The Passion of the Christ - Mel Gibson cuore impavido. Ieri...
Una carriera costellata di successi, così Mel Gibson si è
conquistato un posto tra i grandi della cinematografia
contemporanea.
I personaggi da lui interpretati rappresentano gli eroi e i
modelli delle nuove generazioni : il ribelle superstite di Mad
Max alla ricerca di un mondo migliore in cui vivere, il
detective di Arma Letale, concreto e determinato, il mitico
Braveheart ( William Wallace, che gli è valso l'Oscar),
personaggi tutto d'un pezzo, forti e teneri, generosi e
combattivi, come i cavalieri delle favole, i grintosi
protagonisti degli attuali film d'azione, oppure … sinceri
credenti come dimostra il suo ultimo lavoro, The Passion che sta
suscitando polemiche a non finire. Non ancora stanco di
interpretare la figura del campione della giustizia, Mel Gibson
ci riprova, dopo Il patriota che ha portato sugli schermi il più
grande capitolo della storia del suo Paese natio… con un nuovo
eroe e grandi emozioni: Gesù Cristo.
Anche se, secondo un sondaggio tra i giovani inglesi, è
risultato 123 (Cfr. La Stampa, gennaio 2004) assieme a Bush!!!(
povero Gesù, altro che passione!).
Mel l’abbiamo incontrato più volte a Venezia.
In BRAVEHEART che ora sta circolando in DVD, MEL GIBSON in un
dramma di William WALLACE, è un guerriero feroce che lotta per
liberare gli scozzesi e di come questi lo idealizzarono. Forse,
potrebbe essere ancora un modello di Ribelle per gli anni
Duemila (e giù di lì).
A Venezia ci è capitato l’occasione, forse unica(oddio, le urla
delle sue fans in sala stampa al suo ingresso!!!) di chiedergli
“qualcosa” circa il suo ruolo in Braveheart, il guerriero-
patriota scozzese Sir William Wallace ( ca. 1270-1305), che è
una specie di ariete nel film. Nella loro impeto e fragore, le
scene di battaglia di Gibson si classificano come quelle
nell'Enrico V di Laurence Olivier (1944) ed Anthony Mann in El
Cid (1961), anche se Braveheart aggira ambedue per l'autenticità
del suo furore.
Grazie alla sceneggiatura di prima categoria di Randall Wallace,
il gagliardo Gibson ha realizzato un poema epico, forte
sull’arte di governare nel tredicesimo- secolo come pure è
accurato sulla guerra medievale, nonostante gli intrighi che
coinvolgono il dispotico re inglese Edward Longshanks (Patrick
McGoohan), il suo aiutante e la nuora francese (una deliziosa
Sophie Marceau). Per come ha reso al meglio la storia nella sua
modernità Gibson è al top, anche come vedovo vendicatore della
sua sposa.
DOMANDE & RISPOSTE
-
Come si è immerso da vicino nella verità storica su Wallace?
MEL GIBSON: in più libri di storia non c'è una ricchezza di
informazioni accurate su di lui; i fatti sono abbozzati. Ho
usato quello che era storicamente disponibile e verificabile, ma
separatamente da quello noi abbiamo utilizzato molto la leggenda
che è preferibile perché si avvicina alla verità, Inoltre, ci
siamo ispirati ai romanzi del quindicesimo secolo scritti in
rima distica da Enrico il Menestrello o "Harry il Cieco" che,
evidentemente aveva un’antipatia forte per gli inglesi. La
storia di Wallace utilizza così il poema epico ed è in qualche
modo molto più filmico che la storia o la biografia. Le
situazioni realizzate sono onestamente drammatiche. Se poi
rispondono a verità, è un'altra domanda.
-
Randall Wallace, lo scrittore di Braveheart si è attenuto al
poema di Harry il Cieco quando ha steso la sceneggiatura?
MG: certamente si è servito di quel poema per colmare un poco i
vuoti. Ad uno storico piace, senza scivolare nella leggenda
romantica. Nel suo libro R. Wallace ha fatto una serie di
ipotesi, senza circondarle da una siepe. Penso che abbia unito
intelligentemente i punti, senza congetturare troppo, prestando
quella credenza ad alcuni degli aspetti leggendari del poema,
anche se non se ne fa coinvolgere totalmente.
-
Com’era, in realtà, Wallace?
Wallace che noi mostriamo è molto primitivo. Ci siamo riferiti a
una realtà del tredicesimo secolo. Scalcagnato, con sporco sotto
le unghie, piuttosto impaurito. Wallace ed i suoi uomini non
sono come i Vichinghi o i Celti.
-
E’ vero che gli uomini di Wallace si sarebbero dipinti di blu
prima di andare in battaglia?
