Ci siamo: Il crocifisso finiRA' nella spazzatura!

di Maria De Falco- Marotta

La famosa interculturalità scolastica
Durante un incontro sull’islam, un giovanotto piuttosto antipatico disse al microfono:”Vedrete, voi vi affannate a capirli, a venire incontro alle loro esigenze. Questi prima vi buttano fuori i crocifissi e poi faranno il resto”.

Nel quasi ovattato silenzio delle vacanze, quando tutti hanno voglia di riposarsi, i problemi più grossi vengono gettati lì, con noncuranza( tanto, la gente è al mare o ai
monti)

Uno di sicuro, è la famosa interculturalità scolastica che, sotto banco, fa passare le cose più strane.

Sul Corriere della Sera del 10 luglio 2004, in Cronache vi è un’intera pagina dedicata agli immigrati, specie musulmani.

Tanto, per sintetizzare, il liceo di scienze sociali Gaetana Agnesi di Milano nel prossimo anno scolastico avrà una classe di 20
alunni (17 femmine e 3 maschi, figli di famiglie integraliste)
di religione islamica, cui sarà concesso alle ragazze di portare il velo, ma anche di togliere quel povero cristo dalla parete scolastica perché, ovviamente, intralcia l’integrazione.

Dicono i responsabili che hanno deciso così per aiutare i ragazzi, i quali avendo frequentato una scuola islamica
privata (a Milano a Via Quaranta, vi è un ottimo vivaio), sarebbero dovuti ritornare in
Egitto (e perché no? Forse che l’Egitto è all’altro capo del mondo e non è più un buon vicino mediterraneo, ricco di cultura ?), visto che le loro famiglie non riconoscono l’ordinamento scolastico nazionale italiano. Infatti, sia il preside che il consiglio di istituto, hanno stabilito su richiesta pressante delle famiglie, di creare nella loro scuola italianissima, una succursale della scuola islamica di Via Quaranta che sta sfornando altri indottrinati fanciulli, secondo le strette regole del Corano. Addirittura, si prevede per le ragazzine musulmane di frequentare le lezioni di ginnastica al pomeriggio perché è proibito, per loro, mescolarsi agli altri
compagni (sic!).

Naturalmente, qui andiamo alla accorta capacità di questi nostri amici di gestire i Media, di usarli a loro piacimento, di dirottarli per i loro fini.

Vediamo, quello che è successo negli ultimi tempi.

Da dove partiamo?

Dio, così maltrattato nella civiltà occidentale per via delle solite cose che ormai sono venute a noia la :”scristianizzazione” e la “secolarizzazione”, professandosi suoi perfetti
adoratori ( i più semplici, gli altri sono manovrati politicamente dai
potenti) vivendo in Italia e altrove in Europa, richiedono leggi a misura del loro credo
religioso (come non accordarle in un mondo così laico, così democratico, così rispettoso delle differenze???).

Però, desidero proporre una serie di fatti su cui chiederei di riflettere almeno un secondo., senza farsi troppo vincere dal “volemose bbene”.

I quotidiani dell’8 luglio 2004 riportano le minacce di Osama Bin Laden (ma a lui è stato detto quanto sono teneri e pronti a vendersi le brache, gli italiani, purché lascino Il Grande Fratello, Le Veline, Fantastico, il Vodafone con “ tutto parla intorno a te”, e così via?) che si esprime in
italiano (osservate la finezza: neanche nella grande Europa che ha bandito le radici cristiane, non è prevista la traduzione in italiano) per minacciare di distruggere quel che capita.

Dubitiamo che Al Qaeda sia stato sufficientemente informato che qui, da Napoli a Torino, gli islamici sono diventati quasi i padroni non solo delle case, ma di come gestire la scuola.

E, presa in mano la scuola avanzano, escludendo di rinunciare al loro
credo (altro che ebrei al tempo dei romani, quando non si fecero assimilare. Questi sono più furbi, fanno finta di non capire, però sfruttano con l’aiuto dei loro “intellettuali” quello che torna a loro favore) ti piantano richieste che, se la cosa non fosse seria, ti farebbe ridere.

Come, per esempio, chiudere le scuole per il Ramadan. E gli altri???

Gli “altri” in una repubblica come la nostra interculturale, sono i cinesi che a
Prato (Toscana) hanno il record delle frequenze nella scuola
pubblica (Cfr:: Corriere della Sera, 8 luglio 2004); gli albanesi, gli indiani, i filippini…Pare che a tutti è stato accordato il diritto di festeggiare come a loro pare meglio.

