I racconti di Cristina: 16 – “S. I. (Semafori Intelligenti)”

Quale sarà il Q.I. (Quoziente di intelligenza) dei semafori?

Belle le rotonde. In questi ultimi anni sembra
che ci sia una gara fra comuni a chi ha le rotonde più belle.
Basta guardarle e si capisce subito se in quella città girano
soldi. Oppure se gli amministratori hanno buon gusto. Gli
obbrobri purtroppo non mancano, strani monumenti, pericolosi
muri, fontane che non funzionano. Ma l’arte va incoraggiata, è
giusto.

Io preferisco le rotonde fiorite. Piante e fiori sono secondo me
i monumenti più belli che ci offre la natura. I bravi
giardinieri sanno “vestire” le rotonde con gli abiti più adatti
alle stagioni. Tappeti e arbusti fioriti in primavera estate,
foglie colorate e bacche in autunno, sempreverdi e conifere
argentee d’inverno. Certo la manutenzione costa, ma sono soldi
ben spesi.

Non è un caso che le rotonde più belle le abbia viste in un
piccolo comune sul lago di Como, famoso per uno splendido hotel
che ospita incontri al vertice internazionali, Cernobbio. Non ci
andavo da un po’ di tempo e quando vi sono tornata ho visto
aiuole fiorite cresciute come funghi al centro di ogni incrocio.
Curate alla perfezione, un vero piacere per gli occhi.

Un piacere anche per il traffico che ne ha tratto grandi
vantaggi. Meno code, maggiore fluidità. Minor pericolo e minore
probabilità di andare a sbattere contro il palo di un semaforo.
Risparmio ed autonomia energetica, non si corre il rischio della
solita paralisi in caso di black-out.

Purtroppo non è possibile avere rotonde dappertutto, soprattutto
nelle nostre città nate quando le macchine non c’erano ancora,
con un reticolato di strade strette cresciute comunque in modo
disordinato.

Questi i pensieri incontrollabili che mi assillano mentre avanzo
a passo d’uomo con la mia automobile nel centro della città dove
vivo. Faccio in tempo a vedere pedoni e ciclisti superarmi e
raggiungere tranquillamente la loro meta. Io inquino e mi
innervosisco. Rimandiamo ad un altro momento la solita
discussione sull’inquinamento, adesso sono qui e non mi sto
certo divertendo.

Nessuno si diverte più ad andare in macchina. Solo i ragazzini
freschi di patente che appena possono ostentano l’automobile
della mamma nel posteggio della scuola, quando c’è.

In questa città, dove si pagano anche le lacrime che si versano,
guidare in modo scriteriato può mandarti sul lastrico.

Il rischio maggiore si corre all’incrocio della stazione. Un
giorno una mia collega è arrivata a scuola in lacrime. Era
passata mentre il semaforo stava diventando rosso. Che fare in
quei momenti? La frenata brusca o il colpo di acceleratore? In
Italia non ci sarebbero dubbi, senz’altro si sceglierebbe la
seconda soluzione. Ma qui non siamo in Italia, meglio frenare,
tanto chi tampona ha sempre torto perché non rispettava la
distanza di sicurezza. Ma qui le cose funzionano e se non
funzionano le aggiustano. Aveva quindi funzionato perfettamente
anche l’apparecchio fotografico collegato al semaforo. Più di
centocinquanta euro di multa, qualche anno fa. La poveretta, due
bambini piccoli, una vecchia utilitaria, la casa appena comprata
ancora da arredare, mi ha confessato di non poter nemmeno dirlo
al marito. Tipico.

Come si fa ad avere la certezza che non si siano sbagliati?
Semplice, basta comprare la fotografia. Solo così puoi vederla.
Altri venti euro.

Per persone timorate di Dio e del traffico come potrei essere
io, ricevere una multa è il peggiore dei disonori. Ma capita.
Divieto di sosta. Qui non dà nessun fastidio, faccio in
frettissima, la lascio solo un momento. Io faccio in fretta, io
sono di corsa, ma c’è chi di fretta non ne ha. E controlla
scrupolosamente i dischi orari delle automobili parcheggiate.
Non solo, misura con estrema precisione lo spazio occupato fuori
dalla riga del posteggio. Non hanno fretta queste persone, ma
hanno tanto odio dentro. Forse non proprio odio, ma quella che i
tedeschi chiamano “Schadefreude”, e cioè il rallegrarsi delle
disgrazie altrui.