MG: In Scozia e in Irlanda, dove noi abbiamo realizzato il film,
i clan si riconoscono da certi segni di battaglia. Quando li ho
visti, erano tutti dipinti con i colori del proprio clan, così
ho deciso di prendere in prestito il loro mascheramento, con la
convinzione che è fattibile che i loro antenati si fossero
potuti dipingere come loro, ma non lo facevano probabilmente
perché non ne avevano i mezzi. Mentre è sicuro che le loro vesti
fossero di pelli di daino.
-
Che genere di uomo era Wallace?
MG: Wallace era una creatura di opposte tendenze. La cosa che mi
ha entusiasmato di più di lui, era che apparentemente faceva
tutto senza desiderio per aumentare il proprio potere che
accompagna i motivi di molte persone. Credo fermamente che
agisse disinteressatamente per il suo paese. Non stava tentando
di divenire “qualcuno”. Ha solo ricercato di essere libero.
Quello è il suo aspetto positivo. Dall’altro, era, comunque, un
vero bastardo, particolarmente in battaglia. Dopo avere
sconfitto Cressingham alla Battaglia del Ponte di Stirling, per
esempio, lo scuoiò e trasformò la sua pelle in una cintura.
Per noi è un selvaggio , giusto? Però non aveva paura di passare
a guado con i suoi uomini, diritto sulla prima linea. Egli volle
loro bene, ed essi lo avrebbero seguito all’inferno per la causa
della libertà.
-
Storicamente, non è certo che Wallace si fosse sposato, però Lei
usa la storia del suo romanzo con Marion Bradfute, uccisa dallo
sceriffo inglese a Lanark come la miccia che fa scoppiare la sua
ribellione.
MG: La storia di Marion era il clou della leggenda. Noi abbiamo
seguito questo “filo rosso” di Wallace che si avventura in una
guerra di castigo per la sua sposa morta. Questo è molto
romantico. Se è vero o no, qualche cosa mosse Wallace che,
realmente, a Lanark uccise la città intera.
-
Lei lo segue attraverso il suo trionfo nelle varie battaglie.
MG: Il giovane uomo superò i suoi nemici e morì per una causa.
Questo è molto eroico e sollevando il popolo, non morì invano.
Ha lasciato un’eredità dietro di lui che è ancora moltissimo
viva fra gli scozzesi.
Vi è un suo monumento a Stirling, e le persone praticamente si
inchinano ancora a sentire il suo nome.
Chi è
E’ nato il 3 gennaio del 1956 a Peekskill, New York (Usa).
Il suo nome, per esteso, è: Mel Columcille Gerard Gibson.
Sesto di ben undici fratelli, con la famiglia si trasferisce a
Sidney, in Australia, a seguito della preoccupazione del padre
che teme che i figli maschi vengano reclutati per combattere in
Vietnam.
E’ sposato con Robyn Moore da cui ha avuto una caterva di figli.
Nel '96 ha vinto l'Oscar come miglior film e migliore regia (per
la regia ha vinto anche il Golden Globe) per il film "Braveheart"
che ora sta circolando in DVD. Fervente cattolico, vive in un
ranch isolato con la moglie e i 7 figli, lontano dalla mondanità
e dal jet-set.
Il suo curriculum professionale
ATTORE:
(2003) The singing detective - Dr. Gibbon
(2002) Signs - Graham Hess
(2002) We were soldiers - Hal Moore
(2000) What women want - Nick Marshall
(2000) Il patriota - Benjamin Martin
(2000) Chicken Run - Galline in fuga - voce di Rocky the Rooster
(1999) The million dollar hotel - Skinner
(1999) Payback - La rivincita di Porter - Porter
(1998) Arma letale 4 - Martin Riggs
(1997) Ipotesi di complotto - Jerry Fletcher
(1997) Due padri di troppo - Comparsa
(1996) Ransom - il riscatto - Tom Mullen
(1995) Pocahontas - voce di John Smith
(1995) Braveheart - cuore impavido - William Wallace
(1994) Maverick - Bret Maverick
(1993) L'uomo senza volto - Justin McLeod
(1992) Arma Letale 3 - Martin Riggs
(1992) Amore per sempre - Daniel
(1990) Air America - Gene Ryack
(1990) Due nel mirino - Rick Jarmin
(1990) Amleto - Hamlet
(1989) Arma Letale 2 - Martin Riggs
(1988) Tequila connection - Dale McKussic
(1987) Arma Letale - Martin Riggs
(1985) Mad Max - Oltre la sfera del tuono - Mad Max
(1984) Fuga d'inverno - Ed Biddle
(1984) Il fiume dell'ira - Tom Garvey
(1984) Il Bounty - Fletcher Christian
(1982) Z-Men - Capitano P.G. Kelly
(1982) Una anno vissuto pericolosamente - Guy Hamilton
(1981) Gli anni spezzati - Frank Dunne
(1981) Interceptor, il guerriero della strada - Max
(1980) Detector - Meccanico con la barba
(1979) Interceptor - Max Rockatansky
(1979) Tim - un uomo da odiare - Tim
(1977) Summer city, un'estate di fuoco - Scollop
PRODUTTORE:
(2004) The passion
(2003) The singing detective
(2001) Invincible (Film TV) - produttore esecutivo
(2000) The three Stooges (Film TV) - produttore esecutivo
(1995) Braveheart - cuore impavido
REGISTA:
(2004) The passion
(1995) Braveheart - cuore impavido
(1993) L'uomo senza volto
…E ANCHE OGGI.