A Napoli che sin dalle sue antiche origini, è stato un luogo di ritrovo di etnie, razze, lingue talmente diverse già vi è la tendenza ad “accontentare” coloro che sanno, politicamente, gestire lo spazio offerto dalla
scuola (i famosi due giorni del calendario scolastico a disposizione dei presidi. Tale spazio, già si è esteso a macchia d’olio per soddisfare le richieste interculturali).

Naturalmente, prevale quella per il Ramadan.

Il Moige (= Movimento italiano genitori) ha avanzato la sua protesta, motivandola che un’interruzione didattica per questa o quella festa religiosa, non serve all’integrazione interetnica,
né alla qualità della scuola (le feste distraggono, interrompono la continuità didattica. Dal calendario scolastico sono state cancellate molte ricorrenze religiose, ovviamente accettate dalla chiesa cattolica, per non interrompere il ciclo pedagogico).

Il problema scottante, però, esiste. Non si può chiudere gli occhi di fronte alle altre culture , visto che dal punto di vista demografico, diventiamo sempre di meno.

Non è lontano il tempo su cui sventolerà al posto del tricolore, la mezzaluna con il verde di Maometto.

Cerchiamo di
capire


Nessuno nega che la scuola pubblica italiana debba essere aperta al confronto tra le culture, però ciò non toglie che, proprio nella scuola pubblica, siano tenuti a essere presentate le radici della civiltà occidentale, il cui iter di
acculturazione (non inculturazione) e i cui referenti siano proprio i valori storici che hanno costruito l’Europa. Inoltre, non si può prescindere dalla scala dei valori nei quali le nostre generazioni sono cresciute e che si basano, essenzialmente, sul rispetto della persona e dei suoi diritti, tra cui la libertà di coscienza e di democrazia, che non si possano mistificare l’identità del proprio paese per una falsa accondiscendenza, seppure doverosa di un rispetto per gli altri, essendo menzognero l’equiparazione tra le culture affermando che sono tutte
uguali (perché, allora, in molti Paesi islamici si condanna a morte la donna adultera, mentre il correo sconta solo anni di prigione? Oppure, perché in Italia chiunque può circolare con il Tripitaka, i Veda, il Corano, La Torre di Guardia… senza che nessuno si interessi a lui e nei
Paesi strettamente islamici come l’Arabia Saudita, se ti vedono in mano la Bibbia, ti mettono in carcere??? Vi immaginate nello Yemen una classe di alunni cristiani, dove si potrà leggere la Bibbia liberamente, le ragazze circolare con l’ombelico di fuori e piazzare sulla parete un bel crocifisso???). E non ricorriamo alla solita scusa che lì non conoscono: siamo in un tempo di globalizzazione di massa talmente enorme che basta vedere come si comportano gli estremisti islamici per rendercene conto. I
media sono potenti e conosciuti ovunque. Da loro si impara presto le debolezze dei nemici e di come tenerli in pugno.

E se poi parliamo di riti di appartenenza, non mescoliamo il bianco con il nero. Neanche qui, tranne alcune somiglianze, essi sono completamente diversi, dissimili gli uni dagli altri e ciascuno, è l’espressione del proprio Paese.

Non facciamoci vincere da un falso irenismo, ma ricordiamo che nella Bibbia c’è scritto:

“ Quando Dio Altissimo assegnò ai popoli la terra;

quando distribuì gli uomini nel mondo, 

segnò i confini delle nazioni

e diede a ognuna un dio protettore” ( Deuteronomio 32, 8 in La Bibbia in lingua corrente, Editrice Elledici- Alleanza Biblica Universale, 1985).

A ciò aggiungiamo il grido di dolore del presidente Chirac (La Stampa, 9 luglio 2004) sui “razzismi che si stanno moltiplicando, tra cui l’islamofobia, che insudiciano il nostro Paese” e il risultato di un’indagine recente da cui si evince che il 40% dei francesi pensa che vi siano troppi
musulmani (ma lo rimuginano anche molti italiani, senza essere leghisti). Infatti, come succede in alcuni quartieri milanesi, nelle banlieue, specie di
ghetti (se ne contano 150) non si parla francese, i bambini non vengono mandati nelle scuole pubbliche, ma nelle moschee e i riti sono quelli prescritti dal Corano, la polizia non si sogna di entrarci e i vigili del fuoco sono presi a
pietrate (La Stampa, 9 luglio 2004)

