. Tanto più alimentata dalle sue ultime opere in cui il premio Nobel tornava a criticare il potere dei nuovi oligarchi e la decadenza della Russia contemporanea. Inoltre aveva appoggiato in modo dichiarato la chiesa ortodossa, osteggiando l'introduzione di riti cattolici e protestanti ed esprimendo sentimenti fortemente patriottici e condannando anche nel 1999 i bombardamenti della Nato in Serbia nella guerra dei Kosovo, paragonandoli a quelli di Hitler. Soltanto dopo il 2000 Solzhenitsin si era in parte riconciliato con il suo amato paese incontrando per la prima volta il presidente Vladimir Putin.
Il critico letterario Antonio D'Orrico ha scritto a lettere di fuoco parole definitive sullo scrittore russo e sul suo ruolo nel Novecento: "L'importanza (ma la parola è inadeguata) di Solzenicyn, non per la storia della letteratura ma per quella del mondo, è immensa. Spesso si dice, e con qualche ragione, che è stato Karol Wojtyla a far cadere il Muro di Berlino. Con molte ragioni in più va detto che è stato lo scrittore russo ad abbattere quasi da solo il socialismo reale e, addirittura, la filosofia da cui traeva ispirazione. Un'impresa titanica. Vi sarete chiesti in qualche momento della vostra vita a che serve la letteratura. Ecco, la letteratura in alcune occasioni può servire a questo, ad abbattere un regime, piegare un impero. E non è un'esagerazione. Basta pensare alla vita di Solzenicyn, prima ancora che leggere la sua opera, basta guardare i suoi libri, messi su un tavolo come i modelli per una natura morta, per capire quello che semplicemente è successo. Solzenicyn è una forza (come si dice in fisica ma anche nei film di fantascienza di Lucas). Ricordate il ragazzo di Tienanmen davanti al carro armato? Solzenicyn è un po' come lui, con l'aggiunta che il carro armato l'ha smontato a mani nude (ci sono mani più nude di quelle di uno scrittore?). Però Solzenicyn non è conosciuto quanto dovrebbe essere conosciuto (in Italia specialmente)". Un incentivo per leggere sempre più i testi di questo grande intellettuale.
Che peccato che i "profeti" debbano finire spesso miseramente.
Lui, Solzenicyn, non si è mai voluto piegare al potere dispotico. Ho letto da qualche parte che la sua morte farà contenti molti comunisti: che orrore! E dire che da Ovest e dall'Est, dal Nord al Sud, spira un solo vento: libertà di pensiero, libertà di azione per quanti vogliono migliorare il mondo.
Lui, di sicuro, non ha combattuto invano. Fu simbolo della dissidenza al potere sovietico, ma denunciò con pari vigore l'invivibilità della società occidentale. Non rimane solo un' icona dell'anticomunismo, ma di qualunque persona che si oppone fermamente ad ogni oppressione dell'umanità che vuol crescere verso il futuro.
Maria de Falco Marotta