Prima ancora di essere visto (uscirà il mercoledì delle Ceneri che per i cristiani è il giorno che
introduce nella quaresima), è stato “stracciato” su tutti i
fronti, soprattutto, per le accuse di antisemitismo.
Lui, seraficamente si difende appellandosi alla verità dei
Vangeli che, nella loro semplicità, narrano la passione di
Cristo riportando anche fatti spiacevoli per gli ebrei che se la
sono presa proprio brutta.
Molti si sono domandati: era il caso di mettere il dito nella
piaga che sanguina ancora e di girare l’ennesima pellicola su
Gesù?
Ecco cosa ha detto Mel che non fa alcun mistero sulla sua fede
che, visto l’ambiente che frequenta, pare un paradosso.
E che paradosso, in questo mondo che ha perso l’orientamento.
Anzi: ne ha uno solo i soldi.
-
Cosa l'ha spinta ha realizzare questo progetto?
L'idea si è delineata gradualmente nel corso degli ultimi 10 o
12 anni da quando, verso i 35 anni, ho cominciato ad indagare
sulle radici della mia fede. Ho sempre creduto in Dio, alla sua
esistenza, e sono stato educato a credere in un certo modo.
Ma verso i 30 anni stavo andando alla deriva e altre cose
avevano preso il primo posto. A quel punto, mi sono reso conto
che avevo bisogno di qualcosa di più se volevo salvarmi. Sentii
l'esigenza di fare una ricerca più approfondita del Vangelo, di
ricostruire l'intera storia....
E' stato lì che l'idea ha cominciato a sfiorare la mia mente. Ho
cominciato a vederla realisticamente, a ricrearla nella mia
mente in modo che avesse un senso per me, così da esserne
coinvolto. Questo è ciò che ho portato sullo schermo.
-
Sono stati girati già tanti film sulla vita di Cristo. Perché
aggiungerne un altro?
Non credo che gli altri film abbiano colto la forza reale di
questa storia. O sono approssimativi nel racconto o hanno
pessime colonne sonore. Questo film mostra la passione di Gesù
Cristo proprio nel modo in cui è avvenuta. E' come viaggiare
indietro nel tempo e vedere gli eventi svolgersi esattamente
come si sono svolti.
-
Come fa ad essere sicuro che la sua versione sia così precisa?
Racconto la storia così come è scritta nel Nuovo Testamento.
Credo che il fatto, così come è realmente avvenuto, parli da
solo. Il Vangelo è una sceneggiatura completa e questo è ciò che
ho filmato.
-
Sembra una svolta rispetto alle solite produzioni di Mel Gibson.
La sua specialità è l'azione, l'avventura, la storia d'amore.
Perché ha deciso di fare un film religioso?
Faccio quello che ho sempre fatto: raccontare storie. Credo che
siano importanti nel linguaggio che parlo meglio: il cinema.
Sono convinto che le storie più grandi siano storie di eroi. Le
persone aspirano a qualcosa di superiore e indirettamente,
attraverso l'eroismo, elevano in questo modo il loro spirito.
Non esiste storia di eroismo più grande di questa, sull'amore
più grande che si possa avere, cioè donare la propria vita per
qualcuno. La Passione è la più grande storia di avventure di
tutti i tempi. Dio che si fa uomo e gli uomini che lo uccidono,
se non è azione questa, niente lo è.
-
Chi vorrà vedere un film come questo?
Credo che interessi tutti. La vicenda ha ispirato l'arte, la
cultura, il comportamento, i governi, i regni, i paesi...ha
influenzato il mondo più di quanto si possa immaginare. E' un
evento cardine nella storia che ci ha resi ciò che oggi siamo.
Credenti e non credenti, tutti ne siamo stati suggestionati.
Così tante persone sono alla ricerca del significato della vita
e si fanno molte domande. Verranno cercando delle risposte,
qualcuno le troverà, qualcun altro no.
-
Allora questo film non è solo per i cristiani?
"Gandhi" è stato in cima alle classifiche dei film più
noleggiati, ma non era un film solo per gli induisti. Il mio è
per tutti, per credenti e non credenti, Gesù Cristo è, senza
dubbio, una delle figure storiche più importanti di tutti i
tempi. Citatemi una persona che ha avuto un impatto più grande
sul corso della storia...