Per completare il quadro dei fatti, il presidente di “SOS Italia” Diego Volpe Pasini, ha espresso pubblicamente la sua
soddisfazione (Cfr: Il Gazzettino, 6 luglio 2004) per la citazione a giudizio di Adel Smith, presidente dell’Unione degli islamici italiani che, nella famosa zuffa televisiva del 4 gennaio 2003, si espresse in modo oltremodo ingiurioso contro il papa e la religione. Egli ha detto:” La libertà religiosa è un principio inalienabile e ineludibile sul quale si fonda la democrazia liberale, ma ciò non significa che dobbiamo continuare a subire in silenzio gli insulti di chi usa la nostra democrazia e tolleranza a suo favore senza dimostrarne altrettanta di chi la pensa in modo diverso da lui. Adel Smith interpreta la vera anima islamica come la interpretano i tagliatori di teste in Iraq. E’ bene che cresca nel nostro Paese una precisa coscienza critica e consapevole nei confronti dell’Islam, non come religione ma come insieme di regole politico- sociali, capaci di mantenere interi popoli nell’arretratezza, nella miseria e nel
terrore” (Cfr.: IL Gazzettino,6 luglio 2004).

Cosa dice la Legge?

La Costituzione italiana riconosce il diritto di libertà religiosa a tutti e vieta ogni
discriminazione basata sulla religione. Tali disposizioni costituzionali vengono
generalmente rispettate; ogni individuo può professare la propria religione (o nessuna
religione) senza incorrere in alcun pregiudizio nel godimento dei propri diritti civili e
politici. La libertà di manifestare la propria religione è limitata soltanto quando si
giudica che una pratica religiosa costituisca una minaccia all’ordine pubblico o al buon
costume. L’esercizio di diritti religiosi collettivi, al contrario, è più problematico.

A tutte le confessioni religiose è riconosciuta «uguale libertà» dalla Costituzione italiana, però, non significa che tutte le confessioni siano regolate dalla stessa legge.

A parte alcuni diritti collettivi fondamentali (come la libertà di riunione per scopi
religiosi, il diritto di costituire associazioni religiose, ecc.), la disciplina legale delle
confessioni religiose si fonda largamente su accordi bilaterali con lo Stato. Per esempio
un Concordato (1984) regola i rapporti tra la Chiesa cattolica e lo Stato italiano., mentre
Intese sono state concluse con i Valdesi, gli Avventisti, i Battisti, i Pentecostali, gli Ebrei e i

Luterani, i Buddhisti , i Testimoni di Geova, gli islamici
(forse)…

Il processo di secolarizzazione ha condotto, tra l’altro, a "neutralizzare la religione come (unico) referente privilegiato dell'organizzazione sociale" sostituendolo con le "pur giuste esigenze attinenti alla sfera economica" : così, il riposo sabbatico, ovvero la "santificazione delle feste" che pure sono stati osservati in un'economia ispirata dall'etica protestante e da logiche capitalistiche - anche quando erano "senza regole" e senza la funzione regolatrice del welfare State - perdono di valore in una società secolarizzata, dove, semmai si punta a rivendicare il riposo e finanche la "liberazione" dal lavoro come condizione per il miglioramento della qualità della vita, non certo per rispettare norme morali o per adeguarsi ad istanze confessionali. 

La fase di transizione, poi, che caratterizza anche il nostro Paese, nel passaggio da un sistema di relazioni Stato e Chiesa, fondato sul
confessionalismo di Stato ad un'attuazione del principio di bilateralità negoziale con le diverse confessioni religiose, mantiene concreto il "rischio, insito nello stesso modello di Stato sociale contemporaneo, della degenerazione in senso particolaristico delle valenze pluralistiche che lo contraddistinguono". Né solo rimedio al pericolo della "rottura dell'ordinamento" può essere offerto dalla proliferazione di Intese ed Accordi che lo Stato ha raggiunto con le diverse confessioni. Essi, anzi, hanno determinato l'inserimento nel nostro ordinamento di norme dirette a risolvere particolari fattispecie di coscienza, come il riposo "festivo", "senza affrontare il problema sul piano del lavoro in generale", introducendo "forme di statuto personale potenzialmente più ampie e impegnative" di quelle che esistono in India e nei paesi arabi, perché qui non è solo il diritto di famiglia a rimanerne investito, ma anche il diritto pubblico e quello del lavoro. 

