PERSONA NON GRATA

L'eleganza non é grata - Il film: Persona non grata - Domande e risposte - Chi è il regista-

L'eleganza
non é grata

Krzysztof Zanussi, uno dei maggiori rappresentanti del cinema
polacco, lo conosciamo da quando a Venezia vinse il Leone d’oro
(1984), per L’anno del sole quieto, mai distribuito in Italia(
e, forse, è un caso unico). E si capisce anche il perché: il suo
Persona non grata (Venezia 62) non è stato quasi preso in
considerazione dalla stampa.

Come ha scritto Lietta Tornabuoni su Specchio, oggi l’eleganza
«non è grata» in un mondo di rumori e suoni molesti, dove la
vera cultura, la delicatezza sono valori pochissimo apprezzati,
se non derisi.


Il
film: Persona non grata


Sui titoli di Persona non grata appaiono le foto di una bella
signora, Elena, e subito dopo vediamo il marito che piange sulla
sua salma. Ambasciatore polacco a Montevideo, l' anziano Wiktor
affronta la vedovanza senza trascurare i suoi compiti, che in
questo momento riguardano soprattutto la firma di un grosso
contratto per la fornitura di elicotteri all'Uruguay. C'è la
concorrenza russa e forse ci sono spie nell'ambasciata,
manovrate a distanza dal diplomatico moscovita Oleg con cui
Wiktor è legato da antica amicizia turbata dall'idea che costui
ai tempi di Solidarnosc possa essere stato un delatore e forse
l'amante di sua moglie. E' uno spunto questo, perché ciò che sta
a cuore al regista è soprattutto analizzare una vicenda
emblematica del post- comunismo, mentre alla caduta degli ideali
è subentrata una velenosa cultura del sospetto. Mirabilmente
interpretato da Zbigniew Zapasiewicz e Nikita Mikhalkov, il film
riporta sulla scena internazionale Zanussi, già vincitore del
Leone d’oro con L'anno del sole quieto, tenero e delicato,
incentrato sull’amore tra un soldato americano e una rifugiata
polacca, alla fine della sanguinosa guerra del ’43. Forse, non
piacque il finale alla J.Ford, i due che si ritrovano, dopo la
morte in una prateria “eterna” e danzano assieme felici.

Domande e risposte

- Il personaggio protagonista risponde alla tua visione
personale?

Direi che, in generale, io mi identifico con questo personaggio.
Anche la mia opinione personale ha a che fare con il mio Paese
ma ha anche a che fare con la mia età.

E’ facile essere idealisti quando si è molto giovani. Ed è
cruciale rimanere idealista quando si è vecchi. Però è molto
difficile, perché si vede quante aspirazioni, quanti buoni
intenti non si sono realizzati. Per questo ho fatto questo film
che affronta l’amara realtà. Personalmente, ci tengo a rimanere
idealista… Il mio protagonista trova la serenità nel momento in
cui si arrende e sa che non c’è molto che possa cambiare ma le
nuove generazioni possono farlo.


- Dopo che la Polonia è entrata in Europa, i sogni e le speranze
sono le stesse di qualche tempo fa?

I sogni erano grandi, però la realtà non è poi così elevata.
Cos’è successo al trattato europeo e agli ideali europei? Credo
che siano in buona salute. Dobbiamo fare qualcosa. Io voglio
lottare per l’Europa. E forse l’impeto che proviene dai nuovi
paesi porterà qualcosa per cercare di cambiare la passività, la
mancanza di energia, questa stagnazione spirituale ma anche
morale, l’accettazione del male che vediamo ovunque in Europa
oggi. Forse questo cambierà con la nostra adesione all’Unione
Europea. Forse no. Comunque ci dobbiamo provare e sono molto
felice che siamo membri della U.E. (Unione Europea), anche se
non è così bella quanto avrebbe dovuto esser la sposa.


- Nei tuoi film spesso parli dell’amore che dura oltre la morte.
Ma nei film italiani ed europei, in genere, non è che trovi
molto spazio. Ce ne spieghi le ragioni?

– Perchè – mi chiedo – il cinema europeo non sa più parlare
dell'amore? Forse perché anche l'amore è ormai svalutato, è
diventato una comodità, e come tutte le comodità non ha più
nessuna libertà. L'amore deve essere difficile per essere
grande, e ciò vuol dire che deve essere assoluto. Se questo non
ha nessuna importanza, se posso stare indifferentemente e al
tempo stesso con questa donna o con quell'altra, allora non sono
veramente innamorato, e l'amore è solo una comodità di fatto.
Questa è una delle debolezze del cinema europeo. Tengo
attualmente molti corsi di cinema e sceneggiatura in diversi
paesi, ultimamente in Arabia e in Asia Centrale; i cineasti
locali mi portano delle storie piene di passioni e io vedo che
tutte queste storie non hanno dei corrispettivi nella realtà
europea, perché in Europa non c'è quella passione, quell'onore e
quella dignità vissuti come loro li vivono; non c'è la parola,
che una volta data poi non si può più togliere. Uno studente del
Kazakistan mi ha portato da leggere una storia di due amici, in
cui uno dei due è sposato e lascia la moglie con l'amico per
andare a Mosca a recuperare un debito; l'amico si innamora della
moglie, ma per la cultura del Kazakistan innamorarsi di una
ragazza o di una moglie di un amico è un atto di tradimento, è
una cosa da non farsi. Quando però io racconto questa storia ai
miei studenti francesi, loro dicono: quale è il problema?!? Non
sembra esserci alcun dramma... Divorziare, risposarsi, tutto ciò
non costituisce affatto un dramma! Questa è la miseria della
cultura europea di oggi. Nella sicurezza del proprio benessere
degli ultimi anni essa ha perso la dimensione delle grandi
azioni, dei sentimenti e delle aspirazioni. L'uomo può crescere
enormemente, però dobbiamo credere che si possa crescere, che
l'uomo possa essere grande. E poi mi sento dire che uno può
essere diverso...