-
Ma se questo film mira a far rivivere il Vangelo, non risulterà
offensivo per i non cristiani? Per esempio, il ruolo avuto dalle
autorità ebraiche nella morte di Gesù. Questa non è una storia
di ebrei contro cristiani. Gesù stesso era un ebreo, sua madre
era un'ebrea e così lo erano i 12 apostoli. E' la verità che,
come dice la Bibbia, "E' venuto tra i suoi e i suoi non l'hanno
accolto"; non posso nasconderlo.
Ma questo non significa che i peccati del passato fossero
peggiori dei peccati del presente. Cristo ha pagato il prezzo
per i nostri peccati.
La lotta tra bene e male e l'immenso potere dell'amore vengono
prima della razza e della cultura. Questo film è sulla fede,
sulla speranza, sull'amore e il perdono. Queste sono cose di cui
il mondo potrebbe fare maggior uso, specialmente di questi
tempi. Il film vuole infondere speranza, non offendere.
-
Alcune persone penseranno comunque che lei vuole imporre il suo
credo agli altri. Non è così?
Non ho inventato questa storia. L'unica cosa che io ho fatto è
stata quella di credere a ciò che è scritto. E' qualcosa che
succede dentro di te e poi necessariamente si manifesta
all'esterno. Io ho solo tentato di raccontarlo nel miglior modo
possibile, meglio di quanto sia stato fatto finora. Quando hai a
che fare con una storia realmente accaduta, è responsabilità del
regista renderla il più accurata possibile. Chi ha una mentalità
aperta la apprezzerà per quello che è.
-
E le scene di violenza? Il pubblico non considererà inopportune
quelle più realistiche?
Per qualcuno sarà così, ma, dico io, questo è il modo in cui si
sono verificati i fatti. Non c'è violenza senza motivo in questo
film. Non credo comunque che sia adatto ai minori di 12 anni a
meno che non si tratti di un bambino molto maturo. E' un film
abbastanza forte.
Penso che siamo stati abituati a vedere delle crocifissioni
all'acqua di rose e ci siamo dimenticati di quello che realmente
avveniva. Sappiamo che Gesù è stato flagellato, che ha portato
la sua croce, che gli sono stati messi dei chiodi alle mani e ai
piedi, ma raramente ci soffermiamo a pensare cosa questo
realmente significhi.
Crescendo non mi sono reso conto di ciò che questo ha comportato
per Cristo. Non mi sono reso conto di quanto deve essere stato
duro. L'orrore di ciò che Gesù ha sofferto per la nostra
redenzione non mi coinvolgeva realmente. Comprendere quello per
cui è dovuto passare, anche solo ad un livello umano, mi fa
sentire non solo compassione, ma anche in debito: desidero
ripagarlo, per quello che posso, per l'immensità del suo
sacrificio.
-
Che dire della barriera linguistica? Lei ha girato in due lingue
ormai morte - Latino e Aramaico. Non sarà un impedimento?
Le pitture di Caravaggio non hanno i sottotitoli, ma la gente
comprende il messaggio. Lo "Schiaccianoci" non ha i sottotitoli,
ma la gente comprende il messaggio. Sono convinto che l'immagine
supererà la barriera linguistica. E' ciò che spero.
Ciò che mi ha interessato è di rendere la storia più realistica
possibile. C'è qualcosa di sorprendente nel vedere un film nel
linguaggio originale. La realtà esce allo scoperto e ti prende,
c'è un coinvolgimento completo. Ho fatto del mio meglio affinché
lo spettatore abbia la sensazione come di essere realmente
presente.
E credo che sia piuttosto controproducente dire alcune di queste
cose usando una lingua moderna. Succede come quando tu senti
dire "essere o non essere" e ti viene istintivo rispondere fra
te e te "questo è il problema".
Ma se tu senti pronunciare le parole come sono state pronunciate
all'epoca, rimani sorpreso. (Adattamento dell’intervista che Mel
Gibson ha rilasciato all'agenzia Zenit.org).
-
E cosa dicono gli “esperti” che l’hanno già visto?
Michael Novak, in un articolo pubblicato sul numero del 25
agosto 2003 di The Weekly Standard, col titolo Passion Play. The
controversy over Mel Gibson's forthcoming movie on the death of
Jesus Christ., afferma:
Il Credo di Nicea, che più di due miliardi di cristiani nel
mondo recitano ogni domenica, dichiara che Gesù Cristo fu
«crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, mori e fu sepolto».
Queste dieci parole, più dì qualunque altra cosa, costituiscono
il tema di The Passion, il film di Mel Gibson.
È il film più potente che abbia mai visto. Dal giorno in cui ho
assistito alla sua proiezione, non sono riuscito a levarmelo
dalla mente. Quantunque abbia letto diversi libri sulla morte di
Gesù, e udito innumerevoli omelie ricche dì dettagli, non avrei
mai creduto che un essere umano potesse soffrire quanto soffre
il Cristo di Gibson.