La scelta del legislatore statuale di riconoscere, attraverso lo strumento dell’Intesa, l’obiezione di coscienza di gruppo (confessionale), ingenera, comunque sia, forme di discriminazione nei confronti degli appartenenti a "confessioni senza intesa", i quali dovrebbero "personalmente" chiedere, come già accade, di esercitare il diritto ad astenersi da prestazioni lavorative per motivi religiosi. consentire ai candidati ebrei che ne facciano richiesta di sostenere in altro giorno prove di esame (scolastiche) fissate in giorno di sabato" e la giustificazione "per le assenze degli alunni ebrei dalla scuola nel giorno di sabato su richiesta dei genitori o dell'alunno se maggiorenne".

L'articolo 5.1 aggiunge, inoltre, l’indicazione delle festività religiose cui si applicano le disposizioni relative al riposo
sabbatico, di cui all’art. 4, stabilendo che "entro il 30 giugno di ogni anno il calendario di dette festività cadenti nell’anno solare successivo è comunicato dall’Unione al Ministero dell’Interno, il quale ne dispone la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale".

Nella bozza di Intesa dello Stato con l'Associazione Musulmani italiani, il cui articolo 1, relativo al riconoscimento del "diritto di professare e praticare liberamente la religione islamica", ai sensi dell'art. 19 Cost., precisa che "il diritto in questione implica in particolare la facoltà del compimento dell'orazione rituale quotidiana entro i tempi dell'obbligo, nonché l'osservanza del digiuno rituale diurno nei tempi prescritti".

L'articolo 3, riprendendo quanto contenuto nelle Intese prima richiamate, stabilisce che "I musulmani dipendenti dallo Stato, da enti pubblici o da privati, o che esercitino attività autonome o commerciali, i militari o coloro che siano assegnati al servizio civile sostitutivo, hanno diritto di partecipare, su loro richiesta, alla preghiera congregazionale del venerdì nei luoghi di culto islamici( però ciò non è minimamente consentito anche in paesi di stretta osservanza islamica). Tale diritto, viene esercitato nel quadro della flessibilità dell'organizzazione del lavoro. Restano comunque salve le imprenscindibili necessità dei servizi essenziali previsti dall'ordinamento giuridico".

Il successivo articolo 4 indica le festività o solennità islamiche cui si applicano le disposizioni di cui all'articolo 3, e la cui datazione, regolata in base al calendario lunare dell'egira, è tempestivamente comunicata dalla Associazione Musulmani italiani al Ministero dell'Interno, il quale ne dispone la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.

L'articolo 10, poi, nel contesto delle affermazioni sulla libertà nella scuola, ribadendo che l'insegnamento venga impartito nel rispetto della libertà di coscienza e di religione, conformemente ai principi di pari dignità dei cittadini, sancisce l'esclusione di "ogni ingerenza sull'educazione e sulla formazione religiosa degli alunni musulmani", con una rinuncia, ex parte
rei publicae, alle proprie funzioni in campo educativo, che appare radicale laddove lo Stato si orientasse ad offrire un ventaglio di opzioni formative ispirate alla tolleranza religiosa e alla convivenza civile, nel rispetto dei diversi credi e senza alcuna discriminazione.

E' previsto, inoltre, che "agli alunni musulmani non potrà essere in alcun modo imposta la partecipazione ad atti di culto o a lezioni di religione non conformi alla loro appartenenza confessionale". 

Nell'ambito della flessibilità dell'orario scolastico, gli alunni musulmani che ne facciano richiesta hanno diritto a partecipare, un’ora alla settimana, a lezioni di religione islamica tenute da personale docente abilitato e designato dall'Associazione Musulmani italiani. L'Associazione Musulmani italiani comunicherà per tempo alle competenti autorità scolastiche la lista dei docenti di religione islamica abilitati: anche in questa norma sarebbe introdotta una concessione all'autonomia confessionale anche più stringente di quella riconosciuta, con effetti sempre controversi, agli insegnanti di religione cattolica. 

"Nel fissare il diario degli esami, le autorità scolastiche adotteranno in ogni caso opportuni accorgimenti, onde consentire ai candidati musulmani che ne facciano richiesta di sostenere in un altro giorno le prove fissate per il venerdì, ovvero in occasione delle festività o solennità islamiche di cui all'art. 4"; "quanto disposto nel comma precedente si applica inoltre alla datazione delle prove di concorso ed alle autorità competenti".

