Una storia d'amore Intervista a Giulio Scarpati

Intensa la recitazione di due grandi professionisti - E? piacevole parlare con Giulio Scarpati -


Intensa la recitazione
di due grandi professionisti

Una bella storia d’amore quella messa in scena da Giulio
Scarpati e Lorenza Indovina al Teatro Don Bosco di Sondrio, intessuta sul
carteggio di oltre 400 lettere che Anton Cechov e Olga Knipper
si sono scambiati in sei anni di intenso e sofferto amore. Un
dialogo a due voci concertanti, dato che il loro è stato un vero
canto d’amore fatto di momenti di grande lirismo e di stanca
quiete: la quotidianità di un rapporto difficile da gestire per
la lontananza, per la scelta artistica di ognuno dei due amanti,
per la malattia che condusse poi alla morte il drammaturgo
russo.

E’ in fondo la stessa vita del teatro cechoviano e di tutto
quello russo del XIX secolo che si racconta attraverso il
linguaggio epistolare di due anime che si cercano, due corpi che
fremono di desiderio, due menti che cercano di intendersi al di
là della fragilità umana. Intensa la recitazione di due grandi
professionisti che si incontrano, si misurano alla distanza, si
completano, dando vita ad un idillio raccontato con lucidità
espressiva, con un raziocinio consapevole delle umane fragilità,
ma con una voglia di vivere insaziabile (“Bisogna vivere,
vivere, vivere!”), pur sapendo che tutto si consumerà in un
sanatorio a curarsi da una tisi che non lascia scampo. E
attraverso le lettere di Anton e Olga, fuse in un colloquio
familiare intenso, mai patetico, si mette in scena l’amore.

La
scenografia, sia pur limitata dagli spazi del Don Bosco,
equilibrata da due punti equidistanti, ha fatto da separè tra
due mondi paralleli, facendo contemporaneamente da sfondo ad un
dialogo epistolare in cui due personaggi così diversi trovano
nella fisicità di un rapporto forte e passionale una
collocazione comune.

Al termine della serata ci siamo intrattenuti con il mattatore
della serata.


E’ piacevole parlare con Giulio Scarpati

E’ piacevole parlare con Giulio Scarpati. E’ come ritrovarsi con
un vecchio amico a parlare confidenzialmente del tempo andato
dopo tanto che non ci si vede.

-
E’ la prima volta che vieni in Valtellina?

La Valtellina la conosco e l’amo da tempo, sin da quando,
giovanotto, venivo con alcuni cari amici nelle zone di San
Bernardo dove c’era, ricordo, un paesaggio straordinario. Ma i
miei ricordi sono anche affidati a quando nella zona di Ponte in
Valtellina mi sono divertito a raccogliere mele nell’autunno
dorato di queste valli. E il sapore di quei frutti maturi
staccati dall’albero li ricordo ancora. Mi dispiace solo che il
vecchio teatro cittadino sia ancora “ a riposo”.

-
Conosci la storia del nostro “Pedretti” ?

Ne ho sentito parlare e ne sono rammaricato perché anche
stasera, al di là della splendida ospitalità che mi è stata
riservata, non è stato possibile montare parte della
scenografia. Oltre quella finestra sullo sfondo c’era un
paesaggio magico e un viale alberato necessario per l’effetto
della pioggia e del vento, oltre che per alcuni importati
effetti luce.

-
Personaggio del mondo del teatro del cinema e della televisione
a quale di questi linguaggi ti senti più legato?

La mia passione per il teatro risale a quando, appena
adolescente, fondai con i miei amici del Liceo classico “Dante
Alighieri” una cooperativa che portava in scena Goldoni, Diderot,
Ghoethe, insomma autori impegnati. Proprio come noi che ci
divertivamo da matti con lo slancio dei nostri primi entusiasmi
scenici. Purtroppo, non si batteva chiodo dal punto di vista
economico. Dopo sono venute le occasioni giuste, prima al
“Piccolo” , a Milano, dove ho avuto l’occasione di partecipare a
un provino per il personaggio chiave del film “Orfani” con
Fantoni e Fantastichino. Me la cavai bene nei panni dell’esule
romano in terra parigina e da allora ho continuato a dividermi
tra impegni teatrali e cinematografici fino al personaggio che
mi ha dato più notorietà ne “Il medico in
famiglia”.

-
La notorietà televisiva legata anche a personaggi da libro
“Cuore” hanno fatto di te quasi un simbolo

Certo, io devo molto alla TV, ho ricordi bellissimi, ma per
staccarmi da un clichè ormai standardizzato ho accettato nuovi
ruoli come quello della fiction su Don Luigi Di Liegro fondatore
della Caritas che uscirà tra marzo-aprile prossimi. Un film
girato per metà a Roma e l’altra in Bulgaria dove è stato facile
ritrovare ambientazioni legate agli agli 50’-60’ in cui si
svolge la vicenda.

-
Perché proprio un lavoro teatrale di Cechov?

Perché Anton e Olga sono stati personaggi straordinari che hanno
vissuto appieno il loro amore forte e vitale, carnale e
passionale, dolce e struggente, in un’epoca difficile e
contraddittoria. Mi ha colpito molto la grande voglia di vivere
di Cechov, il suo spirito essenzialmente libero, laico, mai
spregiudicato, ma soprattutto consapevole che la vita va
assaporata totalmente con un senso di leggerezza e disincanto,
con sincerità assoluta. “La felicità non esiste. Non possiamo
far altro che desiderarla, ma bisogna vivere” ripeteva Anton
anche prima di morire inneggiando alla vita davanti ad una coppa
di champagne.
Nello Colombo

GdS 20 XII 2005 - www.gazzettadisondrio.it

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