Patì sotto Ponzio Pilato
In un certo senso, esistono solo cinque narrazioni storiche
della Passione: quelle contenute nei Vangeli di Matteo, di
Marco, di Luca e di Giovanni, e quella stilata in modo scarno ma
vivido nelle lettere di san Paolo. Precedendo le altre di una
trentina d’anni, la narrazione di Paolo è la prima di cui si
dispone e, a grandi linee, rappresenta ciò in cui credeva la
prima generazione di cristiani. Nei secoli, poi, il racconto
della morte di Cristo e il suo significato sono rimasti in gran
parte gli stessi.
Le narrazioni di questi fatti, che più esaustivamente danno
Matteo, Marco, Luca e Giovanni si completano a vicenda, spesso
sovrapponendosi e a volte contraddicendosi l’una l’altra in
alcuni dettagli secondari che i testimoni oculari (o chi ne ha
raccolto le testimonianze) spesso riportano in modi diversi. Ma
tutte le narrazioni cristiane concordano sul fatto che Gesù
Cristo abbia sofferto e sia morto per i peccati di tutti gli
uomini di ogni tempo e questo per ordine del console romano a
Gerusalemme, Ponzio Pilato.
Le narrazioni ebraiche concordano peraltro nel dire che Gesù era
un ebreo che soffrì e che morì sotto le autorità romane. Alle
autorità ebraiche, però, ciò che egli pretendeva di essere
sembrò allora (e così sembra sin da allora) blasfemo, giacché
Cristo annunciò chiaramente di possedere un’autorità superiore a
quella dei sommi sacerdoti e dei rabbini, disse apertamente di
essere più grande dl Salomone e si mise su un piano superiore a
Mosè. Spingendosi addirittura oltre, osò chiamare Dio suo padre.
Ciò che Cristo disse di essere sembrò portare divisione e al
contempo minacciare. Molte persone — dissero le autorità
ebraiche a Pilato — si erano messe a seguire quell’uomo. La sua
storia, dicevano, mostrava come egli usasse la magia, facesse
miracoli e frequentasse i demoni. Era stato inviato da Dio,
almeno così diceva, «per adempiere le Scritture». Le sue
continue predicazioni potevano dunque causare sommosse e
ribellioni. Ma solo i romani avevano il potere di fare a Gesù
ciò che gli fu fatto e così fu sotto l’autorità di Ponzio Pilato,
e per mano dell’impero romano, che Gesù fu crocifisso morì e fu
sepolto».
Al tempo della morte di Gesù, il cristianesimo era ancora
nell’ambito dell’ebraismo. La stessa chiesa cristiana non prese
inizio dalla Passione, ma cinquantatré giorni dopo, alla
Pentecoste, quando gli apostoli lasciarono quella sala «al piano
superiore» che si trovava in Gerusalemme con il dono delle
lingue.
Con la sua predicazione, Gesù aveva sfidato direttamente
l’ebraismo, annunciando espressamente una «nuova» alleanza che
doveva «completare» e «compiere» l’«antica». E non v’è dubbio
che la morte di Gesù abbia comportato la separazione fra
cristiani ed ebrei. Ciononostante, da un punto di vista
cristiano, la vita e gli insegnamenti di Gesù, così come la sua
nuova alleanza, non cancellano né distruggono l’antica. Dio non
può non mantenere le proprie promesse. Inoltre, se il Creatore
non restasse fedele alla sua prima alleanza con gli ebrei, come
potrebbero i cristiani attendersi da Lui fedeltà alla nuova
alleanza stretta con loro?
I cristiani, quindi, ritengono che il cristianesimo compia le
speranze portate nel mondo dall’ebraismo. Nel piano misterioso
di Dio, il perdurare dell’ebraismo nel tempo è una grazia che
dev’essere rispettata in base allo stesso principio su cui si
regge la fede cristiana: la fedeltà di Dio e delle sue promesse,
che non verranno mai meno.
I capi ebrei della generazione che conobbe Gesù ne rifiutarono,
di fatto, la persona e le asserzioni, accusandolo di blasfemia.
Tuttavia, come dice il Concilio Ecumenico Vaticano II nel suo
pronunciamento sul giudaismo, «[…] gli Ebrei, in grazia dei
padri, rimangono ancora carissimi a Dio, i cui doni e la cui
vocazione sono senza pentimento». Il Concilio proibisce dunque
severamente di presentare gli ebrei «[...] come rigettati da
Dio» e «come maledetti, quasi che ciò scaturisse dalla sacra
Scrittura», deplorando «[...] gli odi e le persecuzioni e tutte
le manifestazioni dell’antisemitismo dirette contro gli Ebrei in
ogni tempo e da chiunque». Questa condanna riguarda peraltro
anche i peccati commessi dalla stessa Chiesa. Il Concilio,
infatti, sottolineando l’eredità spirituale comune a entrambe le
alleanze, ha pronosticato un futuro in cui le due comunità
serviranno Dio sotto lo stesso giogo».