Dopo che lo Stato ha riconosciuto e, si predispone a riconoscere ulteriormente, le richieste avanzate dalle Confessioni in merito al riposo per motivi religiosi, crediamo che non potrà essere una legge sulla libertà religiosa prodotta unilateralmente, a riequilibrare la situazione determinatasi. Ed, infatti, la bozza del disegno di legge governativo sulla libertà di coscienza e di religione, agli artt. 2-7, mentre riafferma ed esplica diritti di libertà, già garantiti costituzionalmente, quando sancisce il "diritto di agire secondo i dettami imprenscindibili della propria coscienza", pur "nel rispetto dei diritti e doveri sanciti dalla Costituzione", nella disciplina delle modalità per l'esercizio dell'obiezione nei diversi settori, opta per un rinvio ad una legge successiva: si tratterebbe, forse, di una legge generale su tutte le forme di obiezione e per tutte le confessioni, con o senza
intesa? (Cfr.: Antonino Mantineo, Ricercatore di Diritto ecclesiastico : LE FESTiVITÀ RELIGIOSE VERSO L’INCLUSIONE TRA I DIRITTI ALL'OBIEZIONE DI COSCIENZA E LE TENTAZIONI DI PLURICONFESSIONISMO PARTICOLARISTICO. Facoltà di Giurisprudenza di Catanzaro)

Cosa intendiamo per interculturalità?

Intanto, l'universo si è pluralizzato caratterizzandosi come mescolanza, caleidoscopio e labirinto. Significa che ogni universo è un pluriverso, cioè è differenziato al suo interno. Noi stessi siamo plurali e complessi.

Ogni unità è anche una molteplicità. Questo processo oggi investe tutti e tutto, anche la religione. Oggi Dio si concepisce al plurale. Non c'è un'unica verità, riconosciuta da tutti; ma diverse verità e vie di salvezza. 

In quest'ottica è evidente che i monoteisti (gli ebrei, i musulmani e i cristiani) hanno più problemi degli altri. Anche i cattolici, che si ritengono universali per definizione, dovrebbero rivedere il significato profondo di questo loro universalismo. Se sia più corretto affermare che la salvezza di Gesù il Cristo è universale o anche con più sfaccettature , come forse si dirà in futuro. O, secondo me, riflettere sul versetto della Bibbia che ho citato e farsene una ragione. 

Bisogna capire che ognuno di noi non abita l'universo, ma un luogo preciso che diventa per lui il centro. Ogni luogo diventa centro del mondo. Non è possibile, infatti, vivere senza un luogo e senza un centro.

Franco La Cecla nel suo libro, Mente locale. Per una antropologia dell'abitare, mette in luce questo radicamento dell'uomo in un luogo, fin dai suoi primi anni di vita, e osserva come questa originaria organizzazione dello spazio resterà sempre nel corso dell'esistenza e ad essa farà riferimento come principio di ordine per la sua persona.

Ogni solitudine, ogni sradicamento viene accompagnato da questa "Mente Locale" che viaggia con noi e ci orienta. Spesso, siamo alle prese con un altro mondo che è fatto di non- luoghi (M. Augè) dove non esiste più il centro, proprio come avviene in un arcipelago. 

Se accettiamo la sfida e ci adattiamo ad abitarlo, il pluriverso o pluriculturalismo, non ci farà più paura, se li abiteremo con senso di responsabilità. Essi sono a fianco del mio universo e stanno lì a dimostrare che esistono altre possibilità di senso. 

E anche ricordare, molto, moltissimo, che i termini Nord, Sud, Est, Ovest non hanno più il significato che hanno avuto fino a ieri, specie riflettendo che le civiltà maggiori sono parecchie : Cinese, Giapponese, Islamica, Indù, Latino-americana- Occidentale (Europa, Nord America, Australia), Africana. Buddhista , ebraica….

Di queste, gli elementi basilari sono la religione e la lingua.

La civiltà è il "noi" più allargato, la più ampia entità culturale esistente, la "totalità" che ingloba, ma che non può essere inglobata. Le civiltà si evolvono e si estinguono. E' il caso dell'occidente cristiano che si avvia al tramonto (nel 2025 solo il 25% degli abitanti della terra sarà cristiano), mentre è in crescita la civiltà islamica a cui apparteranno, nel 2025, il 30% degli abitanti della terra. La Cina confuciana si avvia a diventare la più grande potenza economica del mondo.(S. Huntington, Lo scontro delle civiltà, Garzanti, Milano 1997). 

In nome di che?

Però, se è possibile, abbarbicarmi alle mie radici, così intimamente, seriamente, liberamente cristiane, mi permetterà di vivere al meglio, non permetterò che gli altri me le distruggano.

In nome di che?

Maria De Falco- Marotta



GdS 20 VII 2004 - www.gazzettadisondrio.it

Maria De Falco- Marotta
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