I racconti di Cristina: 15 – “Postino prepensionato riciclato”

Ambasciator non porta pena

Esubero, mobilità, flessibilità,
riqualificazione, prepensionamento. Parole nuove, situazioni
vecchie. Tutte parole appropriate per indicare il mio nuovo
status. Sono infatti un postino prepensionato. Nemmeno sessant'anni.
Scapolo. Sì, lo so, gli scapoli sono guardati con sospetto, dai
parenti, dagli amici, dai vicini. Soprattutto se, come me,
abitano con la vecchia madre e la curano finché campa. Chissà
come mai non si è sposato, avrà avuto una delusione, un amore
impossibile, che sia gay? Io lascio dire e non me ne curo. Sono
solo affari miei.

Mia mamma è morta due anni fa. Nel sonno. Morte invidiabile ed
invidiata. Gli ultimi anni comunque aveva bisogno d'aiuto. La
comoda vicino al letto prima, il pannolone poi. Ogni tanto una
caduta, osteoporosi grave. Bisogno di compagnia. Per fortuna
come ex-infermiere della Croce Rossa ho una certa pratica.

Eh sì, ne ho viste tante lavorando sulle ambulanze. Avevo più
energia allora. E ce ne voleva di energia per lavorare la notte,
o aiutare quei poveretti rimasti senza casa dopo il terremoto in
Irpinia, al freddo. Quante vecchiette rimaste senza parole. Sono
pieni di vecchi quei paesini dimenticati. I giovani se ne sono
andati a cercar fortuna o lavoro altrove. Avevano bisogno di
tutto quei poveri vecchi, ma non chiedevano niente, avevano
paura di non meritarselo.

Comunque per la mia mamma non abbiamo dovuto assumere una
badante. Chissà, forse né avrò bisogno io fra qualche anno.

Bando alle malinconie. Io sono un postino prepensionato
riciclato. Come postino avevo raggiunto il massimo della
carriera. Negli ultimi tempi dovevo anche controllare il lavoro
dei più giovani. Alcuni erano bravi, pieni di buona volontà, ma
certi, pochi per fortuna, mi han dato parecchio filo da torcere.
Uno addirittura si portava a casa la borsa con la posta da
consegnare e se ne andava a dormire. Un altro un paio di volte
l'ha buttata la borsa. Si bucava. Poveraccio. Certo, ma la posta
da consegnare è sacra. Lo so bene io, quante storie potrei
raccontare. Una lettera, una storia. Per non parlare dei
telegrammi. Adesso i giovani nemmeno più sanno cos'è un
telegramma!

Io per fortuna ho cominciato a lavorare che la guerra era finita
da un pezzo, perché allora sì che doveva essere brutto fare il
postino. Dover consegnare nelle mani di una madre, una moglie,
una sorella un telegramma del ministero della guerra. Cosa
faceva il postino in quei casi? Cosa faceva se la donna era sola
e anziana?

Con molti dei miei, chiamiamoli così, clienti, siamo invecchiati
insieme. E così mi sono ritrovato a fare da segretario a
parecchie vecchiette del vicinato rimaste sole. Figli lontani,
mariti morti, acciacchi vari. Sono le più vulnerabili. Ci sono
in giro un sacco di mascalzoni pronti ad approfittare di quelle
povere vecchiette ingenue, proprio come avvoltoi. Ho cominciato
ad occuparmi della loro pensione, poi a fare delle piccole
commissioni per loro conto. Dopo tutto, pensavo, mia mamma
sarebbe come loro se non ci fossi io ad occuparmi di lei.
Avrebbe bisogno di qualcuno per incassare la pensione e pagare
le fatture, oppure per sbrigare le pratiche burocratiche che nel
nostro paese sono sempre così lunghe e noiose.

Mia mamma però aveva tanti nipoti che le volevano un gran bene.
Ogni tanto venivano e si mettevano a chiacchierare fitto fitto
con lei. Pareva che si confessassero. Poi se ne andavano, forse
avevano ottenuto l'assoluzione, e io rimanevo a sentire tessere
le lodi di questa o di quello. Non dovrei dirlo, forse ero un
po' geloso, ma mi dava fastidio che venissero qui tutti in casa
mia e mi considerassero solo parte dell'arredamento. Adesso che
la nonna non c'è più non li vedo quasi mai. Però i bambini mi
piacciono. Bambini e vecchi.

Come dicevo sono un postino prepensionato riciclato.

Infatti, oltre a continuare il mio lavoro di factotum per le
vecchiette, in dicembre adesso faccio il Babbo natale a tempo
pieno. Ho una magnifica divisa di panno rosso coi bordi di
pelliccia bianca, berretto, barba e baffi candidi. Credo di star
bene così agghindato. Sono piuttosto alto, e la divisa rossa mi
fa sembrare meno magro. Anche i baffi e la barba aggiungono una
certa rotondità al mio viso lungo.