Ho vestito i panni dell’ebreo
Il film di Gibson è totalmente coerente con il modo in cui il
Concilio Vaticano II inquadra le relazioni fra ebraismo e Chiesa
cattolica. Ma per gli ebrei The Passion non sarà una pellicola
facile da guardare. Anzitutto semplicemente perché è interamente
incentrato sulla morte di una persona, Gesù Cristo, che, per
molti ebrei, portò solo la divisione. In secondo luogo perché
non è mai facile rivivere un momento in cui i capi della propria
comunità — per quanto giustificati dai propri lumi e dal proprio
senso di responsabilità possano essere stati — mostrando
pubblicamente un comportamento ben poco nobile. Da cattolico,
provo umiliazione ogni volta che al cinema un pontefice, un
cardinale, un arcivescovo o addirittura un semplice sacerdote
viene ritratto in maniera poco onorevole. Anche quando quei
personaggi se lo meritano lo spettacolo non mi piace.
Nella prima parte del racconto evangelico della Passione, i
sommi sacerdoti di Gerusalemme che stanno di fronte a Pilato
sono - e questo è senza dubbio doloroso per gli ebrei di oggi -
la voce della persecuzione. Nelle scene iniziali del film che ho
cercato di guardare immaginandomi di essere ebreo o di avere un
ebreo seduto accanto a me, mi sono detto: “È troppo penoso”.
Avendo vissuto numerosi momenti analoghi da cattolico, non ho
gradito l’esperienza.
Rapidamente, però, l’azione del film passa ai romani, I soldati
romani infliggono sistematicamente dolore a Gesù con gusto,
canzonandolo a cuor leggero e con il sadismo pratico di chi sa
come tenere sottomessi i popoli che ha sottomesso. Il dramma
schiacciante sta nel fatto che Cristo si sottopone
volontariamente a queste sofferenze insopportabili allo scopo di
dare un ordinamento completamente nuovo alla vita umana. Il
film, come i Vangeli, è inequivocabile nel porre questa
questione davanti agli occhi degli spettatori. Sono qualche modo
i nostri peccati quelli per cui Gesù sta morendo.
La Passione di Gesù Cristo, infatti, non è un dramma etnico.
Riguarda l’umanità intera. Certo, l’eroe del film è ebreo, sua
madre è ebrea, i suoi apostoli e i suoi seguaci sono ebrei. Ma
della Passione di Gesù non si comprenderebbe davvero alcunché se
non si notasse come egli sia stato sottoposto alle sofferenze
che ha patito per il bene dl noi tutti. Sin dal principio,
l’insegnamento della vita di Gesù è stato: «Prendi la tua croce
e seguimi». Prima della sua morte, però, il significato di
questo insegnamento non poteva essere compreso appieno. Il film
suggerisce quindi agli spettatori l’idea che, assistendo ai
patimenti di Cristo, i nostri stessi patimenti trovano un
precursore e un maestro. Soffrire come Cristo può redimere.
Tutto dipende da come disponiamo il nostro cuore alla
sofferenza.
Sulla croce, il Cristo del film di Gibson offre perdono,
riconciliazione e unità. Attribuire i suoi patimenti ai peccati
degli altri, invece che ai propri, significherebbe associarsi a
quei soldati che, strepitando gli inflissero tutto quel dolore,
cui gli spettatori faranno davvero fatica ad assistere. Se i
cristiani accusassero di ciò altri, schernirebbero Cristo una
volta di più. Conficcherebbero ancora una volta la corona di
spine nel suo cranio.
Un incontro con l’Eterno
Il clima che The Passion genera è di meditazione e di
contemplazione. Il tono è lo stupore. Le emozioni tacciono. Alla
fine della proiezione a cui ho assistito, il pubblico non ha
proferito parola né mosso un muscolo per alcuni minuti. Ci siamo
sentiti tutti parte di un momento umano indescrivibilmente
importante. Eravamo stati trasportati in un punto assiale di
silenzio e di meraviglia.
Questa è la potenza di un’autentica opera d’arte; e, nella sua
integrità artistica, The Passion annichilisce tutti i film
biblici che lo hanno preceduto.
I suoi avversari sbagliano
Ma realizzare un film sulla morte di Gesù Cristo è un evento
pubblico e ha conseguenze pubbliche che debbono essere prese in
considerazione. Prima di vedere The Passion, condividevo le
preoccupazioni fortemente espresse sul film dall’Anti-
Defamation League e da altre organizzazioni ebraiche. Il modo in
cui la Passione di Gesù è stata trattata nella storia non era
affatto rassicurante, su Mel Gibson sono circolate diverse voci
negative sin dal momento in cui il progetto fu annunciato, molte
delle quali relative alle concezioni scismatiche attribuite a
suo padre, che oggi ha novantadue anni.
