– "La vendetta"

Il quarto racconto della serie

Le certezze danno sicurezza. Ecco perché Caterina
è sempre così insicura.

Ma oggi può entrare in classe tranquilla. Non importa se quando
entra nessuno si muove o saluta, non importa se tutti continuano
a fare i k… loro, come se non l’avessero vista. (Forse è
dimagrita? Magari!)

Ligia alle leggi (che cos’è questa, un’allitterazione?) si
appresta a fare lezione normalmente, come raccomandato dalla
direzione. Una lezione “soft”, tuttavia, perché i ragazzi sono
stanchi.

Cos’è una lezione “soft”? In genere con questo termine esotico
si indica una lezione che richieda poco lavoro da parte degli
allievi ma tanto da parte dell’insegnante, oppure il solito
video accolto con sbuffi vari, richiesta di buio assoluto,
ammucchiata di corpi in fondo alla classe con intrico di gambe e
di mani in un’aria soffocante a causa di miasmi ed effluvi vari.
Caterina guarda poco la televisione, comunque sempre facendo
qualche altra cosa, quindi mai al buio. Le sembra di tornare ai
tempi di Lascia e Raddoppia in cui si andava dal vicino più
benestante a “vivere” l’evento in un modesto e minuscolo tinello
di periferia.

Caterina ha in cartella delle canzoni scelte ad hoc, con testo
ed esercizi di ascolto, una tombola di verbi irregolari con
piccolo libro in premio e altre simili amenità.

E’ sempre trasparente, nessuno infatti sembra averla notata e il
“casino” non accenna a smettere. (Sono passati i tempi in cui
spiegava che casino vuol dire bordello e quindi non era termine
consono all’ambiente educativo. Infatti i bordelli non esistono
più e i nostri giovani non sanno di che cosa si tratti) Volano
frammenti di gomme, sghignazzate, pettegolezzi, parolacce varie.


Caterina aspettava solo questo. Invita alla calma con promesse e
minacce, ribadisce che la direzione ha assolutamente chiesto ai
docenti di fare lezione fino all’ultimo giorno, poi, sempre nel
“casino“ generale dice all’agit-prop così sicuro di sé: “E tu
sei proprio un ossimoro!” ed esce a chiamare il responsabile
della scuola. Il quale arriva ink…issimo e chiede “Ma cosa c’è
ancora?”

Caterina in questi casi ha pessima memoria, ricorda solo
l’arrabbiatura, non i dettagli. Si ricordano bene invece i
ragazzi, pronti ad accusare l’insegnante, estremamente consci
dei loro sacri diritti. Sanno che gli insulti sono loro
esclusiva prerogativa. Ma adesso è proprio quello che ci voleva.


“Si è vero, facevamo un po’ di casino, ma poi lei si è messa a
sclerare e mi ha dato dell’ossimoro!”

Il responsabile del settore, persona di fine intelligenza e
cultura ha un attimo di smarrimento e guarda perplesso la
signora. (Sì, perché nella vita di tutti i giorni Caterina è la
signora C., rispettata dal postino e dal fruttivendolo, con vita
normale e buoni rapporti di vicinato) “Sì gli dice, è una storia
lunga”, e gli porge la prima parte di questo racconto a futura
memoria.

Oggi gli porterà anche la seconda parte.

Cristina
Cattaneo




E adesso i lettori andranno a
vedersi cosa vuol dire ossimoro. E noi? Invece pure (NdR)


GdS 20 VIII 2005 - www.gazzettadisondrio.it

Cristina Cattaneo
Società