Non importa se a poca distanza la vecchietta viene investita
sulle strisce, non importa se il motociclista maleducato assorda
la città, non importa se il limite dei cinquanta viene
tranquillamente superato in una strada affollata. Niente riesce
a distrarre questi buontemponi dal loro utilissimo lavoro.

Perché questi pensieri così poco divertenti non mi lasciano in
pace? Semplice, sono sempre in coda, ferma al semaforo.

Non devo aver paura, in questa linda ed ordinata città i
semafori sono intelligenti. C’è infatti un complicato sistema di
sensori sotto il manto stradale che permette di regolare il
funzionamento dei semafori a seconda del peso del traffico. Sì,
i semafori sono intelligenti, ma che bisogno hanno i semafori di
essere intelligenti? Io preferirei che fossero intelligenti le
persone che incontro, magari i miei studenti, i miei colleghi,
gli impiegati degli uffici pubblici, i vigili. Sarebbe già
tanto. Chissà forse possiamo misurare l’intelligenza dei
semafori con appositi test. Quale sarà il loro Q.I. (Quoziente
di intelligenza)? CIA, Central Intelligence Agency. Anche gli
agenti segreti dovrebbero essere intelligenti, visto il nome
della loro organizzazione.

Non si sta esagerando? Forse, ma si sa le iperbole hanno invaso
il nostro mondo, basta guardare le pubblicità. Le più infauste
sono quelle delle automobili. Una addirittura dice ”Guido,
quindi sono”. Cartesio si rivolterebbe nella tomba, ma se tanto
mi dà tanto (espressione che odio) un semaforo può benissimo
essere intelligente. Perché no.

Perché sono sempre ferma? La fila di macchine che ho davanti non
è troppo lunga. Là c’è il semaforo, adesso dovrebbe diventare
verde. Ecco, c’è un pedone, ha schiacciato il pulsante. L’omino
del semaforo è diventato verde, ma dov’è il pedone, perché non
attraversa? E’ tornato indietro. Ma questo è terrorismo. Tutti
fermi per un pedone che non attraversa. Ora è verde per gli
altri, però non dovrebbero fermarsi in mezzo all’incrocio, se no
si blocca tutto.

Sembra che a Londra abbiano risolto il problema delle marmellate
di traffico – è così che si chiamano là gli ingorghi, traffic
jams – grazie all’assoluta proibizione di fermarsi in mezzo agli
incroci. Ecco, per fortuna adesso l’incrocio è libero. Ma il
semaforo non diventa verde.

Comincio a sudare. Sono infatti un tipo piuttosto claustrofobico.
Preferisco non pensare a come reagirei se rimanessi chiusa in
ascensore, ma niente mi terrorizza come le code in macchina.

Ecco perché evito accuratamente di viaggiare quando c’è
probabilità di rimanere intrappolata in autostrada, magari in
una galleria o su un viadotto. Visioni apocalittiche. Preferisco
le partenze “intelligenti”, appunto.

Apro il finestrino. Il semaforo è sempre rosso. Sono in un senso
unico, non posso nemmeno fare un’inversione. Qualcosa non
funziona. Mi rendo conto con sgomento che il semaforo ha perso
due turni. Panico totale. Già mi vedo condannata a passare la
notte in coda in Corso Edelweiss, con l’occhio rosso del
semaforo intelligente che mi impedisce di scappare. E se
decidesse di rimanere sempre rosso? A chi rivolgermi? A quei
buontemponi che controllano i dischi orari e distribuiscono
multe come se facessero volantinaggio per l’elezione del nuovo
assessore al traffico? Aiuto.

Cerco di razionalizzare. E’ l’ora di punta, è giusto che venga
fatto scorrere il traffico nella via principale, la maggioranza
ha sempre ragione, mala tempora curunt per le minoranze delle
strade secondarie. Aiuto. Cerco di respirare lentamente, non ho
proprio bisogno di una crisi di iperventilazione. Mi è già
capitato, sotto il più lungo traforo alpino. Meglio non
pensarci. Mi guardo intorno, gli altri automobilisti sembrano
tranquilli, devo esserlo anch’io, non sono sola.

So che cercare di convincermi di stare calma è inutile. Non ci
riuscirei mai.

Dai, diventa verde, diventa verde.

Ecco, è diventato verde.

Così, di colpo, senza preavviso, il semaforo è diventato verde.


E’ davvero un semaforo intelligente.

Cristina
Cattaneo

GdS 30 XII 2005 - www.gazzettadisondrio.it

Cristina Cattaneo
Società