Cosa più importante, la nostra è un’epoca particolarmente brutta
per gli ebrei del mondo. In Francia si dissacrano i cimiteri
ebraici, in giro per l’Europa si gridano pubblicamente slogan
orrendi, i film mostrano atti di violenza perpetrati ai danni di
passanti ebrei e nel mondo arabo i Protocolli dei Savi di Sion,
che si pensavano screditati per sempre, vengono accolti a
braccia aperte con nuova dabbenaggine.
Fattore ancora più importante, poi, la narrazione gibsoniana
mostra come solo Pilato abbia il potere dì mettere a morte e
l’intera economia narrativa del film attribuisce la
responsabilità del gesto a Roma e ai romani. L’Anti-Defamation
League sbaglia ad affermare che le autorità ebraiche «forzano la
decisione» e che il sommo sacerdote ebreo «controlla» Ponzio
Pilato. Gli ebrei non avevano questo potere e nel film lo
dicono. Pilato cerca sì di passare ad altri la responsabilità,
prima a Erode e poi ai sommi sacerdoti. Finge pure che la
decisione non spetti a lui, ma sa bene che non è così e quindi
impartisce ordini che solo lui può dare. Ai suoi soldati piace
commettere quegli atti brutali, come ovviamente era già piaciuto
loro in precedenza. Gli storici, del resto, indicano come essi,
sotto Pilato, abbiano compiuto le raccapriccianti operazioni
della crocifissione circa 150 volte.
Non vi è dubbio sul fatto che il processo contro Gesù non sia
stato, nel racconto cristiano, il momento migliore vissuto dal
sommo sacerdote e dal suo consiglio. Ma le prime due generazioni
di cristiani erano quasi interamente composte da ebrei. I primi
cristiani si ritenevano ancora ebrei e all’inizio erano rimasti
molto colpiti nel vedere come i funzionari ebrei li rifiutassero
e li perseguitassero. Le narrazioni degli evangelisti sono
apertamente scritte per convincere i credenti ebrei del fatto
che Gesù abbia compiuto le profezie bibliche e quasi ogni parola
di quelle scritte per criticare i capi ebrei di quella
generazione allude alle condanne proferite dai profeti ebrei
contro i capi ebrei precedenti.
I primi cristiani ritenevano che le critiche che essi
rivolgevano agli ebrei fossero quelle tipiche che si pronunciano
all’interno della propria comunità di riferimento e quindi
avevano un taglio diverso da quello che avrebbero avuto se
fossero venute da elementi totalmente esterni. Solo
gradualmente, e con una certa sorpresa, i cristiani realizzarono
che, pur ritenendosi ebrei zelanti, appartenevano a una comunità
nuova.
Benché potente dal punto di vista visivo come solo i film
possono essere, la pellicola dì Gibson riconosce che le critiche
cristiane ai capi ebrei hanno oggi una valenza differente da
quella che ebbero nei primi anni successivi alla morte di Gesù;
nell’insieme, infatti, il film ammorbidisce gli elementi ebraici
della narrazione evangelica e, seguendo il Nuovo Testamento,
pone l’onere dell’accaduto sulle spalle dei romani.
Quando The Passion verrà proiettato il prossimo Mercoledì delle
Ceneri, il suo effetto nel mondo sarà quasi certamente
conciliante, rappacificante e tranquillizzante, giacché il film
suscita stupore di fronte alle sofferenze che ci infliggiamo gli
uni gli altri. Nel film Gibson mette soltanto la disadorna
schiettezza dei Vangeli, The Passion è una meditazione e una
preghiera.
DIFENDIAMO IL FILM
Guerra preventiva: come potrebbe definirsi altrimenti la
condanna senz’appello con cui The Passion è già stato spedito
fra i reprobi prima ancora dl essere visionato? In attesa che il
film esca in contemporanea nelle sale cinematografiche di tutto
il mondo, se ne possono visionare i “trailer” nel sito
www.passion-movie.com/english/media.html.
Padre Augustine Di Noia, domenicano, sottosegretario della
Congregazione per la Dottrina della Fede, dice:
- molte personalità del Vaticano hanno assistito ad una
proiezione privata del film "La Passione" di Mel Gibson e ne
sono rimasti entusiasti. Componenti della Segreteria di Stato
del Vaticano, del Pontificio Concilio delle Comunicazioni
Sociali, e della Congregazione per la Dottrina della Fede, il
gruppo che supervisiona le questioni dottrinali cattoliche,
hanno espresso unanime approvazione e apprezzamento del film.
Guardare il film, costituirà un'esperienza profondamente
religiosa per molti. Per me lo è stata. Una cinematografia
eccezionale e una recitazione altrettanto brillante, combinate
con la profonda introspezione spirituale del regista sul
significato teologico della passione e morte di Cristo - tutto
ha contribuito ad una produzione di squisita sensibilità
artistica e religiosa.
