RECENSIONI CINEMA CATERINA VA IN CITTA'
L’ultimo lavoro di Paolo Virzì,
“Caterina va in città”, non si può certo dire passi inosservato:
l’impegno c’è e si vede, la cinepresa si muove bene tra le
realtà che descrive; nella metafora della classe liceale
equamente divisa politicamente a metà, accentua difetti ed
assurdità dei due lati della stessa medaglia, della stessa
realtà, della nuova sinistra e della nuova destra, rappresentate
in maniera divertente e convincente da un gruppo di splendidi
attori in erba.
Seppur nell’ambito di un provincialismo che è un po’ il tallone
d’Achille di tutta la cinematografia Italiana, il film scruta
anche le differenze tra la realtà cittadina, con i suoi
pregiudizi e l’inevitabile occidentalizzazione, e quella di
paese, certo più “semplice”, ma in un certo senso più sana e
genuina, anche e soprattutto nei rapporti umani.
Ancora, chiaro lo sguardo sui rapporti intergenerazionali, sui
paradossi di un’età che nonostante cambi inesorabilmente
all’anagrafe, non cambia con altrettanta serenità negli animi
tormentati, pieni di rimpianti e di vita non abbastanza vissuta
dei protagonisti (quelli adulti almeno).
I colori della storia sono intensi, come le sensazioni che crea,
e questo è apprezzabile, ma il lavoro si perde sul finale
purtroppo; non lanciando un messaggio abbastanza chiaro che non
sia una fotografia sociale o la solita vittoria della sincerità,
non consente di andare al di là degli ottimi spunti che
fornisce, ed in un certo senso dà l’impressione di un discorso
interessante ma senza le conclusioni.
Un peccato per un film denso di idee e davvero ben interpretato.
Mirko Spelta
Per comunicazioni all'autore della recensione:
ginodilegno@inwind.it
GdS 18 XI 2003
www.gazzettadisondrio.it