Sono salito di grado? Che cos'è in fondo Babbo Natale se non un
postino un po' speciale vestito di rosso?

Inizio a lavorare il sei di dicembre. Qui da noi si festeggia
anche San Nicolao. Così comincio ad andare all'asilo carico di
pacchettini con biscotti e noccioline, poi vado alle scuole,
continuo quindi a distribuire omaggi ai frequentatori della
palestra Forti e Robusti, per concludere alla piccola
cooperativa di rione. Una sfacchinata.

Per tutto il mese di dicembre vado a trovare i bambini nelle
loro case. Devo fare attenzione al mio povero fegato perché dopo
le feste e le fotografie di rito i genitori non sono contenti se
non bevo un cicchetto con loro. Fate un po' voi il conto.
Quattro, cinque famiglie al giorno, per tutto il mese: sono
sempre un po' brillo. Per fortuna fa freddo.

Come per i preti anche per i Babbi Natale le feste sono giorni
di superlavoro, non sempre così piacevole.

Non mi piace infatti vedere i bimbi malati all'ospedale, ma devo
andarci. Mi chiamano sempre, tutti gli anni, la vigilia di
Natale e devo anche far finta di essere allegro. Per fortuna i
baffi e la barba mi nascondono la faccia, perché a volte vorrei
piangere. Faccio tintinnare la campanella, dico le solite
quattro sciocchezze, consegno i pacchetti, e me ne torno a casa
troppo triste! Sono pochi ormai i bimbi che stanno in ospedale
anche a Natale. I più gravi.

Il giorno di Santo Stefano sono di turno al ricovero dei vecchi.
Sì, adesso le chiamano case di riposo, ma a me scappa ancora
detto ricovero.

Anche lì devo fare la mia parte, scambiare qualche battuta in
dialetto, dare pacche sulle spalle, piano, perché sono fragili i
vecchietti, raccontare qualche barzelletta sperando che ridano e
poi tutti insieme a mangiare il panettone.

Sembra che sia l'unica cosa che interessa, sedersi al proprio
posto e mangiare il panettone.

Ci sono andato ieri al ricovero, col mio sacco pieno di dolci
per i vecchietti. Tutto ad un tratto un ometto si mette al
pianoforte e comincia a suonare. Da professionista, a memoria.
Quando ha finito, applaudito solo dagli inservienti e dagli
invitati, sono andato a complimentarmi con lui. Mi ha guardato
come se non capisse, lo sguardo assente. Spero che lo lascino
suonare spesso, gli è rimasta vita solo nelle mani e nella
musica che ne esce.

C'erano visi noti, ieri, anche se un po' invecchiati ho
riconosciuto anziani commercianti, l'imbianchino Colombo, il
vecchio vigile Rizzi, che mi faceva così soggezione. Tutti con
lo sguardo fisso, altrove, forse in un luogo segreto della loro
memoria, tutti che stringevano il loro pacchettino e se lo
tenevano come un piccolo tesoro, attenti che altri non glielo
rubassero, seduti al loro posto mangiando il panettone senza
scambiare una parola col vicino.

Che cosa può fare un Babbo Natale vestito di rosso in mezzo a
quei vecchietti vicini e lontani al tempo stesso? Ho ripensato
allo sguardo vigile di mia mamma sempre attenta a tutto quello
che capitava nel mondo, sempre curiosa, col pensiero e le mani
sempre occupati dalle piccole incombenze di tutti i giorni,
apparecchiare la tavola, pulire la verdura, lucidare i
portaritratti con le foto dei suoi morti, litigare con i singolo
di polvere, dirmi di andare al cimitero a cambiare i fiori, di
accendere un cero al Sant'Antonio o a Santa Rita, a seconda
dell'occorrenza, raccomandarmi di andare a trovare la Rosetta,
la Gina e la Natalina che erano così sole poverette, cercare di
rammendare le calze e sgridarmi se ritardavo di cinque minuti
per il pranzo a mezzogiorno in punto. Non si annoiava mai, la
mia mamma, leggeva sempre anche il bollettino parrocchiale
facendo tutti i commenti del caso.

Ma non devo pensare io. Sono solo un postino, anche se
prepensionato e riciclato. Ero pagato per non pensare, per non
essere curioso, per rispettare la… privacy, come si direbbe
adesso, delle persone. Amato dagli innamorati felici, odiato dai
cani, ho ancora qualche cicatrice sulle gambe, latore di nuove
buone e cattive, di auguri e condoglianze, di assegni e fatture,
pacchi dono e contrassegno.

Sono un postino prepensionato ma riciclato, con una nuova
divisa, rossa bordata di pelo bianco, proprio come i baffi e la
barba che mi stanno così bene.

Ambasciator non porta pena
Cristina Cattaneo

GdS 20 XII 2005 - www.gazzettadisondrio.it

Cristina Cattaneo
Società