Chiunque lo vedrà- credente o non credente - sarà costretto a
confrontarsi con il mistero centrale della passione di Cristo e,
in definitiva, con il cristianesimo stesso: se questo è il
rimedio, quale dovrà essere stato il male?
Il Curato d'Ars sostiene che nessuno possa avere cognizione di
cosa Nostro Signore abbia sofferto per noi; per capirlo,
dovremmo conoscere tutto il male causato dal peccato, e questo
non lo potremo sapere fino al momento della nostra morte.
Solo come una grande opera d'arte può fare, il film di Mel
Gibson ci aiuta a cogliere qualcosa che è quasi al di là della
nostra comprensione. All'inizio, nell'Orto del Getsemani, il
diavolo tenta Cristo con la domanda inevitabile: come può
qualcuno sopportare i peccati del mondo intero? È troppo. Cristo
quasi soccombe all'idea, ma poi prosegue con convinzione per
portare avanti esattamente questo - per accogliere su di sé,
secondo la volontà del Padre, i peccati del mondo intero. È
davvero impressionante.
Vi è un forte senso, presente per tutto il film, del dramma
cosmico del quale siamo tutti parte. Non c'è possibilità di
rimanere neutrali, e nessuno può semplicemente restare
spettatore di questi eventi. La posta in gioco è davvero molto
alta - qualcosa che, a parte Cristo stesso, è intuita
chiaramente solo da Maria sua madre e dal demonio sempre
presente. Gradualmente lo spettatore si unisce ai personaggi in
una progressiva comprensione di questo, mentre che l'azione si
sposta inesorabilmente dal Monte degli Ulivi verso il Monte
Calvario.
Circa la violenza nel film direi che più che violento è brutale.
Cristo è trattato in modo brutale dai soldati romani. La
sensibilità artistica all'opera è più quella del Grünwald e del
Caravaggio, piuttosto che quella del Beato Angelico o del
Pinturrichio.
Stiamo parlando di un film, certamente, ma Gibson ha chiaramente
subito l'influenza della raffigurazione delle sofferenze di
Cristo della pittura Occidentale. Il corpo di Cristo
estremamente malridotto - graficamente ritratto in questo film
eccezionale - deve essere posto in questo contesto di artistica
rappresentazione. Ciò che molti artisti meramente suggeriscono,
Gibson ce lo vuole mostrare.
Pienamente in linea con la Tradizione teologica cristiana,
Gibson ci rappresenta il Figlio incarnato che è capace di
sopportare ciò che una persona ordinaria non può - sia in
termini fisici che di tormento mentale. Il corpo rovinato di
Cristo deve essere contemplato con gli occhi del profeta Isaia
che descrive il Servo sofferente sfigurato e irriconoscibile.
La raffigurazione di Gibson del Cristo flagellato - dal quale
molti spettatori potrebbero essere tentati di volgere via lo
sguardo - presenta graficamente ciò che San Paolo disse nella
seconda lettera ai Corinzi: "Colui che non aveva conosciuto
peccato, Dio lo trattò da peccato in nostro favore, perché noi
potessimo diventare per mezzo di lui giustizia di Dio" [2
Lettera ai Corinzi 5:21]. Quando guardiamo il corpo rovinato di
Cristo in questo film capiamo cosa significa "lo trattò da
peccato".
"La Passione" non incolpa alcuno per ciò che è successo a
Cristo. Nessuno in particolare è responsabile della passione e
morte di Cristo e Mel Gibson ha individuato in modo molto
efficace questo elemento che è centrale nella visione cristiana
della passione e morte di Cristo.
Lungi dall'incitare all'antisemitismo o all'antigiudaismo, il
film di Gibson aiuterà gli spettatori ad approfondire la loro
comprensione del contesto indispensabile della passione e morte
del Gesù di Nazareth, del Servo sofferente.
Credo che il film di Mel Gibson muoverà le persone ad amarlo di
più. Il cuore dovrebbe essere di pietra per rimanere impassibile
di fronte a questo film straordinario e dall'impenetrabile
profondità dell'amore divino che esso tenta di rendere vivo
sullo schermo.
(Adattamento dell’intervista rilasciata all'agenzia Zenit.org).
La passione di Cristo
Titolo originale: The Passion of the Christ
Nazione: Usa/Italia
Anno: 2003
Genere: Drammatico
Regia: Mel Gibson
Cast: James Caviezel, Maia Morgenstern, Monica Bellucci, Ivano
Marescotti, Rosalinda Celentano, Claudia Gerini, Sergio Rubini
Produzione: Bruce Davey, Mel Gibson, Stephen McEveety
Distribuzione: Eagle Pictures
Data di uscita in Italia 7 aprile 2004
Trama:
Il film rivive le ultime 12 ore compresa la crocifissione di
Gesù Cristo.
Maria &
Elisa Marotta
GdS 10 II 2004 - www.gazzettadisondrio.it