I racconti di Cristina 14 – “Pensieri sopra la marmellata”

di Cristina Cattaneo

Quando era giovane Caterina leggeva la “Posta del Cuore” di
ottimi giornali femminili. Grazia, Amica, Annabella, Gioia.
Spesso c’erano lettere di donne che cominciavano così: “ …ho un
marito che mi ama e due magnifici bambini…” . Cosa potevano
volere di più, sembravano chiedersi le poverette, mettendo così
in evidenza il loro terribile senso di colpa. Non lo sapevano
neanche loro forse, volevano però parlarne. Volevano parlare
delle loro ansie, dei loro sogni non realizzati, della vita che
scorreva senza intoppi ma senza sorprese, delle loro curiosità
non appagate. Poi è cambiato tutto, è arrivato il femminismo, ma
la posta del cuore è rimasta.

Caterina non legge più né la posta del cuore né le riviste
femminili. E’ maturata? Anche se ci sono delle grandi firme come
la Aspesi e Gramellini a tenere quelle rubriche. Anche se le
storie che vi si leggono sono molto più fantasiose e contorte di
quelle che si leggevano anni fa. Madri in concorrenza con le
figlie, storie di corna ordinarie, donne rampanti ancora alla
ricerca del maschio, uomini pluridivorziati delusi e così via.


Caterina adesso non ha più tempo per i rotocalchi, non le
interessa la moda costosa per fanciulle anoressiche, e nemmeno
le storie di donne di successo che riescono a fare anche di più.
Sa anche che non sarebbe mai capace di rispettare l’ultima dieta
dimagrante miracolosa. La bella gente che si fa fotografare
all’ultimo party nel salotto bene con politici riciclati e
forzasoldisti le fa un po’ schifo, e non ha nemmeno tempo e
denaro per passare la vacanza di sogno nel villaggio turistico
dell’isola esotica che più esotica non si può. Sa anche che il
piatto “facile” suggerito dalla zia Amalia così brava in cucina
non è affatto facile e quando vorrebbe farlo non ha mai in casa
gli ingredienti necessari.

L’unica rubrica che guarda con interesse, quando dal
parrucchiere cerca di aggiornarsi, sono i consigli di lettura,
ed è molto contenta se consigliano un libro che le è piaciuto o
che le piacerebbe.

Eppure è debitrice ai gloriosi giornali femminili d’antan della
sua prima educazione sessuale, alimentare ed estetica. E’ lì che
ha imparato la differenza fra proteine e zuccheri, fibre e
carboidrati. E’ lì che ha imparato certe piccole regole
igieniche e mediche, di cura della casa, dei fiori e degli
animali domestici.

Sa purtroppo Caterina che non c’è posta del cuore che possa
risolvere i problemi di nessuno, che possa trasformare il marito
ideale che la ama ma è soggetto a frequenti sbalzi d’umore
nell’uomo affascinante dei suoi sogni di ragazza, i tre figli
meravigliosi in burattini senza problemi e senza senso critico,
sempre in accordo coi genitori e in adorazione della mamma.
Allora meglio non farsi male, meglio lasciare la posta del cuore
agli ottimisti e agli ingenui e leggere libri consolatori.

Consolatori, i libri? Ma chi l’ha detto? Certo, quando era
piccola Caterina leggeva romanzi, possibilmente a lieto fine.
Evitava accuratamente storie tristi, in cui si poteva piangere.
Ma poi, una volta sposata, questi bei libri la mettevano in
crisi. Sì, perché Caterina si innamorava regolarmente del
protagonista, così bravo, così perfetto, così diverso dal suo
buon marito che la amava ma era soggetto a sbalzi d’umore.

E poi non poteva star su fino alle due a vedere come andava a
finire la storia, scoprire chi era l’assassino, o se i
protagonisti si sposavano, perché i bambini dovevano andare a
scuola e lei li doveva accompagnare e aveva bisogno di sonno,
tanto, e durante il giorno non poteva certo dormire né andare
avanti a leggere, altrimenti il marito che la amava si sarebbe
scocciato non poco di trovare la casa in disordine, il pasto non
pronto, la moglie stanca e nervosa, i magnifici bambini urlanti.
E lei aveva ricominciato a lavorare, sì perché lo stipendio le
faceva comodo e poi sentiva che aveva qualcosa da dare e che
lavorare fuori l’aiutava a capire meglio tutto, a non
concentrarsi solo sui suoi problemi esistenziali, sul marito che
la amava e sui magnifici bambini.

Ma perché mi vengono in mente tutte queste cose, pensa Caterina
mentre sta facendo la marmellata di arance amare che piace tanto
al suo collega filosofo. Forse perché adesso potrei tenere io
una rubrica della posta del cuore, adesso ho l’età, infatti in
inglese le chiamano “Agony Aunts”. Solo perché mi piace
scrivere, scrivere a qualcuno, scrivere lettere, e la gente mi
incuriosisce, perché in realtà mi sembra che nessuno mi dia mai
retta, i figli mi tollerano, gli allievi mi prendono per matta.