- Quanto conta, in tutto ciò, la perdita dei legami sociali e
della responsabilità verso gli altri a cui pure si assiste nel
mondo contemporaneo?


Credo che questa responsabilità sia inevitabile, perchè siamo
interdipendenti su questa terra. E anzi è proprio la diversità
culturale che sembra isolare ogni persona nel "suo", annullando
in tal modo le responsabilità. Il pericolo allora sta proprio
qui, in un minimalismo portato all'estremo. Invece noi siamo
responsabili di tutti e di tutto, e questo è un grande peso che
deriva dalla globalizzazione. Forse è un peso troppo grande per
noi, che non siamo abituati; e ciò è così vero che quando c'è
uno tsunami piangiamo solo per le vittime europee, perché sono i
"nostri", mentre per i locali di quei luoghi è naturale che
venga la morte. È una cosa disumana, mi vergogno di provare un
istinto del genere. Ecco la mancanza di una responsabilità
globale, o meglio la difficoltà di trovarla: questa è la vera
debolezza della nostra epoca. Dobbiamo perciò imparare a vivere
in un mondo globale.

Persona non grata è un film delicato, sulle corde emotive, una
sorta di intrigo internazionale. Però vi è dentro molto della
coscienza laica e religiosa della sua terra. C’è un segno di
speranza?

Nel mio film il protagonista muore sereno e trova serenità prima
di morire. Chiude i suoi conti sui sospetti e si libera. E
questa liberazione è necessaria, equivale all’accettazione della
sua condizione, della sua imperfezione, del suo carattere con i
suoi difetti. Questo per me è un segno di speranza e un segno di
ottimismo. Io rimango ottimista perché senza essere ottimisti
non si possono fare film, non vale la pena. Non voglio
avvelenare il mio pubblico con la mia propria disperazione. Se
non ho fede nel futuro è meglio tacere.

Chi è il regista

Personaggio carismatico e controverso, Zanussi si oppone a ogni
forma di relativismo e rilancia anche in Persona non grata il
grande tema dell’amore nella dimensione europea di un cinema che
deve sempre più assurgere a forza mitologica .

Nato il 17 luglio del 1939, a Varsavia(Polonia), discendente da
una famiglia di origine italiana, frequentò la nota Scuola
superiore di cinematografia di Lòdz, dove nel 1966 ottenne il
diploma con il cortometraggio Morte di un provinciale, premiato
in diverse manifestazioni internazionali. Nel 1968 realizzò due
telefilm: Faccia a faccia e L’esame. Il suo esordio nel
lungometraggio avvenne nel 1969 con La struttura di cristallo
acuto apologo sulla dialettica tra morale e scienza. Ancora uno
scienziato, e precisamente un ingegnere, è al centro di Vita
familiare (1971), nuova sottile descrizione della dialettica tra
il vecchio e il nuovo, tra il passato e il presente. Del 1971 è
il mediometraggio televisivo Dietro la parete, uno film
intimista e psicologico. Il successivo Illuminazione (1972) ha
per protagonista uno studente di fisica che viene seguito
durante gli anni cruciali della sua maturazione psicologica e
sociale. Con Bilancio trimestrale (1975) viene affrontato il
tema della condizione femminile nella Polonia contemporanea. In
Colori mimetici (1976) denunciò il cinismo di un notabile
universitario. In Germania, dove lavorò moltissimo con la
televisione, realizzò il suo primo film storico, Strade nella
notte (1979). In Polonia, sull’orlo della crisi politica che
doveva portare alla caduta del comunismo, realizzò una serie di
film dai titoli asciutti come il suo stile: Spirale (1978),
Costante e Contratto (1980), Imperativo (1982), premiato a
Venezia. Nel 1984 con L'anno del sole quieto ha vinto il Leone
d'Oro. Dopo essersi dedicato al teatro è tornato al cinema nel
1988 con Wherever You Are, ambientato a Varsavia durante la
guerra. Fra le opere successive si ricordano Leben für
Leben-Maximilian Kolbe (1990), Along Conversation with a Bird
(1991), The Silente Touch (1992), At the Full Gallop (1997). Lo
stesso anno ha realizzato la trasposizione cinematografica della
pièce teatrale di Karol Woityla Our’s God Brother.

Ogniqualvolta è stato a Venezia , è stata una felicità
incontrarlo ed intervistarlo perché Krzysztof è bello dentro,
proprio come quasi tutti gli intellettuali polacchi.
Maria De Falco Marotta & Elisa,
Enrico


GdS 10 II 2006 - www.gazzettadisondrio.it

Maria de Falco Marotta & Elisa, Enrico
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