Sì perché adesso che sta invecchiando non può più rimandare, se
deve dire una cosa la dice, come ieri che quando il più
lazzarone della classe, ottuso e ripetente, ha detto che gli
immigrati se ne devono stare a casa loro perché lui li deve
mantenere, lei è saltata per aria e gli ha detto ma chi vuoi
mantenere tu, che non hai mai fatto niente in vita tua, solo
portare vestiti firmati, cinture Fucking Criminal e andare a
sciare la domenica. E ripetendo le parole di una canzone di Joan
Baez, che lui però non sa neanche chi sia, gli ha urlato, ma non
ti rendi conto che è solo per caso che tu sia nato qui e non in
Ruanda? Vergogna! E non lo sai tu, che vivi in Italia, ma vieni
a scuola in Svizzera, che pochi anni fa a Zurigo fuori da certi
locali c’erano cartelli che proibivano l’ingresso a cani e
italiani!

I figli le dicono che non deve lasciarsi andare così, tanto gli
altri se ne fregano. Sì è vero, ma lei no, non riesce a
fregarsene. Più passa il tempo meno se ne frega.

A tutte queste cose sta pensando Caterina facendo la marmellata.


Fare la marmellata la rilassa. Il marito che la ama ne mangia in
gran quantità. I figli meravigliosi un po’ meno, ma fanno bella
figura con gli amici perché ne portano sempre un vasetto in
omaggio quando sono invitati. La sua più cara amica ne è
ghiotta.

Tutto è cominciato alcuni anni fa. Insegnava ai corsi serali e
insegnare ai corsi serali è stata una delle esperienze più
gratificanti della sua vita. Si creano fenomeni di transfert con
queste persone che decidono di tornare a scuola la sera, stanche
e invecchiate. Chissà perché.

In realtà dovrebbe saperlo perché adesso anche lei ne frequenta
due di corsi serali. Lingua russa e storia della rivoluzione
russa, anzi il seguito. Aveva cominciato tre anni fa con il
genocidio degli armeni in Turchia. Massacri, guerre,
rivoluzioni, purghe, nazionalismi, deportazioni e ancora
massacri, nazionalismi, genocidi. Forse è per tutti questi
orrori che non se ne può fregare.

Allora insegnava un po’ di inglese ai corsi serali. E imparava
tanto e conosceva gente interessante. Una sera una scolara
doveva scrivere una ricetta in inglese per compito e oltre alla
ricetta, facile, ha portato anche il prodotto finito per la
degustazione. Marmellata di arance. Un’anglofila come Caterina
non poteva resistere.

Aveva sempre creduto che fare la marmellata fosse una cosa di
altri tempi, lunga, laboriosa, sporca e dopotutto inutile.
Invece grazie alla diligente scolara ha scoperto che è cosa
fattibile anche da un’adepta della cucina rapida come lei.

Il segreto è semplicemente l’aggiunta di una bustina di pectina
e l’osservanza di alcune regole igieniche fondamentali. Le
ricette si trovano su un ottimo libro consigliatole dalla
scolara.

Così, quando è un po’ depressa o stanca di lavoro cerebrale, fa
marmellata. Fragole, poi albicocche, pesche, prugne, uva, kaki,
kiwi, e agrumi, a seconda delle stagioni.

Un Natale ha regalato un vasetto di marmellata di arance ad un
collega. Persona fine e sensibile, di gran cultura. Gli era
debitrice di speciali consigli di lettura, Chaim Potock,
Jonathan Coe, Philip Roth, e quando qualcuno regala dei consigli
così, che quasi cambiano la vita, o se non proprio la vita,
cambiano il modo di vederla, merita almeno un vasetto di
marmellata.

Adesso lo chiamano feedback. Che a pensarci bene è proprio la
parola adatta, in questo caso. Nutrimento di ritorno? Certo, lei
ha dato una marmellata e lui ha detto che era buona! Anzi
buonissima. Alla sua età non le importa che le dicano che è
bella. Non gliene importa proprio come non importa a nessuno. O
che è elegante. Se lo è lo sa anche lei, se no meglio non dire
niente, come infatti capita. Se poi le dicono che è brava come
fa ogni tanto il marito che la ama le sembra anche una presa in
giro, perché guai se non lo fosse. Ma dirle che la sua
marmellata artigianale, nel senso che è fatta proprio in modo
non scientifico, è buona, anzi buonissima, è stato come vincere
un premio Nobel.

E proprio la marmellata di arance, la sua preferita!

Non solo Chaim Potok, Jonathan Coe e Philip Roth, ma anche dirle
che la sua marmellata è buona. La gente non si rende conto del
bene che può fare con un buon consiglio di lettura e un
complimento alla marmellata.

E non sono finite lì le sorprese, perché un giorno, Caterina ha
deciso, visto che il collega filosofo era gentile, più o meno
coetaneo, di Genova, e soprattutto un gran lettore, di fargli
leggere delle reminiscenze che aveva scritto per non
dimenticarle.

E lui le aveva detto che scriveva bene.

Non sarà vero, ma è bello crederci.

Non si può sempre perdere dice un proverbio cinese.

L’altro giorno le ha detto che ha finalmente deciso di sposarsi.
E la sua gentile compagna ha fatto avere a Caterina per suo
tramite un libro di etichette autoadesive per marmellate. Dovrò
aumentare la produzione, ha pensato Caterina mentre le arrivava
sul viso uno schizzo del dolce composto sobbollente.
Cristina Cattaneo

GdS 10 XII 2005 - www.gazzettadisondrio.it

Cristina Cattaneo
Società